La drammatica lotta per violare il mistero della valle Sciaxgam

La drammatica lotta per violare il mistero della valle Sciaxgam La carovana della "Stampa,, al Caracorùrn La drammatica lotta per violare il mistero della valle Sciaxgam Il campo di base della Spedizione del Duca di Spoleto sul ghiacciaio Bàltoro - I vani tentativi inglesi d'esplorazione della valle Sciaxgam -- La prima pattuglia italiana e la prima faticata vittoria - Particolari inediti della storica impresa (Dal nostro inviato) MIO CAMPO AL SASSO DI COROFOM ■ ni. 3158 ■ AgostoIl nucleo principale della Spedizione Geografica Italiana al Caracorùrncol Capo della Spedizione, Sua Altezza Beale il Duca di Spoleto, aveva messo il campo a Vrdocas, sul ghiacciaio Bàlloro, come ieri raccontavo, i'8 dMaggio. Del gruppo facevano parte l'avvocato Umberto Balestre-ri, l'ingegnere Giuseppe Chiardola, il. radiotelegrafista Angelo Anfossi, e la guida Leone Broli. Degli altri, il professor Desio e la guida Croux erano in esplorazione su per la valle del Domurdoavviati alla valle e al ghiacciaio Punmah; e il'comandante in seconda della Spedizione, capitano di fregata Cucia, il professore Di Caporlacco, il dottor Allegri, e il Ponti., erano rimasti provvisoriamente al campo di base Vi Ascolc; quali per provvedere all'organizzazione e all'avvio delle successive carovane, per il trasporto dei materiali, strumenti e attrezzi vari, e dei viveri, "da Ascole al nuovo campo dtose, che si costituiva appunto a Vrdocas; e guati, il Ponti, e credo anche ti. Di Caporiacco, ammalali. Il cinematografista Terzano era ancora, credoricoverato all'ospedale indigeno d'Ascardu, ammalato d'influenza; o appena rimessosi, stava salendo allora ad Ascole. A Vrdocas nevicava: proprio, se conilo l'abusata espressione, la neve cadeva a larghe falde; ma cosi larOhe come nessuno, la guida slessa e alpinisti di vecchia esperienza, iBalestreri c il Chiardola, non ricordavano d'averne mai visto sulle nostre Alpi. Il che non. impediva che si procedesse all'assetto del campo, che ora avrebbe costituito, per il maggior tempo della Spedizione, la base principale, stabilita su quello stesso ghiacciaio Bàltoro di cui era nel compiti secondari della Spedizione completare il rilievo topografico, per l'estrema porzione dl> sud-est, non riconosciuta dal Duca degli Abruzzi, nella famosa spedizione del 1909. , La « capitale del Bàltoro » Vrdocas — che le carte finora hanno registrato erroneamente, ostrogoticamente Bdokass, — è un promontorio petroso dell'ardua catena che chiude, da mezzogiorno, il bacino del Bàitoro; e si può considerare un contrafforte estremo dell'imponente massiccio del Màscerbrum, culminante dietro a 7821 metri. Il promontorio s'eleva d'un centinaio di metri sopra il ghiac cCàjò'' d 'quindici o sedici chilometr$flll',pstremitd,-.frontale di esso; e la 'quòta sul mare sarebbe di 4258 metrisecondo il dottor Guillarmod, storiografo della spedizione anglo-austriacosvizzera Eckensteìn e Pfannl, del 1902o di 4025. secondo l calcoli del professore Omodei, in base ai dati raccoltdal Duca degli Abruzzi; o anche qualche cosa meno, cioè intorno a quattromila, secondo le ultime misurazion'e i calcoli del Duca di Spoleto. Vna 'enorme antica rovina del monte ha sparso, per il ripido pendio, giganteschi blocchi di granito, li ha qua accatastali confusamente, là li ha sbattati isolatamente ; e ove l'uno all'altro s'accumulano, e ove s'inclinano supendio, formano ripari diversi, specie 'di grotte o caverne, che è tacile trasformare in buoni rifugi, con. la costruzione semplicemente di qualche muretto a secco, otturando questa o quella apertura e le fessure tra masso 'e masso. E come già precedenti spedizioni, stabilito anch'esse qua il loro campo di base per l'esplorazioni de'Bàltoro, avevano provveduto in siffatta convenientissima guisa; così non restò che approfittare de' loro stessadattamenti, con pochi restauri, a rimediare i danni del tempo e de' maltempi. E nelle cavità e negli antri trovavano quindi posto e s'andavano sistemando materiali e viveri; nonché la ciurma dei portatori e le cucine; mentre gli Europei preferivano installarsnelle tende. Ma oltre a tale opportunità di ricoveri, Vrdocas — « capitale del Bàltoro »come la s'è chiamata, indubbiamente 'con fantasiosa iperbole, — offre ancora altre risorse: che, quando l'Estate scioglie le nevi al declivio, sscopre un terreno erboso, buon pascolo per un piccolo gregge, che tornirà latte e carne fresca; e in una conchetta, tra la costa e il sottostante ghiacciaio, corsa da un gorgogliante rivo, abbondano cespugli