Il lavandaio ucciso sul barroccio

Il lavandaio ucciso sul barroccio Il lavandaio ucciso sul barroccio L'imputato dapprima confesso nega il delitto e scagiona il suo complice {Corte d'Assise di Torino) Si è iniziato ieri alie Assise 11 protasso per l'uccisione del lavandaia di Settimo, uno dei delitt che ebbero più vasta eco di commozione m auesu Ultimi tempi. Il processo è indiziario, In quanto l'accusa poggia essenzialmente sulle ammissioni e sul'e rivelazioni fatte in un primo tempo da uno degli imputati ma ritrattate successivamente e ripetutamente, cornee avvenuto anche ien ali udienza. L minutato che rese la confessione e che S fi suo compagno, offrendo cosi all'accusa gli etementi ed 1 dati che ne confortarono la tesi per il rinvio a giudizio, è un operaio di vont'unni Michele Grassano, incensurato, nativo di Mandrogne in quel di Alessandria e già abitante in via Vittoria, 1.. un giovanotto strambo, che i periti psichiatri prof. Rivano e Tireili denni•cono un limitato pstetuco originai io, semi infermo di mente. L'altro^imputato è un istriano, Valerio Fedel, di 33 anni, nativo di Terzo di Amilleja e già operaio presso le Acciaierie Hai, dove era occupato anche il Grassano. dnmcssapl «Fermi torti! » Richiamiamo brevemente le circostanze drammatiche in cui fu compiuto il delitto e gli sviluppi delie inda gini che dovevano condurre al rinvio a giudizio dei due imputati. La 6era dell'8 marzo 1926, verso le 23,lo. due individui, sullo stradale TornioSettimo, a circa 3 Km- da quest ultimo comune, fermavano un carro nel quale si trovavano il lavandaio Damiano Ceppi, di 44 anni, con la moglie Ernesta Actis-Dana e le ilglie Teresa e Vittòria, che erano diretti alla loro abitazione. Uno dei due sconosciuti arrestò il cavallo, ponendoglisi innanzi e l'altro, salito sul predellino posto innanzi alla ruota sinistra del carro chiese al lavandaio, parlando in italiano ma con un accento che tradiva un'origine non piemontese: « Ci ha due fiammiferi? •. 11 Ceppi, che stava disteso, sul fianco sinistro, tenendo le redini, rispose che glieli avrebbe dati e che non era necessario salire sul carro. Ma lo sconosciuto, fattosi più vicino e puntando la rivoltella intimò: « Fermi tutti e fuori il portafogli. Se no vi ammazzo tutti I • Il Ceppi, senza dir nulla, fece per estrarre il portafogli. Ma lo sconosciuto non gliene diede U tempo: esplose contro di lui un colpo e quindi, tolto egli stesso il portafogli dagli abiti del disgraziato, saltò givi dal carro. Quello che stava a custodire il cavallo chiese: «E' fatto?». «Si è fatto » rispose l'altro Ed i due presero a dileguarsi per i prati, in direzione della ferrovia Torino-Milano. 11 portafogli conteneva una somma im precisata, circa 3000 lire. Le donne, attonite e disperate, spinsero il cavallo di corsa verso Settimo, dirigendosi dal medico dott. Chlaretta, il quale non potè, purtroppo, che constatare la morte del povero lavandaio, avvenuta immediatamente. , . U truce episodio restò per qualche tempo avvolto nel più fitto mistero. La vedova e le figlie della vittima, per la oscurità e la emozione, non furono In grado di fornire i connotati dei malviventi. Negative furono quindi le prime indagini dei carabinieri. Successivamente i sospetti si addensarono su un pregiudicato, già abitante a Settimo, tale Ernesto Agratl, Individuo violento e ritenuto capace di qualsiasi delitto. Costui conosceva il Ceppi e la sera prima del delitto era stato visto nell'osteria dei Buoi Rossi, col povero lavandaio. Alcune persone avevano anzi notato che egli osservava attentamente il contenuto del portafogli del Ceppi, quando questi lo aveva estratto per pagare il conto L'Agrati, tratto in arresto, potè provare un alibi cosicché il giudice istruttore ne ordinava un mese dopo la scarcerazione