Leopardi presso gli Slavi di Ettore Lo Gatto

Leopardi presso gli Slavi Leopardi presso gli Slavi Lo studio della fprtuna di Leopardi pieno gli Slavi, che uno slavista |oo»f ben preparato come il nostro Maver, ha iniziato e in buona parte rapidamente condotto avanti, non è che un capitolo della storia della fortuna delle nostre lettere presso gli Slavi. Quando questa storia sarà finalmente scritta (e speriamo per opera di un italiano) sorprenderà con la rivelazione di quanto la cultura degli Slavi debba alla nostra arte e alla nostra poesia dalle origini ad oggi. Singoli momenti di questa fortuna sono già stati studiati : così la fortuna di Dante e della Di 1)171(1 Commedia, che, in occasione del centenario dantesco, studiosi italiani e slavi hanno mostrato essere stata presso gli Slavi assai più grande di quanto non si potesse credere sulla scorta delle magre notizie fornite dalla « Dantologia » dello Scartazzini ; così quella del Petrarca in Polonia ed in Russia; inoltre l'influenza di questo o quel poeta italiano sulla formazione di questo o quel poeta slavo, e ancor più l'influenza dell'Italia, in tutte le manifestazioni della sua grandiosa civiltà secolare. Argomento senza dubbio scabroso, ma ricco di sorprese e di soddisfazioni per lo studioso. Fra i saggi più riusciti sull'influenza italiana su di un poeta polacco è da segnalare ouello recente di M Mann: Echi italiani veltri poesia di Aitamn Asnyk (a Ecba wìoskie w poPTJi Adama Asnvka », Varsavia, 1926), in cui tutto un capitolo è dedicato all'influenza della poesia leopardiana che l'Asnvk conobbe diret tameTite durante il suo soggiorno a Napoli. T saergi del Maver che vogliamo oggi segnalare ai lettori non si occupano tanto di onesta influenza, quanto di ouella che si vuol generalmente chiamare la fortuna di uno scrittore presso eli stranieri, che e fondata soprattutto sulle traduzioni e aneli studi critici: ma da essi molti elementi eia sprvrorann Hìrptta^iPntp per l'ulteriore studio delle influenze più propriamente dpfte T due saepi piìnMToa+i fnppnTio oVU*! fo^tnrin del «r Leonardi nrpwn ì fronti e l Sprbi » fin » "Pironi» bibliot.poa slava l> TV. deìl'Tstitnto ppr l'T'ii'-onnOrientale. Roma l01"^ e prp°so ì CeeoslovBPPh? («Vrchlielcv p Lponardin. estratto dalla <r"P''*-;<:ia italiana di Praca». Praea. 1n99). Oià. ripphi«*Tna di traduzioni dall'italiana la letteratura dpi P"rb: dei Cimati ha cominpiaro a oonocpp. re Leopardi nel 1849 ner opp^a d un rapuseo. il ponte Orsatto Pn->7» che si ria'lappiava. nel suo amore ali*» Ipttprp it^lionp. aMa <rlorio«a tradizione dalla lettp^atura radiseli dei secoli XVT e XVTT. letfpratura dlincua croata — o illirica — ma di spìrito fondsmpn'a'mpntp italiano Pprohè dalle tra<1"Tioni dpi Po»za. che risentivano dpi <7ifptto inÌ7Ìalp della mancanza npl traduttorp di un reale talento poetico, si arrivasse ad un Leopardi non falsato nò dalla troppa sentimentalità romantica, tipica delle traduzioni tedpecbp, nè dal pseudo-classicismo caratteristico delle traduzioni francesi, dovevano passare ancora parecchi anni, ma quando nel 1893 apparvero le prime traduzioni del Tresic Pavide, il poeta del Canto notturno e del Consalvo acquistò pieno diritto di cittadinanza nella letteratura croata in una ricreazione di indiscutibile bellezza o forza poetica. Quanto fu fatto nel non breve periodo di tempo che separa le traduzioni del Pozza da quelle del Tresic Pavicic fu in ogni modo tutt'altro che privo d'importanza, in quanto che il Pozza aveva dato soltanto le canzoni All'Italia, Sopra il monumento di Dante, Nelle nozze della sorella, Amore e morte. Se