legnosi, che forniscono quindi combustibile. La pianta è una lonicera, che cresce fino a due e tre metri d'altezza, ultimo arbusto del bacino del Bàltoro. Nè stupisca questa vegetazione, al quattromila metri sul mare: in questi montdell'Asia centrale, la vegetazione sorpassa di gran lunga ogni limite di vita da noi controllato nelle regionalpine in Europa; e io stesso, non solo qua nel Caracorùrn, ma nell'Himàlaia propria, ho trovato, appunto sul quattromila metri, piante legnose; mentre già, qua nel Caracorùrn. svile somme pendici del bacino del ghiacciaio Ilispàr, il Conway e i coniugi Workmann ne trovarono lin verso l quattromiluquattroccnto e l quattromilacinquecento metri: ultimo rappreselitante di vita vegetale, suprema avanguardia di legno verde nell'inviolata desolazione dell'eccelso deserto, tra ptetra irta e livido ghiaccio, un piccolo scheletrito arbusto, un salice nano, non più alto di trenta centimetriMa allra vegetazione, l'erbacea, si trova ancora qualche centinaio di metrpiù sv; e il De Filippi parla di sassifraghe e potentille fiorile addirittura al cinquemilaclnquecento metri «... un tannano favoloso... » B insieme con quella vegetale, non manca quassù, almeno nell'inoltrata Primavera e d'Estate, numerosa vita animale. Sono piccoli rosicanti, degenere ochotona, detti, topo-coniglio — e il nome rappresenta perfettamentla cosa, — e detti dagli indigeni scippi, ossia bisbigliami; del volume appunto d'un medio coniglio, e in (orma di toponl, dal pelame cinerino, dall lunghe orecchie dirute; che fuggono via velocissimi, c veramente pare bisbigliando, tra il pietrame e nelle buche. Sono varie speci d'uccelli, piccioni e passeracei, che passano a, volo; e qualche corvo saltella gracchiando tra le tende del campo; e s'ode spesso lo | strido del rameicór, la pernice gigante hlmalalana; e nella conchetta al ridosso del promontorio, furono osservate, quando poi fini di nevicare, sulla neve recente, peste di.ibex, lo stambecco hlmalajano. Più in là, un coolie riferì d'aver visto anche le peste unghiate del leopardo delle nevi. Imponente apparve poi, dal promontorio e dal campo dt Vrdocas, quando il tempo un poco schiari, il panorama del sottostante ghiacciaio. E chi la conosceva, ricordò la descrizione del De Filippi, quanto mai. esatta ed efficace: .. Il Bàltoro... è d'un colore bigio qìiasl uniforme, pei detriti che lo ricoprono alla rinfusa ». (Ma. ora spaziava in candore di neve). « Le morene si separano e si singolarizzano mollo più oltre. Nel suo centro però, esso è percorso da un'alta cresta morenica longitudinale, leggermente sinuosa, che gli dà come vna struttura organica, assomigliandolo ad un mostruoo vertebrato, accovacciato in fondo alla valle, di. cui sposa la forma coi fianchi pieni ed arrotondati. Vn accenno a strisce più chiare, dove prevalgono i calcari nella morena, e qua e IA un luccicare di ghiaccio, come riflessi di squame risplendenti, completa nella fantasia l'imagine di un sauriano favoloso... ». All'atto stesso che si cominciava la sistemazione del campo di Vrdocas, si provvide a inalzare l'antenna della radio. Ma, come già dicevo altra volta, questa, per ragioni che non saprei accertare, non funzionò, nè allora nè poi, che poco e malamente; nè potè quindi rendere nessuno di quei preziosi servigi che se n'attendevano. Il radiotelegrafista Anfossi, affannato in torno a que' suoi ostili congegni, ci perdette il sonno e l'appetito; gli altri si adattarono a fare a meno delle pur vagheggiate comunicazioni radiotele grafiche, e lo ci guadagnai — tant'è vero che qualcuno, sempre, trae suo vantaggio dalle sventure altrui, — ci guadagnai che, non polendo così la Spedizione telegrafare al Comitato organizzatore,-giorno per giorno, il notiziario promesso; io trovai, raggiungendo più tardi la Spedizione stessa ancor quasi integra e fresca la messe giornalistica. Ma intanto, sùbito, si veniva apparecchiando, secondo i piani in precedenza studiati, firn-presa che costituiva lo scopo principale della Spedizione, suo compito essenziale: l'espio razione della valle Sciaxgam. Ilo già riportato ieri le informazioni fornitemi da Sua Eccellenza il generale Vacchelli, all'atto della mia partenza dall'Italia, sugli scopi appunto e compiti della Spedizione: « ...si è creduto opportuno limitare il progetto alla esplorazione e al rilevamento della parte della valle Sciaxgam compresa fra la esplorazione del maggiore Mason e l'itinerario del co lonnello Younghusband... ». Sui confini del Turchestàn Cinese rpivroLa valle Sciaxgam, fino a ieri, per la massima parte, ignota, è l'enorme