La collana di delitti della banda Pollastro

La collana di delitti della banda PollastroLa collana di delitti della banda Pollastro Assassìni, ferimenti, aggressioni, rapine - L'angoscioso enigma dell'eccidio di Mede Lomellina: l'autodenuncia del bandito e l'insistente accusa contro il cassi ere Annaratone. Undici imputati compariranno lunedì alle Assise di Milano Milano, 3 notte. ramosa banda che ha preso il nf-'no del suo capo Sante Pollastro il pivi truce e ripugnante dei delinquenti, comparirà adunque alla Corte di Assise di Milano, lunedì prossimo. Poche volte un'associazione a delinquere si è presentata alla ribalta della Giustizia con un cumulo tale di delitti. Eccoli, subilo, per sommi capi: i due assassinii di Mede Lomellina, 1 due omicidi di via General Covone, l'uccisione dell'orefice Bassano Zanetti, il ferimento di Cesare Fumagalli, i sette mancati omicidi di Rlio, l'assassinio di Battista Gavaxrhio. il capo della banda Come <iueMi misfatti si sieno svolli è quanto abbiano commossa l'opinione pubblica e noto; anche perchè, più c più volte la cronaca nera dovette ritornare su ili essi per futle le complicazioni giudiziario n romanzesche cui diedero luogo, lì' di questi giorni l'ultimo colpo ili scena de! Pollastro: la sua confessione al «indice istruttore di Milano di essere l'unico e solo autore dell'assassinio del cassiere Casalegno, pel quale delitto furono condannati innocenti certi Carrega e I.eggero. Mollo e molto i cronisti si sono sbizzarrii: sulla figura di questo bandito ch'è un volgarissimo criminale, senza attenuanti di sorta. Niente milita a suo favore e quella che. nei primi tempi, sembrò in lui abile ed esperla genialità di difesa, risultò alla fin fine una ingenua e stupida manovra. Temperamento freddo, dominato da un istinto snmguinario. il Pollastro e veramente un bestiale pel quale la vita di un individuo non lia valore: uccide per rubare, rapinare, aggredire, credendo di trovar salvezza nella soppressione delle vittime. Per tutto questo non è. lecito attendere dal processo Coloriture romantiche: processo di fosca criminalità dal quale e morti e vivi aspettano giustizia. Assieme ai Pollastro compariranno alla sbarra Luigi Peotta, Caterina l'iolatto, Lodovico Corti. Cesare Novali. Umberto Colombo. Francesco Vitali. Italo Ferrari. Emilio Marini. Aristìtte Cosini e Donipnic-n Annarnton*. I primi (piatito sono chiamati a risponderò di associazione a delinquere, per osarsi, durami.' gii anni dal 1010 al 10-,'G, In Milani», ed in altre località, associali tra loro par commettere delitti conno le persone e le proprietà scorrazzando per le campagne e le pubbliche vie, portando anni e facendone uso sistematico contro chiunque ostacolasse le loro imprese e mettesse in pericolo la loro impunità; con la aggravante pei Pollastro di essere il capo dell'associazione. 11 Pollastro ed il Peoua dovranno per di più rispondere di mancato omicidio, aggravato, continuato, per avere in Hho nella notte dal 21 al 22 luglio 1926, a fine di uccidere, sparato colpi di rivoltella per cagionare la morte del maresciallo Giovanni Nava, del brigadiere Sante Giordano e di altri cinque agenti che si trovavano in quel luogo per procedere al loro arresto. Inoltre sono accusati dell'omicidio consumato il 5 dicembre 1926 a Veniimiglia in persona di Rallista Gavarrino oltre che dell'assassinio del brigadiere Pietro Lureschini e del carabiniere Lodovico Gerii, in località Sant'Andrea di Campninc?0. Entrambi devono anche risponderò di espatrio clandestino e del furto perpetrato hi danni di F.mamuoie liiirzi a Sant'Andrea, durante il quaie ciano slati poi- l'appunto sorpresi da. G.mirino e dal Lureschtni. La impressionante collana