Il delitto di Mede

Il delitto di MedeIl delitto di Mede a o o i a . a . i t, e i o o o e e o o o ro ra a a, e Ormai tutte le formalità preliminari sono esaurite e il presidente passa all'interrogatorio di Francesco Vitali, il aiovane venticinquenne che capeggiava per così dire il gruppo dei cinque imputati nel delitto dì Mede. Quale sia la posizione processuale di questo imputato è nota: arrestato a Ventimiglia pochi giorni dopo il delitto di Mede, insieme al suo compagno Italo Ferrari, si lasciò andare a delle espressioni tali da accentrare su di lui ' sospetti. Tradotto a Milano, fece completa confessione, indicando i quattro individui che ora sledono al suo fianco, nella gabbia. Ma, successivamente, nelle carceri di Casale, egli ritrattò ogni dichiarazione, asserendo che alla confessione si era lasciato andare in seguito a pressioni esercitate su di lui. Presidente: — Alzatevi, Vitali: sapete quale imputazione vi è fatta7 Cosa avete da dire? Ma intervengono i suoi patroni avvocati Barosio e Brusasca. Essi presentano copia di una sentenza emessa 11 30 marzo 1927 dal Pretore di Casale nei confronti del Vitali per certi atti di ribellione da costui compiuti in quelle carceri giudiziarie. E i patroni chiedono si dia lettura del documento. Si apprende così che, mentre si trovava rinchiuso neHe carceri di Casale, il Vitali, essendo stato punito con due mesi di cella di rigore, si abbandonò a violenze e minacce contro il capo guardia e gli agenti che si accingevano a tradurlo nella cella per espiare la punizione. Toltasi la giacca, egli si avventò contro gli agenti, afferrandoli per il collo e dando loro degli urloni cosi da farli cadere a terra e da procurare loro lesioni guarite nel termine dì dieci giorni. Per questo fatto il Vitali fu giudicato dal Pretore; ma, in seguito al referto del medico delle carceri, 41 quale aveva visitato l'imputalo, aecerlando che al momento del fatto era stato colto da un accesso epilettico tale da fargli perdere la coscienza dei propri atti e da determinare delle misure quale la sua immobilizzazione su! letto di sicurezza, il Pretore lo iissolse per totale infermità di mente. L'avv. Barosio commenta: — Abbiamo presentato questa sentenza per illuminare la personalità dell'imputato. Non per altro scopo. I diritti dello stomaco... pSi dà inizio all'interrogatorio. Il Presidente torna a lormulare la domanda: — Siete incolpato di avere partecipato all'eccidio di Mede. E' vero? Senojichè, si profila, almeno per po chi momenti, una ragione che si vor rebbe ritenere di forza maggiore. Vi tali dichiara che non si sente di sop portare la fatica di un interrogatorio a causa delle condizioni fisiche in cui si trova. — Ho un mal di testa — dice — che mi toglie tutte le forze. Pare che il capo mi si spezzi. Questa mattina non ci hanno dato da mangiare e io mi trovo prostrato. Non mi sento assolutamente di rispondere. La ragione di ciò va collegata col fatto che gli imputati stamane a mezzogiorno non sono stati tradotti al cellulare. Essi non hanno avuto la refezione; ina il Presidente dà tosto disposizione perchè la cosa non abbia più a ripetersi e domani tutti gli imputati, anche se resteranno rinchiusi, per le poche ore durante le quali è sospesa l'udienza, nelle guardine della Corte d'Assise, avranno la loro refezione regolarmente, li il presidente incalza: — Dunque, Vitali, volete rispondere? Imp.: — Oggi non sono in grado di rispondere; ho troppo mal di capo. Avv. Barosio (all'imputato): — Si faccia coraggio; procuri di rispondere. Aw Dagasso: — Tutti gli imputati «ono nelle stesse condizioni; non hanno avuto da mangiare e si sono lagna ti con noi. ,, L'avvocato Dagasso propone perciò che si sospenda l'udienza per una diecina di minuti affinchè agli imputar sia dato il modo di rifocillarsi. „.e quelli della logica Presidente: — Procediamo allora al l'interrogatorio del Pollastro. Voi, Poi lastro, siete imputato di molti delitti; ma, ora, risponderete soltanto per quanto riflette quello di Mede. Pollastro si alza e sì accingo a ren dere il suo interrogatorio. Egli divide il languore lamentato da Vitali, ma non vi fa caso. E' una tempra