Città e nascite

Città e nascite Per il problema demografo Città e nascite Uno degli errori più comunemente 'diffusi è quello che fa credere ad una vera e rigida interdipendenza fra nascite c ricchezza. In due fatti complessi e varii nei loro elementi, come lo sviluppo della natalità e la ricchezza confluiscono tanti motivi economici e morali, che è difficile sostenere che fra loro vi sia o meno un reale rapporto positivo o negativo. Dire che le più favorevoli condizioni economiche influiscano in maniera preponderante sull'incremento dello nascito sarebbe arbitrario. Non solo, ma quando le cause economiche e sociali sono accidentali, non permanenti, e provocano fortissimi perturbamenti, come le guerre, le rivoluzioni, le epoche di crisi industriale, le pestilenze od altre malattie epidemiche, o viceversa, le ragioni varie di improvviso aumento di prosperità hanno una influenza notevole, ma non duratura, anche sulle nascite. Bastino i dati italiani degli anni della guerra, e di quello immediatamente successivo, che fu contrassegnato dalle conseguenze della epidemia detta « febbre spagnuola »: (matrimonii (natl) 1914: !£».1R7 1.114.001 1915! 185.075 1.100.183 1918: 100.8ft! 881.050 1917: va.diV 001.207 1918: 103.572 040.203 1919: 332.570 770.020 1020: 508.834 1.158.011 1921: 425.082 1.118.3-14 pqpcrsmsvdgscifre che si adducono, non per di mostrare il fatto ovvio e di per sé comprensibile, cioè che la guerra in fluisce in senso regressivo sulla na talità, cosa che ognuno può intendere, ma per dimostrare la sostanziale leggo di equilibrio, già vista da qualche economista francese, cioè ;che alle forti diminuzioni nelle nascite dovute a cause calamitose esterne e pubbliche, sogliono succedere, non appena la calamità è cessata, anche se non sono ritornate le buone condizioni precedenti, periodi di forte aumento demografico. Sempre per attenerci ad esempi italiani recentissimi, si potrà rilevare, del resto, l'aumento demografico nel decennio 1919-1928, che, preso in ciclo con il periodo bellico e dell'epidemia, chiarisce questa legge di compenso anche meglio. Per 1000 abitanti nascono: 1910: 21,4 11120: 11,f tm- 39,3 1922: 30,2 1023: 28,2 192-i: 28,4 1025: 27,8 1920! 27,2 102:: 27,0 1028: 26,1 percentuali nelle quali si nota l'eccessivo e transitorio aumento del 1920. dovuto al fenomeno di compenso al regresso denli anni precedenti, e poi una normalizzazione su cifre quasi stabili, come deve avvenire dopo gli squilibri di quella sorto. Ed invero si deve ammettere che il fattore economico vero e proprio nello studio della demografia per la parte che si riferisce alla natalità ha una importanza minore o diversa da quella che sembra, in quanto non le disagiate condizioni economiche, ma soltanto le improvvise e spesso catastrofiche perturbazioni politiche, economiche, sociali o sanitarie possono influire temporaneamente, e con assoluta certezza di immediati compensi. Anzi, ricerche e statistiche che si fecero provano appunto il contrario. A Parigi, nella seconda metà del secolo XIX, nel quartieri più ricchi (Louvre, Bourse, Elysée, Opera) nascevano, su 1000 'abitanti, da 16,4 a 22,6, e ne morivano da 14,3 a 18,5, con una certa eccedenza delle nascite sulle morti, dato che l'alto tenor di vita tende a prolungare la vita umana, ma con una natalità abbastanza bassa; mentre nei quartieri popolari (Gobelins, Butte Montmartre, Menilmontant, Choumont) si avevano su 1000 abitanti nascite da 35,6 a 29,2 (con una forte tendenza regressiva verso la fine del secolo) e morti da 25,8 a 36,5 con una assai spesso scarsa eccedenza delle nascite sulle morti, e talvolta con un eccesso di morti sulle nascite (segno di condizioni miserrime di vita) ma tuttavia con percentuali di natalità assai alte e quali ben difficilmente si superarono nella stessa Italia (percentuale massima delle nascite italiane, in tutto il Hegno, 39 per mille nel 1881). A maggior riprova di questo fatto si adducono aiire statistiche fatte in alcune capitali europee, dalle quali si deduce che mentre, nei quartieri rie chissimi, 9u 1000 donne esposte a partorire, cioè nella età fra i 15 ed i 50 anni, nascevano a Parigi 34 bambini, 47 a Berlino, 63 a Londra, nei quartieri poverissimi ne nasce vano a Parigi 108. a Berlino 157, a Londra 147; mentre nei gradi sociali intermedi la percentuale di natalità andava caratteristicamente decre scendo con l'aumentare del tenore di vita. Il rapporto fra tenor di vita e na latita è quindi fondamentale per lo studio del problema demografico. E questo contraddice e smentisce pienamente le teorie materialistiche che