solco che s'apre, nel Turchestàn Chiese, a nord-est della catena principale del Caracorùrn centrale, tra questa c la parallela catena, sempre naturai mente da nord-est, dell'Aghil: più precisamente, che s'apre oltre i monti che chiudono da nord-est il bacino del ghiacciaio Siacen, o Bose, e del sito tributario Tarim Scehr; oltre il gruppo dei monti di Be Giorgio V, cui s'attesta il ramo orientale-meridionale del Bàltoro, ramo che il Conway denominò dal soprastante Golden Throne — il Trono d'Oro; — oltre il gruppo dei Gàscerbrum, e il Broad Peak, e le inviolate creste e vette che fiancheggiano la sella Vittorio Sella e la Wlndu Gap — la sella del Venti; — e poi oltre ancora, a nord, dello Staircase e del K 2: questo, secondo monte della Terra, per altezza, con la sua cima che tocca agli 8611 metri, « ... il vero e indiscusso monarca di tutta la regione » — come l'ammirava il De Filippi, — « gigante solitario, nascosto alla vista degli uomini da innumerevoli giogaie, gelosamente custodito da vna selva di sudditi, protetto dall'invasione umana da chilometri e chilometri di ghiacciai... ». Ma anche la valle Sciaxgam è formidabilmente protetta contro ogni invasione d'uomini: colossi montani, culminanti a vertiginose altezze — dal Caracorùrn, di qua, tra i seimila e i settemila e fin sopra dagli ottomila e, come s'è detto, ottomilaseicento metri; e di là, dall'Aghil, dai seimila a più dei settemilacìnquecento metri; — colossi montani, con smisurate pareti di roccia e sconvolte fiumane di ghiacci, la serrano da ogni banda, tra il Caracorùrn, appunto, e l'Aghil, da quel passo G — quota 5463, — scoperto dalla spedizione De Filippi, nel '914, e che ne costituisce l'estremità sud-est e la testata, all'estremità nord-ovest, dove sfocia nella valle dell'Oprang, a circa tremilaseicento metri di altitudine. Cosi difficile, com'è, a penetrarsi, e tanto più diffìcile, come vedremo, a percorrersi, la valle Sciaxgam proponeva una delle più travagliami incognite geografiche; e sìa per mero interesse scientifico, e sia per uno speciale interesse, da parte del Governo Inglese e del Governo Indiano, passionatamente curiosi di conoscere questa misteriosa zona del Turchestàn Cinese, immediatamente a contatto del loro confini. Il confine settentrionale infatti dell'India — uso l'espressione generica; politicamente, sarebbe più esatto dire il confine del Cascimir; geograficamente più esatto, il confine del Baltlstàn, o Piccolo Tibet; — il confine dunque settentrionale dell'India è segnato infatti, per questa parte, dalla displuviale del Caracorùrn, che, dall'altro versante, precipita appunto — e fino a ieri non era che supposizione, che vxeùpitas&e; ragionevolissima, ma. supposizione; — precipita nella valle Sciaxgam. india, e Inghilterra, l'Inghilterra con l'India interposta persona, contestano la sovranità cinese della zona tra Caracorùrn e Aghil, pur senza che gli uni o gli. altri non n'abbiano più che abbordato le soglie, nè sapessero minimamente finora che vi si contenesse. Ma questo è proprio dell'inesausta fame, degli individui come dei popoli.-, di bramare anche ciò che mal si conosce, e non si. conosce che frutterebbe, o magari non si conosce affatto. Quello che si sapeva dalla valle Sciargain, prima che l'attuale Spedizione Italiana vi penetrasse con una sua animosa pattuglia, composta, come vedremo, dell'avvocato Balestreri, cui il Principe aveva delegato il cornando della, patti/glia stessa, del professor Desio, del. Ponti e della guida Bron; e il Balestreri e il Desio riuscissero, con magnifico ardimento e tenacia, soli, con otto portatori indigeni, superando la prova di difficoltà di stenti di fatiche, che non è dir troppo definire sovrumane, riuscissero a percorrerla quasi per intero, riportan- done completo il rilievo topografico e la riproduzione fotografica; quello che prima si sapeva, restava compendiato tutto nelle generiche e frammentarie notizie dell'Younghusband, per le sue esplorazioni del 1887 e deU'89; del Wood, per la sua ricognizione al passo G, quando, nel '914, partecipò alla spedizione del nostro De Filippi, nel Caracorùrn e nel Turchestàn Cinese; e infine del Mason, per la sua ricognizione del '92(5, alla testata della valle, dal passo G al contrafforte orientale del ghiacciaio Kyagàr; dove fu arrestato dalle difficoltà, ch'egli e il famoso alpinista Minchington, che l'accompagnava, giudicarono assolutamente insuperabili; sicché risolvettero di retrocedere. Ora, per misurare l'importanza del successo dell'attuale Spedizione Italiana, con l'esplorazione di tutta la valle Sciaxgam — e