E la Sezione d'Accusa, successivamente, dichiarava non doversi procedere contro di lui per insufficienza di prove. U colpo di scena L'Istruttoria era tornata ad arenarmi, allorché 111 luglio il Commissariato di Madonna di Campagna informava l'autorità giudiziaria che il giorno Innanzi era stato arrestato il Grassano, per furto in danno di alcuni suoi compagni di camera e che il giovanotto, interrogato in sezione, aveva confessato di aver partecipato a diverse rapine ed all'uccisione del lavandaio di Settimo. Per confonare la confessione, egli aveva dato indicazioni precise circa la località in cui il delitto era stato commesso, guidando 11 funzionario sul luogo e fornendo schiarimenti che coincidevano colla circostanze emerse dall'istruttoria. In un lungo e dettagliato racconto, il Grassano ripeteva la confessione dinanzi al Procuratore del Re, accusando il Fedel di avere consumato, con cosi fredda ferocia, la brigantesca un-Bresa in danno del povero lavandaio, na terza esplicita conferma della confessione e dell'accusa contro il Fedel, egli faceva il 4 agosto, dinanzi tu giudice istruttore. Non rivide il Fedel che un mese dono In quest'occasione fu invitato a partecipare ad un nuovo audace colpo, ma egli, ripetutamente, si rifiutò. AÙ'accusa del Grassano i,l Fedel cercò di opporre, con una negativa assoluta e tenace, anche un alibi. Ma la prova non ebbe una dimostrazione tranquillante ed il Fedel si scagiono allora osservando: « Se il Grassano dico queste cose non è che un pazzo ». Per contro impressionanti apparvero contro il b edel le affermazioni della vedova e delle figlie dell'ucciso, le quali ritennero di riconoscere in lui, per la statural'espressione del viso, il timbro di voce, il truce assassino del loro parente. Ma con lettera alla Procura del Re, il Grassano, ritrattava poi le precedenti confessioni. A nuove contestazioni del giudice istruttore egli, protestando di dire la verità, ripeteva quindi la confessione con qualcne variante, per tornare a ritrattarla in altra occasione. \ja indagini per identificare la vittima delle rapine che egli aveva ammesse, non ebbero alcun esito. I rapinati rimasero sconosciuti e non si fecero vivi. « Non ne so niente » Questi precedenti imprimono al processo un carattere di drammatica passionalità, per le incognite che possono scaturirne e per l'atteggiamento che a^umeranno i protagonisti. Entrambi sono imputati di omicidio e di rapina . per l'uccisione del lavandaio. In correi- j hsvsacPlpo i a a l o o a n l n - , a u a ò a a se o eo , . l i l i a tà fra di loro, devono rispondere poi di altre quattro rapine a mano armata, mentre il Grassano, in particolare, è incolpato del furio di gioielli, di oggetti di vestiario e di una bicicletta in danno della signorina Luisa Bianchi e di certi Colanttioni Bernardino, Marinelli Alfonso, Milone Luigi e Scicolone Angelo che alloggiavano nell'albergo I Antico Sole » in via Lanzo, 34, dove egli occupava una camera. Gli imputati sono portati nella gabbia poco dopo le 9: vestono entrambi decentemente. II Grassano ha un'espressione curiosa: le labbra turni le e un viso non illuminato certo dalla luce dell'intelligenza. Fedel è alto, biondiccio, sbarbato: il tipo conosciuto del soldatone austriaco. Tra l'uno e l'altro siede un carabiniere. Ciò nell'eventualità che gl'imputati avessero la velleità di accapi gliarsi. Ma essi si manifestano invece molto tranquilli. Sono presenti nell'aula la moglie e le figlie del disgraziato lavandaio. Esse si siedono nel primo banco, accanto ai loro patroni avv. Barosio e Salza. Il Grassano è difeso dall'avv. Dal Fiume, :] Fedel dall'avvocato Frómento. Presiede il comm. Bobba e sostiene l'accusa i! P. G. comm. Garoglio. Riassunti i fatti, il presidente procede all'interrogatorio di Grassano: — Avete sentito le accuse che vi si fanno. Cosa avete da dire? — Non ne jo niente e neppure Fedel è colpevole. Pres.: — Ve lo dico subito: voi potete negare, anche non rispondere alle mie domande. Là legge ve ne dà diritto. Ma vi avverto che non vi conviene negare L'imputato ripete: — Non so niente. Pres. : — E allora perchè avete lanciato la vostra accusa? — Ho detto quello che ho detto sotto la pressione del maresciallo di Madonna di Campagna. Pres. : — E come spiegate allora che avete ripetuto ogni cosa anche al Procuratore del Re ed ai giudice istruttore ? L'imputato resta in silenzio. Pres. : — Spiegate il vostro contegno. Perchè avete confessato e confermato la vostra accusa? — Mi dissero che confessando sarei stato messo subito in libertà. Pres. : — Ma siete stato portato sulla strada di Settimo. Avete indicato il punto preciso dove era slato compiuto il delitto. Come si spiegano queste cose? — Mi furono suggerite. Pres. : — Avete indicato la strada seguita dopo il misfatto, il luogo ove Fedel buttò via la rivoltella. — Anche questo mi fu suggerito. « Non ero io che scrivevo... » Pres. : — Non dobbiamo stupirci di queste ritrattazioni. In carcere, chi confessa è considerato un uomo senza onore e senza fede. Nel processo Bertarione abbiamo visto che il Roatta, il quale aveva indicato l'assassino del po vero studente, fu maltrattato più e più volte dai suoi compagni di cella. Dite un po' Grassano, anche voi siete stato maltrattato? — No, no. SI passa quindi ai reati minori: i furti all'albergo • Antico Sole ». Ma anche per questi reati, Grassano si mantiene ora negativo. Contesta tutto quello che appare dagli interrogatori resi a! gi udice istruttore. Pres.: — Allora tutto quello che e scritto qui sono menzogne... Imp. : — Non ero io che scrivevo. Ahi la mia testa... E' fatto sedere e viene interrogato Fedel. Eccellenza — dice l'imputato con una intonazione di voce che tradisce una certa emozione —: io ho da dire che da 19 mesi vo' ripetendo la stessa cosa, la verità. E' inutile dire che sono disposto a dirla magari altre cento volte. Non so nulla di tutto quello che mi si fa colpa. Pres.: — Dove siete stato quella sera? — Uscii dal lavoro alle 18,45. Andai n una trattoria in via Grivola dove bevvi mezza bottiglia e mangiai delle acciughe. Quindi andai a letto. Io guadagnavo poco: 2.75 all'ora e potevo spèndere poco. A ma è sempre piaciuto far bella figura senza imbrogliare nessuno. E anche quella volta non spesi che qualche lira. Pres.: — E' una disgrazia che può succedere anche ad un galantuomo, di non poter provare dove si è stati. Ma voi Fedel siete già stato condannato. Il Tribunale di Gorizia vi ha inflitto cin que mesi di reclusione per violazione di domicilio, minacce ed Ingiurie. Avv. Frómento : — Abbiamo la sen tenza. Si tratta di reati in danno della moglie. Imp.: — Io credo che la camera matrimoniale sia sacra ed inviolabile. Ma là vi era il mio onore perduto... Pres.: -- Non capisco. D'altra parte risulta dai rapporti che voi tenevate al vostro paese una pessima condotta, quanto a moralità e correttezza. Vo stra moglie si separò da voi nel 1923 per una relazione illecita che voi colti vavate. Qui avevate delle amanti, don ne di malaffare, che vi costavano senza dubbio. — Erano conoscenti. E non ho mai speso per loro, perchè non potevo spendere. Forse a qualchedima avrò pagato una volta il biglietto d'ingresso al cinematografo. Prigioniero in Russia Il Fedel racconta poi di essere stato fatto prigioniero sul fronte russo e di essere stato a lungo in Siberia, quindi a Mosca, dove si ammalò. Il presidente ricorda che in un recente processo di rapinatori il Fedel venne indicato co- invnpubvsvldnlincs . ho trovato traccia me il caporione di una masnada di inaivi venti, e chiede: — Come va che