L'eredità inafferrabile

L'eredità inafferrabile L'eredità inafferrabile Fratelli e sorelle in controversia accanita si disputano il patrimonio della madre I.a passione del denaro finisce a si' tanl'vdalla morte della loro madre Felicita; vBenna, iniziarono una causa contro j Dvolto per disgregare le famiglie, per scavare incolmabili abissi anche tra fratelli e fratelli. Cosi è capitato per Anlonio e Anastasia Canova, i quali il fratello Giovanni e lo sorelle Maria e Adelaide, imputandoli di aver ottratto l'ingente patrimonio della settantenne genitrice. L'Antonio e l'Anastasia, quando appresero che della sostanza materna a loro toccava solamente la legittima, e cioè tremila lire, non si diedero più pace e si misero alla ricerca di prove, che stabilissero In modo irrefutabile a quanto ascendeva M patrimonio della vecchia, la quale — essi riferivano — dopo la data del testamento a loro presentato, aveva raccolta l'eredità di un figlio a nome Stefano, morto in America, ed elevantesi a ben 400 mila lire. La vecchia Felicita La vecchia Felicita, una donna di antico stampo, di abitudini casalinghe ed economa in sommo grado, non poteva in alcun modo aver sperperato tanto denaro. Essa aveva poi sempre, dichiarato a tutti che avrebbe usato uno stesso trattamento verso i sette figli che ancora le rimanevano. Ma aveva essa realmente incassato l'ingente somma che l'Antonio e l'Anastasia sostenevano fosse l'eredità lasciata dallo Stefano.? Questa circostanza negavano il Giovanni e le sorelle Maria e Ade laide. Altri due fratelli: Dante e Ca iniilla, che ancora si trovano negli jstati Uniti, interessati ad intervenire. 1 nella que-stione, non avevano creduto (opportuno di rivalicare l'oceano pel¬ li1 FzastcetirelasufitrctaddnnseoddlMaPpssavrtba e . i e r : ò e e . , o r o opport venire a sostenere i loro diritti nella successione della madre, e si erano limitati ad inviare una procura. L'Antonio fu il solo che maggiormente si diede da fare per provare che la legittima ricevuta da lui e dalla sorella Anastasia, non era corrispondente ai beni patrimoniali della genitrice. Riuscita vana ogni pratica amichevole, essi iniziarono — come abbiamo detto — una causa civile, tanto più che una seduta tenuta nello studio di un notaio non aveva concluso a nulla. Fratello e sorella insistevano nel dire che il Giovanni Canova, che insieme alla sorella Maria era rima sto vicino alla vecchia fino alla sua morte, aveva subito dopo, mutato te nore di vita e che ciò non poteva essere avvenuto se egli non avesse Intascato indebitamente i denari che la madre forse teneva nascosti in casa Vita nuova e speae nuove 11 Giovanni, assieme al marito della sorella Adelaide, si era comprato uno stabile in Biella e da solo aveva acquistato per 35 mila lire di macchi nario per una sua fabbrica di tessi tura. Di dove proveniva tanto denaro? domandavano i due accusatori ? A questo punto la causa civile si mutò in denuncia di furto di eredità contro Giovanni, Maria e Adelaide Canova e del fatto dovettero interessarsi i giudici. Ma il Tribunale incaricato dell'esame dell'intricata faccenda si pose un -diverso quesito, e cioè se l'eredità di America fosse mai esi stila, poiché non vi erano elementi basicvoli per comprovarla, anzi esistendo molti dati di fatto contra stanti. I! Giovanni riconosceva che la sua posizione finanziaria era assai miglio rata dalla morte della madre, ma spie gava il suo nuovo benessere asseren do di essere tomaio dall'America (do ve aveva emigrato insieme ai fratelli, fra i quali si trovava pure l'Antonio) con dieci mila dollari di risparmio che gli avevano permesso di impiantare subito una piccola fabbrica di tessitura. Lavorando ed economizzando, egli aveva potuto in seguito allargare la cerchia degli affari ed infine permettersi una vita più comoda. Tali dichiarazioni venivano smentì le dal fratello Antonio, il quale asse riva Invece che dall'America il Gip vanni eia partito senza il becco di un quattrino. Laggiù ti Giovanni non era riuscito a far nulla, ed i fratelli, per pagargli l'imbarco e le spese di assestamento, avevano dovuto sborsare 100 dollari ciascuno L'affare dei diecimila dollari era quindi una menzogna. Dollari tradotti in tire E l'Antonio proseguiva a narrare che a! momento della morte de! fratello Stefano, l'unico della famiglia che era riuscito a far fortuna, essi appresero che — giuste le leggi vigenti in quello Stato'dell'America del Nord — 1 t.