Come nacque l'"Onde alla Regina d'Italia,, di Primo Levi

Come nacque l'"Onde alla Regina d'Italia,, J3» 3 O O IR O X PBKSONAIyl Come nacque l'"Onde alla Regina d'Italia,, Eterno femminino regale -1 Reali a Bologna ■ Il fascino della Regina Margherita - Un ricevimento » il panciotto di Primo Levi • Il colloquio con la Regina - Le prime due strofe dell'Ode - Olindo Gucrrini messaggero delia poesia • Al Quirinale ■ Le polemiche - Achille Bizzoni e Arcangelo Ghisleri - La poesia politica di Carducci = Conversioni ? - Occhio alle date = Il discorso di Lugo Un collega gentile l'anno scorso mi diede una rivista aggiungendo: — Si occupa di lei. Se ne occupava infatti, ma senza sciupare molto spazio: c'era, in proporzioni non ampie, una mia caricatura. Ma sotto di questa era stampato: — Colui che sugigerì al carducci l'ode alla Regina. In verità questa specie dl definizione non mi giungeva nuova: essa, su per giù, si ripete da parecchi decenni, costituendo i; solo titolo di dignità letteraria riconosciutomi. E ho sempre lasciato correre, tanto per ripugnanza a parlare di me, quanto per non avere l'aria di voler correggere un'affermazione di lui, del Carducci. Perchè, almeno In parte la responsabilità di quella gloriosa attribuzione è sua. Incominciando « L'eterno femminino regale », effettivamente, egli narrò che una sera, accompagnandolo a casa.Luigi Lodi gli disse: — Scriva un'ode alla Regina. — Nella brpvità de] ricordo può veramente sembrare che io 111' prendessi licenza di dare a lui un ?uwerimento : il -he non fu. e non po leva essere, perchè uè io ne altri di quanU ave;.ano la (ortuna di avvìci. narIo, dimenticarono mai la deferenza.^'ó^'e. Bionda, bella, mirabile nella virtù dall'atteggiamento — delicatamente misurata e pur sempre soave — ella distribuiva intorno il fascino di '"' sorriso impareggiabile Ed erano le opolanc, ammaliate dalia grazia di quel sorriso cììì più insistentemente la FflJTUivano, die più elamnrnsnmonte manifestavano In propria ammirazioni;'. Nessuna accoglienza era slata nini concordemente più fervida e insieme 11i11 affettuosa. Non vi erano più dissenzienti, in <iuei giorni, o almeno non si fecero sentire neppure in cauti e reticenti nrniTOorii 11 Carducci, nell'anima del quale vibravano costantemente le commozioni schiette c buone della moltitudine, non rimaneva insensibile u quel fervore diffuso. Anzi se ne sentiva caldo. Alla sera del pruno giorno che i Sovrani erano in città annunziò pertanto tis.-ai llftainci.te che L'indomani ,>;i... =C1-,1H,0 al ricevimento ri- serbalo «I corpo accademico. Ma la letizia era turbala da una nota di preoccupazione non dissimulabile. Si era provala la marsina, che custodiva da parecchi anni. B.>nchè il corpo si fosso non lievemente ingrassato, l'ahiio potsva nudare ancora, ma il panciotto assolutamente no: era divenuto troppo stretto. Come fare? Fortunatamente era presente Primo anzi la vcnerazio-ie che gli era dovuta.Nessuno di noi avrebbe mai osaio di dirgli: — Faccia o non faccia'questa cosa. 11 dialogo, quindi, si svolse in una forma un pò diversa. Ma prima di passare alla versione esatta, diciamo cosi integrale, è opportuno ricordare quanto avveniva in quegiorni a Bologna. Bologna monarchica Erano arrivali allora, nella visita alle varie province d'Italia, 11 Re e la Regina. E conviene aggiungere, perchè elemento molto importante: li accompagnava Benedetto Cairoli. L'antica città emiliana — benché ria parentesi temporanee possa apparire il contrario — è profondamente e sinceramente monarchica. Nessun'altra — io credo — rivelò più intensamente il cordoglio nazionale per la scomparizione df Vittorio Emanuele, l'elargiiore dell'unità. Essa anche aveva diritto a vantarsi di aver dato all'Esercito, e a Garibaldi, numerosi volontari. Parecchi di questi si erano recentemente ascritti al partito repubblicano, ma senza dimenticale nè le battaglie allo quali avevano partecipato, nè i capi a cui uvevano ubbidito. Ora Benedetto Cairoli, anzi dicevano più brevemente il signor Benedetto, era uno di quelli che avevano