I Valdesi di Calabria

I Valdesi di Calabria I Valdesi di Calabria Dai nostro inviato a e a GUARDIA PIEMONTESE, ottobre, grStanno vestendo una sposa di Guardia Piemontese, e ci vogJ.lomo due donne ad accomodarle il prezioso abito delle cerimonie. E' tutto di broccato celeste a fiori d'oro. F.a sposa è ricca e il suo vestilo costa tremila lire. La donne le lavorano intorno per due ore. Le spartiscono i capelli in due trecce e le arrotolano intorno al cercine; poi con dieci metri di broc-»| catello legano i capelli al cercine e li (nascondono, ed ella ha così una bella corona fiorita, Sul cercine avvolgono il velo bianco, come una nuvoletta addensata, una nuvoletta di primavera. Sembra che vestano una sacerdotessa; e chi le afflbia le maniche di un damasco viola, facendo risaltare gli sboffi della camicia ricamata, e chi le cinge il grembiale di broccato rosso a fieri inaili, listato, come le pianet.e dei preti, d'un nastrò d'oro. D'oro sono 1 fiocchi che coprono le fìbbie, la caricano d'oro, le punta.no sul petto l'orologio d'oro, le cingono i polsi di bracei-ak-liti, le mettono una gran Tosa d'oro nel mezzo del peno, le infilano una mezza dozzina d'anelli. Ella diventa più alta in questo al> iiigliinmenlo, e sta, come chi ha indossalo un paramento, con le braccia aperte. Pensa però da sè a prendere il fazzoletto di seta che fa sventolare sopra il grembiule, puntato sul petto, e che è il distintivo della vinna che si marita. Esce amplificata ed enorme da questa vestizione. Prima era, si può dire, una bambina, ora è una iroiz.ia.ta a un rito straordinario, e guarda come una sibilla. Ha un ventre potentissimo in quell'avvolgimento di drappi, e credo bene che l'omino nero che -le si presenterà davanti peT portarla in chiesa sì sentirà tremare a vederla così soprannaturale. Io stesso, che indiscretamente sto a spiare, credo che se le andassi incontro le parlerei come In un libro, una illustre e bellissima lingua morta, come quella che parla lei, radunando quel poco della lingua di Sordello che mi rimane dall'università. Piuttosto, vorrei sapere come fanno la-notte, con quei capelli avvolti intorno al cercine e con dieci metri di nastro da svolgere e da ravvolgere la mattina seguente. Dormono con quell'apparecchio mi assicurano; solo che se lo girano in capo dalla parte più stretta per poter poggiare la testa sui cuscini senza farsi male. E allora penso allo stesso uomo che si vede la notte la sposa mitrata, con la corta camicia fino alle ginocchia che è come una rozza clamide. Altri abiti da società si stringono intorno alla aposa. L'operazione seguita in un silenzio assorto, e la donna che stringe ì lacci e nastri sembra debba apparecchiarla al sacrificio. Vi sono intorno Ticchi costumi di lamé d'oro, cangianti, e di broccati di diversi colori. Vi sono anche 1 vestiti delle più- povere, che sono soltanto di damasco o di seta, con qualche raro ricamo d'oro, della simbologia cara al popolo: l'ucce» no su un ramo, l'aquila con la coro na, le colombe davanti alila rosa. Cer te signore moderne che assistono al 'insolito rito dicono: « Poverette questa moda del capelli e del grem biule che le gonfia in quel modo è una curiosa punizione, e troppo gra ve per quello che hanno fatto ». Sono quattro secoli e si scherza ancora su queste cose. E che cosa hanno fatto? Nel regno di Federigo II rodetastcrzimlanpFlascstgpqgvnninFsprA"sgPoco dopo il mililecento, spinti forse dalle lotte di religione, genti del Del ftnato e Valdesi dal Piemonte e dalla Lombardia, specialmente della valle del Pellice per oltre un secolo accorsero a quel regno di Federico Secondo, 11 re tollerante e intollerato cui accorrevano uomini di tutte le Tazze e che aveva fatto delle Due Sicilie un cen tro cosmopolita o civilissimo. I Val desi si stabilirono su queste alture intorno a Guardia, trapiantandovi loro U6i, loro lingua, religione, costu mi. Dovettero trovarvi un ambiente tranquillo e favorevole, tanto da ere scere fino a diecimila persone che si stai Unirono in tre o quattro paeselli dalla contrada. Lo stesso principe Salvatore Spinelli, feudatario del luogo, dovette vedere di buon occhio questa colonia, se le cedette l'usufrutto delle ancora ricchi sime Terme Luigiane. Ma nel 1559 il Principe mutava parere. Accusato di favorire gli eretici dal cardinale Gh sieri, che fu poi Papa Pio V, comin ciò una persecuzione nei paesi i-ntor ilo a GuaTdia. Molti profughi cerca rono rifugio in Guardia, che era fortificata e cima di mura, in una posi ziaoe imprendlbiile anche con mezzi più raffinati che non queliti di cui si disponeva in quel tempo. Venneiro [gli Spagnuoli e l'Inquisizione. La persecuzione fu seguitata con più rigore e doveva fluire con la strage della popolazione valdese. Nel 1561 lo Sp' ne&i, per impadronirsi della clttadel la, chiese agM abitanti di poter rinchiudere nelle prigioni di GuaTdia alcuni arrestati. I quali non erano eh soldati incaricati dello sterminio. Di notte uscirono, irruppero nelle case comandarono la sottomissione alla Chiesa Romana. Chi non acconsenti fu finito. I pdfchi che si sottomisero furono lasciati a Guardia, ma con l'obbligo di tenere