Ascole, ultima oasi

Ascole, ultima oasi La carovana della « Stampa » al Caracorùm Ascole, ultima oasi (Dni nostro invlato)- Mio campo di ASCOLE (valle deBraldK>h - altitud. m. 3060 - AgostoQuesto ultimo centro abitato di Questa vlaija del Caracorùm, Ascole, s'accoglie in un'oasi, nel deserto montanoall'altezza di 3052 metri sul mare — errano il Conway e il Guillarmod quandle assegnano la quqta, rispettivamentedi m. 3158 e m. 3200 — su una terrazza di formazione morenica e alluvionale, elevala d'un centinio di metrdalla destra del Braldoh, onde la valle si nomina. Di fronte, dall'altro versante su un'altra dilungante terrazzasimmetrica a questa, verdeggiano lminori oasi di Corfà e di Mongiònghe più a monte, di là dallo sbocco della tributaria valle dello Scoro, l'oasi dTisté. Un ponte giula collega le durive del fiume, incurvandosi, come fanno queste primitive e legoere costruzioni di rami intrecciati in corda, petre fasci paralleli, incurvandosi a testone, una quindicina di metri di so pra all'impetuosa e limacciosa cor rcnte. tra Ascole e Corfà, poco a valldell'abitato. Il tratto di valle, per cul'occhio spazia abbastanza estesamente, verso oriente e verso occidente, truna doppia tuga e gli sporgenti speroni d'aspri monti e selvaggi, con scarpate di detriti ed enormi coni di defezione, e profondi burroni che il fiume e suol affluenti sono venuti scavando nei depositi alluvionali e morenici, e con frastagliate coste, indi, pareti precipiti, cui sovrastano crest3 pinnacoli di bruna roccia, intervallati da ghiacciai e nevaj; questo tratto di valle è dominato dal formidabilmassiccio del Mango Gusor, che attinge, verso scirocco, l'altezza di 676metri; e dalValtra banda, verso libeccio, dall'Hoser-Gangh, che culmina a60'»1 metri. Di qua si contempla l'eccelsa cima di quello; ma la vetta delVHoser-Gangh resta nascosta dai promontori che da essa derivano e le fanno corona. Da quest'altro lato, sulla destra della valle, verso settentrioneascendono dirupati i costoni e le scabre pareti del Se-Brok, tutto, in altonuda roccia e ghiaccio vivo. Scene georgiche Nell'oasi è vegetazione e sono coltivazioni che a noi maraviglia ritrovare a tanta altezza: crescono pioppd'Italia e salici e vari arbusti, tra cuparticolarmente abbonda il ribes; e de clinando fino all'alta e tagliata a picco ripa del fiume, si stendono campdi grano e d'orzo e di gran saraceno che vanno ora maturando — la mie mura s'effettua nella prima metà dSettembre, — e campi di fave e piselli, e prati. Il dottor Jacot Guillarmod, partecipe e storiografo della spedizione anglo - austriaco - svizzera Eckenste'.u e Pfannl del 1902, nel vo lume Six mois dans l'Himalaya, chho già avuto altra volta occasione dcitare, descrive modi di coltivazione e la scena georgica: « ... Gli aratri sono tutti di legnoanche il vomero, e cosi leggeri che gli uomini li portano a spalle, recandosi ai campi; a essi vengono attaccati yak d'una speciale varietà ». l'yak è un bovino himalajano, bos poephagus) «bruno-neri, dal pelo lungc e licciutodi maligno e persino sinistro aspetto pur mantenendosi, le migliori, più docili bestie del mondo. Il giogo poggia loro sulla nuca un po' rigonfia, e non è fissato alle corna, come s'usa altrove; due pezzi di legno impediscono semplicemente che le bestie scartino l'una dall'altra. 11 lavoratore lincita con la voce, emettendo un grido gutturale ch'é impossibile trascrivere [rha!, arrotando e aspirando for temente la erre, come un catarroso che non possa espettorare), lin ragazzo è in grado di reggere i corni dell'aratro, così questo è leggero, e cosi friabile e sabbioso è il terreno. • Le donno accompagnano il maritovestite d'un semplice camice, che spesso è rappezzalo da cima a fondo; ma su questi cenci, trova posto una quantità innumerevole di adornamenti, di tutte, forme e grandezze, il più soventi di rame o di latta, qualche vola d'argento e anche d'oro, appesi sul petto; di