troppo dura per lasciarsi abbattere da qualche ora di digiuno. Senonchò l'avvocato Sardi obietta che interrogando prima il Pollastro si intaccherebbero quelle ragioni che devono presiedere alla organicità degiudizio. Ma il Presidente insiste noiFa sua determinazione. Basta questo breve dibattito per In durre il Vitali a riacquistare le forze Egli dichiara che risponderà alle do monde che gli saranno rivolte ad on ta delle condizioni fisiche In cui strova. Presidente: — Dunque voi negate davere partecipato al delitto di Mede? Imputato: — Sì, recisamente! Eppure voi avete fatto delle dichiarazioni alla Pubblica SicurezzaAvete fatto anche parecchi nomi, quello di Marini ad esempio: ricordate? — Non l'ho fatto per il semplice motivo che non conosco 11 Marini i Avete Indicato un certo «AristtOe» come colui che vi avrebbe proposto di partecipare al colpo ideato in danno della banca di Mede, come colui che avrebn. portato la valigia con i ferri ladreschi: chi era costui? — Ho fatto il nome di costui perchè mi ero trovato con lui una settimana prima di partire da Milano. In quel tempo, io non ero stato con altri. Dissi, quindi, che mi ero trovato con Aristide una sera, a Porta Venezia, in una osteria, dove bevemmo un litro di vino, tanto per dire al Commissario come avevo passato quel periodo di tempo. — Perchè avete detto di essere partito per Torreheretti quella sera e di essere arrivati a Mede in cinque? — Tutto questo è avvenuto perchè il Commissario Bucarelli, che redigeva il verbale, voleva che io lo dicessi; ma io non sapevo nulla del delitto: ero all'osruro di tutto; avevo perso anche la testa iti quel momento. Mi si dirà: « Avresti potuto dire la verità e non firmare il verbale ». Ma il verbale mi fu messo davanti imperiosamente. L'aveva dettato il Commissario: io non avevo parlato; ero in uno stato in cui non avrei potuto dire nulla. Tanto è vero che il Commissario De Martino disse a un certo momento al Buca relli: o Lasciatelo parlare ». Bucarelli ribattè: « Queste cose le ha già raccontate a me in camera di sicurezza », Il Commissario Bucarelli, prosegue l'imputato, mi ha lasciato anche senza mangiare perchè mi decidessi a firmare. ? i i . i , ò r ; r a e a o e l i. i di ? ia. le » Verbale rimangiato Aw. Barosio: — Per quanto tempo? Imputato: — Per tre o quattro giorni: ma non basta, egli mi prese anche con le minacce. Presidente.- — Quali furono queste minacce? — Minacce di morte! — Ma chi vi ha fatto queste minacce? Bucarelli. Il Commissario Pumo, invece, era il più mite ili tutti. Egli consigliò soltanto di tenermi in camera di sicurezza finché non avessi detto tulio. — Quali erano le minacce che vi furono fatte? — Il Commissario Bucarelli disse che aveva pieni poieri e che mi avrebbe portato a Mede e consegnato in mano dei Carabinieri affinchè la giustizia fosse fatta dalla folla. Credo che se 1 avesse fatto, mi avrebbero ucciso sicuramente. — Potete fare i nomi di altri Commissari che hanno assistito ai vostri interrogatori? — Vi assistevano 1 Commissari Torello e De Martino, i quali però, a ri ire la venia, non mi hanno usata ?» c?l v'olenza: ml regalavano anzi — Avete fatto al Commissario il racconto che figura in questo verbale? — Come posso averlo fatto se non so nulla di nulla? — Allora dite che è una fantasia dei funzionari ? — Non dei funzionari: solo del commissario Bucarelli. La tesi defensionale dell'imputato, il quale parla vibratamente, ora sbracciandosi, ora afferrandosi alle sbarre della gabbia, è quella che si prevedeva: quella che egli prospettò e sostenne tosto che, tradotto a Casalp, ritratto ogni dichiarazione precedente. Oggi egli insiste in questa tesi decisamente, sostenendo di avere raccontato al funzionario solo l'episodio di « Aristide », col quale si era trovato una se-a a Porta Venezia, in una oster'a. L'imputato prosegue, affermando che al suo interrogatorio presenziavano anche sottufficiali di Pubblica Sicurezza, fra i quali il maresciallo Nava Costui gli avrebbe fatto credere che erano state arrestate sua madre e sua sorella, la cui liberazione dipendeva dalle dichiarazioni che egli poteva fare. Pres. : — Eppure voi avete