basti citare che il Mason stesso, un de' maggiori viaggiatori e studiosi dell'Himàlaja, che attualmente dirige la dotta rivista The Himalayan Journal, dichiarava che se la Spedizione Italiana fosse riuscita, com'egli, per sua personale esperienza, non riteneva possibile riuscisse, a percorrere la valle Sciaxgam, non avrebbe indi avuto ragione di cercare altri vanti, essendosi, con quello solo, accaparrato invidiatissimo titolo di benemerenza e di gloria nella storia delle esplorazioni Minala Jane; — per valutare dunque nella sua rilevantissima portata il successo italiano, di questa Spedizione del Duca di Spoleto, giova rievocare l precedenti, rifarsi ai tentativi e alle informazioni succitate, dell'Younghusband, del Wood, del Mason. Le scoperte di « sir » Francis Younghusband Sir Francis Younghusband compiva, nel 1886-'87, il suo maraviglloso viaggio attraverso il continente asiatico, dalla Manciuria al Cascimir, da Pechino a Srlnagar, attraversando la catena del Caracorùrn per il passo Mustagh — il Vecchio, quello in corrispondenza del ghiacciaio omonimo, e immediatamente sotto la Torre Mlistagli, a occidente di questa; e che si distingue dai. Muovo, che s'apre notevolmente più a occidente, in corrispondenza delle convergenti testate del ghiacciai Blale e Dunge. Per scalare da settentrione il Caracorùrn, dal versante del Turchestàn Cinese, come ho detto, al Vecchio Mustagh, l'Younghusband risaliva la valle dell'Oprang e a certo punto, cioè precisamente in località denominata dagli indigeni Oprang-Aghzi, scopriva lo sbocco, dalla destra orografica, e perciò da oriente, d'una grandiosa valle tributaria, che dagli indigeni della carovana apprese essere quella dello Sciaxgam. Vi s'inoltra per un tratto, fino a vedere un grande ghiacciaio, che scende in essa, da una valle sua tributaria da mezzogiorno, cioè dalla catena del Caracorùrn. Ma comprendendo che questo diversivo al suo itinerario l'avrebbe portalo troppo lungi, ritorna sul. suoi passi; e riprende la salita delta valle Oprano, su, volgendo al passo Mustagh. Questo, nel Settembre, se non erro, deii'87. NelVSV vuol tentare di proposito l'esplorazione della valle Sciaxgam. E si reca a Yarcand; e di là muove, risalendo la valle del V Yarcand, per valicare la catena dell'Aghil. Dato, come spiegavo sopra, che la valle Sciaxgam è interposta tra Caracorùrn, a sud-ovest, e Aghil, a nord-est; e data la completa incertezza di potervi arrivare per qualche passo del Caracorùrn; l'Younghusband aveva prescelto di. girare da setlentrio ne, per tentare di penetrarvi, appim lo, attraversando VAghil. E raggiunse infatti e superò l'Aghil Dewan, a 4653 vi etri; e per una vai Iella, tributaria di destra della Sciaxgam, finalmente pervenne In questa, precisamente alla località che nominò Sciaxgam Giangai, alla confluenza della delta valle Sciaxgam, che scende da mezzogiorno, con altra valle, sua tributaria pure di. destra, che scende da oriente, — e. di cui avrò occasione dì riparlarericordando più avanti la successiva spedizione del- Masoa. Indi risali per la Sciaxgam: e scavalcò un primo ghiacciaio, che trovò invadere la vallescendendo da una tributaria di sinistra, ossia dal Caracorùrn, e che nominò Gàscerbrum, dal nome della soprastante cima del Caracorùrn. E sempre risalendo la valle, giunse a un. secondo ghiacciaio, che nuovamente ali sbarrava il passo, scendendo, come l'altronormalmente alla valle, dal Caracorùrne questo nominò Vrdòk, ossia Sassi Botti, per il suo aspetto. E prese a rimontarlo; contando di guadagnare il colle di testala, per superare indi la catena del Caracorùrn e calare su questo versante meridionale, al Baitisidri. Ma non riuscì, attraverso le più aspre difficoltà e stenti e pericoli, che a salire fino a certo punto; da cui, os servando l'andamento del ghiacciaio e del bacino che lo comprendeva, credette presumere che il colle dovesse aprirsi là, poco più in su. Le condizioni perverse del ghiacciaio, conti nua caduta di valanghe, che minacciavano a ogni momento travolgere e seppellire la sua piccola carovana, lo consigliarono a desistere dal tentativo. E tornò indietro, per la strada già percorsa. Il colle, in vista del quale quasi era giunto, doveva essere poi identificato — dico sùbito — dalla nostra attuale Spedizione; ed è precisamente il colle Indirà, nel gruppo di monti di Re Giorgio V, a 6363 metri; e così nominato dalla signora Bui. lotik Workmann, che, una ventina di anni fa, e una. ventina d'anni, parimenti, dopo l'ardito tentativo dell'Younghusband, l'avvistava dall'opposto versante, rimontando oltre la testata