Montasola

Montasola Montasola Ci eravamo arrivati «opra un baule, in piena luna di miele, dentro un carrettino tirato da un mulo sparuto; quindici anni prima: e ci ritornavamo/» bordo d'una Fiat che prendeva di petto le curve e le pendenze più forti. Tre ore sotto il sole allora, torturati dai tafani e dal sedile posticcio: mezz'ora di volata adesso, molleggiando sul piccolo divano grigio perla, coi fiori nel vaserello di cristallo', a portata di mano, freschi come se li avessero colti prima di partire. (Si rassicurino gli amici vicini e lontani: l'automobile era stata tolta a polo : non la posseggo tuttavia, per mia fortuna, e posso, perciò, occuparmi ancora di poesia, senza arrossire). Se ti ricordi era il mete d'agosto e nella chiesa fungeva il prevosto. Sera. La cantilena fioriva sulle finestre e sulle vie, nei campi e dietro le siepi. Se s'affacciava sulle soglie dei casolari una di quelle ragtttsone che ti fanno pensare site belle sabine rapite dai romani a scopo demografico, veniva sulla strada l'alito caldo del forno acceso e il riverbero della fiammata imporporava i busti e i fazzoletto ni a fiorami. Odori casalinghi arrivavano a ondate sulla strada maestra: così intimi e dolci, che a respirarli^ a occhi chiusi ti si apriva davanti una scena di presepe, o vedevi le nonne sotto la cappa del camino e la tovaglia di tela grezza sulla tavola imbandita. Qua e ih s'accendevano lucciole d'oro, « facevano a nascondarella • con quelle di lassù (queste un atomo, quelle uh mondo !). Bicordo che alla svolta della Forcella, la borgata che pare messa a guardia del paese accatastato lassù, ti baciai sulla bocca : e allora ci vennero incontro quindici anni di giovinezza con tutti i sorrisi e,gli orgasmi di quel tempo beato, che, han voglia a negarlo i meccanici del novecento, non ci sentiamo più sulle labbra e nel cuore. Così rivedemmo tua sorella, sposata da poco, salutarci dalla terrazza del paese. Eravamo scesi dal carretto con le ossa rotte e il conducente schioccava la lingua e la frusta. Povero muletto, era dura la salita in quel punto, dura come una rampa, e i paesani stavano tutti affacciati al davanzale della piazzetta per aspettare gli sposi. Baci, sorrisi furbacchioni, strette di mano, allusioni di prima notte. Ci lasciassero stare: facevamo appena un quintale in due tanto eravamo fanciulli, e non vedevamo l'ora di restar soli nn po' per sgranchire i muscoli intorpiditi. Ci dettero una stanza a pianterreno che comunicava a mezzo d'una scala interna con la cucina e la stanza da pranzo. Soli ci lasciarono," sì, ma nè io nè te pensammo di mettere un oc chio alla toppa. Ce ne doveva essere . di gente curiosa I _ La campagna quella notte era, sinfonia prodigiosa di grilli. Montasola: già, e a che pensif Alle -buone sabine che rammendano i grembiuli pieni di sgarri dalla parte opposta al bottoni T Al cimiterino ohe pare sospeso in cima al monte, incontro a Cottanello, un altro paese che adesso la fa da capoluogo, dove trovammo le lavandaie a cantare, sciorinando al sole? L'hanno fatta frazione Montasola, ma per noi sarà sempre capitale della Sabina, perchè noi che potevamo a quel tempo soltanto sognare, ci abbiamo trovato Firenze e Napoli e Venezia persino. Oh, che conta a chi s'ama da tanto, e si ritrova a tu per tu dentro una stanza da chiudere al' mondo con un giro di chiave, che conta la coreografia! Il duomo, le Cascine, Fiesole solatia, Santa Lucia, il Vesuvio con la sua eterna pipacela, la Grotta Azzurra, San Marco, Canal Grande, il Lido, Giudecca: ma sì, finitela una buona volta con certi usi dell'ottocento e rotti, e andatevene a godere l'amore, se ce ne avete ancora da spendere, dentro una villetta per due in «ima a uh colle, con una collezione di cartoline in' tasca, stupendamente illustrate. E poi, seduti sul cigli* di nn sentiero ohe va a sbucare non «' sa dove, in feccia a un verde paesag gio di questa patria divina, tacete, guardate e ascoltate il vostro cuore, facendo sfilare davanti agli occhi, un po' scavati della vostra sposina, tutto l'azzurro di Napoli e di Venezia, e i marmi di S. Maria del