In un drammatico confronto col colonnello Barisone il direttore della Banca di Mede difende il suo cassiere

In un drammatico confronto col colonnello Barisone il direttore della Banca di Mede difende il suo cassiereMovimentatissima seduta aSle Assise di Milano In un drammatico confronto col colonnello Barisone il direttore della Banca di Mede difende il suo cassiere Vivaci incidenti = Girsela degli awooatS & del ixtitotfclioo « Xv'viclierx^a sospesa Milano, 18 notte. Prima ohe si riprenda la serie dei.lt contestazioni ai De Uosa, il Procurato re Generale comm. Bolognini chiede che sia data lettura del verbaJe col quale l'ispetiore c!i P. S. comm. Villa diede atto delle rivelazioni fattegli dal De Rosa. Si era allora — come è ben noto, in sed-> di Inchiesta amministrativa disciplinare — ma dal documento di cui è data lettura appare che la so stanza delie dichiarazioni rese in quel la occasione dal De Kosa, è la stessa di quelle cb.i egli ha reso ieri in udienza. Nessun divario nessuna discordanza. Vt&ne In seguito data lettura della cronaca pubDlicata da un giornale milanese il man ino de1 '.0 giugno 1920, intorno al delitto di Mede, con i particolari delle prime indagini. 1! Fresidente precisa eh.? aneli- su di un giornale della sera del il) giugno, ultima edizione, era conteuuta la notizia del tragico eccidio. Quindi l'avv. Januzio della P. C. chiede: — Quando 11 Pollastro rese a Parigi ai questore Hizzo le dichiarazioni autoacciisatricl in ordine al delitto di Mede, sapeva delle accuss lanciate un anno prima contro di lui dal De Rosa? Pollastro: — Dopo il fallo di ftho i giornali avevano riferito le accuse rivoltemi dal De Roso. Io le appresi auindi, poich" in quell'epoca mi trovavo ancora a Milano Avv. Jcnuzio: — 11 Pollastro confermò di aver detto al questore Rizzo di aver corteggiato la sera del li* giugno a Torre Beretti la figliola dal proprietario dell'osteria Roma? Pollastro: — Il Rizzo ha inventato ques;o particolare oi sena pianta. Egli mi interroga senza prendere appunti e poi scrisse con comodo un verbale lunghissimo. On. Favia di P. C. • — Ma se voi Pollastro, avete voluto che vi losse accorciata una sera per raccogliere le idee! Avete parlato quindi dopo parecchie ore di raccoglimento. Ma il Pollastro sostiene che tutti i particolari contenuti nel rapporto del Questore Rizzo, sono invenzioni di questi. E il bandito vorrebbe proseguire su questo tono, ma è dissuaso dalle proteste di Caterina Piolatto, la quale lo esorto a tacere. — Faresti meglio a star zitto 1 — ella esclama. L'avv. Brusasca chiede ora al Peotta se si sia mai occupato di problemi sessuali e se abbia letto il volume di Otto Weininger: « Sesso e carattere». Pres. : -r Non vedo la ragione di questa domanda. L'avv. Brusasca spiega che la cosa ha uno stretto riferimento con quanto hanno riferito dei testimoni, circa i discorsi che un misterioso avventore dell'» Osteria Roma », a-Torre Beretti, teneva in quella sera fatale. Peotta: — MI dispiace assai di non aver potuto leggere quel volume di Otto Weininger, che io avevo richiesto a mio fratello, quando mi trovavo in carcere. A quella richiesta il Procuratore Generale Bolognini, si oppose energicamente. Aw. Mastrojanni, di P. C: — Vuole spiegarci il De Rosa, perchè attese quindici giorni, dopo aver avuto le confidenze del Peotta, a informarne l'Autorità? De Rosa: — Non posso rispondere, oppure rispondo che in quel momento ho creduto di agire come ho agito. On. Farinacci: — Rimane tuttavia pacifico che il De Rosa ha fatto le confidenze dopo l'arresto di Annaratone. Teste: — Certamente, dopo l'arresto, ma non ricordo il giorno. On. Farinacci: — F.ccol II De Rosa ha taciuto fino a che non seppe che erano stati arrestati degli innocenti. SI riprende quindi la lettura degli interrogatori resi dal De Rosa dapprima ai funzionari della questura di Milano, e po' al sostituto Procnratore Gonerale presso la Corte d'Appello di Torino, comm. Garoglio. In questo interrogatorie, reso il 20 agosto 1927, il De Rosa confermò tutti i particolari già noti e ricordò d'aver anche scritto a-1 patrono dell'Ann a raion e, avv. Sardi, dopo I vani tentativi spiegati per fare accreditane dalla autorità milanese le proprie rivelazioni e sostiene infine che l'accusa lanciatagli dal Pollastro non è che una vendetta per sonale, determinata dalla denunzia che egli aveva sporto anteriormente contro il bandito. I cavilli di Peolta In un successivo interrogatorio reso il 12 settembre 1927, 11 De Rosa spiega 1 rapporti corsi fra lui e il Peotta, soggliuigendo che costui non si era curato di pagargli la mensilità di affitto, come era stato convenutoPer questa ragione 11 De Rosa, che doveva far fronte ad impegni di vario genere, richiese al Peotta il prestito di 700 lire che gli fu accordato. E la lettura dei documenti prosegue: il 14 maggio 1928, il De Rosa fii posto a confronto cor. U Peotta. Questi, come un cavilloso