-e quarti della sua fortuna dovevano andare alla madre, al'.a Felicita Henna, e il rimanente alla moglie de! defunto In quell'occasione, rea'iZ7ato i; pa trimonio deTlo Stefano, il Giovanni fi incaricato di spedire !n Italia alla madie 52:000 liru di Consolidato e 5000 dollari' InnltTe l'Antonio sosteneva che il fratello Dante gli aveva assicurato di avere ancora consegnate al Giovanni altre 100.000 lire — sempre BplcbcBtccrca i, provenienti dall'eredità dello Stefano r- - perche le trasmettesse alla madre, o-I Morendo, la povera vecchia che ave | va sempre condotto una vita modesfis- sima, doveva aver lasciata intatta tut- ta questa ingente sostanza che invece né lui, che più tardi era tornato dall'America, nè la sorella Anastasia avevano trovato. Tutta questa serie di dati non venl vano però suffragati ne dal fratello Dante, né dalla sorella Camilla, i qua li seguitarono a non farsi vivi. Erano 1 denari effettivamente pervenuti alla Felicita Benna? Solamente la presenza del due rimasti agli Stati Uniti avrebbe potuto risolvere onesta questione. In paese era effettivamente circolata la voce che la Felicita fosse entrata in possesso di somme ingenti, ma quale fondamento poteva avere in un giudizio, una voce incontrollabile, la stessa che forse poteva aver suggestionato l'Antonio e la Anastasia fino a convincerli dell'esistenza del patrimonio? Inoltre, anche ammesso che la Felicita Benna fosse effettivamente entrata in possesso dell'eredità del figlio d'America, non avrebbe anche potuto darsi che, per uno di quei mutamenti non impossibili nelle persone che hanno raggiunta la vecchiaia, essa avesse in vita fatto segrete donazioni ad opere di beneficenza, e ciò in danno dei figli? Ad ogni buon conto, non ravvisando i giudici, per le ragioni suesposte, la colpevolezza dpi Giovanni, della Maria e dell'Adelaide, li mandarono assolti. Ma contro tale sentenza il Procuratore generale ha interposto ap pello, dimodoché la causa sarà ripre sa e ridiscussa. L'Antonio e l'Anasta sia, che hanno avuto un momento di accasciamento quando udirono l'av versa sentenza, tornano ora a sognare le ingenti somme per le quali tan: to disperatamente si sono battuti e si battono contro il fratello e le sorelle. pqtozresscnbPMnsnzdlvatvltvudzma o e a a a a o ? i à e è i a , ) o i e n a r 0 . e o a o e , 0 a l e Un « alibi » di nuovo genere che salva un imputato Quando il Commissario di P. S. di Borgo S. Donato ricevette la denuncia presentata dall'Impresa Lorenzo Collino, la quale si diceva truffata di un carretto a mano per parte di un imbroglione, che glie ne aveva fatta richiesta a nome della Ditta Angelo Bassano e che poi non si era più fatto vedere, istintivamente pensò a certo Domenico Serra, di anni 25. da Volpiano, il quale si è specializzato con grande successo in questo genere di truffa. Infatti ì connotati del colpevole rispondevano esattamente a quelli del Serra: capelli castani, viso rotondo grassoccio, colorito roseo, sta; tura media, parlantina sciolta. E poi c'erano, nella denuncia, altri dati di fatto, i quali venivano a confermare come l'autore della truffa non potesse essere che il sul lodato messere. Il truffatore si era presentato nel cantiere, quando era in possesso di un altro carretto, che aveva cercatedi vendere al magazziniere Ciarlanti per poche diecine di lire: e Io aveva smontato non appena si era convinto clic la sua offerta non sarebbe stata accettata ed una eventuale insistenza sarebbe divenuta pericolosa. Smontalo dunque, il carreito, aveva preso le ruote, abbandonando le altre parti e caricatele su quello che. aveva nce vuto in imprestito, più comodo e meno pesante, se n'era andato. E quando, iniziate le indagini, il Serra non fu trovato, la convinzione che il truffato re fosse lui divenne certezza. Ma invp ce L'uomo di Volpiano si è gentilmente presentato ieri davanti il F-re tore per rispondere di quella truna ma il suo aspetto era quello dell uomo sicuro del fatto suo. E quando gli sono stati contestati tutti gli indizi, che congiuravano contro di lui, egli ha cosi risposto, trionfalmente: — Tutto congiura contro di me, io so dai miei precedenti al colore dei capelli. Però sta di fatto che il giorno in cui la Ditta Collino veniva truffata del suo carretto, io ero nenia impossibilità più assoluta di * """"'intendete prospettare un alibi7 — gli ha chiesto il Pretore. — lo presento un alibi, che non potrà essere contestato da- nessuno. Neppure dal rappresentante elei Mi aliterò Pubblico, che, di solito, non è gentile con me. . — Eravate moribondo ali ospedale? — Ero in carcere da sette mesi e, ;e non si vuole supporre che in quel liorno mi abbiano dato il permesso di l'bera uscita, ~i dovrà concludere, spero, che, almeno questa volta sono innocente. A meno che mi vogliate attribuire, "-omo a S. Antonio, il dono dell'ubiquità. ■ L'avv. Jona, che rappresenta la logge, procede a: dovuti controlli ed a stabilire che Domenico SeTra ha perfettamente ragione. Egli sta scontan do una pena che si è iniziata nel! a prile dell'anno scorso e non .j o - "sarà definitivamente scontata che nella prossima primavera. Chiede quindi al magistrato giudicante che voglia«solverà l'imputato per non aver egli commesso il tatto addebitatogli con tanto lusso di indizi. Ed il Pretore riconosce che Domenico Serra, all'è poca in cui fu commessa la truffa, era nella Impossibilità fisica di eser-citare il suo mestiere e lo assolve.

Persone citate: Adelaide Canova, Anastasia Canova, Angelo Bassano, Domenico Serra, Domenico Setra, Felicita Henna, Giovanni Canova, Lorenzo Collino