guisa che, quando elle camminano, tutte queste chincaglierie risuonano, o fanno pensare a' nostri ri¬ venditori ambulanti d'oggetti di cucina. Elle vanno generalmente a piednudi; qualcuna, le favorite probabimente, portano grossi stivali, stretalla caviglia e alti fino a mezza gamba, che fanno perdere alle, loro andaura la grazia naturale e l'elasticitdi quelle che non hanno calzature... »Mi siano permesse esplicite riservsullo. « grazia naturale » dell'andatura delle Baiti. Qua, come nel resto deBallistàn, le donne si sottraggono pequanto possono alla vista del forestiero, fuggendo a corsa pei campi o rparando ratte nelle case, al suo approssimarsi; e siccome non mi sonancora dato la briga d'inseguirne nesuna, non sono in grado di dire doro se non ciò che se ne sorprenda iun breve momento, o si. scorga di lontatio; ma quanto a grazie naturali, dqualunque genere, mi sento di garantire che l'espressione è almeno ipebolica. CaseL'abitato è costituito d'un piccolgruppo di casupole, intersecato dqualche slraduzza e viottola, svariatd'interposti ortlcclli e macchie d'arbusti. Le case non sono più elevate, pela parte murata, d'un paio di metrcostruite di pietra e malta di fangocon tetto piano, di rami a traliccio, coperto di terra battuta; e sopra, quassempre, un'altra costruzioncina, ancora, tutta, questa, di tralicci di ramIl nostro Duinclli dedicava già unstudiosa osservazione a queste caseche sono abitazioni degli uomini, insieme, e stalle degli animali; e in unde' capitoli da lui redatti pel libro deDe Filippi, Storia della SpedizionScientifica Italiana nel Himùlaja Caracorùm e Turchestàn Cinese (1913-1914scriveva: « ... Sono interessanti, queste casbaiti. Interessanti, perchè fatte propricome le caratteristiche climatiche depaese esigono. Qui 1 fondi-valle — e spuò dire che soltanto nei fondi-valliano situati i villaggi, — hanno tred di Intensi d'inverno ed arsure affocatnei mesi estivi. Ebbene: la casa baiha due quartieri, uno per la stagionredda, l'altro per quella calda. « Il primo è al terreno : costruzionquadrata in muratura, tirata su allpeggio, senza finestre, con un'unicporla che mette nella stalla dei bovinda questa si passa in quella delle pe core, e di qui finalmente nella stanzdi abitazione. Una mediocre aperturnel tetto fa uscire malamente il fumo ma assai peggio entrare aria e luceNon sarà un appartamento modellatecondo 1 dettami della moderna igienoccidentale; ma è certo ch'esso è difeo abbastanza bene contro il freddo. « Il primo piano è tutt'altra cosa: generalmente le pareti sono di un largraliccio di rametti, e l'aria entra gira ed esce, liberamente, per le pie ole stanze. Questo è l'appartamentstivo E proprio qua ad Ascole il Daìnel'indugiava meticolosamente nella vita delle case. E nel suo proprio lbro, cui cosi di frequente, com'è beogico, io ricorro, come ad autorevolpreziosa guida. Paesi e genti de' -aaconlm. ricorda: « ... Una di quelle che ho visitato m parsa molto interessante: dal pianuperiore, ora disabitato • (che era Deembre), • sono sceso nel quartier'inverno per l'unica botola che si are nel soffitto della piccola stalla dele pecore. Era, come potete immagina e, un bujo comp'eto, contro il qualmi ero premunito portando una canela: attorno alla stalla, ma separata questa soltanto per mezzo di un ado steccato fino all'altezza di non iù che mezzo metro, era un ambiene che nella sua forma un po' irregoare e con le sue varie parti costituì ca nell'insieme l'ambiente essenzialelia casa: vi si cucina, vi si mangiai si dormi:. Se nei; che, monile in luti le case visitalo altrove questo aitiMente essenziale tra, come del resto utti i rimanenti, limitato da mura nue, disadorne e rozze — qui tutto atorno era una parete di legno, oltre a (piale venivano a limitarsi armaietti, ripostigli, serbatoi, per il comustibile o per il latte e per l'acqua la parete di legno era completainen te lavorata d'intaglio, con disegni