Sovrani e artisti nelle memorie di un direttore di orchestra

Sovrani e artisti nelle memorie di un direttore di orchestra Sovrani e artisti nelle memorie di un direttore di orchestra FeLiK Weingartner è tra i pochi direttori d'orchestra venuti in grande fama sul finire del secolo diecimonono che abbiano diirettamente 0 indirettamente provvedute a lasciare ai posteri dichiarazioni e confessioni della loro vita artistica, recando con esse documenti importanti alle indagini sui fatto estetico d'eH'imerpretazione e sulla moderna attività della direzione orchestrale. Scrittore abbondante e spigliato, il Weingairtner ha anche voluto raccogliere e fissare fe memorie della sua vita. E non gli è mancata la materia per due grossi volumi [LebensErinnerunoen, Zurigo, ed. Oredl Fiissli). Nato a Zara nel 1863, fu a capo delle più importanti istituzioni teatrali e concertistiche di Germania, d'Austria, delle Americhe, venne più volte in Italia, visitò mezzo mondo, conobbe i più grandi suoi coniempo-ranei, compose molte opere, sposò quattro volte... Per tutto ciò nelle sue pagine s'alteirnano 1 ritratti e le polemiche, le osservazioni artistiche e le descrizioni pittoresche, i biasimi e le loda. E l'ultimo foglio non reca la parola fine, poiché egli non intende d'aver concluso la sua attività accettando incarichi stabili a Basilea; ciò, anzi, a sessantasei anni, gli sembra solamente un inizio; la sua stella, dice, non s'è spenta. Intanto, si compiace di ricordare i suoi drteci lustri, operosi e fiduciosi. Wagner e Lisz! Nel 1882, a BajTeuth. La vita, cola, aveva allora un carattere quasi familiare, scrive il Weingartner. Dai discorsi che s'udivano per la strada ci si riconosceva compagni per le idee, e si faceva amicizia. Si aiutava nei luoghi affcllati, ci si chiamava a gran voce, salutandosi fralellii. Chi non era entusiasta venriva messo da parte. Nella Wahnfried, due rioeviimenti alla settimana. Par esservi ammesso, lasciare la carta da visita alla parta. Weingartner insieme con gli amici Kadletz e BòHcher consegnarono al servo i loro biglietti. Ricevettero poi ciascuno uno stampato : « Il signore e la signora Riccardo Wagner si onorano di informare che essi ricevono il giovedì e la domenica, dal 27 luglio al 28 agosto, alle 9.30 di sera ». Una numerosa e varia società si trovava adunala nelle sale della Wahnfried, la sera che Weingartner e gli amici vi si recarono. Spiccava la dignitosa persona di Franz Liszt. Vi erano pure Hans Richter, Hermann Levi e altiri artisti. La siignona Cosima, vestita d'un elegante abito con stirascico, con i capelli biondo-ceneire pettiim-ati graziosamente, teneva circolo come una principessa Le figliuole di Wagner e di Btilow guizzavano fra ta gpnte. Sieg-. fried, ch'era ancora un ragazzo, parlava inglese con gli stranieri. Sarebbe apparso Wagner? Spesso egli non partecipava al ricevimento. Porges aveva promesso al Weingartner di presentarlo a lui, ed egli frenava la sua impazienza osservando la numerosa biblioteca e il ritratto dl Schopenhauer, dipinto da Leuihach. « Vidi Liszt entrare in una camera vicina, che una cortina separava dalla sala di ricevimento. Istintivamente lo seguii, e, fermandomi presso la cortina, scorsi Wagner che sollecitamente si recava incontro a Liszt e lo salutava con parole commosse e tenere. Wagner venne poi nella grande sala. Sembrava iti buon umore; vestiva il frack, cosa insolita. Aveva in mano un gibus col miaile spesso si ventilava la testa. Ma ciò che più stupiva la vista era una grossa onorificenza straniera che egli, spregiatore di tutti i distintivi, .portava al collo. L'enigma fu presto sciolto. Egli stava per offriire quel segno, perveniutO'gli quello stesso giorno, a una dielle « ragazze fiori ». Wagner era singolarmente vivace e rapiido nei suoi movimenti. Fissandolo nei mobili occhi nessuno avrebbe pensato che il suo settantesimo genetliaco non era lontano e che fra un anno egfli non sarebbe stato fra noi. Un poco corpulento, la sua grossa testa contrastava alquanto con la statura, con la piccolezza delle mani e dei piedi. Sembrava più giovane d.i Liszt. I suoi