L'Elba senza Napoleone

L'Elba senza Napoleone L'Elba senza Napoleone L'apparizione della Gorgona, navigando da Livorno all'Elba. L'Isola verdeoora, montuosa, di un'aridezza affricana, pare sbucar ifuori da uamaie di leggenda, tinche di colpo vo la trovate tutta nello sguardo, sonora di coste e di rupi, e pronta, si direbbe, a far siepe d'Arno in sulla foce con la sua maggiore sorella. Queste silenziose rivelazioni Bono frequenti per l'arcipelago toscano. Fare di errare per qualche fresco, ■gnàtico mare della preistoria. E io 10 tanto sognato di trascorrere Qualche settimana nel grembo di queste «solette cosi fieramente marine: veder nidificare i gabbiani a Cèrboli, jvivere nel faro della Palmajola, o perdersi su questa bella Gorgona felice dei suoi vigneti, delle sue casette di pescatori, delle sue rupi a '•picco, e magari far amicizia con uno idei suoi detenuti, bravi ragazzi, infine che vanno attorno per l'Isola, biancovestiti, accudendo a tranquilli {lavori, al sole. Alcuni di essi arrivarono lì con un 'grosso barcone ai fianchi del nostro vapore e cominciarono a imbarcare le casse di un funzionario che traslocava alla Capraia. Erano dei giovinotti smilzi, adusti, abbronzati, che lavoravano con mosse incredibilmente rapide, da felini. Scalzi, scamiciati, con un paio di pantalonacui di tela greggia e in capo un berretto a righe era un gusto vederli buttarsi addosso alla paccottiglia, agguantarla, voltolarla, legarla a cappio al grosso uncino della gomena. Si sarebbe detto che non attendessero che quel momento per dar sfogo a muscoli e nervi. Un d'essi èra lombardo, e udivo che lo chiamavano Brìscola. Era un ragazzaccio sui venti, a cui lunghi mesi di castità e di digiuno avevano messo in corpo una straordinaria energia. — E così, Brìscola? — gli gridai giù. — Nei hai ancor molti da scontare? — Ancora due e poi filo — fece volgendo su di me un viso mezzo porgno, da generale chinese. — Brìscola è un demonio — ribattè uno della stiva. , — Che ha fattoi — Che so? Furti, ricettazione dolosa... E' già qui da cinque anni. Briscola fece un gesto come per dire: — Acqua passata! — Poi pi gettò sopra un'altra balla: •— Oooh, issai Ma chi viene all'Elba, si sa, vi perca Napoleone: ombre e memorie idi un epopea che fu troppo grande per questa isola piccina. Troppo giusto. Tutta l'Elba risuona ancora del pass» augusto del petit caporal, e ci sono, crollanti, le ville ch'egli abitò, e - vi additano lo rupi dalle quali è fuggito, le sue aquile di marmo, Ile sue urne. Ma io all'Elba ci son venuto col solo proposito di abbandonarmi alla dolcezza del suo paesaggio, di conoscerla nella sua intima, singolare natura. E perciò, sbarcato a Portoferraio, ho voluto Attraversarla tutta a piedi, nella sua larghezza. Lasciato il sobborgo della città, le Bue festose calate piene di fanciulle • di guardiemarine, girai tutta l'ansa distesa dei golfo, poi per alcune scorciatoie su per poggi e per sodaglie mi avviai verso Portolongone.La strada era deserta, bassi vigneti e coltivi rossastri si alternavano a macchioni di lecci o di pini italici. Tutto il paesaggio aveva intorno a me un aspetto estremamente desolato e c'era in esso come11 senso di una vecchia terra emersa da un dramma marino e che ne portasse ancora sul dorso tutta la salmastra maledizione. Lungo il pendio idei poggi la terra era brulla e nera, 0 il vento lanciava su quei vasti silenzi dell'Isola il suo lagno nostalgico che si perdeva come un sospiro verso il mare. Sono passato sotto Capolìveri, paesello a semicerchio in vetta ad un poggio. E poi ricordo, svoltata la rada, l'apparizione di Portolongone, poche case a specchio di un piccolo solfo senza vele, come una misera (aia sperduta s'una costa selvaggia. {Mentre facevamo colazione nell'unica osteriuccia del paese, ad una tavola oblunga dov'erano seduti altri {commensali di passaggio, il farmacista del luogo ci veniva celebrando i yini dell'Isola. Prelibati I Formidabili I E qui Sanno anche uno Chablis eccellente. Sapesse, una