non è fluita- altro sangue, altre vittime. Sia II Pollastro che il Peotta, il bieco vicecapri che l'accusa dipinge In maniera non ineto terrorizzante, sono pure ritenuti responsabili in compagnia del Corti e del Novali del tentalo furto all'orefice Bassano Zanetti in via Manzoni, 44, conclusosi con l'uccisione del povero Zanetti quasi sotto gli occhi di una .propria figliuola. L'assassinio dell'orefice fu attribuito personalmente al Penila ed a certo Massari contro il tinaie si 6 estinta l'azione penale in causa a decesso. Perciò di quel sangue risponderà, oggi, soltanto il Peotta. Il quale pers/malmente è inoltre imputato del mancato omicidio di Cesare Fumagalli. Santo Pollastro e invece personalmente imputato dell'eccidio di via General Covone, avvenuto i! 7 novembre 102f. e nel quale lasciarono la vita il maresciallo Giuseppe la Cono ed il brigadière Sebastiano Piilviroiiiii che avevno tentato di arrestare il Pollastro insieme ad nitri 'Clelia banda, fra i quali il Massari. [.'recisione dei due carabinieri Ma il delitto che ebbe maggiore scalpore e che sollevò più viva esecrazione e sul quale le complicazioni andarono accavallandosi come in ini Vìiiì cinematografico, intercalato pure ila vicende patetiche, fu quello di Mede Lomellina. L'eccidio dei due noveri carabinieri costituisce la parte di inau'-ior rilievo della attuale vicenda giudiziaria. Ne e, per cosi dire, il mh'-leo. quotilo intorno a cui sarà pi11 vivo ed emozionante il dibattito, per il mistero che ancora incombe stilla parlrcipuzione che ad esso ebbero taluni degli imputati. .y.ttCCtisa per T. delitto di Mede e «aniline a due gruppi di imputati. Di esso rispondono simultaneamente — e tu- rispondono in uno slesso giudizio, essendo stati, i duo processi abbinali per ragioni di connessione ob]>iot:-vn — Santo pollastro ed il suo luogotenente Peotta da un lato, e dall'alirn Vitali, Ferrari, Marini, O'sini ed Annaratone. i cinque arrestati Che la Seziono d'accusa presso la nostra Corto d'appello rinviava a giudizio n<>! maggio del 1926. Come sia densa di drammaticità la posizione processuale di taluni degli imputati poiquanto concerne questo delitto, ft ovvio od intuitivo. Tra Minile dei duo gruppi .haii da ricercarsi i colpevoli? il terribile, tlrummutico enigma, chealto sialo attuale, il processo si presenta conio indiziario, avrà una soluzione solo dal dibattimento. A ire anni e mezzo di disianza il fosco crimine è ancora nel ricordo di lutti. Mii rievochiamone 'lo tragiche _ ora. nell'imminenza del processo — per inquadrare in una. col rilievi emersi a carico do) primo gruppo di accusati, la confessione di Sante Pollastro, dalla quale scaturì la nuova accusa contro il bandito e dalla linaio balenarono quelle luci che permisero di prospettare con più insistenza l'innocenza del cassiere Annaratone e del groppo dei suoi coimputati. La notte del 13 giugno 1020, poco dopo le 23.30. sulla provinciale ohe da Torreberotti conduce a Mede Lomellina caddero assassinati l'appuntato Vincenzo Terza no ed il earabn'ere Francesco BelLnznna. Le due vittime erano state comandale * iti servizio dalle ore 1R.3I1 alle 23,30 de! 1S giugnonei territori di Castellalo de GiorgiTorreberotti e Frascarolo, con lo speciale incarico della vigilanza sulla applicazione delle norme legislative per la risicoltura. L'eccidio ebbe luogo fluendo essi, in bicicletta, percorreva o o e e o e o , , r o ¬ no la strada Torreborctti-Mede perrestituirsi in caserma. Al mattino,verso le 7, il eontadiino Giuseppe Pan- zieri, che lavorava nei pressi della strada, scopriva nel fosso pieno d'ac- qua il cadavere dell'appuntalo. 