si aggiunge che il Tresic Pavicic tradusse anch'egli un numero limitato di poesie (All'Italia, Nelle nozze della sorella, Ultimo canto di Saffo, ConsalvoCanto notturno, oltre al Coro dmorti nello studio di F. Rui/sch), sdeve all'opera dei più modesti Bueolic, Vezic Trojanovic e Crnogorcevic, i quali nel periodo tra il 1849 e 1893 tradussero II passero solitarioLa sera del dì di festa, La vita solitaria, A Silvia, Il saluto del villaggio, La quiete dopo la tempestaAspasia e La ginestra, se la conoscenza della poesia del recanatese non fu tanto limitata nel periodo in cui la letteratura dei Serbi e Croati andò acquistando la sua fisonomia. I traduttori di questo periodo furono dalmati, c Noti o ignoti che siano nella storia della letteratura 6erba e croata — dice il Maver — essi rappresentano quella Dalmazia culturale che all'Italia attinge e all'Italia si appoggia, che legge e si entusiasma delle opere italiane e che adempie ad una propria missione tradizionale: quella di trasmettere alle regioni transdinariche i frutti della cultura del vicino Occidente ». Finalmente in Tresic Pavicic, uno dei più grandi poeti della letteratura croata contemporanea, che ha compiuto il suo tirocinio poetico soprat tutto alla scuola della poesia ita liana da Dante a D'AnnunzioLeopardi trovò un ricreatore congeniale che, rivivendo spiritualmente l'opera del suo poeta, trovò, per essa l'espressione più immediata e più rispondente allo spirito e alla forma insieme del difficilissimo originale. ITresic Pavicic del resto, come ben mostra il Maver, si servì di spiritleopardiani anche in creazioni originali, soprattutto in due canzoni d(colorito patriottico. Nel ventennio 1893-1914 abbastan ■a frequenti furono le traduzioni deCanti, ma solo con l'opera dello gtefanovic, posteriore alla guerranuovamente il nome di Leopardi è sollevato ad onore. « Nelle condizioni in cui ci troviamo nulla può piacerci tanto, nulla essere più accetto alle anime nostre delle opere di Leopardi > — scriveva nel 1920 lo Stefanovic accingendosi a pubblicare la sua scelta dei Canti, la più ampia e la più idonea a far conoscere lo spirito del poeta. In questa antologia che comprende: All'Italia, Il sabato del villaggio, A Silvia, Il canto notturno, Il pensiero dominanteA se stesso, Le ricordanze e Alla lima, il Maver trova realizzato abbastanza bene lo sforzo del traduttore di rendere la compattezza, la concisione e la austerità del Leopardi, ma purtroppo trova nello stesso tempo errori di interpretazione che ne diminuiscono sensibilmente ivalore. Non è il caso di riassumere qui in un elenco di nomi le altre molte traduzioni esaminate dal Maver. Più interessante per i lettori sarà ricordare il giudizio di uno di questtraduttori, Alberto Haler, autore dun saggio su Leopardi pubblicato nel 1924. Come già lo Stefanovic, lo Haler vede nel Leopardi un modello da seguire per le nuove generazioni « Non scrivo intorno a questo poeta senza una ragione_precisa. In tempcome i nostri, quando gli uomini perdono in tutti i campi l'equilibrio spirituale e nella branca di valornuovi tendono la mane verso quellpiù effìmeri e più stolti, l'atmosfera , letteraria diventa particolarmente asfissiante. Appare allora urgentemente necessaria una corrente pura dalle vette stesse della poesia. Ora, in nessun poeta degli ultimi secoli potremmo trovarla più fresca e più pura che nelle poesie dell'infelice Leopardi ». Giustamente il Maver si domanda quale ragione di carattere psicologico possa giustificare — oltre la derivazione dalla missione culturale dei dalmati, che primeggiano tra i traduttori e studiosi — l'interesse serbo-croato per il cantore della Ginestra e pensa di trovarla in un tratto caratteristico della psiche jugoslava, la melanconia, tratto esaminato di recente dal Dvornikovic in due libri sulla Pliche della melanconia e Sulla psicologia del pessimismo. Certamente i due motivi si. intrecciano e si completano e l'averli messi in rilievo non è tra i meriti minori dell'acuta analisi del Maver. Ben diversa è stata la fortuna del Leopardi presso i Cechi, affidata esclusivamente ad un solo nome, Ja roslav Vrchlicky, al quale del resto è affidata quasi tutta la conoscenza ceca della letteratura italiana. Il fenomeno Vrchlicky è più unico che raro: una quarantina di volumi di poesie originali. 20 opere dramma tiche e oltre dodicimi1^ pagine di stampa di traduzioni poetiche da lin gue diversissime. Fra queste traduzioni un posto d'onore spetta alle traduzioni dall'italiano, dalla Divina Commedia alla Gerusalemme Liberata, dalla Vita Nuova e dal Canzoniere di Dante all'Orlando furioso, dalla Secchia rapita alle Odi barbare, più innumerevoli poeti minori, di tutti i secoli della nostra storia letteraria. In questa messe abbondantissima Leopardi occupa un posto a sè. Vrchlicky cominciò ad essere influenzato dalla poesia del recanatese prima di accingersi alla traduzione dei Canti; quando si accinse a questa traduzione la condusse a termine con una rapidità ed un fervore eccezionali, a cui seguirono una soddisfazione del proprio lavoro, quale non si è soliti trovare nei poeti. Il Maver affronta nel suo saggio il problema se il traduttore avesse ragione d'essere tanto soddisfatto e, ricordato il principio da cui il Vrchlicky partiva nella sua opera di traduttore, quello cioè della riproduzione dell'impressione dell'originale in maniera possibilmente uguale e non ridotta, evocandola quasi con una bacchetta magica, dalla lingua straniera, con una creazione poetica analogica, arriva alla conclusione che il « titano » Leopardi non ha schiacciato il suo interprete. Cosa tanto più notevole in quanto che il poeta ceco seguì nel suo lavoro non soltanto l'originale, ma anche il traduttore tedesco Hamerling, la cui influenza si risente in parecchi canti molto chiaramente. Il Vrchlicky conservò durante tutta la sua vita un vero culto per il nostro poeta, e se si pensa che egli tradusse i più grandi poeti del mondo, coi quali visse quindi in intimità di spirito lunghi anni, questa passione per il recanatese è molto significativa. Al Leopardi il Vrchlicky dedicò anche un saggio monografico, due articoli e due sonetti. Debole come critico letterario, il Vrchlicky intese la poesia leopardiana soprattutto come poeta, cercandovi affinità di spiriti e dandone anche un' interpretazione ottimistica sulla base del sentimento, che può forse essere troppo personale, ma è — come dice il Maver — commovente. Di vera e propria affinità non e il caso di parlare, ma di influenza senza dubbio sì, e in parecchie delle opere originali del poeta ceco, nel quale del resto, dato il contatto con tanti e diversi mondi poetici, le influenze e gli echi si intrecciavano e fondevano. I due volumetti del Maver, ricchissimi di materiali, precisi^ nell'analisi e sagaci nelle deduzioni, sono un contributo prezioso, il migliore che sia stato finora portato allo studio dei rapporti tra la nostra letteratura e le letterature slave ed e da augurarsi che egli voglia, come del resto promette, continuare il suo lavoro, ricercando la fortuna di Leopardi in Polonia e in Russia ed allargando anche la cerchia delle ricerche nel campo delle vere e proprie influenze. Ettore Lo Gatto.