specie di champagne. Lo provi, lo provi. — Infatti — diss'io —, lungo la Strada che ho percorsa i vigneti scendevano carichi di grappoli fino al margine della strada senza siepi, Non c'era che allungare la mano. — Ma se ne guardi bene ! Qui hantao tutti un grande rispetto dellaS>roprietà altrui, ma sanno anche diender la propria con le unghie e fcoi denti. Poi una grossa donna di Capolì (veri che andava in giro per l'Isola a (pendere scarpe e che la conosceva appuntino, ci parlò dei reclusi che si trovavano lassù nel penitenziario, l'antica fortezza spagnola piantata fn cima alla montagna brulla. — Lo sa che qui ci, son passati | più famosi delinquenti? — mi disse con un certo orgoglio. — C'è stato•ameba Paterno, l'uccisore della Trigona. E c'è tutto un repertorio di condannati politici... Anzi, uno di tasi l'altro giorno ha preso moglieSicuro. E la celebrazione ha avuto luogo lassù, ih piena regola, nella chiesetta del penitenziario. Poi i due Coniugi si sono separati, e forse per tempre. — Che bella unione! — Ma in conclusione gli & un jaese affricano — borbottò uno di Buei commensali, un giovinotto Sbracciato con un viso cotto dal sole f dal vino. Senonchè di lì a poco ci si annunciò l'arrivo di un vaporetto che in poco tempo ci avrebbe condotti a Ilio Marina. Per cui, salutati i nostri informatori, scappammo via. *** Le coste dell'Isola sono assai accidentate, svariatissime di forme e di tinte. La bordo colpisce soprattutto con quella loro povera solitudine di arbusti abbiosciati dai libecci, la diversità superba delle rocce, degli strati, delle loro colorazioni. E questo, per tutto il tempo che fui sull'Isola, mi fece pensare all'Elba come a qualche tragico ed apocalittico teatro di tragedie minerali. Ma a Rio Marina colori e forme si unificano d'un tratto e tutto, paese e monte, prende una tinta rossastra, che va dal grumo sangue al pallido pavonazzo. Rio Marina. Questo centro minerario così antico e laborioso sembra, veduto dal mare, una terra tinta di strage. Al di sopra del paesello ch'è di poche case vigilate dal molo da una vecchia torre, la montagna è tutta incredibilmente tormentata e sanguinante per un fitto intreccio di cave che ha messo a nudo la carne ferrigna dell'Isola, come accade in certe plaghe di guerra che furono frugate dall'esplosione di mille obici. E quasi perduti in quel rosso terroso, in quel fiammante scenario di tane i ponti elevatori si slanciano agili e leggeri dalla costa sul mare a versare nella chiglia delle navi il prezioso minerale recato sulle loro corsie dalle teleferiche alpestri. Ma tanta attività e tanta furia di lavoro in quel misero seno chi Immaginava? La vera natura dell'Elba mi parve però di comprenderla ancor meglio una sera stando seduto sotto uno spigolo del forte Falcone che do mina Portoferraio da ponente. Davanti a me si stendeva il mare libero, di un bel azzurro placato. E 10 Scoglietto era laggiù con in vetta 11 piccolo faro che cominciava a stil lare sulle acque le sue cadenze di luce. Ma alla mia sinistra, covata da una rossa losanga di tramonto procelloso le montagne dell'Elba si di stendevano a galoppo, verso occiden te, in grande tumulto di cime av venturose, di masse accigliate diru te, tra cui si aggirava una nebbio lina perenne che mi fece compren dere perchè i greci chiamassero quest'Isola La Fumante, quest'Isola dal cuore di metallo. Nobili, corrucciate maestà. Ecco laggiù le Calanche dal prò filo grifagno, ecco Monte Capanna chiuso tra nuvole, e monte Giove sotto il quale calano a mare i bei vi' gneti di Marciana Marina distesi a ghirlanda in un anfiteatro di poggi. Ecco il nerbo, ecco la figura dell'Elba! In quel momento mi parve dav< vero di comprendere la tragedia del la sua costituzione geologica. Senti vo un destino drammatico nell'ini peto di quelle montagne, di quelle coste sinuose che parevano emerse dal mare in qualche attimo di violenta nevrosi dell'Antidiluvio, e nel la luce di quel tramonto scenogra fico mi piacque di figurarmi