del ghiacciaio Siacen. I due « ometti » testimoni gloriosi Nel '913-14, il maggiore Wood, dell'Ufficio Trigonometrico Geologico e Cartografico dell'India, era delegato dal Governo Indiano ad accompagnare la spedizione del nostro De Filippi, nel Caracorùrn e nel Turchestàn Cinese; e deviando dall'itinerario che la spedizione seguiva, da Le, nel. Ladak, al. passo deCaracorùrn, tradizionale itinerario carovaniero per andare dal Ladiik, o Secondo Tibet, al Turchestàn. Cinesee salendo oltre il ramo settentrionale del ghiacciaio Binili, scopriva il colle di testata della valle Sciaxgam, a 5463 metri, che indicò semplicemente con una lettera, passo G. Di là osservò lu valle sottostante, che, incerto fosse veramente la Sciaxgam, indicò, anchequesta, con una semplice lettera: vai le li. lì la descrisse-, per quanto n'ave va potalo vedere, sgombra tutta dghiacci, anzi in parte verdeggiante dprati naturali, con qualche ciuffo, anche, più in basso, di arbustelli; sicché si poteva presumere che, più in basso ancora, accogliesse oasi di maggiore vegetazione. A questo momento, la valle Sciaxgam, esplorata solo dalle due estremità — dato, come però appariva meglio che probabile, che la sua estremità supcriore si Identificasse veramente con la valle H del maggiore Wood; — esplorala per un notevole tratto dallo sbocco, e dalla testata non più che di sul limite del colle; e il cui andamento restava, per la massima parte Ignoto; presentava queste curiose, eccezionali caratteristiche: d'esser apparsa senza traccia di glaciazioni, e di tacile accesso, dalla sommità; e nvasa invece da giganteschi e. impervi ghiacciai nella porzione medio-inferiore; ghiacciai che, da questa banda, la rendevano pressoché inaccessi bile. E il maggiore Kenneth Mason organizzò allora, giusto tre anni fa, nel '926, una grande spedizione, cui era obbiettivo l'esplorazione appunto, completa, della misteriosa valle, la spedizione, della quale faceva partecome ho già accennato, il Minchington, alpinista valorosissimo, che doveva poi trovare disgraziala morte, l'anno seguente. In un'escursione sull'Utmàlaja, di semplice addestramento dtruppe indigene da montagna; era sovvenzionata e attrezzata, con straordinaria ricchezza di mezzi e con ogni più minuziosa cura, dallo stesso Survey of India, l'Vfficlo, cioè. Trigonometrico e Geologico dell'In, dia. E s'avviò da Srlnagar, attraverso l'HImalaja, per lo Zogi-là, a Le; donde, sulle tracce della spedi-ione del De Filippi, a occidente delpasso del Caracorùrn, raggiunse il colle G, del maggiore Wood, che riconobbe di quel tipa caratteristico del colli tibetani, senza formazioni glaciali; e scese nella valle H; e riconobbe che questa era precisamente la testala della Sciaxgam, in forma di grandioso anfiteatro, sparso di enormi massi, con scarsa vegetazione erbacea, e più scarsa di arbusti; e ove forse, in remola età, era stato un lago, riversatosi poi per la valle, evidentemente in seguito al crollo, forse per terremoti, della parete di monte che gli faceva diga. Continuò la discesa della valle, per due giornale di marcia, dal passo G; e alla mattina del terzo giorno pervenne al fianco destro ■ d'un immane ghiacciaio, che, scendendo dal gruppo dell'Apsanlas, dai monti cioè che chiudono a nord il bacino del ghiacciaio Tarim Scehr, irrompeva nella valle slessa, da sinistra, normalmente all'andamento di essa, e tutta la sbarrava, andando a cozzare contro l'opposto versante. Questo ghiaccialo, di colossali proporzioni, e che il Mason denominò Kyagàr, ossia Bianconero, nell'idioma de' suoi portatori ladaki, presentava un terrifico aspetto, di ammassali ghiacci irti e sconvolti, con una vera selva di pilastri .e torri e guglie, dt vivo ghiaccio, alte le maggiori ira t cinquanta e ì sessanta mefri, collegate alla base da bastioni e muraglie, parimenti di ghiaccio, o intervallale da livide crcpaccc orrende. Il Minchington tentò scendere e avventurarsi in quell'iporberea selva mostruosa,- ma dovette ben presto desistere dall'impresa, che appariva disperata. Ed egli e il Mason giudicarono ti Kyagàr assolutamente invalicabile, quindi, la valle Sciaxgam, da quel lato, Irrimediabilmente vietata, il suo miste, ro ulteriormente inviolabile. E dcllbe rarono il ritorno. La spedizione, rispetto all'obbiettivo proposto, poteva considerarsi fallita; se non in quanto aveva accertato che le difese, che la Sciaxgam opponeva a chi s'impegnasse d'esplorarla, erano ben più formidabili che non s' supponesse, di natura tale da trascendere visibilmente le possibilità umane. Al limite raggiunto, su un cucuzzolo che emergeva