procedurista eccepì su bito che si rifiutava di rispondere in ordine alle imputazioni del delitto di Mede, perchè per questo reato li Bel glo non aveva ancora emanato fi de creto di estradizione. Tuttavia il Peotta non si astenne dal lanciare i suostrali contro il D* Rosa: «Sei une spudorato I — dichiarò. — Le tue ri veinzionl sono false: tu sei un agent provocatore: o sei stato pagato prima o verrai pagate in seguilo ». Cosi la lettura dei documenti ha termine. ADe Rosa non vengono mosse altre do mande ed il teste è licenziato. Succede alta, pedana Giovanni Biàn chi. un giovane di ventun anno, aiti tante a Cascina Grossa presso Alessan dria. La mattina del 19 giugno, trovando si al lavoro nei campi rinvenne, som un filare di viti i> cinquanta metri dalla provinciale Alessandria-Valenza una bicicletta Ejjf'l si astenne dal toc caria ed avverti della scoperta 1 vigildel luogo. Si accertò poi come la bici eletta fosse quella appartenente alll'ep puntato Terzano, 11 povero cara bini e re trucidato la sera innanzi a MediSul rinvenimento della macchina de pone anulle la guardia campestre dCascina Grossa, Paolo Grassano, chracronw di aver provvisto a far riti rare la macchina ed a portarla ad Alessandria. On. Bentinl: — La macchina appa riva bagnata dalla rugiada? Teste: — No. era invece impolverataP. G. : — La località dove venne rin venuta la macchina a che distanzè situata da.lla prima osteria di Ca scina Grossa? Teste: — A circa cinquecento metrGiuseppe Pappuri, abitante a Medfece, il mattino del 19 giugno 1926. lterribile scoperta del cadavere dell'ap puntato Terzano. Il teste abitava ilocalità prossima a quella ove avvenne il delitto, ina, durante la notte, nointese spari, né rumori. Giuseppe lnvernizzi, lattivendolotransitando lungo lo stradale di Medrinvenne un proiettile inesploso di rvoltella. I) ritrovamento avvenne a 50metri dal luogo, ove era stato compiuto il delitto, nel tratto di strada chporta a Torreberettl. e i ri i i e d a e, a p n nn o, e, i00 ue Luigi Pioverà, negoziante di biciclette a Mede, aveva venduto, sei o sene mesi prima del delitto, all'appuntato Terzano la bicicletta che questi montava quando fu trucidato dai banditi. La bicicletta, come è noto, fu imì trovata in un prato, presso Cascina lìrossa in quel di Valenza. Il teste, cui fu ramni osi ni la qualche giorno dono la macchina, la riconobbe per quelin ceduta al povero carabiniere. P. G.: — Dal terriccio che copriva . pneumàtici, ha potuto rilevare che !;i macchina avesse percorso una strada di campagna? — La bicicletta era coperta di polvere. Il quartetto degli assassini Si presenta Maria Tarantola, un'altra ragazza che la sera del 1S giugno nolo, n Torreberetti. il quartetto degli assassini. Si trovava con una amica, In signorina Graverà, e notò i quattro giovanotti che dalla stazione, ove era giunto pochi minuti prima un treno, si dirigevano verso il paese. Presidente: — Che ,-tà avevano quegli individui? — Erano miti sui 35-38 anni. Pres.: — In istruttoria ha detto che erano giovanotti dai 25 ai 30. — In questo frattempo — osserva il P. G. — sono invecchiati. La teste fermò la sua attenzione sui quattro individui, perche procedevano in gruppo. Non notò tuttavia che recassero una valigia o una borsa. L'inLonim avvenne alle 21.15 Luigi Baldi di Frasearolo si trovava | da qualche tempo all'osteria Rotini, a Torreberetti in quella sera fallile, (piando vide entrare nell'esercizio quattro sconosciuti che si sedettero a un tavolo ordinando delle cibarie. Fermò la sua intenzione su uno ili essi, e ricorda che costui aveva i capelli biondi, ondulati; era piuttosto piccolo e dimostrava 2G o 27 anni. In Ist.rutloria gli fuiono presentati gli imputati lei gruppo Vitali; ma egli non riconob- be tra "essi alcuno dei" quattro miste- jriosi avventori dell'osteria Roma. In- vece, in una delle fotografie che sii furono rummostratp in seguito, ebbe la sensazione di riconoscere le sembianze dell'individuo biondo, su cui aveva fermato la sua attenzione quella sera. Pres.: — Ricorda di avere fallo osservazioni quando gli furono presentate quelle fotografie'.' — Dissi che il viso era rassomigliante e cosi la pettinatura dei capelli. Il teste è invitalo ad esaminare gli imputati, ina tra essi non riconosce alcuno. Il Presidente avverte allora che la fotografia rammostrata al teste, e nella quale gli parve di riconoscere l'individuo biondo, era quella del Peotta. Il leste viene fatto avvicinare nuovamente alla gabbia e invitato ad osservare il Peotta, ma egli dichiara che il giovanotto da lui notato tra i quattro all'osteria di Torreberettl aveva i capelli di tinta molto più chiara P. G.: — Alla sera, dopo essere liscilo dall'osteria Roma, ha visto ancora i quattro individui sconosciuti? — Si, li vidi passare montati su due biciclette; provenivano dallo stradale di Mede e si dirigevano verso Valenza. Bentini : — Quanto è distante la locatila, in cui ella si