fatto il nome di Marini? No, non lo conosco. Ma perchè, allora, questa circostanza si trova nel verbale? — Perchè l'hanno indicata loro. — Ma voi parlate anche di un quarto compagno, ne date i connotati, dite che è un individuo larchiato, dell'età di 28 anni. L'avele detto? — No, non l'ho detto. Pres. (ironicamente) : — Anche questa allora è una invenzione dei funzionari! • — Io non so se sia una invenzione. — Una delle due: o l'avete detto o è una invenzione degli altri. Ma cosi non è. Voi avete parlato dettagliatamente anche di una quinta persona, ciò che provocò l'arresto di Annaratone. — Io non ho parlato della quinta persona. Ripeto che, essendo tutte cose indicate dagli altri, io non ho po tuto parlare di nessuno, nè ho fatto dei nomi. Un alibi Il Vitali prospetta il suo alibi. — La notte del 18 giugno 1926 — quella in cui avvenne l'eccidio di Mede — mi trovavo a Milano. Nel pome riggiio di quel giorno, andai ad incontrare la mia sorellina che usciva dal la scuola. AHe 19, andai in via Stoppani - ad incontrare mia sorella che rientrava dal lavoro; e ciò perchè in quel pi-omo pioveva maledettamente. Alle 19,30 tornai a casa e alle 20 ebbi la visita del Ferrari, il quale mi chiese, di andare con Jui al cinematografo. 1rvmAliurcpdsppcmgqnnutstpqmVdvesMgf1ca 10 avevo ancor" da pranzare e ci recammo in una. trattoria all'angolo di via Sirtori e Nino Bixio. Poi andammo in giro, a bere di qua e di là. Alle 24, rientrai a casa e mi misi in letto a fumare insieme col Ferrari chi' ini aveva seguito. Quindi il Ferrari usci per andare, se non erro, a cercare suo padre. Alle due tornò e stette con me fino alle 4, tenendomi compagnia. Alile 5 uscimmo insieme. Andammo iin viale Monte Nero, dove scorsi una porta aperta. Mi inoltrali e potei constatare che la serratura della portineria poteva aprirsi facilmente con le chiavi che avevo con me. Siamo allora entrati nel locale — prosegue l'imputato, facendo il racconto di quella serata cesi bene spesa — ma non 9i voleva prendere niente perchè non c'era niente... Presi però ella fine una lampada elettrica e una borsa di tela cerata, cose queste di poco prezzo. — 11 fatto 6 vere — osserva il presidente — perchè gli oggetti furono trovati nella vostra casa durante la perquisizione. Ma si tratta di vedere se questa impresa ladresca venne consumata in quella notte. — Fu veramente In quella notte, perchè il 19 ero già partito da Milano. Verso le 6,30 rientrai in casa, ma dopo avere lasciato il Ferrari. — Dove andò il Ferrari? — Lo lasciai all'angolo di via Firenze. Sarà andato per qualche affare... Ma il Ferrari ritornò circa due ore dopo da me. CI mettemmo a parlare della nostra situazione di sorveglia • della Polizia. Pochi giorni prima, gli agenti erano stati a cercare il Ferrari. Gli proposi cosi di cambiare aria E, poiché egli era pratico della Francia, decidemmo di recarci colà. Prima di allontanarci, mi recai però nell'alloggio di mia madre, dove presi una valigia. „ , , — Non avete aperto anche il baule e sottratto del denaro? — SI, ho portato via 250 lire. Lasciammo la mia abitazione verso le 11,30 e ci avviammo verso la stazione Ma. siccome io avevo una ferita al sopracciglio destro, mi fermai alla guardia medica per far sostituire alla fasciatura un cerotto e così perdemmo 11 treno di mezzogiorno. Partimmo con quello successivo e ci fermammo a Genova. Tre anni di meditazione L'Imputato, a questo punto, ha un arresto. Si interrompe bruscamente e rimane qualche poco esitante. — Avanti — esorta il Presidente. — Devo ricordare — soggiunge il Vitali. — Avete avuto tre anni di tempo per meditare su queste cose — osserva il Presidente. — Eh! si, tre anni! Ma a trovarmi qui non è una cosa allegra Ma finalmente il Vitali può rlchla mare i ricordi, e prosegue: — Da Genova proseguimmo per Savona, dove abbiamo pernottato e il giorno seguente ci siamo recati a piedi a Spotorno. di dove abbiamo prò seguito per San Remo, in una auto mobile incontrata per via. Infine ci siamo recati separatamente a Ventimiglia dove siamo stati arrestati. — Il male è che, in questo racconto, non andate d'accordo col Ferrari. Voi stesso avete variato la vostra versio ne parerciiip volte. E ora state a sen tire gli indizi che stanno contro di voi Il Presidpnle ricorda le circostanze che sono state raccolte a suo carico, A Ventitniglia, mentre era rinchiuso in guardina. Vitali avrebbe esclamato con il Ferrari: « Slamo presi! ». Poi rivolto al capo guardia avrebbe escla mato: « Non esco più » Ma Vitali nega di avere pronun zlato queste espressioni e il Presiden te osserva: — Vi sono i testimoni che lo rife rlscono — Se i testimoni sono falsi, bisogna metterli dentro. Perchè proprio agli agenti avrei dovuto dire queste cose?