sulla morena del fianco destro del ghiacciaio, il Mason e il. Minchington elevarono un segnale di pietre, un « ometto », come suol dirsi, a determinare anche il posto donde avevano effettualo gli ultimi rilievi triangolari e fotografici della valle. E quest'ometto — accenno subilo — sarà avvistato e fotografalo dai nostri Balestreri e Desio, quando termineranno la propria incredibile marcia su per la Sciaxgam, avendo questa percorsa in senso inverso, cioè risalita per tutta la porzione ancor ignota, fino precisamente alla morena di sinistra del Klagàr: dove, dirimpetto a questo del Mason, erigeranno un loro ometto di pietre: il più primitivo e rozzo del monumenti, che rammemori al futuri la gloria italiana delta completala scoperta della Sciaxgam. Nuovi tentativi del Mason li Mason indi, per utilizzare in opportuna guisa l'ingente apparecchio della spedizione, la condusse in esplorazione degli alti passi della catena dcl'Aghìl, ftancheggiante da greco la valle Sciaxgam; e raggiunse quella se rie di colli che egli denominò successivamente Marpo-la, Sa-Kang-la, AghilDcpsang-la, e Talar-la: quest'ultimo nome, perchè ivi il Mason credette identificare la località d'una battaglia combattuta, non saprei in che tempo fra Tartari, appunto, e Kirghisi. Ma il Mason, svolgendo questo diversivo sulVAghil, nutriva tuttavia la speranza di poter rientrare nella Sciaxgam, ridi scendendo, da un di que' passi, a valle dell'insormontabile ostacolo del Kyagàr. E a certo momento, valicato appunto il Tatar-la, scendeva in un'lgnola valle, da. cui sboccava in un'altra parimenti ignota, ch'egli, per Vanda mento e per certe caratteristiche, s'illuse fosse la tanto vagheggiata Sciaxgam, nel suo corso inferiore; e la segui per certo tratto; finché, affac dandosi a una gran curva della valle stessa, che, da sud a nord, come prima scendeva, piegava improvvisamente in. direzione da est a ovest, riconobbe il suo errore-, onde poi a questa valle, che non s'interpone tra l'Aghil. e il Curacorùm, ma s'approfonda nel cuore slesso dell'Aghìl, restò la denominazione di Zug-Sciaxgam, ossia Falsa Sciaxgam; ed è quella stessa che. immettendosi indi, più in basso, nella vera Sciaxgam, vi sbocca là dove vi era entrato l'Younghusband, neil'89, come sopra ricordavo, provenendo dall'Yarcand c dell' Aghìl-Dewan, e aveva nominato il luogo Sciaxgam Giunga). Il primo problema che >i presentava all'attuale Spedizione Italiana, per procedere al tentativo di percorrere la vaile Sciaxgam, per quella maggior porzione compresa, come abbiamo veduto, tra le esplorazioni del colonnello Younghusband, dell'87 e '89, e quella del Mason, del '26; era di penetrare nella valle slessa, muovendo ila quel ghiacciaio del Bàltoro, dove l'Younghusband. scoperta prima la Scia.rgnm, già era pervenuto, nell'87, per la via del vecchio passo Mustagh, e dove la nostru Spedizione aveva stabilito la sua base. Si trattava perciò di ripercorrere in senso inverso il cammino dell'Younghusband Ma ecco sùbito, a questo proposito, una prima dil/lcollà, che non si sapeva di che entità, e se si sarebbe potuta superare. K. E. Vjfalvy asserisce che sarebheslato attraversalo, nel 1760, anche dal gnsuila portoghese b'Espinaha; e il Vi-lia campo di polo verso i 5000 metri li passo Mustagh, detto il Vecchio, per la ragione che già riferivo, era stato, un tempo, già abbastanza frequentato, naturalmente solo nei mesi dell'Estate, dalle carovane che andavano e venivano tra il Cascimir e il Turchestàn Cinese, tra Srinagar e Yarcand. Il geografo e antropologo ungherese gne testimonia che era ancora apertoal tempo di Ahmed Scià, che fu l'ulti-mo ragia indipendente del Baltistàn. te ghiacciaio, e per accumuli di neve di valanghe; e che gl'indigeni erano stati quindi costretti ad abbandonare la via, e cercare quella, più occlden- nella prima metà del secolo scorso. Ma. poi avvennero gravi crolli e rovine del ghiacciaio Mustagh, che s'attesta sotto il passo, dal versante meridionale, cioè questo, verso il Bàlloro; e il Godwin Austen, che fu ad Ascole e sali al Bàltoro nel 1861, afferma che allora il passo era divenuto impraticabile, per 14 condizioni appunto del soltoslan- tale, del Nuovo Mustagh, alle convergenti testate dei ghiacciai Dunge e Biale, che scendono anche questi, parallelamente al ghiacciaio Mustagh, nel bacino del Bàltoro. Poi, il Vecchio Mustagh era slato dunque ancora passato, nel Settembre dell'SU, dall'Younghusband; il quale, con una piccola carovana di portai ori, senza tenda, con semplicemente il sacco-letto di pelo, e un gabbano dì pelliccia per ogni uomo, e