1! ca- davere del ca.ra.biniiere fu troveto nel- l'altro fosso laterale d'ella strada, con la rivoliella ancora strette nel pugnoe col moschetto ad armacollo. L'autopsia rivelò la terribile ferocia degli assassini: i due poveri militi erano caduti sotto un fuoco intenso di rivoltelle e bom IT colpi li avevano raggiunti. Contiro dr. essi, già forse morti per le prime ferite, gii uccisori avevano ancora infierito con altri colpi. Persino della baionetta del moschetto di uno dei dm e ciiiratoinieni essi si erano soniti per ferire ancora l'appuntato Terzano. Che si trattasse d'una banda di ladri sorpresa mentire si dirigeva a compiere un «grosso colpo » fu saibi'to eviiienite: a ponili metri dal cadavere del Belliijizrona fu trovata infatti una valigia di fibra vulcanizzata, color marrone, contenente un completo armamentario ladresco: Irapani, seghe, grimaldelli, chiavi falst e persino un ordigno per spezzare le sbarre delle inferriate. In un prato, poco discosto, furono rinvenute le bicielerte delle dine vittime, mentre nella stessa locatila veniva raccolto un pezzo dii giornale con macchie di sàngue ed impronte digitali. Annaratone Mentre la notizia del delitto s>i diffondeva nel paese, suscitando vivissima commozione, carabinieri e polizia intraprendevano affannosamente le indagini, ìneviuiii'].: perptessila ed incertezze si verificarono ih quella prima fase riccie ricerche e molte persone arrestato in seguito ad utilizi risultati sunti o inconsistenti, dovettero venir rilasciale. Si accertò subito che gli assassinii, compi tuo il dièlltto, erano riparati a Milano. E un oste dri Cascina Grossa. Rocco Lombardo, raccontò che tre individui, la notte del delitto, si erano presentati a lui e gli avevano chiesto un mezzo di trasporto per recarsi a Tortona. Egli li aveva trasportati colà con un carretto. A Tortona, i tre avevano poi noleggiata un'automobile, con cui si etano diretti a Pavia e quotili; a Milano. Tuttavia mancavano ancora indicazioni su un quarto individuo che pitie faceva parte della banda e che la sera dell'eccidio era siato notato con gli altri in una trattoria di Torreberotti. Con fervore appassionato le Indagini venti Ciro proseguile i mensa meni e per ah ri 15 giorni: varie erano le peste seguite dui carabinieri e dalla polii-.ia, e tra queste quella che cercava gli assassini di Mede tra i componenti della banda • Martin ». gli affigliati di Sante Pollastro. Ma improvvisamente, il 2-1 giugno, per l'arresto avyenuto a Veniiiiii'igìia del Vita!: e del Ferrari, i quali tentavano di salire clandestinamente su un treno viaggiatori diretto in Francia, Je ricerche pigliarono tutt'aliro corso. 1! VitaM, rinchiuso in una cella, raccontò par ti e: '.a re gg i a t a in ente agli scopini ed ai compagni l'uccisione dei carabi ti ieri. Ed al Ferrari, rinchiuso in un'altra celia, ohe gli aveva faito chiedere » se ' poteva parlare », egli fece rispondere «che parlasse pure, purché non l'interessasse personalmente ». 11 Vitali chiese poi di essere riunito col'coniipagno, cosa che naturalmente non gli fu concessa. E chiese persino un confessore, die non si fece in tempo a proeuirargJii perchè intanto giunse la richiesta d'ella traduzione immediata dei due arrestati a Milano. A Milano i dura arrestati furono rinchiusi nelle guardine della questura, ed i funzionari clic si erano fatti il convincimento che essi fossero tra i quattro banditi uccisori dei carabinieri di Mede, pensarono ad interrogarli in proposito. Alle accuse ed alle contestazioni, tanto il Vitali che il l-rrar: si dichiararono innocenti. Ma intervenne ben presto un fallo nuovo. ) due erano stati messi in due celle 'distinte, l'uba di fronte all'altra e le « spie » dielle pori'- erano siale lasciato aperte. Per due noni il