incontrò con i quattro individui, da Castellani dei Giorgi? — Circa due chilometri e mezzo. — Che ora era? — Le 23.30. Ero uscito dall'osteria « Roma » poco dopo le 23. Mi ero poi trattenuto qualche istante a parlare con amici lungo la sirada. Pres.: — Potè scorgerli in viso? — No, perchè, procedevano dall'altro lato della strada. Le due macchine procedevano a una distanza di una cinquantina di metri l'una dall'altra e andavano a velocità moderata. La fuga degli assassini Per concludere le indagini intorno alla strada presa dagli assassini durante la fuga, si leggono le deposizioni di due carabinieri della stazione di Valenza, il vice-brigadiere Antonio Cazzilio e il milite Giuseppe Delfino. La notte del 18 giugno i due carabi nieri si trovavano in servizio di perlustrazione lungo Ih linea ferroviaria di Vaienza, quando, verso la mezzanotte, giunti in prossimità della stazione di Bozzolo, a mezza strada tra questa e il ponte che si eleva sulla ferrovia, intesero un rumore che li insospettì. Scorsero sulla banchinastradale che corre parallelamente alla linea ferroviaria, un'ombra che su bito disparve. 1 militi intesero quindi un tonfo; si trattava di un individuo che si er« buttato precipitosamente lungo la scarpata stradale. 1 due ca rabmieri cercarono di accorrere, ma la ferrovia, che ^.orre al di sopra dPl la strada carrozzabile, era protetta da un'nha siepe che era impossibile sca valcare. Essi dovettero arrivare fino alla stazione di Bozzole per poter por tarsi sulla provinciale. Perlustrarono diligentemente In località, dove ave vano notato l'ombra misteriosa. Ri «lasero sulla località fino all'alba e trovarono unicamente la pompa della bicicletta che si accertò poi essere quella appartenente all'appuntato Terzano. Si presenta il geometra Telesforo Annaratone, cugino dell'imputato An paratone. La sera del 18 giugno strattenne sino verso le ore 22,30 all'Albergo del Sole. Uscitone, si avviò ver so casa, in compagnia dei signori Rota e Blgnami. Passando innanzi alla stazione di Mede (erano le 22,40) sincontro con i due poveri carabinierche dovevano cadere in quella nottvittime del dovere, li salutò e prosegui il suo cammino verso casa, lira trascorsa circa una vernina di minutdall'incontro con i militi, che tosto intese una sparatoria intensa, rapidissima. Poi, a distanza di qualche minuto, intese altri tre o quattro colpsordi, esplosi con un'arma diversa. Simpressionò, ma attribuì infine glspari ai mondariso che si attardavanin quelle sere nei campi. Pres.: — A che ora intese gli spari— Verso le 23; quando rincasai, l'orologio che tenevo sul comodino segnava le 23.5. Il teste aggiunge: — Siccome sonparente dell'Annaratone, tengo a precisare che, il maitino seguente avendappreso la notizia del delitto, mi presentai subito al maresciallo dei carabinieri di Mede, riferendogli quantora ho esposto. P. Ci.: — Mentre si trovava all'Abergo dei Sole non intese pure deglsipari? — Sentii due colpi di arma da fuocc. ma si sepne subito che erano slatsparati dal figlio di'un proprietaridel luogo, reno Narratone. Pres.: — Invece gli spari che sentItili tardi erano diversi; lei ha dettoin Istruttoria, di avere avuto l'impressione come di una sparatoria di mtragliatrici. Ebbi l'impressione che avessero fato esplodere un caricatore completo1 colpi che sentii più tardi, invecerano di altra arma. P. C: — Erano il colpo di grazia11 teste precisa che, in linea d'aria la località donde provenivano gli spari, poteva distare circa un paio di chilometri. Il direttore della Banca di Mede 11 teste e congedato e viene una [ dana l'ing. \ iuoriu Drusa, direttore delia succursale di Mede della Banca Popolare ili Novara, l'istituto presso il quale i'Aiinai atoiie era impiegalo colile caliere. Pres.: — Lei fu interrogalo più volle; riferisca ora limo quello che crede tioill'hiieressé della verità e della giustizia. Teste: — 1] mattino del 5 luglio 1926 — era un lunedi — si presentarono alla banca u colonnello Darisone e 1 commissari Bucarelli e De Mai-nino. 11 Uucarelli mi disse subito: «Lei avrà inteso che siamo sulla strada per arrestare gli uccisori dei carabinieri; tre ìi abbiamo già arrestali, un qua rio io leniamo sono mano ed ora dobbiamo individuare n quinto, che è un impiegalo della sua banca. Lei ci deve aire chi può esseri1 ». Rimasi assai sorpreso ria queste parole ed obbietlai che la cosa non eia possibile. Bucarelli ini disse che mi avrebbe .spiegato il piano idealo da coloro che uccisero I carabinieri ed accennò che gli assassini intendevano dare l'assalto alia cassaforte della banca. Risposi che quesio Piano era assurdo in quanto il tentativo ladresco contro ia banca non ora possibile e realizzabile e spiegai come o dormissi in una camera soprastan- | m a quella dove è contenuta il;. lorle e conio io possa sorvegliare di là. (lue.lo che può avvenire in quel locale, attraverso una botola che ha una apertura di 25 centimetri per