voi godevate una tale fama tra quella gente? AW. Fromcnto: — La fama 6 venuta dal carcere. Non dalla barriera di Milano. P. G. : — Ammettete di avere confessato in carcere ad un compagno la divisione dei bottino fatta con il Grassano? — Io ? Ma io non ho mai detto ciò ad alcuno. P. G. : Non eravate in carcere con un certo Lafieur? iinceeLagmzp- Mi trovai con lui quando mi cam- 'JJPiarono di cella. E mi disse che per £lui io ero un nemico... | fAvv. Dal Fiume : — Ma su questo e-1lpisodio esiste un rapporto» Io non ne n e e a o i ? i e e o o i ò i a l e a a e l , i o o i i e i - P. G.: — E' venuto spontaneamente il Lafleur a riferirlo. Sentiremo da lui. Pres.: — E le altre rapine? Nel gennaio 1926 sullo stradale di Altessano avete depredato un ciclista rimasto sconosciuto di 75 lire. — Ma io ho detto la pura verità. Pres.: — Nello stesso mese avete rapinato un altro ciclista di 100 lire ed una coppia di 75 lire. Infine nel febbraio, armati sempre di rivoltella, avete spogliato un altro ciclista sconosciuto di 250 lire. — Non ne so niente. Io ho detto la verità. Se vuole che dica una bugia la dico. * Avv. Dal Fiume : — Le parti lese, a dispetto delle più diligenti indagini, non sono stale trovate. Notiamo anche che il ponte di Altessano 6 una delle località più vigilate. Tutto ciò toglie ogni influenza all'accusa. Avv. Barosio: — Narrano i testi che il Fedel, nella sua camera, abbia pronunciato queste parole: «Per me, uccidere una persona è una cosa da niente ». Cosa ne dice? Imp. : — Giuro che non ho mai detto questo. Pres. : — Anche voi dite di avere ricevuto delle minacce dagli agenti? — Non mi hanno neppure toccato. P. G. : — Oh almeno... — Però mi hanno lasciato due giorni senza mangiare. Pres. : — Come avete conosciuto il Grassano ? — Lo conobbi al commissariato, quando mi si disse che egli mi accusava. Ma l'avevo visto già altre volte, all'officina ed alla trattoria. P. G. : — Grassano non ha nessun motivo di rancore contro di voi? — Io non posso dirlo. E l'imputato accenna ad un episodio che risulta nuovo: nal giugno 1926 il Grassano gli chiese se presso l'affittacamere dove abitava c'erano delle camere da affittare, il Fedel scrisse l'indirizzo dell'affittacamere sulla propria carta da visita. In tal modo, forse, il Grassano conobbe il suo nome. I! racconto della povera vedova L'udienza pomeridiana si apre con la deposizione della vedova Ceppi, Ernesta Actis Dana. La povera donna rievoca la feroce aggressione toccata al marito, riferendone i particolari che sono noti. L'assassino, balzato sul carro, intimò: — Zitti tutti, se no vi uccido I — La donna o le sue figliole per sero quasi la paiola. Pres. : — L'assassino parlava italiano? — Sì, e dalla frase che pronunciò: « Ci ha dei fiammiferi » mi convinsi che non era piemontese, che non era dei nostri. Pres.: — Lei ha visto il Fedel: che impressione ha ricavalo dal confronto? — La statura e la voce di costui corrispondono a quelle dell'assassino. La povera donna aggiunge che rimase talmente atterrita, che non sa prebbe indicare se l'uccisore sparò altri colpi di rivoltella. Il suo disgraziato marito non pronunciò che queste parole: — Povero me, sono mortoI Pres.: — Cosa ha visto durante la corsa verso Settimo? — A 50 metri dal luogo del delitto, vidi un individuo seduto su un muricciolo. Dissi alle mie figlie: « Ce n'è un altro ». E frustai il cavallo per accele rare ancora la corsa. Pres. : — La voce del Fedel le sembra ancora la voce di quella notte? — Sì, è quella: chiara e svelta. Avv. Dal Fiume: — Ma il Fedel parla lentissimo. Avv. Barosio: — Quando fu chiamata al Commissariato, Grassano seppe indi care la posizione in cui si trovava il povero lavandaio. Vogliono farlo dire dalla vedova? — Si, spiegò tutto. E siccome nella stanza c'era un