maresciallo elio si era appostalo nel corridoio sperando che attravèrso io « spie » i dine arrestati si parlassero per stabilire un eventuale plano difensivo, non intese nulla. La terza notte Vitali e Ferrari si scambiarono alcuno parole in gergo, ed il maresciallo ebbe la convinzione che le frasi profferite si riferissero al delitto di Mede. 11 Vitali fu allora interrogato separatamente: dopo qualche esitazione confessò (ì: aver partecipato noi Ferrari e con il pregiudicato Emilio Marini (arrestato in qui l'Io stesso torno di tempo a Varese) al delitto. Raccontò che ciano diretti a Mede, ove intendevano con'ipnere un furio nella sedo d'ella Banca Popolare, e ohe e in lóro vi era un altro individuo che non conosceva. Costui, però, era «impiegalo» della Banca dove si sarebbe dovuto compiere il colpo. La sera ilei delitto si erano trovali a Torreberotti ed avevano canato all'Albergo Roma. Durante la cena orano entrali nell'esercizio lai puntato Terzano ed il carabiniere Beirrnzonn: ma i due militi non avevano fatto caso alla loro presenza. Verso ie 23 i ra.no usciti in istrada ed a loro si ora unito l'impiegato della Banca di Mede. Cnmniiu tacendo incontrarono : duo carabinieri che, insospettiti, li fermarono chiedendo loro dove andassero. — A .Modo, da un nostro parente — risposero. Poco convinti, i militi li invitarono a seguirli in caserma. All'avvicinarsi dei carabinieri l'impiegato della Banca si era fatto in disparte. Ma venne scorto e riconosttl'tiito dai militi che gli chiesero : — Conio mai lei sii trova con questagenie? Fa allena che l'impiegato propose ai compagni di « finire >. i due carabinieri, poiché, diversamente, andando in caserma, si sarebbero scoperti nella valigia i ferri ladreschi e tinti sarebbero stmui perduta. E cosi avvenne idelitto. L'impiegato della Banca di Modo fu identificato tosto nel cassiere Domenico Annaratone, che era alle dipendenze dell'istituto da 18 anni, e che venne tratto in -arresto. Questo l'insieme delle provo inizialConfessioni e ritrattazioni die condussero l'autorità giudiziaria a sostenere l'accusa nei confrontò dequattro arrest'ati: ai quali si aggiunse poco più tardi un quinto individuoAristide Cosini, lo seonosei.uto che, secondo Vitali, portava ia valigia con ferri ladreschi. In ulteriori Interrogatori avanti il giudtioe istruiMore, il Vitali ri-badi Si confessionie, facendo esplicale niellili razioni circa il progettato asfalto alla Banca di Mede, studialo e cwonlalo, egli disse, *in daiti giugno ti Milano. Ma sucoessivamente egli ritrailo tutto quanto aveva rietto. Una ritrattazione però che non convinse l'autorità: troppi particolarrigidamente precisi e corrispondenti alla realtà, egli aveva dato sulla persona liell'Anmiratone, sulla ubicazione della Banca di Mede, e su una linestra destinata ad aprire il varco aladri, perché si potessero ritenere fantastiche e cervellotiche le sue precedenti rivelazioni. Anche le Indicaziondate dal Vitali sul contenuto della valigia, trovata poi sul luogo del deliito erano state trovate corrispondenti alla realtà. Quella valiigiia, dal Vitali d'e sor ina assai miimuitamenite, era stata i'ti diuibbiamenite' aperta'dopo la strage, ed in essa vemneiro trovati dici giornali con macchie di sangue, segno questo elle i portatori dii essa erano implicati nell'assassinio dei diuiè carabinieri, , '1 cassiere Annaratone negò e nega tuttora con più angosciosa decisione la sua partecipazione al delitto. In appoggio alle sue proteste egli fornì anche un alibi. Ma le prove offerte dal cassiere non parvero convincenti all'autorità piu.Ezinria, specialmente per l'accusa, 'ormale, demagliata del Vitali, quale nasce dalla sua reiterata confessione. « Se