volevano vedere un rapporto necessario fra pauperismo e regresso demografico, come molte altre teorie che si sono andate diffondendo fin da prima della guerra europea. Le considerazioni geografiche ed antropologiche, per le quali la natalità era in relazione con la situazione delle singole regioni sulla terra, oppore. eoa, le razze o con le naziona- lità o con le religioni, si sono palesate Insufficienti. Basterebbe vedere le brusche e notevoli modificazioni delle condizioni demografiche di qualche paese, restando identiche tutte le condizioni esterne, com'è avvenuto in Francia nel secolo XIX, per intendere che tutti i fattori di questo genere non influiscono neppur minimamente sulla natalità. Per contro, nell'esaminare il valore del rapporto fra tenor di vita e nascite, si dovrà tener conto della fondamentale importanza dell'urbanesimo sul regresso delle nascite. In realtà il più elevato tenor di vita ed il miglioramento delle condizioni economiche influiscono anche in senso regressivo sulle nascite nelle campagne: questo è perfettamente fuori discussione, e del resto è ampiamente dimostrato dalle indagini del Bertillon, del Dumont e di altri studiosi, nonché da qualche saggio del Colajanni. Del resto gli economisti della scuola conservatrice e tradizionalista, come il Le Play, constatavano nelle campagne lo stesso fenomeno, benché essi lo attribuissero alle leggi limitatrici della facoltà di disporre dei propri! beni clie obbligano a spezzare le proprietà, cosa clic, secondo essi, ripugnando ai contadini, li distoglieva dalla procreazione per evitare l'eccessivo frazionamento del patrimonio fondiario. L'inconsistenza della ipotesi è dimostrata dal fatto che in corrispondenti condizioni economiche anche (ed anzi ancor più) le città subiscono il medesimo regresso nelle nascite; ma è notevole la concordanza nelle osservazioni del fenomeno. Tuttavia è chiaro che tali fenomeni sono assai meno gravi nelle campagne che non nelle città. Già si è visto, in un precedente articolo, l'influenza negativa delle città sulla nuzialità, e se ne sono visti ragioni e possibili, relativi rimedi. La stessa fecondità delle donne esposte a partorire (dai 15 ai 50 anni), esaminata nel trentennio 1870-1900 (che conviene preferire al primo del secolo XX, perchè non perturbato nè da guerre nè da apprezzabili epidemie) dimostra la tendenza a regresso demografico assai più accentuata, in periodo di parallelo miglioramento economico, nelle città che nelle cam¬ pagne. Infatti, per 1000 donne dal 15 ai 50 anni si avrà: (1870) (1885) (1900) Torino 110 101 74 Plemonlo W 144 126 MUano io-. in 93 Lombardla 150 149 151 Hon).. 112 112 85 LaziO 159 163 139 N.-ipo i W 122 111 Campanl. 147 157 . 138 Palermo 133 138 117 Sicill - 180 171 144 Bologna lift ioi 79 Emilia 141 148 144 tabella che illustra chiaramente la sproporzione enorme fra l'andamento demografico della città isolata in confronto a quello della regione, compresa la città. Questo fatto è chiaramente attribuibile alla facilità offerta dalla città per la creazione di un migliore e superiore standard of lìving, con conseguente egoistica e volontaria contrazione delle nascite diretto allo scopo di mantenersi i mezzi per la prosecuzione del miglior tenor di vi ta iniziato, ed eventualmente per migliorarlo. Certamente non si può ridurre un fatto cosi difficile come il rapporto fra urbanesimo e natalità a questa unilaterale spiegazione dacché come nel regresso della nu¬ zialità entrano molti fattori necessari!, e molti involontarii, cosi nella contrazione delle nascilo entrano molti fattori non immediatamente volontarii (precedenti fisici, sessuali e sanitarii dell'uno o dell'altro coniuge; influenza deleteria del lavoro manuale sulle gestanti; timore di disoccupazione da parte della donna in caso di gravidanza, ecc.); ma 6ta di fatto Che, verificandosi la diminuzione della natalità in proporzione maggiore nei ceti più abbienti, deve ammettersi che influiscano essenzialmente considerazioni relative all'importanza che il tenor di vita, con tutti gli agi, comodi, piaceri e divertimenti offerti dalla città, assume nelle coppie coniugali di condizioni appena superiori alla nullatenenza. Individuato cosi uno dei motivi fondamentali della deleteria influenza della grande città sulle nascite, si è certamente ben lontani dalla visione esatta del problema: resta però chiaro che non allo sviluppo industriale o commerciale o ad altro deve attribuirsi questo male, ma soprattutto a forme sociali concomitanti, e non necessarie, a questo sviluppo.

Persone citate: Bertillon, Colajanni, Dumont