le porte aperte notte e giorno, e di non contrarre matrimonio altro che con genti di razza di- faudtccneaLlggsdzslcadpbsterpGdsmglURr«sIbmvc- versa d.1 cui era facilitata l'imml- grazione. Ottanta domenicani vi prese- ro stanza per vigilare, poiché si credeva che l'eresia fosse ancora alimenata in ritrovi nei sotterraneo del Castello. Il tempio valdese fu riconsacrato col nome di Chieda dell'Annunziata, con un simbolo trasparentissimo. Un padre Valerio di cui ci parìa a tradizione locale, Impose alle donne l'abito della penitenza. Non so poi perchè soltanto alle donne, ma tant'è. Forse perchè ne avrebbero conservata a memoria più a lungo, come inconsciamente la conservano oggi. Consisteva questa penitenza, in un sacco legato sotto le ascelle, in modo da coprire anche la traccia dei seni, ed è queipo stesso chi rimane come un grembiulino nella foggia odierna del vestire. Impose anche a cilicio, ma questo serba memoria soltanto una ève cucitura in giro tra le pieghe ntorno al Banchi. Il popolo intero per nolti anni si dovette recare a piedi in pellegrinaggio al santuario di San Francesco di Paola, la prima domeica di maggio, scalzo e coronato di spine, e appena in vista del santuario inginocchiarsi chiedendo perdono. Anche quest'uso è rimasto, ma ora c'è " treno. Strane iscrizioni Di quella fatale notte, un cronista parla di seicento e più .persone sgozzate, e del sangue che scorreva a mi. Ma 91 sa che i cronisti esagePoi in questi anni, dopo che acvCftsCmslnlpdnctdacdadBiiardla Piemontese non aveva più fatto parlare di sè altro che gli storici, un cumulo d'ossa è apparso in piazza durante certi lavori di sterro E intanto si favoleggia, tra li popolo, di croci ritrovate con strane iscrizioni che nessuno sa leggere. Fate attenzione a queste cose e a questi modi di esprimersi. Si confondono con fiabe di altri mondi nella fantasia popolare La quale dice soltanto per bocca delle donne che hanno la memoria lunga: ■ Noi eravamo di un'altra religione •. Ma non sanno più quale fosse, se fu estirpata con tanta ferocia. Metto in rapporto alla violenza con tu fu spazzata l'eresia la scomparsa di ogni memoria dei padri nelle canzoni e nei proverbi, che qui non esistono come cose caratteristiche del luogo e come gnomica popolare, nulla che ricordi un mondo di sentimenti autoctono, e che si ricolleghi col mondo da cui questa breve onda d'uomini provenne. In molti luoghi delle Calabrie esistono canzoni di tempi remotissimi, parole di una Grecia non soltanto bizantina ma classica e miti eraclef riportati a favole più familiari e a un altro gigante di cui si sente parlare più spesso. Sansone. Ma di Guardia neppure un canto che ricordi un passato. Certo il ricordo di questo dovette apparire pericoloso dapprima. Rimasero ancora 1 nomi di famiglie non comuni nella regione e di colore nettamente valdese 0 provenzale: Usceglio, Urselil, Bonnett, Guglielmett. Rimane il nome del costume, popolare che si chiama, dalle donne di qui, « costume oltramontano •, e fa impressione sentire questa parola da storici In bocca a una donna che stende al sole il suo granoturco. E rimane un brevissimo canto, pochi versi In cui 11 monarchismo millenario del Piemonte si può riconoscere: • Stelle beneditt lu loitt cheu tu m'a dunnè. Surdè per lu Re U m'a crisseu > (Sia benedetta la luce che m'hai dato. Soldato per il Re m'hai cresciuto). E si sente intatto 11 ■ chisl > piemontese, vivo, oltre a tutte le altre caratteristiche lessicali. mDialetto piemontese Dalle poche frasi che sono venuto citando, i piemontesi possono riconoscere, e meglio ancora gli abitanti della Val d'Aosta, di San Martino e di Pragelato, un suono di dialetto natio, tanto più sorprendente in quanto conservato sotto queste latitudini, fra un quotidiano contatto con dialetti del tutto dissimili, e quasi con una necessità fonica diversa, poiché la formazione di un dialetto risponde anche a predisposizioni fisiologiche. Uno studio profondo altri lo ha compiuto bene, e primo fra tutti Giuseppe Morosi, il quale ha dimostrato essere questo, d'un angolo di Calabria, il dialetto che nell'alto Pellice si parlava nel Cinquecento. Altri poi, tedeschi per lo più e un inglese, hanno compilato piccoli dizionari di questo .'ingutiggio. Io mi dovrei limitare a trovare dei rapporti fisici e di razza, diciamo, fra popoli cosi lontani. Che vi siano ancora non dubito, se esistono ancora vivi alcuni cognomi di famiglie. E non vorrei che sembrasse un'infatuazione la mia, e un amore del soggetto quello che mi trascina a dire che se 11 mondo di sentimenti peculiarmente calabrese forma 11 carattere di' questo piccolo popolo, c'è come un disincanto maggiore e un umore più sottile e più pacato. Intorno è la vita minuta che è una continua sorpresa, almeno per i primi giorni. Tutte queste donne, in abito di dame, alla fontana e al loro umili mestieri. In certi cubi bianchi di stanze queste donne sono raccolte alle opere familiari e al bambini. Come una volta, tutte le porte rimangono aperte, anche la mia. Il sangue versato in quella notte lontana è bastato per tutto, e non si ricorda da cinquanta anni una violenza, " CORRADO ALVARO,