lale confessione — argomentò la Sezione d'Accusa che ordinò il rinvio a giikMzio — Ina il tremendo valore di trascinare avanti ai pi turati Ferrari, Cosini e Marini non può per ferrea logica, avere per Annaratone un valorediverso. Essa lega tatti, lino a provaconti-aria, della stessa sorte, quandol'accusa non appaila per sé mostruosa,assurda, più che in verosimile (che l'in-verosimile a volte può essere vero),menzognera, caliummtiosa. Tale non ri-sulta la chiamata di correo del Vitali.Qunte interesse avrebbe costui dii per-ero il cassiere dii Mede, assolutameli-te sconosciuto, aM'infnori del rappor-io delittuoso creatosi colla progettataimpresa ladresca a Mode? Come poteva il Vitali sognare i dati die egli lia riferito, così armonici e cosi coordinati ? ». Ed il documento aggiungo: « Si dice da Anneratone, come dai dirigenti della Banca e si riconosce da tutti i funzionari elle la sacrestia e la cassaforte sono inattaccabili e soltanto con le vere chiavi, o con altre assolutamente identiche e provate, e possibile aprirla. E Nital:, in teipo anteriore al sospetto, spiega ninpiunto che la valigia conteneva un armamentario completo di ottimi arnesi d'acciaio, e corda ed uncini destinati non già a penetrare in sacrestia, ma a scalare il muro di cinta del giardinetto e penetrare dalla finestra, segandone le sbarre. Le chiavi procurate da Annaratone — su originale o su modello. Vitali ignora — dovevano invece aprire hi sacrestia e la ca«aforte. Su questo particolare delle diavi Vitali c- deiiagliataiiienie Interrogato all'inizio dell'istruttoria, ed aiferma clic le medesime, date dal quinto indivi.ino. erano nella valigia. Questa è stata certamente aperta dopo il delitto, come lo provano le macchie di Simulile trovate su un giornale, e sul ferri dove è ovvia la presunzione che solamente per ritirare cosi compromettente e rivelatore corpo ili reato la va! - ,i - a <; allerta prima di abbandonarla. E del resto chi. può credere die Vitali, indottosi a confessare accasciato dal rimorso, abbia freddamente con afrore viltà, accusato persona a 'lui ri-I lutilo estranea ed ignota, travolgendola in una spaventosa odissea giudiziaria, senza odio, senza ragione il- vendetta, dii lucro? Chi lo può credere, Quando il controllo rigoroso eseguito su tali .lecite, per Annaratone come per gli altri coaccusati ne ha dimostrato imi troppo l'attendibilità, tessendo una traina di snidi, tenaci tentiacoli che insieme Minti li avvince e li de=igna come soliriariam-inie responsàbili dell'atrocissimo delitto-; ». Un colpo di scena Me l'indagine che si concludeva con questo documento di rinvio era anco¬ra in corso, die nuove vie si apriva; no per rat- luce intorno al delitto di Mede Vie strane, ienie e difficili a percorrere, e che nei luglio 1927 poyinvano inaspettatamente al colpo ci scena: la confessione del bandito Poi lustro Arrestato a Parigi, dopo avve nimenti ai quali si avrà occasione di Iaccennare nel ricordare le altre gesta Ideila terribile banda che egli capitanava, Sante Pollastro a! vice-Questore (tizzi che si recò ari interrogarlo, feceunii 'confessione esplicita, rivendicandoa sè ed a taluni dei suoi compagniogni responsabilità per ii truce misfatto di Mede. >• li delitto — disse il bandito — è siato commésso da quattro persone: da me. ria un certo De Rosa abitante a Bho, dove subito dopo il reato nella casa del De Uosa stesso ci rifugiammo e dove successivamente venimmo attaccati dalla polizia milanese, nonché da altri due individui che non posso nominare. Posso dire solo die la persona suicidatasi a Nuity sons Kiiv.Ves e scambiata per me è il mio compagno Massari Giacomo. Accuso solo il ile ftosa perchè egli non merita alcun