— Ma sentite: perchè questa determinazione di recarvi in Francia l'avete presa proprio il 19 di giugno, il giorno dopo l'eccidio di Mede? Perchè volevale recarvi in Francia? Per sot trarvi ad una semplice contraweozio ne alla vigilanza? Voi siete un delln quente di primo rango. Avete esordito con una condanna a dieci giorni, ma ne avete riportate molte altre. Foste condannato per minacce, borseggio, siete anche un borsaiuolo. — Ero sul tram e venni preso senza che avessi commesso alcun boi seggio.— Va bene, sarete stato condannato pur essendo innocente. Ma, poco do po, eravate nuovamente condannato per ricettazione, per minacce ecc. La determinazione di recarvi in Francia non era forse suggerita dal fatto che avevate partecipato all'eccidio di Mede? — Io non sapevo ohe quei due lnfe liei fossero stati uccisi. I giornali i li leggo raramente. Leggo soltanto i giorpa.11 sportivi. E la notizia di quel delitto l'appresi dai giornali vari gior ni dopo a San Remo. I motivi della mia decisione erano altri. Un eloquente cartella biografica Il Vitali spiega questi motivi. Eglracconta che, la sera del 17, un fratello del Ferrali era stato a dirgli che un Individuo aveva malmenato il padre del Ferrari stesso. Egli si uni aFerrari e si recò all'abitazione di questi dove trovò il fratello dev'amico alle prese con un giovane, armalo d'unnervo di bue. Avendo _eoUoo a diisa,rma-re costui, ebbe timore di rappresaglie e di una querela. — Allora siete partito per paura della denuncia. Ma la denunzia non è venuta. Il Presidente dà lettura della cartella biografica del Vitali esistente presso la Questuia di Milano. 11 Vitali fu fermato infinite volte per misure di pubblica sicurezza a Milano, Alhenga, Voghera, Genova, Firenze, lu rimpatriato obbligatoriamente, sottoposto all'ammonizione, ecc. Le annotazioni della cartella seguono il Vitali nella sua brillante carriera. Questo il Presidente ricorda all'imputato soggiungendo: — Ma avete suffragato la vostra confessione con altre dichiarazioni. In n momento di commozione avete detto piangendo: «Non siamo andati per uccidere: siamo andati solo per rubare ». Questo l'avete detto al maresciallo Nava. — Io non ho detto niente. — Si dice che abbiate dato anche molti particolari. Avete parlato di una valigia e l'avete riconosciuta. — Non l'ho riconosciuta. Mi presen tarono una valigia e io dissi che era una valigia. Non potevo dire altrimenti. Ma esclusi che fosse mia. — Vi hanno anche mostrato un ta glia sbarre e voi avete dichiarato che era stato fabbricato a Piacenza. — Non posso non avere pratica con certi arnesi. Dietro le insistenze degli agenti, feci vedere come funzionava il taglia sbarre, dicendo che doveva essere stato fabbricato fuori Milano, forse a Piacenza. — Ma si ctioe che voi abbiate saputo dare anche delle indicazioni ai fun zionari che non erano mai stati a Mede, sulla località dove doveva avvenire il furto, alla Banca: avreste descritto una certa finestra dalla quale era più agevole il passaggio. Imp. (quasi scattando) : — Ma io non ho detto nientel L'avv. Sardi osserva che l'ipotesi del furto a Mede era già stata prospettata nel primo rapporto anteriormente aJla confessione del Vitali. Da parte sua l'imputato, allargando le braccia, esclama: — Non ho commesso niente. Io non sono mai stato capace di ammazzare una mosca. Perchè fu accusato Annaratone e o o i a i ? l è o a e , a . o o a a e i i el r a i ae aa! eln Vitali ora vuole spiegare il mistero della designazione di Annaratone come uno dei compartecipi al delitto. Egli racconta ohe il commissario