ornamentali assai vari e spesso non ba nali; intagliati 1 ipiccoli sportelli degli armadi, e gli stipiti delle aperture, ed i pilastri sporgenti ogni tarato dalla parete stessa. Forse è una vecchia costumanza della casa baiti, che si è conservata quassù In mezze alla montagna: ln mezzo alla montagna, dove, per ! mi nori contatti con la civiltà livellatri ce, si ò, in tutti i paesi del mondo più facilmente conservatori delle vec chie usanze e dei vecchi oggetti famigliari e casalinghi... ». Terremoti e altri guai Ora qualcuna delle vecchie r.ase di ■iscolc si vede crollata — e forse lo è anche questa, già visitala, sedici anni fa, e cosi descritta dal Dainelli; poiché il mio sclcari, c'ho mandato in giro a cercarla, non l'ha ritrovata, — tenuto perà conto che il mio scicarl, quale me l'ha affibiato un sensale a Srìnagar, è il più scervellato e inetto, io credo, di tutto il Cascimir; — altre case sono mezzo diroccate e vuote, come se una pana della popolazione, che non supera adesso le quindici, al massimo venti famiglie, abbia disertato il luogo. Fors'anche, la popolazione, eh- il Guillarmod, ventisetl'anni fa, calcolava sul migliaio d'individui, che oggi appare notevolmente interiore a questa cifra, è diminuita in conseguenza delU epidemie di vaiolo di colera, chi qua si succedono, sembra, frequentissime. E dacché siamo tn tema di guai, registriamo anche che il luogo è soggetto a terremoti: gli abitanti ne ricordano diversi; e ancora il Guillarmod testimonia di tre scosse, durante U soggiorno ascolitano della spedizione cui egli apparteneva: « ... n 30 maggio » C902), «alle diteci di sera, fummo svegliati da un terremoto che durò da due a tre secondi ; nella stessa notte, il fenomeno si ripetè verso le quattro del mattino, in misura più Intensa e prolungata... le scosse erano di violenza sufflcente per distruggere buon numero delle abitazioni. « Il 2 Giugno ebbimo ancora una terza scossa, ma meno forte delle precedenti; poi, il fenomeno non si rinnovò. Era del resto locale, e senza correlazione con altri terremoti segnalati questo stesso anno nell'Himàlaja, e che avvennero in altro tempo, in regioni ben distanti da quelle dova noi ci trovavamo In questo momento E sempre in tema di guaì ■ Ascole, in tempi andati, e oramai abbastanza remoti, costituì mèta di replicate incursioni armate, specialmente di predoni di Hunza e di Magar. Dovevano essere gente ben affamata, costoro, peggio che lupi l'Inverno: se si consideri che, per venire a depredare questo luogo, non certo dovizioso, dovevano percorrere in tutta la sua lunghezza il ghiaccialo Hispàr, superare il colle tra esso e il Biafo, e discendere questo: gualche cosa come centoventi chilometri di ghiacciai. L'ultima incursione risale al 1840; e fini tragicamente per i predoni; sicché avrebbe tolto ad altri, dopo, ogni voglia di ritentar l'impresa. Erano una banda forte di settecento od ottocento uomini, al comando di tal Uasìr Hollo; e piombò su Ascole nell'Autunno. Baccolsero tutto il bottino che poterono — il Godivi* Austen dice strappandolo a forza agli abitanti; il Conway dice ottenendolo da essi come tributo convenzionale e prezzo ilei riscatto; — e ripresero la via del ritorno. Ma la stagione era troppo aronzata, per quella difficile marcia e pericolosa, tra gli ardui monti; e la banda fu sorpresa per via da bufere tremende di vento e neve; e tutti, tutti settecento od ottocento, perirono sui ghiacciai, a eccezione di uno, proprio quello cui l'essere unico scampato non poteva ridondare che infamia: il capo Uasìr Ilollo. Di poi. le possibilità, o meglio, le probabilità d'altre incursioni di predoni, su questo versante del Caracorùm. erano eliminate da una spedizione militare inglese, di cui non saprei, adesso, precisare la data; quindi dall'annessione dell'intera regione al nitoro maharagialo di Giammu Cascimir. MARIO BASSI

Persone citate: Austen, Brok, Conway, Dainelli, Hollo, Hoser, Magar