riguardo per ragioni di indole personale, di cui delibo dare conio solo alla mia coscienza ». Ed il bandito, ritornando al fattoprecisò: «■Tutti e quattro partimmo rne1! giorno—non ricordo tion^ la data — dalla stazióne di Milano, Porta Genova, in treno, arrivando alla stazione di Torrolienotti allo ore 21. Ci fermammo tutti e quattro a mangiare in un ristorante di Torroberetti, ,i circa dieci minuti dalla stazione. Credo snani del! osteria «Doma». Fummo serviti da una ragazza diciottennePoi; ivamo con noi una valigia di ordigni aiti allo scasso, tra i quali un taglia sbarre. Eravamo intenzionati di rubare in un negozio, credo di tessuti; ma non posso darò nessuna notizia precisa del negozio in parolaperchè solo uno di noi quattro conosceva henio la località e la casa presa di mira. Solo so elio si Irattava dun negozio. <• Mangiammo nel predetto ristorante ìiovn e salame e verso lo ci Incamminammo verso Mede. Lungo icammino ci accorciamo che due caralinieri in bicicletta ci seguono. Allarmato, io mi fermo, memre gli altrcontinuano a camminare. Ed uno decarabinieri ini chiede: » Dove va? Lestia fermo qui ». Poi i carabinieri sparano un colpo in aria por intimoriròGII altri allora, nello stosso momentosilurano sui carabinieri non volendo e-sero catturati. Non siamo visti da alcuno; buttiamo i cadaveri sul ciglio ilella snuda o senza incontrare persona ri dirigiamo verso Tortona, a piedi, traversando i monti. Giungiamo a Tortona 'a mattina dopo, e prendiamo il treno delle ore 7 giungendo a Milano verso le oro fi circa. 11 De Dosa ci conduce da Milano a Rho, a casa sua ». E Santo Pollastro concluse: » Ho letto nei giornali che per tale fatto sono state arrestate altre persone e che sdoveva forzare la cassaforte di una banca. Dichiaro che io ed i miei compagni siamo estranei al tentativo (iella banca e die detie persone arrostato per il fatto d! Mede sono estranee alla uccisione ih'l carabinieri. Non so spierare mie coincidenza, se di coincidenza può parlarsi ». Il terribile interrogativo Dopo avere reso queste dichiarazioni, il Pollastro non fu. in Franciaulteriormente interrogato. Ma recentenuiiiin i-in-iiiiin vomì» octrnrtntn a r-,*,, mente, quando venne es.-tadato e condotto in Italia, egli non esito a confermare la confessioii". Frattanto lanuova istruttoria scaturita dalle suerìicliiarazioini si era andata snodandoed era trionfa a'I'eriilo^o fili p'piiuti'emersi a conforto ri ' W conferii p eemersi «i louiouo oeiia cqniessione erano molti e non privi di consistenzair, un solo punto la confessione <ion apparsa veritiero: nell'accusa lanciata contro- il De nosa. Le indagini rivelarono quale bieco livore, quale feroce odio il bandito covasse e covi contro costui e come l'accusa avesse soltanto lo scopo di trascinare nei gorghi e di travolgere sotto un'imputazione di quella" specie l'antico amico e compagno di fede. Ma dei rapporti corsi tra 1 due si dirà in seguito. Risultò per contro che compagno nella brigantesca impresa ii Pollastro doveva avere avuto il proprio luogotenente, il Peotta. E l'accusa di partecipazione al deli Ito di Mede si concretò contro costui. Come e sino a qual punto le rivelazioni de.! bandito ed i risultati conseguili dallo indagini ulteriori, influiscono od influiranno sul complesso di elementi, di indizi, sul sistema di prove, di argomentazioni, di deduzioni, in baso a cui — abbiamo visto — l'Accusa pronunciò il rinvio a giudizio di Vitali, Marini, Ferrari, Cosini e Annaratone? E' questo il terribile interrogativo che ci si presenta alla vigilia del processo: questo l'aspetto drammatico della vicenda giudiziaria conse guita ad uno dei drammi più orribili che la storia della criminalità ricordi.