sempre trovato fra loro e avanti lovc. Come non commuoversi a'ia sua presenza? E alcuni di essi cosi spiegavano il loro entusiasmo al passaggio del corteo: Balliamo le mani al signor Benedetto! Certo l'qcccglienza ai Sovrani fu calda e sincera fin dalla prima loro apparizione. Ma divenne anche più festosa, clamorosa, unanime nei due giorni successivi La Reginn fu, anche in quell'occasione, la insuperabile conquistatrice d- anime, di .acclama- LevI, fortunato negoziante di grani, che aveva una ingiustificata passione per la letteratura. Egli disse: Provi il mio, professore: spero che 1p potrà servire. — An<Jò a prenderlo (abitava vicino ili casa) e si constatò con vivo compiacimento che, infatti, poteva ottimamente servire. Cosi Carducci completò la sua « toilette ». L'indomani sera, neH consueto ritrovo della bottiglieria Cillarlo, egli era raggiante. E non lesinava il racconto: l'intero racconto della accoglienza avuta, singolarmente dalla Regina. Sapeva già — e gli era stato rifertto dal ministro Zanarde] 11 — come ella professasse la più alta ammirazione dell'opera sua di poeta. Sapeva pure quanto avesse approvata — e probabilmente patrocinata — la onorificenza conferitagli ascrivendolo alt Ordine Civile di Savoia. Egli, con rincrescimento, aveva creduto di dover rifiutare quella onorificenza, non per considerazioni politiche, ma pel cerimoniale religioso imposto a chi ne era insignito. L'« Inno a Satana • contava tuttavia pochi anni. Ma non per ciò sentiva minore gratitudine per la Sovrana, che della nomina aveva voluto compiacersi. L'ispirazione Raccontava, dunque, quella sera che Ella gii aveva accennato, mostrandone conoscenza intelligentemente sicura, alle sue odi barbare — primo volume — e anche ad altri scritti suoi. Gli aveva anche chiesto a quali lavori stesse attendendo, e di quali avesse già formato il disegno. Con nessuno aveva parlato tanto lungamente. Certo delle parole, dei meditati giudizi, della deferenza direttamente dimostratagli, l'autore eTa rimasto malto soddisfatto. Tuttavia soprattutto si fennava intorno alla grazia, l'eleganza, la soavità della Regina, che non tralasciava di esaltare. — Una vera signora — ripeteva. E narrava che nel (soliloquio sempre l'aveva chiamata a Signora », ed Ella aveva mostrato gradire quella innovazione schiettamente italica. Alia fantasia artistica di lui per fermo era insistentemente apparsa l'immagine della perfezione femminile, ma non gli era fino a quel giorno occorso di riscontrarle nella realtà Allora gli pareva di avere Analmente realizzato il suo lungo sogno di bellezza. E n'era tutto commosso e lieto.Poche sère appresso, dopo la usata riunione nella quale dl tutt'altro si era parlato, — egli, anzi, aveva molto tackito — io l'accompagnavo a casa. Per buon tratto del cammino prosegui a rimaner silenzioso; poi, d'un tratto, vicino all'abitazione sua, usci a dire: — Stamane dovevo assistere a mia Commissione d'esame; non so come mi sono riuscite fatte queste due strofa. E le recito: erano le due prime di quella che fu poi l'Ode alla Regina. — Bellissime — osst?rvai io — e sarebbe un grande peccato non dar loro ini seguito. Egli non aggiunse parole; ma poco dopo nel salutarci sulla porta, come rispondendo alle mie paTole. e rivolgendosi a se stesso, mormorò: Chi sa? 1! dialogo che è rimasto bene nella memoria mia. fu tutto lì : non una sillaba di più. Ma qualche giorno di poi mi confido: — Oggi ho portalo l'Ode alla Regina allo Zanichelli, che. la vuole stampare a parte e subito. La poesia fu stampata, infatti, con la sollecitudine maggiore. E n<? fu ralla una edizione speciale da offrirsi alla Regina. Era giù stabilito che questa sarebbe sta;a recata a Roma da Olindo Gucrrini. Sapendo, infatti, che doveva, fra breve, andare alla capitale, '.'editore l'aveva pregato di assumersene la consegna. Per comunicare all'autore la sua adesione grata, il Guerrtni, fa cenilo uno strappo alle consuetudini, ornai immutabili, era uscito di casa, per venire, pure lui, dal Cillario. Si venne a discutere intorno al titolo