Bucarelli, procedendo agli interrogatori, gli mostrò la fotografia dell'Anneratone, dicendo che si trattava del cassiere di Mede e dipingendolo come un giovane dissoluto e libertino. Il commissario, dopo avergli rammostraio la fotografia, soggiunse : « Devi riconoscerlo, è lui, e il cassiere che era con voi». «Non lo riconobbi — afferma l'imputato, perchè non lo conoscevo affatto ». Ma il commissario tornò a fargli delle minacce, cosicché egli assenti a quanto diceva. — E quando avete parlato col giudice istruttore perchè non avete dichiarato che la vostra confessione non era sincera ? — Il giudice istruttore mi disse: « Siete pronto a confermare quello che avete confessato?». Io non dissi niente. — Chi c'era col giudice istruttore? — Il cancelliere. Ma, dietro la vetrata che divide la stanza, dove ci trovavamo, dagli uffici dei commissari, si trovava il commissario Bucarelli con degli agenti. Egli mi faceva segno di rispondere di si. Allora io confermai, ma non sapevo che cosa. Ignoravo cosa fosse scritto nel verbale. Il giudice mi disse bensì che avrei dovuto dire la verità e io l'avrei detta, come l'ho detta poi a Casale, se all'interrogatorio non avesse assistito ai di là della vetrata il commissario Bucarelli. E Vitali, con una certa intonazione commossa, conclude: — Io domando perdono a tutti i miei compagni di detenzione per le sofferenze che hanno sopportato per causa mia, ma nessuna colpa mi può essere attribuita... A questa esclamazione del Vitali, la maggior parte degli imputati rimane indifferente. Soltanto Annaratone si commuove e piange. Il Presidente dà ora lettura degli interrogatori resi dal Vitali. Questi interrogatori vennero resi il 3 luglio 1926 avanti al Commissario Pumo e in essi il Vitali prospettò un alibi. Il giorno dopo, fece la nota confessione e il 6 luglio nel pomeriggio la ribadiva dinanzi al Consigliere Istruttore Mussi Isnardi. Il verbale, steso dal Giudice Istruttore in quell'occasione, dice testualmente: « Data lettura all'arrestato delle dichiarazioni che egli avrebbe reso il 4 luglio ai Commissari Bucarelli, Torelli, De Martino e Pumo e interrogato, il Vitali dichiarò: « Confermo pienamente quello che mi viene ora letto come cosa rispondente a verità e che io ho dichiarato spontaneamente senza minacce e violenza alcuna ». E il Presidente osserva: t Se non fosse stato cosi, voi avreste avuto modo di avvertire il Consigliere Istruttore, il quale vi avrebbe protetto. « E credevo di essere furbo! » Imp.: — Avrei voluto avere uno slancio di verità e dire tutto, ma fuori vi era il commissario Bucarelli che continuava a minacciarmi. L'avvocato Barosio osserva che l'Imputato parta già da due ore ed è sfinito. Chiede che l'udienza sia sospesa per una diecina di minuti. Ma il Presidente non è di questo avviso e per far riposare l'imputato. Intraprende la lettura delle dichiarazioni nelle qualegli espose dettagliatamente i particolari del delitto. Tali dchiarazionvennero rese, come è noto, dinanzai commissari Bucarelli, Torelli, De Martino e Pumo e anche dinanzi amaresciallo Nava. — Come mai _ chiede il Presidente, proseguendo nelle contestazioni — a Ventimiglia avete cercato di nascondere di essere partito da Milano in sieme al Ferrari? Imp.: — Perchè non mi sembravaassieme.' * Che Bravamo Partit~J32!&r: Ques'°' è un punto molto scabroso per voi. Imp: - Eh! lo so! Ed è per questo che mi hanno tenuto dentro se avessi detto allora ia verità forse a quest'ora la mia posizione sarebbe diversa. E tutto perchè credevo^ Isserò furbo; invece ero. i p,°&hè 'i Presidente continua nel£J^-Ve*u.at*L- Imputato, dandsegni di impazienza, esclama- — E inutile, signor Presidente, chlegga queste cose: sono tutte storie. Hres. : — Sarà inutile per voi mson<> cose che sono uscite dalla voSvia D0CC3. E 11 Presidente continua: — Non ricordate di avere confidato fra le lacrime, a un detenuto che si trovavtn cella con voi, di avere partecipa to al delitto di Mede? Imp.: — NelEa cella eravamo in tre uno dei miei compagni, certo NarrUX ,"-»;;.„« u< VJJ^?"^, SSS lwboni, cercava di farmi ciiaccluerare_ Egli aveva interesse e, far dò. ma »i bbi ft f do dtttaj