trema; aggi!unsi cha.io abito con i parenti e che, nell'alloggio di banco al mio, dormiva il fattorino delia banca. Osmi rumore sarebbe stato inteso ed ogni eveniuailiià di piano ladresco sventata. •\ prescindere poi dal fallo che lo sta¬ j !'ik; °vf. ha Eli uffici la banca, è posto 111 Scalila ceniraie. Ma il Uucaredli, prosegue il teste, non si convinse e, osservandomi che si a o e o . a a a i a, a i o e a a o o e a e o n si lr oa si ri e ea ti o ie pi SI li o i? oeo edo eao lli oti io ti o, smial¬ era già prospettati, con i colleglli, unii gli elementi negativi che io era andato esponendo, mi annunciò che possedeva l'e:enco nominativo di tutti gli impiegali della banca e che per l'identificazione del colpevole avrebbe proceduto per eliminazione. Scorse così 1 nomi contenuti in un elenco, escludendo tutti sino nil'Annai ratone. Giunto a questo nome, richiese: a Dove passa le serale l'Annarntone? ». Risposi che l'Annaratone aveva la famiglia a Finiscarolo, che il più delle volte, alila sera, si alontanava ila Mede per recarsi a casa. Le insistenze dei funzionari <■ Altro non ero in grado di precisare. Bucarelli mi chiese allora come l'Annaratone si comportasse nell'esercizio delle sue mansioni e io risposi che l'Annaratone era alle mie dipendenze da 15 anni e che, in tutto questo lungo periodo, avevo dovuto richiamarlo una volta sola a motivo dell'orario. Io pretendevo che M cassiere giungesse in banca prima degli altri impiegati, ma l'Annaratone si era dimostrato per qualche giorno restio ad osservare questa disposizione. Per tale fatto, io avevo redatto un rapporto alla Direzione generale della banca, essendo mio obbligo curare che la disciplina sia osservata rigidamente. Diedi lettura al Bucarelli del rapporto; quindi il funzionario mi disse: «Sappiamo che l'Annaratone va spesso a Mi'ano ed è un donnaiolo ». Risposi che a cosa non era possibile, dato l'orario d'ufficio che gli lasciava libero appena il pomeriggio della domenica. E ricordai che l'Annaratone era stato a Milano il 21 aprile, ma per visitare la fiera campionaria In compagnia degli altri impiegati della Ranca. Aggiunsi nfìne che non mi risultava che l'Annaratone fosse dedito alle donne. Ma iPcolonnallo Barisone mi osservò: Non potrà forse negare che Annaratone faccia gite con l'amico Strada. Replicai che certamente all'Annaratono piaceva la compagnia delle beile ragazze; ma soggiunsi che la sua condotta non aveva mai dato luogo a rimarchi, perchè in questo caso avrei provveduto a richiamarlo e a pigliare i provvedimenti opportuni. E l'ing. Brusa, che parla con tono aperto, fermo, deciso, proseguendo il suo racconto, afferma che il rapporto da lui fatto a carico dell'Anneratone risaliva, a due anni prima, cioè al 1924. Ne prima di allora aveva mai dovuto lagnarsi del cassiere, il quale era molto affezionato al superiori e al l'Istituto al quale apparteneva; era lieto dello sviluppo della Banca e, an cora recentemente, nelle lettere che scriveva dal carcere, accennava alla Ranca con espressioni che commovevano i colleghi. L'aumento di stipendio che, in séguito al rapporto, gli era stato negato, nel 1925, gli fu accordato l'anno seguente. Il rapporto relativo all'orario non ebbe riflessi per lui, nè poteva averne, in quanto doveva essere considerato, dice il teste, come una tiratina d'orecchi che si dà a chi « scantina. » leggermente. Scorrendo i registri Dopo queste premesse, racconta sempre l'ing. Brusa, i commissari Bucarelli e De Martino, e colonnello Ba risone vollero passare nell'ufficio cas sa. 11 Bucarelli si fece consegnare il libro-giornale, nel quale notò che le scritturazioni relative al 18 giugno non erano di pugno dell'Annaratòne. Scorrendo il registro, 11 teste notò che in quel giorno si era fatto un versa mento alle sede di Alessandria di 300 mila lire, e si sovvenne cosi che l'ope razione era slata eseguita riall'Annaratone, il quale si era allontanato in quel giorno da Mede per qualche ora del pomeriggio. — Osservai — prosegue il teste che se l'Annaratone non aveva segnato le scritturazioni sul libro-giornale doveva però avere eseguito le distinte di cassa. Il commissario De Martino se le fece consegnare e, esaminandole, esclamò, rivolto ai colleghi: «Guardatelo qui, è anche falsario; ha fatto le distinte false ». E il De Martino, affermando che si intendeva di contabilita bancaria, fece rilevare che l'Annaratonc aveva avuto una differenza di cassa, che aveva coperto poi correggendo il totale delle distinte. Ma la differenza di cassa, soggiunge l'ing.re Brusa — era di V,. 16,u8; era una di quelle differenze di cassa de. cui non è immune alcun cassiere, tanto che le Ranelle corrispondono ai cassieri una speciale indennità, detta « indennità di sportello », per coprire queste eventuali differenze che si possono veriflcare nella congestione delle operazioni. Feci osservare, tutto ciò al De Mai-lino, il quale soggiunse: « Lei non è convinto ancora: anche un Intendente di finanza, il quale aveva unrdApdspnndclccncnDtpCinaiLvuicsvccrscsbaqRfucsbazdmtadvd«Eccslbcprbdlimpiegato ladro, non ora convinto eliocostui gli rubasse; io e Bucarelli lo ah-o. \ binino .