capelli non erano troppo grigi. Gli occhi sfavillavano in mutevoli colori, ora chiari ora scuri. Rapid'ooiienie egli passava da un «rocchio all'altro. Io mi stavo a rispettosa distanza da lui, e riuscii pertanto ad ascoltare un suo discorso Intorno al tempo della miarcla diel Tannhcìuser, che a lui non sembrava fosse per solito nettamente serbato; ed aooenmava con la voce, e batteva la misura. Poi passò nella camera attigua per prendere cibo; e bastò un'occhiaia al suo piatto per comprendere che non fosse proprio un vegetariano. < Ricordali a Porges la sua promessa, ed egli la mantenne. Wagner ci strinse amichevolmente la mano, domandò se avessimo assistilo alle rappresentazioni. Gli parve di notare ch'io fossi commosso, e ponendo la sua mano sul mio petto esclamò: Il suo cuore batte! Standomene io confuso, egli aggiunse In schietto sassone: Già, per uno tanto giovane le ì-npazzp-flori son cnla cosa capitale nel Parsifal, ma Ella non deve perdere perciò la testa. Ej ci strinse nuovamente la mano. Eravamo già presso la porta, andandocene, e fa sua voce risuonò nuovamente: Ma non perdere la testai MI volsi. Wagner stava ancora in mezzo alla camera e sorridendo, mi salutava con la mano ». Verdi Weingartner non conobbe Verdi ma lo ammirò con intenso entusiasmo Recatosi a Milano nel 1896 per dirigere musiche tedesche nella sala del Con mrCdcgcsnpscsenatorio, conobbe Arrigo Boito. A-.uvrebbe colto l'occasione per esser pre- rsentato a Verdi, ma questi si trovava al sSant'Agata. In compenso Boito lo con-1epIplcsdlnSedusse nella sede della casa editrice Ri cordi e gii fece mostrare la partitura ancora inedita dell'0/f;(/rt, l'autografo chiaro e preciso, nel quale Weingartner notò che la disposizione dei righi stirumentali era stata serbata secondo una consuetudine antiquata. « Mi pare che il tempo in cui sfogliai quelle preziose pagine scorressr solennemente. Ancora oggi sono superbo d'esser stato uno dei primi a conoscere quel singolare capolavoro ». Quando apparve l'Ofc/(o, il teatro di Amburgo ne ottenne la primizia, in Germania. aErano risorte le dispute intorno all'influenza di Wagner su Verdi, cominciate ai tempo dell'.4frfa e (lenivate dal troppo semplice indizio che quell'opera principia, come il Lohennrln, con i violini divisi. Più forte si conclamava la derivazione wagneriana di Verdi a proposito dell'Otello. Quasi quasi il vecchio compositore avrebbe dovuto esser proscÈteto."^W'pescavanoIneìì-Otello reminiscenze del Parsifal In realtà tutto in Verdi era italiano, per nulla wagneriano, come sempre si era riscontrato nelle opere di lui, e tutto s'era raffinato, intensificato, arricchito di splendidi! colori, come avvia ne d'un diamante che un operaio liberi Ittalte ultime scorte. Ma quell'operaio lera stato lo stesso Maesuro. Qualcosa di grande era stato nuovamente creato nel mondo dell'arte. Un sentimento di feli- bcita mi accendeva a usare instancabil-. mente tutte le inie forze per la migliore esecuzione dell'opera ». La quale, con ia contributo entusiastico di tutti gli interpreti, fu condotta alla rappre sensazione trionfale. Fu spedili0 allora un telegramma di omaggio a Verdi, il juale rispose cordialmente. Weingartner ricorda pure le rappreentazionl berlinesi del Falstaff con la compagnia della Scala diretta « dal l'eccellente direttore » Mascheroni. « Furono splendide serate, che lo trascorsi, ammirato e sorpreso, in mezzo a troppi posti vuoti e a volti insoddi sfatti. Nessuno comprese la grandezza, la grazia e lo spirito di quell'opera; bisognava esser ciechi e sordi per ncn comprendere il genio che aveva creato quell'opera e il capolavoro che essa era ». All'41da. che gli avvenne di dirigere a Boston dopo Tristano e Isotta, dedica il Weingartner una bella pagina, um. esaltando le bellezze melodiche del-' l'opera Italiana, raffrontandone la chiusa con quella del Tristano. . Se imi fosse concesso di scegliere la mu-.sica che pi.', mi riescisse caro di ascol-ltare in punto di morte, vorrei il fina le àeU'Aiila e non la morte di Isotta. Ripenso il tempo in cui YAMa era una novità! Allora si diceva che Ver-,di era