laggiù tutta una strana e un poco ridicola epopea di titanomachie minerali: Felspati contro Graniti, Tormaline contro Calamine, Marne contro Zolfi, a subbisso, sotto questo cielo di una purezza già ellenica: e infine l'immane lotta placarsi nella bellezza di quest'Isola iridescente. — Tu se' di Rio Marina — diceva il nostromo del vapore ad un giovine stivatore che passava sul ponto, nude le braccia incredibilmente tatuate — Duro e caparbio come il ferro. *> * # Ma quella sera stessa, doppiata la Darsena, io mi misi là a sedere sopra un ceppo e a contemplare la grande Ferriera sulla riva opposta del canale. Di notte è uno spettacolo stupendo vedere l'enorme magona di Porto ferraio al lavoro. Quell'ammasso di capannoni nerastri, sormontato dalla fila eretta degli altiforni e delle ci miniere gigantesche e fumanti forma una visione degna del bulino di un Brangwin. E io me ne sto là per quasi un'ora a seguire con lo sguardo le vampate di fuoco che a tratti illuminano tutto quel paesaggio di tettoie e di camini, e i movimenti quasi animaleschi delle grues che ritte sul ponto Hannin, rischiarate nelle loro articolazioni da lampade potenti versano tutta notte dentro al cuore delle navi il materiale di ferro... Lo so, quelle grandi vampate rossastre sono prodotte dalla colata che stanno facendo adesso. E' la loppa che si riversa fiammeggiando fuori dagli sbocchi dell'altoforno e spande attorno quel chiarore di fulmine. E so anche che potrei domani andar a visitare la magona. Ma a che prò? Queste enormi fantasie create dalla tecnica moderna, belle e pittoresche vedute al di fuori, nel loro gioco intimo delùdono. E poi è così bella quest'acqua nera e oleosa che mi separa da quell'inferno e poetizza i suoi rumori scroscianti ! Ma d'un tratto s'alzano nell'aria due lunghe note potenti e accordate in terza, simile ad un lungo lagno che esca dalla bocca di un mostro ferito a moTte. E' la sirena. E io penso alla gentilezza di questi forgiatori isolani che hanno sostituito al grido lacerante quest'accordo armonioso e patetico. E allora mi torna a mente la proposta di un bizzarro musicista americano che, onde risparmiare all'operaio l'assordante fragore dei suoi strumenti pensava di dare un ritmo e un'armonia ai suoni prodotti dalle macchine al lavoro. »*» to malte you think of me while J'm [away. to make you think ot me while J'maway Sulla tolda di un sottomarino venuto ad ancorarsi lì in una piega della calata di Portoferraio, un gruppo di marinai raccolti sotto alla ten¬ daaulogmsvsdpcsscc da, alla luce di una grossa lampada, ascoltavano le note di una canzone americana, balzante dall'imbuto di un vecchio grammofono. Curioso quel cerchio di facce pallide, chinate sulla farandola oltreoceanica, nella calma notte del golfo 1 Dietro loro la poderosa mole di metallo si allunga come un enorme fu60 di ferro, sormontata dalla dura sagoma del ponte di comando. La vita del sommergibile, dopo tanto staro sott'acqua eccola alfine ricondotta sulla sua coperta, gaiamente, al sereno. Chi seduto sulla tavola, chi appoggiato alla balaustra, chi in piedi i piccoli marinai ascoltavano. Qualcuno fumava, qualcuno accompagnava fischiettando il ritornello e l'acqua ciangottava blandamente cóntro i fianchi della nave bucati da oblò. rUdsvtdr Quadretto tipico d'italianità marina. In your heart l wont to linoer, dcar, UH you come bali again that happy day I Ione you. I love you truly... diceva la voce capricante ed appassionata del cantatore di jazz. Io pensavo che un tempo quei bravi marinai si sarebbero forse dilettati meglio ad ascoltare una canzone di Piedigrotta o una romanza di Caruso: cose nostrane. Ma pazienza, e lasciamo pure che l'America fornisca comicità ed allegria ai nostri piccoli marinai italiani, oggi che l'Europa e così immusonita da problemi difficili e vessanti. E poi questa notte è così così radiosa e cordiale. Sembrano aboliti anche lo spazio ed il tempo. Una vera notte elbana. Carlo Linati

Persone citate: Carlo Linati, Trigona