provviste ridotte di viveri in conserva, salì al passo da settentrione, per II facile pendio del ghiacciaio SarpoLaggo, che trovò coperto d'altra neve molle; ma gravi difficoltà, com'era preveduto, incontrò nella discesa del versante meridionale, su una successione dì serracchi, per il ghiacciaio Mustagh. E poi, ancora, nel '903, duealpinisti, A. C. F. Ferber. socio del Club Alpino Italiano, ed E. Honlgmann, erano riusciti a salire al passo Mustagh, scalando questo ghiacciaio del versante meridionale, dal Bàltoro; e sulle chine fiancheggiantl la valle, ave vano ritrovate numerose tracce dell'an lieo traffico, tra cui i resti d'una già imporlanle stazione di tappa, un vero e proprio villaggio di ventidue capanne, ora abbandonale e in rovina; e ve stigia varie ai bivacchi, e qualche tumulo; e persino un campo di polo: una splanata di circa duecentocinauanta metri per cinquanta, detto Sciara gàn, dove forse avevano avuto luogo quelle famose sfide di polo tra Baiti e Yarkandi, di cui resta la voce, mista d'alcunché di leggendario, tra queste genti, e che probabilmente, dala la località, di sopra a questi smisurali ghiacciai, e verso l cinquemila metri, veniva giuocato non da cavallo, ma a piedi. (Ho già avuto occasione d'annotare altra volta come- il polo, dal Cascimir all'alto Ballistàn, sia gioco tradizionale, che tuttora appassiona in sommo grado queste popolazioni; sicché non è villaggio di qualche importanza che non abbia il suo campo, e ove ogni festività non si celebri con qualche partita. Wifalvy anzi, che ho già citato, sostenne l'ipotesi che il gioco nascesse prima qua, tra Himàlaia e Caracorùrn; ma pare invece più verisimile sia stato importato e diffuso dai sovrani mongoli, contemporaneamente che in India, dove però se n'andò poi perdendo il gusto ea estinguendo l'uso, fuorché in qualche provincia eccenlri l'IIonigmann raggiungevano il. passo, ma non lo superavano. Ma le loro sco perle, per ciò che si. riferiva al traffico, appunto, per questa via, tra Ballistàn e Turchestàn Cinese, riuscivano di speciale interesse agli studiosi, in quanto costituivano prova accertata della passata attività degli scambi; e. indi, tra gli studiosi slessi, si polemizzò sul carattere di questi; sostenendo alcuni le ragioni, che 11 avevano determinati, essere consistile prevalentemente in necessità e opportunità economiche e commerciali; e altri, come lo Stein e il Longstaff, propendendo a ritenere avessero avuto ben più spesso carattere militare, di avanzate d'invasori, o comunque conseguissero da guerre o rivoluzioni, esodi di vinti, passaggi di messaggeri e di fuggiaschi. Ma ciò che ora importava di più alla nostra Spedizione, era il fallo che anche il Ferber e l'IIonigmann s'erano trovali alle prese con aspre difficolto, su pel ghiacciaio Mustagh, emon avevano raggiunto il passo che a prezzo dt molte fatiche e tra non lievi pericoli. In compenso, restavano le indicazioni dei due, e soprattutto lo schizzo topografico del Ferber, per Vallo ghiacciaio e il valico, la cui posizione eraprima solo approssimativa/nenie e vagamente accennala sulle carte. La nostra prima pattuglia Appena avviata la sistemazione iniziale, sommaria, del campo di Vrdocas, fu deciso che una pattuglia partirebbe a riconoscere le reali condizioni presenti del vecchio passo Mustagh. Giunto il gruppo dì. lesta della Spedizione, con l'Augusto Comandante, come narravo, a Vrdocas nel pomeriggio di Mereoledì, 8 Maggio; il Venerdì, 10, la pattuglia già muoveva, guidata dall'avvocato Balestreri. La componevano, insieme col Balestreri, l'ingegnere Chiardola e la guida Bron, e una piccola carovana di portatori indigeni. Da quanto ho detto prima emerge — se pur non l'ho esplicitamente dichiarato — che la valle del Mustagh, tributaria di destra del Bàlloro, s'apre sul versante opposto a Vrdocas, il quale è su un promontorio del fianco sinistro; e s'apre non proprio dirimpetto, ma, di tre o quattro chilometri all'incirca, spostata a monte, cioè verso oriente. Discesa dal promontorio di Vrdocas sul ghiacciaio Bàltoro, coperto dallo spesso strato della recente neve; la pattuglia ne imprese la traversata, in senso diagonale, cioè approssimativamente in direzione di nord-est, superando i rilevati cordoni morenici, che ne accompagnano, longitudinalmente, l'andamento, e girando le crepacciale, che vi s'approfondano, più o meno dilatate, più o meno insidiose e lunghe a contornarsi. E dopo un paio d'ore di marcia affrontò la morena mediana, che si solleva bruscamente oltre i venti metri, in qualche punto fin verso a cinquanta, sopra il livello generale