invecchiato e non poteva phV piacere. SI diceva che VAiaa, «,m*ta regina delle melodie fra le opere Ita- liane, era priva fll melodia. A quante jopere importanti è stata fatta l'accu-lsa di non-melod;osità? Ma ora i tem-'pi sono mutati, la melodia si dice cosa antiquata. Tempora mutantur. E si aggiunge: et nos mutamur in illis. Ma ciò non mi riguarda. Io prendo molta cura di non essere incluso fra i nas ». Caruso e Mascagni Ascoltò Battistinl già anziano, e di tanta ammirazione si senti acceso che scrisse un articolo per ili Pester Lloyd. Era giovane, nel 1881, quando gli occorse di ascoltare a Graz un pianista, annunciato come «fanciullo prodigio», Ferruccio Busoni. L'aspettazione non andò delusa. Altrettanto sorprendente gli parve la voce di Caruso, alla prima audizione, nel Metropolitan. S'era recato aH'Efu'ir d'amore; giunto al secondo atto, trovò posto in un crocchio di spettatori ciarlieri, lmprowisamen- te risuonò una meravigliosa melodia e una voce tenorile di favolosa bel- lezza cantò « Una furtiva lagrima ». Subito tacquero le conversazioni e do- vunque fu profondo sfìenzio. « Tratte-,nendo il respiro, domandai: Chi è? RI. sposerc : Enrico Caruso». Eccellente impressione ebbe del tenore Gigli nel Lohengrin, a Buenos Aires. Una rappresentazione dei Maestri cantori a Londra gli die agio dl stimare Luigi MancineMi, la cui direzione gli destò entusiastica e intima gioia. Molti, se non simpatici, sono gli episodi che egli ricorda scrivendo di Mascagni. A Buenos Aires, la sragion? doveva cominciar? con il Parsifal. « Lo spettacolo era fissato per le otto. Circa una mezz'ora prima fui chiamato al telefono. Una voce concitata mi invi- tava, per incarico di Mocchi, a recar-1 mi subito al Colon e comiiinciare la rappresentazione prima del tempo. Compresi subito di che si trattava. Già durante il viaggio Mocchi mi aveva confidenzialmente narrato che Mascagni lo sollecitava d; aprire il teatro col Ptocolo Mora' anzi che col Parsifal Siccome Mocchi non aveva annuito, voleva almeno evitare che il pubblico m'avess- accolto con manifpstazioni indubbiamente festose; cominciando prima nel teatro vuoto, perche .una parte del pubblico argentino usa ritardare l'ingresso, lo scopo sarebbe l stato raggiunto lo risposi che non'1ero pronto e gluns' in teatro peo prima delle otto. Un impiegato mi sol- Incitava di cominciare Finalmente ap- , I parve mogio mogio Mocchi. al quale lo diss; allegramente in italiano: Non credermi stupido' E attesi le otto: scesi in orchestra p raccolsi le feste del pubblico numeroso ». Tralasciando tali beghe. rirordpr»mo le commosse espressioni del Weingartner davanti alla tomba dl Rossini In Santa Croce a Firenze, e un gentile episodio della visita di Umberto e di Margherita d. Savola a Berlino. e La Regina Margherita Weingartner fu allora incaricato da Guglielmo II di un concerto a Potsdam. La regina d'Italia espresse il desiderio di udire musica tedesca. • Fu questa un'ottima occasione per compilare un bel proaramma, il quale pertanto doveva chiudersi con un or- oIr,D"€ Pezz0' ,a trascrizione che il maestro d'una banda militare ave va fatto d'una ballata di f.oewe, la cui chiassosa esecuzione piaceva as Ipiù chiasso potete. - La serata dedi lenta ai Sovrani italiani riuscì splen fidamente, cor tutto il fasto di cui una grandp corte era capace. Re Um berto era una potente, virile figura, . la regina Margherita avvinceva col , j, sai al Kaiser Conoscendo le prpdi- lezioni acustiche dì lui, raccoman- dal ai suonatori: — Fate quanto fascino. Ella ha diretto ottimamente udii esclamar-- dietro di me. mentre mi sentivo battpre sulla spalla Era il Kaiser. La Regina d'Italia egli mi disse, è entusiasta d' lei e vuole conoscerla; vpnpa E, prendendomi sotto il braccio, mi condusse dalla regina, la quale, perfettamente parlando tedesco, discorse di argomenti musicali, addimostrandospn0 colta ? sensibile. L'imperatore, che interveniva nel dialogo con la sua maniera Impetuosa, poi chf la regina m'ehh: congedato, disse al conte Hochheng- - Se Weingartner ritorna, gli facci 1 trovare una corona di alloro sul podio 1 ». a. d. 0.