--coperto e l'Intendente dovettece infine convincersi». Mi si richiese di l'aprire la cassa; risposi che io non eroin grado di aprirla, perchè non dote-novo i tre gruppi ili chiavi che òc'cof-a. a, revano per quella funzione. Li pregai di tornare alle due del pomeriggio. A quell'ora, la cassa sarebbe stata aperta normalmente per le operazioni di banca. I funzionari dissero che arebbero tornati. Quindi il Bucarelli, prendendo sotto braccio il De Martino, disse: « Andiamo; tu lo guarderai negli occhi ed io lo interrogherò. Vedrai che lo faremo cascare subito » Gli imputati se la ridono Nella gabbia gli imputati seguono on molta attenzione la narrazione del esto. E le espressioni che questi usa irca, ì metodi investigativi del Buarelli. determinano tra gli imputati noi gruppo Vitali un certo movimento lic si esprime con ilarità non contenuta. 11 Presidente, rivolgendosi agli imDtitati, osservo : — Voi vi divertite, a quanto parel — Sono così tranquillo — osserva il errari — che a sentire certe cose non posso fare a meno di ridere. I. ing. Rrusa prosegue, raccontando he i funzionari si fecero poi indicare l cassetto del tavolo occupato dall'Annaratono. Nel cassetto si trovava, con altri documenti, una lettera anonima, ndirizzata alla direzione della Banca. La storia di quella lettera anonima viene riferita dal tesle. Si tratta di uno scritto in cui si sparlava dell'Antaratone. esprimendo la meraviglia he costui occupasse ancora il suo poto presso l'istituto. Quando la ricevette, il toste se ne smpi e ne parlò con 1 Annaratone, al quale lini per onsegnarla, volendo cosi dimostrargli rhe non ne teneva alcun conto. In eguito, il Bucarelli disse risultargli che l'Annaratone andava in giro vestito con maglione a righe e con un berretto da ciclista. — Risposi — narra i! teste — di non avere mai visto l'Annaratone vestito in quel modo, ma il Bucarelli Insistette. Rovistando nel cassetto, tolse poi due otografie. Erano dell'Annaratòne: in una di esse, il cassiere era ritratto con un berretto in tesia. li Bucarelli soggiunse: « E' luì, non c'è più dubbio! ». Mi ingiunse di non uscire e si allontanò con i colleglli. Era mezzogiorno e salii in casa in uno stato d'animo facile ad immaginare. Pochi minuti dopo, giungeva nella mia abiazione il padre di Annaratone. Veniva a chiedermi cosa era successo. Ma, dietro di lui. v'era il Bucarelli. Il povero uomo non aveva avuto il tempo di parlare: il Bucarelli lo investì: «Badi che mettiamo dentro anche lei». E a me richiese: « Le ini deito qualche cosa ? ». L'ine-. Brusa prende poi a narrare come fu anerla la cassaforte. Allo 14 si presentarono i funzionari ed il coonnello Barisone. La cassaforte fu subito aperta con i tre gruppi di chiavi che erano indispensabili per questa operazione, alla presenza elei funzionari e del consigliere di turno della banca. Pres.: — Le chiavi da chi erano detenute ? — Dalle tre persone che le avevano di consueto, e cioè da me, dal cassiere Annaratone e dal consigliere di turno. — L'Annaratone quante chiavi aveva t — In tutto er,mo tre gruppi di chiavi, due gruppi di tre chiavi ciascuno ed uno di Quattro. Tante volte l'Annaratone, invece di tre chiavi, ne deteneva quattro, cioè una in più e precisamente la mia; ma questo avveniva solo durante il giorno. Per semplicità accadeva, talvolta, che si lasciassero presso il cassiere .tutti t gruppi di chiavi, salvo a riprendersi ognuno il suo alla sera, compiuta la auotidiana verifica di cassa. II versamento delle 300 mila lire Pres. : — Al lunedi a che ora si apre la banca7 — -Durante la mattina, resta chiusa e si riapre solo nel pomeriggio, cosi avvenne pure quel giorno. Nella cassa tutto fu trovato nel massimo ordiine. \ Mede giunsero, il giorno dopo, il direttore generale e un ispettore della Banca che eseguirono, insieme a me, una diligente verifica. Ogni cosa era in regola e si fece constatarne il fatto in un verbale che rimettemmo poi al pretoro. _ , pres. : _ il colonnello Barisone ha detto che. alla apertura della cassaforte, non presenziava il consigliere di turno. — Era presame. Oh, gfol episodi di quel giorno non li dimenticherò piùl Pres.: — E chi era il consigliere di turno? — Il cav. Ernesto Oddone. Venne in banca, mi diede le chiavi chflf deposi sul tavolo del mio ufficio. Ricordo che il Bucarelli, vedendo le chiavi sul tavolo, disse: > Questo ha una importanza eccezionale » Avv. Omodei- — Dica 11 teste del versamento di 300 mila lire fatio dall'Annaratone il 18 giugno alla sede di Alessandria. — Nel mese di giugno c'è sempre un grande movimento dil cassa, perchè i clienti nostri hanno necessita di denaro per fare il pagamento ai mondariso. Avevamo quindi sempre bisogno di moneta e di bigi letti di banca di piccolo taglilo, che bisognava recarsi a prelevare ad Alessandria. TI 18 giugno, al mattino, Annaratone mi faceva presente che occorreva un contingente di moneta spicciola e mi propose anche lo scarico delle 3'Ki mila lire che costituivano l'eccedenza di cassa oltre i bisogni normali. Avv. Sardi: — E dri che taglio erano i biglietti di banca che vennero versati? — Tutti di grosso taglio, da mille e da 500 lire ; li versammo appunto per questo. Avv. Sardi : — Con statiamo allora che l'iniaiativa dello scarico delle 300 mila lire fu dell'Annaratòne. — Fu esclusivamente sua. P. G.: — Può il teste assicurare sulla sua coscienza che nella notte del 18 giugno fu in casa e andò a letto?