lettino, egli vi si coricò sul fianco sinistro, per indicare come mio marito si trovava sul carro. Pres. : — Che impressione ha ricavato dalle parole del Grassano? — Avevo voglia di saltargli al collo di sbranarlo... Pres.: — Questo lo so. Ma che Impressione ha avuto: che dicesse il vero? — Oh, si: la verità. Grassano: — Io non ricordo di averedato quelle Indicazioni. Pres. : — Sono piccole cose che non potevi dire se non le avevi viste. Avv. Dal Fiume alla teste: — Non ha mai conosciuto certo Agrati detto « Macella » ? — L'ho sentito nominare, ma non l'ho mai visto. Mio marito lo conosceva. mt«Ammazzare un nomo è cosa da niente»Vengono intese le due figliole dell vittima: Teresa e Vittoria Ceppi. Rifanno il racconto della madre. La prima aggiunge che l'assassino aveva dei baffetti, come un'ombra sul labbro superiore. L'altra precisa che erano baffetti nerlssimi, non sa però se finti o veri. Il Fedel — affermano i patroni — non portò mai baffi. E la sfilata delle parli lese continua con l'escussione della signorina Luisa Bianchi, derubata di gioielli e di profumi nell'albergo « Antico Sole » e dei signori MilorieColantuon*. Marinelli e Scicolone. Oridoni Angelo — un friulano che alloggiò per qualche tempo all'albergo di via Lanzo 34 — riferisce di avere conosciuto nel locale il Fedel, il quale parlava varie lingue e richiesto di dove fosse oriundo dava sempre indicazioni diverso, il teste non si fece una buona impressione del vicino. Un giorno poi la consorte dell Oridoni riferì di avere inteso dal Fedel cniesle parole: « Por ine ammazzare un uomo e una cosa da niente ». Cecilia Pregen, moglie dcH'Oridoni. conferma la frase significativa. Il Fedel era nella sua camera con deu'li amici, e ad un tratto pronunciò quelle parole. Li teste le percepì e le rifori subito al marito. Il Fedel aveva anche aggiunto un'altra espressione: «Specialmente se è dei paesi della bassa Italia E la giornata si chiude con la deposizione dell'albergatore Luigi Bianchi, proprietario doll'« Antico Sole ». 11 teste 18clbcoe caJJ.' J^ib,,Ì° ™ cattivo ricordo del suo £'.'0™;. che lo disturbava tutte le notti, f'apcne rientrava quasi sempre verso le — Buona impressione non me l'ha mai fatta, dice a mo' di conclusione il teste. E l'udienza è rimessa a stamani. Confetti e... amarezze {Tribunale Penale di Torino) E' comparso avanti i giudici della Sezione VII il giovane diciottenne Giacomo Sant imputato di appropriazione indebita qualificata commessa fra il dicembre I92tì e il gennaio 1927 ai danni della fabbrica di confetti e caramelle Fraiell-i Bertea. Il Sant, ch'era piazzista della ditta, aveva pensato di arrotondare i proventi del suo lavoro col trattenersi l'importo delle fatture che andava man mano riscuotendo dai vari clienti: il sistema andò bene per un po' di tempo finché la ditta, stupita che si tardasse inspiegabilmente a saldare molti conti, sollecitò il pagamento. I clienti naturalmente risposero e dimostrarono che il pagamento richiesto era già avvenuto a mani del piazzata il quale, tutto sommato, 6'era messo in tasca oltre 3 mila lire. Avanti i giudici il giovane infedele ha tentato di scagionarsi narrando che gli incassi delle varie fatture si erano effettuati in un solo giorno; che egli in possesso della somma, aveva smarrito il portafoglio salendo sul tram in corsa e che non aveva osalo raccontare la spiacevole avventura al suo principale. La storiella, com'è facile a comprendersi, non fu creduta poichf i testimoni escussi stabilirono che i pa gamenti erano avvenuti in tempi diversi a partire dai primi di dicembre 1926 a tutto febbraio 1927. La conse. guenza del delittuoso fatto fu che i Tribunale, accogliendo le richieste del la .parte civile rappresentata dall'avvo P{DaleuMnndvrvl'acdnberivdcrssdfsvpluRamsdtoimnml'dmGdsa