del ghiacciaio. Scavalcatala faticosamente, ìpoichè è tutta un irto e sconvolto am masso di blocchi e scheggioni di ghiac\cio, misti a pietre e minerali di ogni ca; e donde poi gl'Inglesi, appropriali-doselo, lo riesportarono). Il Ferber e'sorta, con prevalenza di calcari e di ìconglomerati policromi; e discesa sul'Valtra parie del ghiacciaio, dal lato, de- base dt Vrdocas, — in località, detta Lungi; a-Luma, sopra dal quattromilaottocento metri, quasi al piedi degli estremi contrafforti del massiccio della ' Siro, cioè settentrionale; la nostra pat> tuglla andò accostandosi a quel versante del bacino. E poco più di cinque ore dalla partenza da Vrdocas. s'affacciava allo sbocco della valle Mustagh, alla confluenza di questo ghiacciaio col Bàlloro, e l'attraversava in parte, verso oriente; facendo tappa, e mettendo il primo campo — primo, dalla Torre Mustagh, sulla sinistra della valle e del ghiacciaio omonimi. Quasi 41 gradi di febbre Al nuovo giorno — Sabato, 11, — e il cielo era buio, soffiava un vento gelU do, e minacciava di tornare a nevicare, — s'iniziò la salila su per il ghiacciaio Mustagh, tra. il fianco sinistro della valle e la morena mediana. E nel pomeriggio, Fu fatta tappa a mezzo il ghiacciaio, in località Lubsanghbransa, a circa clnquemllatrecento metri d'altitudine. Balestreri contava che il giorno seguente avrebbero potuto, guadagnare la testata del ghiacciaio, arrivando alla conca terminale della ralle, proprio sotto il colle, che avrebbero tentato scalare il giorno ancora seguente. Ma quella sera, quando t Ire si raccolsero nella piccola tenda, intorno alla zuppa fumante, la guida Bron, che già durante la marcia aveva dato qualche segno di stanchezza, che in lui, robustissimo e allenatasimo, non si spiegava nè con la fatica delta salila nè per l'alta quota, preoccupalo e cupo hit, di solito, così sereno e gaio d'umore, dichiarò, respingendo il piallo: — I/ài veuja <T pie' niente, staseira: 'm santo nen bin... Gli altri due lo confortarono; poi lo mandarono subito a letto. Nella notte, si lamentò pia volle. Al mattino, non potè alzarsi. Era franto, ansava rantolando, e bruciava dalla febbre. Balestreri, impressionato, volle misurargliela: allibbi, quando constatò che il termometro segnava quasi quaralun graili. Allora non esitò un minuto; e decise per il ritorno immediato a Vrdocas. Ma non era caso di pensare che ti malato potesse reggersi in piedi, nonché compiere l'aspra discesa del Mustagh e la riattraversata del Bàltoro. Ci s'industriò a fabbricare una specie di barella, con il telo e l bastoni di una tenda Wymper. E levato il campo, su quella fu adagiato il malato, entro il suo sacco-letto di pelo, avvolto iti coperte. E cominciò il trasporto,' giù, per il ghiacciaio, alternando, a quattro a quattro, ■ i portatori, che, per la ripida e accidenlatissima via, con quel carico così difficile e incomodo, oltreché assai gravoso — il Bron pesava intorno ai novantacinque chili, — non reggevano che breve tempo alla tremen da fatica, in qualche punlo di più du¬ ro e pericoloso passaggio, il Balestreri e il Chiardola vollero, loro stessi, caricarsi del compagno, portarlo loro, là dove il. piede e, la resistenza e il coraggio dei coolies sarebbero polutt tallire, nelle calale già dai precipiti serracchi, sull'orlo di livide voraainl. Quella sera — dt Domenica, 12. — si fece tappa, nuovamente presso Lungka-Luma. Nelle, condizioni del Bron si notava un lieve miglioramento, con iiminuzione della febbre. E il giorno topo, dovendosi attraversare il ghiacciaio Bàltoro, e continuando il mlllioramento, l'ammalato potè anche percorrere qualche breve tratto a piedi. Nel pomeriggio, — di Lunedì. 13, — la pattuglia rientrava al campo di base di Vrdocas; dove si provvedeva a prestare sùbito al Bron, che appariva attaccato da una forma particolarmente grave d'influenza, tutte le possibili cure del caso. Nella tormenta, verso il mistero Due giorni dopo, li 15 a mattina, Balestreri e Chiardola, soli, con Ut piccola, carovana di coolies, riprendevano la via, ben decisi che stavolta avrebbero, a ogni costo, raggiunto il valico del Mustagh. F. lo raggiungevano infatti, con un'asprissima e pericolosissima scalata per strapiombanti pareti di ghiaccio, su per una vertiginosa cristallina muraglia verde azzurra, e nell'infuriare della tormenta, otto giorni dopo, giovedì, 23 dt Maggio, alle quindici e trenta. E si affacciavano sul Turchestàn Cinese, mirando ansiosi verso l'ancora invulnerato mistero della valle Sciaxgam. MARIO BASSI. . <Slairesse * 'Si/te ChogaJisa II bacino glaciale del Bàltoro