— Andai a letto alla mezzanotte e venti. Potrei Indicare dei testi su questa circostanza. — L'ing. Brusa non passava per un donnaiolo — osserva l'on. FarinacciAw. Sardi: — I,e è risultato cheprima di Bucarelli, si siano recati a Mede dei funzionari e agenti che saggirarono poi attorno alla banca? — Questo avvenne il 21 giugno, lo stesso giorno dei funerali dei carabinieri, ai quali noi tutti della banca partecipammo in massa. Vennero due agenti in borghese. Dopo aviere girato intorno all'edificio, portarono In caserma due operai che lavoravano negii uffici. Una circolare della Banca Popolare li teste aggiunge essere sua convinzione che, cori i ferri trovati sul luogo del delitto, era impossibile scassinare la cassaforte; né, d'altra parte i le chiavi potevano essere falsificate1data la loro complicità e delicata conI tìtoli j formazione. I titoli contenuti nella i cassaforte, asserisce il teste, eran elencati per numero e serie, cosicché: anche se sottraiti, avrebbero potuto es sere facilmente ricuperali. l ? e n . , a i o a e o o, e, n a o é s Avv. Sardi: — L'Annaratone appar tiene a famiglia agiata? — Appartiene a famiglia benestante e lui ha sempre goduto gli agi ài una tale condizione. P. G.: — Che stipendio percepiva? — 1600 lire al mese, ma, con le interessenze e con le indennità, superava le duemila e più mensili. P. G.: — Quando i funzionari di P. S. vennero da lei, le parve che avessero già assunto informazioni jul l'Annaratone? — Certamente, perchè dicevano che era un donnaiolo e che frequentava i Caffè. L'on. Farinacci esibisce una circolare riservata che la Direzione centrale della Banca Popolare di Novara, in data 13 luglio 1926, dirigeva ai direttori delle filiali. Nel documento è espresso il convincimento che l'arre sto dell'Annaratòne costituisse un er"ore e viene manifestata la certezza che la di lui innocenza stia per rifulgere in pieno. Si dà notizia poi che la Banca ha elargito 50 mila lire alle famiglie dei due poveri carabinieri. Conclusa la lettura, l'on. Farinacci rileva: — Chi ha scritto queste cose è la direzione della banca che doveva essere derubata. L'udienza che ha avuto un inizio e uno svolgimento assai calmo, viene sospesa per qualche minuto. Ma la ripresa si annuncia subito movimentata. Le ferme dichiarazioni dell'ing. Brusa, il quale sostiene con accenti appassionati, ma convinti, la infondatezza delle accuse mosse al suo ex cassiere, appaiono In contrasto con le dichiarazioni rese dal colonnello Barisone o dal commissario Bucarelli. I due testi tengono richiamati e posti a confronto con l'ing. Brusa. I contrasti permangono, si acuiscono, si esaspernno e il dibattito subito assume un tono vivacissimo per chiudersi con un finale tempestoso. Avv. Omodei al teste: — Vuole precisarci, ing. Brusa. se i muriccioli che circondano il giardinetto della banca sono prospiccnti sulla via? — No. Guardano verso la casa attigua. Avv. Omodei: — Dimodoché un ladro, per penetrare nei locali della banca, avrebbe dovuto introdursi nell'abitato attiguo, di qui scavalcare il muricciolo che divide il giardino della banca dai gruppi di case confinanti, e calarsi nel giardino? — Naturalmente; a meno che non avesse scavalcato il cancello di ingresso. Ed è richiamato il colonnello Barisone. Un vivacissimo incidente Pres. : — Lei, colonnello, ha da opporre qualche cosa a quanto ha detto l'ing. Brusa circa l'episodio relativo alle chiavi e alla apertura della cassaforte? Col. Barisone: — Ho da fare osservazioni anche su altre cose. — E il teste soggiunge: — L'ing. Brusa, quando ci siamo recati da lui, ci fece una descrizione dell'Annaratòne che non è quella che egli ha fatto ora all'udienza. Egli tenne allora tutt'altro atteggiamento. Cominciò col dire che l'Annaratone non era un impiegato modello, che era un donnaiolo e che aveva ricevuto reclami per cut avreb be dovuto licenziarlo. Ma, poiché l'Annaratone era protetto, egli era costretto a subirlo. Farò poi osservare che, quando ci siamo recati alla banca, non c'era solo il direttore negli uffici, ma tutto il personale. Brusa, scattando: — Non è verol C'ero solo io e il fattorino! Col. Barisone: — Non dica queste cose. Brusa: — Giuro: io ho detto la