da dare alia poesia. lo. confesso, suggerii: — A Margherita di Savoia. — No — ribattè il poeta dei « Postuma » — certe cose non si fanno mai a mezze: per la Regina ò staio scritto e alla Regina d'Italia deve esse-re ii.liiolata 11 Carducci, unitiile dillo, fu di questa opinione. Al ritorno, il Guerrini raccontò: - > Mi sono vestito come una persona seria, e ho salilo il Quirinale: nell'anticamera ho trovalo un ufficiale cortesissimo a cui ho chiesto di far giungere a Sua Maestà la Regina il plico. F.gli itii ha risposto: — gara fatto immediatamente. — E non mi è rimasto die di ringraziare salutandolo. La mia missione si è risolta cosi: non poteva essere più breve e meno difficile. Ripercnssioni politiche La poesia ebbe ripercussioni politiche? S), ci furono alcune polemiche originale da lei; ma comunque di non poco minori che ora non si supponga da molti. Almeno che io ricordi il Carducci parlò allora di un solo articolo contenente rimproveri acerbamente ingiusti. Ma l'articolo era di Achille Bizzoni, par cui aveva, un'aulici», non diminuita simpatia. Gli piaceva quecombattente instancabile, e che scriveva quando non aveva battaglie nelle quali precipitarsi, e scrivendo trovava modo di moltiplicare i numerosi duelli già S'ist3iiuti. Era, nel giudizio suo, il vero uomo di azione, e lo ammirava. Però a lui rispose subito, ina in quella forma serena e quasi affettuosa di cui aveva dato cosi mirabile sagg-io nella ' replica a Onirico Pimpanti che lo aveva assalito per !'« Inno a Satana ». Non egli avrebbe dimenticato mai ohe il Fllopanti era stato il segretario dell'Assemblea Romana del '40. cl.e aveva passato anni in esilio; ne! suo sregolato cervello Immaginava di essere l'ultima Incarnazione di Gesù Cristo, ma pure face va entrate molta scienza solida che diffondeva gratuitamente, sulle piazzeal popolo e soffriva dignitosamente la povertà. Ribattè, in tono amichevoleal Bizzoni: non si curò dei pochi altri che pure trassero pretesto ad ingiuriarlo, tra i quali fu il Rapisardl. A questi, anzi, che perseverantemente cercava di Inquietarlo, non avrebbe mai dato la soddisfazione di incari carsi di lui, se non fosse più tardcapitato un incidente; proprio du me Involontariamente provocato. 11 Ghisleri, invece, riuscì a criticar lo effettivamente, anche perche in lui sentiva l'eco de':!e mormorazioni con tenute del partito mazziniano, a cuegli aveva aderito, e che ripetutamente gli si era ir, mirato malevolo. Tuttavia non diodi' a vedere di commuoversene, e soltanto più tardi si occupò di lui quando si àecisc a scrivere l'i Etemo femminino regnOe » che, nella serenità del concepimento e della forma, fu essenzialmente un capitolo au topografico, senz.'i livori e senza pentimenti. Giucche nel pensiero suo non rite neva, compon ci (lo l'Ode alla Regina di avere nulla :mttato dl sè: non si gnifìcava nè cbiure nè dedizioni. Da poeja aveva interpretato un mo mento di schietta commozione popò lare e reso omaggio alla bellezza e a! la bontà di una signora. Egli si sentiva dentro neramente immutato, e aveva torto, soltanto, nella prosa del « Femminino » di trarre in campo i girondini, che non ci potevano entrare, e la coerenza politica che totalmente doveva rimanerne al dfuori. La poesia l'aveva pensata e scritta perchè era lui. il Carducci, sul quale non contavano i riscontri storici o te pretensioni dei partiti. Egli ubbidiva agli impulsi, dell'anima sua, tradueeiidoli in inquisiti documenti d'arte. Niente di altro: niente che diminuisse l'uomo o non giovasse ad aumentare lo scrittore. Politica e patriottismo Dunque egli non aveva idealità, non sentiva passioni politiche? Precisamente l'opposto: ne aveva e ne sentiva più intensamente di quasi tutti i contemporanei suoi, tra i «inali pur* erano i fattori del risorgimento nostro. Pensate: come giovanissimo t'ittavia esce da'!., meditazione pressòc-bò isolata de: «.lussici, per entrare nella rtNi'tà effctuvu della vita comune « rivolgersi non più soltanto a! giudizio dei letterati, ma al sentimento tonimo:;0 della moltitudine? Kr