Ghigliottiniamo Danton

Ghigliottiniamo DantonGhigliottiniamo Danton clHo domandato, ho osato doman- Cdare a Giovacchino Forzano la tes- tasera d'una poltrona per assistere al dsuo Danton. Forzano, che pure mi 3psa spietato coi suoi drammi in co- dstume, non me l'ha negata. E' un quomo cortese. E' anche, drammi sto-prici a parte, un uomo di talento, eisosa che lo stimo; sa che, per la sua.vsomnia abilità nel rimuovere in sceua. mcerti on-ux canons della Rivoluzione : toFrancese, io non mancherei di deco-irrarlo prima ancora di condannarlo a qmorte: proprio come accadde a quel impnrsouaggio del S'ovautatrè che lasciò flquel cannone slegato su un ponte di dnave, e poi seppe riavvincerlo alle sue ucatene. Eroico, dopo. Ma infausto, eprima. Quindi, con pari giustizia, il ppresentai'arni e la fucilata nel petto, inMa Forzano, vi ho detto, è gentile co'comanche coi suoi carnefici. Io potevo es sere il Robespierre del suo Danton. Egli ha invitato all'Olympia, cioè in|gFiazza di Greve, Robespierre. Figu-|vratevi con che cuore dovrei decidermi, : stadesso, a tirai giù il mio colpo di.simaunaia. ! Non son io, per fortuna, che ma--stnovro la ghigliottina della critica tea- fetrale in queste pagine, e potrò duu ìT1que evitare a Forzano una ben nefan-|mda mostra d'ingratitudine; tanto più.l"che la compaguia Bctrone ha ormai |mlevato il campo, e che alla tonante Rivoluzione di Giovacchino sono già successi, sulle tavole dell'Olympia, quegli spettacoli a Za bum ! the, come il titolo dice, si risolvono essi pure in un gran fracasso, inghirlandando l'agonia d'un sommergibile di chitarre havaiane e di canzonette fox-trot. Prima era stata la settimana dei barìtoni : baritono Bentini al processo Pollastro, baritono Betroue al Processo Danton. Non sono ben riuscito a carpire se il pubblico, sia all'una che all'altra udienza, tenesse o no per l'accusato. Certo i rispettivi difensori erano valenti. Ma se al vero essere di quegli imputati badassimo, bgdpsscpodufinalmente, senza preconcetti roman- 'ptici, e senza cedere al fascino della rloro grossa e trista teatralità? Non nfatemi la voce grossa se, sul piano.f.morale, oso accomunare Pollastro a Danton, un uccisore di carabinieri a un regicida, il massacratore di via Govone, al responsabile dei Settem lostqqbristi. Anche il bandito di Novi ha pavuto il suo stile e il suo coraggio, pEd anche il tribuno francese ha avu- jmto la sua ferocia, il suo vizio, la sua .scupidigia, la sua vergogna. Poiché il vostro dramma non è più da discutere, permettetemi, Forzano, di discutere la persona del protagonista. Ci avete informati che Danton vi è costato nove anni di studi. Ma paiono troppi. Ne merita proprio pstsdtifrtanti il sacrificatore dei girondini «l'eMerita tanto studio, e tanta simpa-,sj; ; x ' „., t„ zr*% ì>v ? proTra.ta._la vena- ^hta? E 1 equivoco sleale? E i basa appetiti? E le indomabili vanità? E tatutti i rigurgiti, bollori e torbori di ;tun'anima assolutamente plebea? Quest'uomo ha al suo attivo, è pur vero, di.un. paio di discorsi patriottici: un qbel grido d'allarmi, uno stupendo finuo all'audacia cantato fon fieri ~ sguardi e giusta voce. Li sogno, e li riconosco, nella partita. Ma non vorrei che queste cifre, pur buone, prevalessero nel conto oltre il dovuto. Un solo colpo di spada di Hoche o di Pichegru faceva alla frontiera, contro i tedeschi o contro i vandeani, quanto i fendenti oratori di Danton. Non esageriamo, secondo il costume, nel premiare l'eloquenza felice. Sappiamo altresì che questo Danton è morto bene : che ha sorriso al carnefico; che, compagno sulla fatai carretta del poeta Fabre d'Eglantine, gli ha detto, con un bisenso molto arguto benché poco educato verso il mRzgnccdcacnbogtremante collega, che fra poco avreb bero fatto insieme des ver». Benissimo. Accetto il bon mot. E accetto le spalle taurine, la bocca sgangherata, il viso segnato dal vaiolo: tutti quei segni di bruttezza maiuscola che, a quanto pare, godono d'un certo favore presso le muse della storia, e di cui veramente l'avvocato Danton ha beneficato oltre misura. Gran ventura, per quest'uomo, l'essere nato con una bella voce e il niffo torto I Tutti i biografi sono ancora capacissimi di vantarci persino questo brutto muso come un altro merito : e i biografi Dantoniani, lo sapete, sono legione. Soltanto a teatro, ci siam visti riapparire questo cittadino Dan dPtnlnplIptdtsicseriton, nel giro di pochi anni, almeno u„• -•«-»—» « ifin cinque edizioni : una tedesca : una francese, del Rolland ; una italiana, del mio amico De Stefani - che fltDanton, almeno nella voce, pretende dadi riassomigliare —; e due toscane, di quest'altro autore amico mio: il quale già una prima volta ci s'era provato in Madame Roland, e adesso ha completato l'abbozzo nel nuovo dramma per nove anni ricompulsato. Or io, dicevo, volentieri accetto tutti i pregi del gran tribuno, dall'eloquenza al vaiolo, ma, vivaddio, non m'inchino nò al corrotto nè all'infido, nò al vanesio, nè