verità. Col. Barisone: — Lei può giurare fui che vuole. Lei ha detto ancora altre inesattezze: la cassaforte non fu aperta con tutte le chiavi, ma solo con quelle che avevano prese all'Armaratone. — Questo è falso! — urla l'ingegnere Brusa. Il confronto, che aveva fin dalle prl me battute assunto un tono vivacis simo, prende ora un tono quasi dram matico. Dominandosi, il colonnellBarisone insiste, osservando che iconsigliere di turno, cav. Oddone, non era presente allorché fu aperta la cassaforte; le chiavi del cav. Oddonsi trovavano su un tavolo. _ E' falso! è falsol — grida l'ing Brusa. — Mi dica la forma di quetavolino su cui si trovavano le chiavi. Precisi: quel tavolo aveva una forma speciale? , Alte grida di protesta si levano dabanchi dei patroni di P. C; persinil pubblico eleva alte grida. Il Presidente, dopo avere invitat•l'ing Brusa a moderarsi nelle espressioni, dà la parola ancora al colon nello Barisone, il quale torna a dcliiarare che. le chiavi del consiglierdi turno non vennero portate da questi ma erano su un tavolo negli ufficdella Banca. Ma l'ing. Brusa contestancora recisamente questa circostanza Pres. al col. Barisone: — Lei con ferma? Col. Barisone: — Sì, confermo. «Mi sento offeso», dice l'ing. BrasBrusa, scattando: — E lo confermche dice il falso. Poi, come per scusarsi della espressione usata, l'ing. Brusa soggiunge— Mi sento offeso da quello che dicil colonnello Barisone. E' lei che offende — ribatte 11 colonnello Barisone. Dopo avere nuovamente invitato Brusa a calmarsi e non venire menal rispetto che si deve ai testi, il Presidenie chiede al colonnello Barisone— Ha qualche cosa altro da dire? Col. Barisene: — L'ing. Brusa hdetto che tutte le sere le chiavi dellcassaforte venivano divise in gruppi ritirate; orbene, a mezzogiorno delldomenica precedente il giorno in cumi recai con Bucarelli negli uffici dela Banca, ring. Brusa non aveva ritrato le chiavi dell'Annaratòne. Dalla gabbia, l'Annaratone interrompe: — Avevo le mie, unicamentil gruppo che io detenevo sempre. L'ing. Brusa, a sua volta, spiega : — Alla sera, quando si chiude la cassa forte con i tre gruppi di chiavi, ognuno si ripiglia il suo gruppo. On. Farinacci al col. Barisone: — Evidentemente lei, in questa faccenda•non ha capito nulla. Pres.: — Ci sono altri dissenail — Le fotografie dell'Annaratòne — interviene il P. G. — secondo quantdicono il Bucarrlli e il Barisone, furno sequestrate dopo l'arresto del casiere; l'ing. Brusa, Invece, dice che furono sequestrate prima dell'arresto. Brusa: — Furono sequestrate primdell'arresto. Quando 11 Bucarelli si acingeva a fare la verifica, disse al DMartino queste parole : « Tu lo guaderai negli occhi e io lo interroghrò » Tutto ciò vuol dire che, in qumomento. l'Annaratone non era ancra errestato. Ebbene, le fotografie sonstate sequestrate allora. Col. Barisone: — Io non ho sentiquelle parole. Brusa, alzandosi agitato: — Ques è la verità e il colonnello Barisone può dire quello che vuole, ma non riuscirà a distruggerla. Del confronto, che si è svolto fra 1 due testi, l'avv. La Perna di P. C. chiede si dia atto a verbale, mentre lavv Omodei chiede la citazione del consigliere di turno della banca cav. Oddone e del rag. Camillo Seva che, secondo quanto dichiara il Brusa, ha sostituito subito Annaratone nelle funzioni di cassiere e provvide all'apertura della cassaforte. Avv. La Perna intanto grida: — E' necessario sentire anche 11 cav. Bucarelli. Mentre questi si avanza, l'on. Fan necci aggiunge: — Il colonnello Bari sono dice che in banca, la mattina in cui vi si recò con i funzionari, c'erano gli impiegati; Brusa dice che non vi erano. La verità sembra essere quel la riferita dal Brusa, ma, data la per sonalità del colonnello, non vogliamo neppure dubitare di lui, pregherei quindi il colonnello Barisone di fare delle indagini e di portarci dei testimoni. — Questo non è possibile, non può più fare indagini — osserva l'avv. La Perna. —- Ma il bello 6 che il colonnello Barisone le ha già fatte le indagini, il 6 oltobre, cioè alla vigilia del processo — ribatte l'on. Farinacci. Torna in scena Bucarelli E sì avanza il cav. Bucarelli. Bisogna attendere però qualche secondo prima che l'ex-funzionario della squadra mobile milanese riesca a parlare. Alte grida si levano dai banchi della difesa; espressioni vivacissime e inafferrabili s'incrociano tra i patroni di Parte civile e i difensori. — Sa potrò parlare — esordisce il Bucarelli — spiegherò in modo preciso, inconfutabile... Presidente: — Spieghi tutto, senza fare preamboli. Bucarelli: — Non corrisponde a verità quanto ha affermato l'ing. Brusa. E' esattissimo, invece, quanto ha dichiarato il colonnello Barisone. Quando ci siamo recati alla Banca, gli uffici erano aperti e vi si trovavano gli impiegati. Chiedemmo di aprire la cassa. 