esce eompouendo l'inno « BiancaCroce di Savoia». esalVùzìout" délìamonarchia. Mu poco dopo, quando aveva u seti- tirsi moralmente e materialmente soci disfatto, essendo dall'instaurato regi me elevato all'onore di una cattedra — e che. cattedra! — nella Universi là di Bologna, scrive i « Decennali » tra i quali erano la » Consulta araldica », l'epodo al Corazzisi col rimbrot to all'» Italia vile »; e insieme proclama: — Io sono repubblicano! Bisogna, per chiarire, tener conto delle date: la « Bianca Croce » proromjpe fra San Martino e le annessionicon le quali le varie regioni della Penisola attestavamo la loro fede riconoscerne nella dinastia che aveva compiuto il prodigio delia unità. I « Decennali u e il resto vengono fra Aspromonte, Cusroza, Lissa, Mentana. Eventi fatali, dei quali vana è, e riuscirebbe ingiusta, la ricerca della responsabilità. Può essere, anzi è cosi, per chi può freddamente ragiona re. Ma egli no: egli, che aveva il più•he imperiosi gli venivano su dal cuo re. E perchè, anche potendo, avrebbe dovuto frenarli, se sentiva offesa quella che era la grande, magnifica, cotantemente amata e perseguita idealità sua, l'idealità dell'Italia trionfante nei secoli, chiamata ad essera luminosa nel presente per degiamente preparare l'avvenire radioso? Confo lire e nulla più! Certo, per la conformazione del suo temperamento, di tratto in tratto sscaldava ancora, protestava vigorosamente. Ma non più come prima. Garibaldi, a cui dedicò tutta la sua ammirazione, aveva preposto alla spedizione dei Mille il nome di Vittorio Emanuele, e pure si affermava repubblicano; vide nell'Internazionale il sole dell'avvenire e conferì l'autorità de! »uo protettorato a quella Lega della Democrazia di cui Alberto Mariorepubblicano anch'esso, assegnò per m&ta l'ora dei ■ placidi tramonti ». Si contraddicevano? Non pronunciamo bestemmie. Essi erano ugualmente sicuri di servire la Patria per farla più grande. Uguale sicurezza era, rimase Inalienabile nel Carducci, perchè maiper un'ora sola, non tese l'orecchio ad ascoltare reverente 'a voce della grande Madre. Dopo l'80 aveva avuto già tutti i conforti dovuti all'opera sua: stava quasi deliberatamente in disparte; coloro i quali non lo conoscevano non potevano credere fosse addomesticato. E perciò Ranieri Simoneili, che era staio avanti precettore ai figli deGranduca di Toscana, poi deputato dSinistra e membro de! Governo, pensò di ricorrere a lui per superare, nelle elezioni generali dell'86, a scrutinio di lista, lu lotta in cui si trovava con Ulisse Dirti; uno scienziato che non si vergognava di scemare la dignità personale in tenzoni medievali fra persone dello stesso Paese. Carducctentennò per alcuni giorni, poi si lasciò trascinare. Doveva presentarsagli elettori per pronunciarvi il discorso-programma. Aveva indugiato fino al termine estremo, perchè occupato a Itoma in lavori del Consiglio Superiore dell'istruzione. Finalmenteesauriti i doveri di ufficio, si decise a scrivere que! discorso e partire per Pisa. Nella mattina della partenza venne a colazione con me, e mi consegnò copia de', manoscritto da essere pubblicato nel t Fracassa ». Ma evidentemente aveva qualche cosa altro da dire, che gli seccava di esprimere. Alla line, quasi mormorando, domandò se gli facevo pagare il discorso perdio non aveva un soldo in tasca. Gli chiesi intanto gli occorresse e rispose— Cento lire — e non volle niente di più. Con quella somma andava a corrompere gli elettoli. E tumuieniaie che c'era nel discorso l'invocazione al He cavalcante sulle Alpi Giulie |iol compimento dell'unità. Non avevamo proprio allora rinliovata lu Triplice Alleanza? Non importava u lui, die guardava, come sèmpre, in ulic; guardava alliialiacompiuta, ione, bellissima. Questa era l'idealità -ua immutataquesta lu passióne a cui non venne nicno mai. E fu ed è tuttavia, fra : nostri del!riliiu«1110' l!,l)iu, nobile, pmo, anima'ore lluuta dcll!1 ''"tria. ' LUIGI LODI. perfetto temperamento di lirico, perfio essenzialmente passionale. Nonriusciva a lui di frenare g!i Impet