Fiore,'ma concentrati in una serie superba di cartoline illustrate. E s'ella vi guarda e sospira, chiudetele gli occhi e bevete l'alito sano dalla bocca bella Ogni nostalgia scomparirà per incanto. Montasola. Quando noi ci tornammo, gli orli delle strade erano fioriti di ginestre. Le potevamo cogliere senza staccarci, con un colpo di forbice. Oh, ce n'erano tante, ma tante da spegnere la tua sete, tu che non sai apparecchiare la tavola senza mettervi al' centro un ramo o un fiore, e me ne riempi la casa perchè non mi accorga che gli uomini hanno cosi mal ridotto la vita. Ma giù dal dirupo c'era da stordirsi a tuffare il capo fra i cespi folti, e noi che volevamo passare un'ora sull'aia della borgata che ci ricordava certe ventenni scor pacciate di more e d'abbacchio, ri annoiammo a ricostruire la acena casalinga per metterne su una agreste 6 tutta floreale per conto nostro, senza ricordarci neppure che Giacomo Leopardi ci spiava c pallido e macrot dalle falde del Vesèvo sterminatore. La notte aveva piovuto a scrosci e i vetri delle finestre nella vasta casa espitale ci avevano fischiato una loro sinfonia caprareccia non troppo alle era. E non ci parve_ vero di battere fa campagna selvaggia con un po' di «ole. Io poi ci avevo un fatto personale con Leopardi eh' era andato a cantar le ginestre fra le « ceneri infe con de, su l'arida schiena — del formidabil monte — (come se non ce ne fossero di ginestre sui dolci pendii <) Insomma, sarà poco reverente, ma yolevo smentirlo. In fondo, valersi ncvnMscdtcdsi fgilasttddcfil'grleaGvsingpsdcclipm•ubgipcpmsunspsncatemctinuomatditztPmdqUzdRcgllcGdrridtcvddmdpvdttmpusmpdcniziadssdao—agetcs n ; a ù o e a r . o e e e o a della propria autorità per conquistare all'odorata ginestra, una fama di flore del deserto, non mi pareva generoso. E volevo dimostrare con un canto solare, che ginestre se ne trovano un po' dappertutto in questa nostra terra divina e c'è n'è tante à Montasola da portarsene via un fascio a spalla per la dolce compagna della tua vita. Non è l'Italia bella tutte un giardino? E perchù allora cantare le ginestre dei vulcani e dei deserti,? Un pretesto di tristezza, lo so, ma noi oggi riconosciamo soltanto i pretesti di gioia. Abbiamo troppa fretta per essere tristi. In breve: gioia è movimento, tristezza è segnare il passo: e noi dobbiamo camminare. Il canto solare — ahimè! — non è ancora venuto (quando penso alle strofe di Giacomo sulla ginestra, mi tremano le vene dei polsi) : ma non è detto che non verrà. Comunque, vedrete nella canzone la donna mia, celato il volto ridente da un .cespo fiorito, e me che pilucco dall'uno all'altro cespuglio, armato di forbice, giù per la china, e risalgo carico di rami d'oro sotto il sole che sbuca fra le rapide nubi : un paesaggio cui deve aver rubato qualche tono di colore Gherardo dalle Notti o — strano avvicinamento i— Virgilio. Montasola. Chi avrebbe immaginato che a tornare indietro nella vita» 'quando s'ha il cuore bambino, c'Sifla sentirsi per le vene lo' stesso fervete della giovinezza piena? Montasola. La mettemmo su a meraviglia la scena agreste, ricordi? Le vacche pezzate pascolavano sui tappeti d'erba, così verdi che parevano acquistiti la nòtte scorsa alla fiera. Tu sedevi accanto a un ciuffo giallo di ginestre che odoravano da stordire e te ne avevo buttate tante ai piedi da riempirne gli altari di tutte le chiese di campagna della dolce Sabina. Ti posai il capo sul grembo e vidi il gregge di Virgilio passare a valle sotto la bicocca fumosa. Era l'ora del pranzo e le massaie (nepoti delle belle rapite dai prepotenti romani a scopo demografico) accendevano il focolare. Chi avrebbe mai immaginato tra valle e monte che due innamorati tornassero dopo quindici anni sullo stesso pendìo, a tubare coree colombi ? Mi vennero in mente strofe solari : le Bucoliche. Ma non ricordo se fossero quelle virgiliane, eleganti e caste, o quelle di Teocrito, graziose e non sempre decenti. Ero così occupato a metter su la scenai AURO D'ALBA. RnlaltccgvnmVLmgsrnLdtuppvitr(ddbrlepv

Persone citate: Auro D'alba, Canal Grande, Giacomo Leopardi