al ciarlatano, nè al traffichino, nè al crapulone, nè al seduttore di minorenni, nò all'assassino di Vergniaud. Anzi mi rifarò al suo celebre bisticcio per affermare che se nella di lui vita ci sono stati dèi vers; cioè dei vorsi, della poesia ; ci sono però stati anche troppi vers: cioè dei venni, della putredine. Perciò dico che nove anni di studio, per un solo Danton, sono troppi : tenuto poi conto che, soltanto a teatro, passano non meno d'un paio di Danton all'anno, tutti torreggianti e truculenti, tutti in atto di gridare o da baritoni o da tenori. Perchè, pare impossibile, ma vi sono dei prepotenti che seguitano ad essere tali anche da morti. Danton, Marat, Robespierre! Tri trlptmgv11tunomio d'obbligo. Ancora dopo cento'e trenf anni non si scrive che di, loro. Marat, circonfuso «nora soloÌd,„ , ' , • . __.• ... iuna luce satanica, in questi ulti- mi tempi ha persino trovato degli elo-|giaton. Non parliamo di Robespier-1 re. Il libro di Béraud è stato l'ul-l timo inno al picciolo, inerte, per- erso causidico di Arras, azzimato ome un pavone e bisbetico come una gallina, senza dirittura, senza lemenza, senza spinto, senza cuore, Consoliamoci. Enrico Béiaud ha detto anto male degli Italiani che può ir bene, ' pierre: della grand uesto pia al perno d'una giostra. Non poso pensare a Robespierre senza rivederlo nell'atto d'aggiustarsi, oorvamente femmineo, i pizzi del pancioto. Come non posso ripensare al chiurgo Marat senza ricordarmi di uell'oriolo ch'egli aveva tanto caro: mmagine del tempo monotono, inlessibile od omicida. In che mai dunque differiva l'anima sua da una una clessidra assassina? Un oriolo, ra tutto quel che poteva battere nel petto dell'essere orrendo, dalla pelle n 6iidore e dalla testa fasciata, che ome logica aveva quella del medico, ome passione quella del libellista, come estetica quella del malato di ti- gna- Marat: momtrum della Ginevra pedagogica e calvinista, dove si tampavano le satire alla macchia e i. fabbricavano a migliaia gli orolo; il lercio ipocrita che dava di pro- titTita alla regina, ma riceveva le emmine in bagno, e, giustamente, 1'.era pugnalato! In fede mia. io mi "fiuto di credere che la gloria "e"a Rivoluzione sia consistita in uom.lnl : 0 <1ucst.° ml Pare 1>ab- bia già detto, una volta, Paolo Rourget. Seuonchè Bourget c un amico di duchesse, e un cuore tutto di caramella, per cui tanto Dauton clic Marat c Robespierre hanno avuto il primo gran torto d'avversare gli aristocratiri, e quello conseguente di soppri-:merne un certo numero. Io non sono cssita, procedendo pel loro destino sì come « il falciator per la sua via «..Ma d'essere stati gli strumenti d'una necessità dolorosa e sanguinosa, non viene a loro maestà maggiore di quella che non tocchi a semplici mietitori, rispetto agli ideatori e ai seminatori e ai custodi d'un campo. Ammetto la loro fatalità. Nego la loro grandezza. La grandezza della Rivoluzione comincia, trascurando i filosofi, da Mirabeau e Lafayette per finire al Bonaparte : ma pure frammezzo ai suoi turbini appaiono uomini giganteschi come il Carnot, l'oscuro organizzatore degli eserciti, il paziente titano dell' ombra, a petto dei quali l'avvocato Danton, il chirurgo Marat e il portacravatte Robespierre appaiono nulla più che dei gnomi rumorosi e vistosi. Purtroppo, e Robespierre e Danton e Marat furono « teatrali 1 : ebbero einr il dono delle apparenze interessanti, allucinanti, contradditorie, drammatiche. E purtroppo, ancora cento e trent'anni dopo, non ci si occupa che di loro, in grazia di queir insolente farnUre che si credeva favorisse Boitanto la mediocrità dei vivi. Ahimè, epcdtc „, cker o per Carnot. Cento apologie per che neppure la morte risolve la diffusa ingiustizia! Cento commedie per Danton, pel suo scilinguagnolo e il suo vaiolo, pei suoi bicipiti e i suoi calembour». Neppure una per Ne- parte le misure, offrirebbero motivi d'ispirazione senza fine, non allo sto- rico soltanto o all'elogista, ma allo etesso autore di teatro in cerca d'opposizioni, effetti, problemi psicologici, colpi di scena. Anche per questo, amico Forzano, vi dicevo e torno a dirvi che avete torto, prima di tutto, di trattenervi sì a lungo intorno a un evento il quale è avvenuto in terra di Francia: poiché dove l'argomento comincia col non essere di casa nostra, il linguaggio stesso si falsa e decade per principio. Perdio, siete così nitido e gentile, voi stesso, quando tornate in Toscana ! Ma non lo sentite, dunque, come le vostre Madonne Orette e Ginevra parlino più sodo, più chiaro, più schietto, dei vostri bercianti Convenzionali? Ma se proprio volete rimanere in Francia, tra Versagli* e Piazza di Grève, decidetevi almeno a farla finita con quei tre signori Danton, Marat e Robespierre, di cui davvero ci siamo occupati un po' troppo, e ai quali è lecito augurare, e pei loro demeriti e per la nostra pazienza, un colpo definitivo di ghigliottina. MARCO RAMPERTI.

Luoghi citati: Francia, Ginevra, Toscana