11 Brusa disse che non era possibile senza lo chiavi dell'Annaratòne. Rispondemmo che saremmo tornati nel pomeriggio, quando vi fosse l'Annaratone. Si, lo confesso, abbiamo ingannato 11 Brusa. Ma, si capisce, siamo funzionari di polizia. Invece siamo andati senz'altro a prendere il signor Annaratone, l'abbiamo portato in carcere e l'abbiamo trattenuto. Quanto alle chiavi, la cui forma non ci interessa affatto, debbo dichiarare che il gruppo appartenente al consigliere di turno si trovava negli uffici, su di un tavolo. Questa è la pura, la sacra verità. P. G. : — E le fotografìa dell'Annaratòne quando vennero sequestrate? Bucarelli: — Il collega De Martino rinvenne le fotografie quando già Anneratone era stato arrestato. — Non è vero, — grida l'on. Farinacci. — E' una bugia, quella che dice. L'espressione dell'on. Farinacci provoca proteste da parte dei patroni di parte civile. I clamori si rinnovano. Dominando il frastuono, il presidente interroga ancora l'ing. Brusa, il quale conferma che le fotografìe vennero sequestrate prima dell'arresto dell'Anneratone. Il sequestro avvenne precisamente verso le 11 della mattina. E, su questa circostanza, si sente colui che è il più direttamente interessato: l'imputato. Annaratone: — Quando 1 funzionari vennero ad arrestarmi a Frasearolo mi rammostrarono una mia fotografia. Uno scatto di Vitali Bucarelli: — Qui si gioca sull'equivoco. — Si gioca sull'ergastolo. Ci sono cinque innocenti in gabbia — urlano i difensori. Bucarelli (proseguendo): — SI equivoca su quello che può essere avvenuto un minuto prima o un minuto dopo. Siccome io sono sincero, debbo dire che se volessi stabilire se U sequestro è1 avvenuto alle 9 o alle 11 oppure alle 14, sarei t-n peccato. E' certo però clie siamo partiti da Mede per Frasearolo per arrestare un individuo che io sconoscevo completamente. Io riion conoscevo 1 connotati precisi dell'Annaratòne. Il mio buon amico Vita¬ li — soggiunge con tono sarcàstico H Bucarelli — non mi aveva dato i connotati dell'Annaratòne. — Era lei eli.! clava i connotati dell'Annaratòne — grida eccitatissimo dalla gabbia il Vitali. Bucarelli: — Io ho chiesto all'ing. Brusa 1 connotati di tutti gli impiegati della banca per vedere se i connotati di qualcuno coincidevano con le indicazioni che mi erano state date sul quinto individuo che aveva partecipato al delitto. — No — protesta, l'ing. Brusa — lei mi ha chiesto soltanto ì connotati dell'Annaratòne. P. G.: — Il Bucarelli può escludere che sin dal 21 giugno degli agenti si aggirassero intorno alla hanca per assumere informazioni siili' ubicazione dei locali? Bucarelli: — Non saprei spiegare questa cosa. Ma la circostanza è spiegata dal col. Barisene, il quale dichiara che si trattava di carabinieri in borghese da lui mandati per sorvegliare gli operai addetti ai lavori che si eseguivano in quel tempo nella banca, nel dubbio clic fra essi si nascondesse qualche elemento pericoloso. Il dibattito si fa sempre più vivace, diremmo quasi emozionante. L'on. Farinacci incalza: — Bucarelli ha affermato che l'ing. Brusa non ha detlo la verità. Orbene richiamo l'attenziono su questo fatto. Il col. Barisone ha affermato che le chiavi del consigliere di turno, occorrenti per la apertura della cassaforte, si trovavano, allorché si recò alla banca col Bucarelli, sopra un tavolino. Il Bucarelli afferma invece, nel verbale che egli redasse, che le chiavi erano nell'interno della cassaforte. Si mettano di accordo Bucarelli e Barisone. Versioni diaboliche Bucarelli: — Non posso precisare. Ho l'impressione che le chiavi si trovassero sul tavolo esistente nella sacrestia, nel locale cioè dove si trovava la cassaforte. — Non cerchi di dare delle versioni diaboliche — gli urla l'on. Farinacci. Avv. Sardi: — Che Bucarelli non abbia detto la verità, è dimostrato da un'altra circostanza: il sequestro delle fotografie rinvenute nel cassetto dell'Annaratòne. Nel verbale dell'arresto del cassiere, il Bucarelli scrisse: «Mostrai all'Annaratone al momento dell'arresto la sua fotografia... ». Questo rilievo è sottolineato da alte grida e l'on. Farinacci esclama: — Ho ragione di dire che Bucarelli è un bugiardo'.' „ , Presidente: — Questo, on. Farinacci* non ha ragione di dirlo. 1 testi devono essere rispettati. — Faccia mettere a verbale le mie parole, prosegue l'on. Farinacci Ho colto il testé in fallo. Bucarelli vorrebbe ora spiegare le sue contraddizioni e soggiunge: — Debbo dire ai signori giurati non quello che 6 scrìtto sulle carte ma quello che ricordo. Orbene, certe differenze possono essere spiegate. In quel momento io mi occupavo di molti delitti; rischiavo la vita... — No, no, non rischiava la vita, mandava 1 marescialli a farsi massacrare — si grida dai banchi della difesa. Bucarelli vorrebbe ancora parlare, ma le sue parole sono coperte dalle urla che si rinnovano altissime. Il Presidente vista l'inutilità dei suoi sforzi intesi a riportare la calma, toglie l'udienza. E il processo dono questo finale tempestoso, è rinviato a. lunedi. F. ARGENTA.