Figure e costumi negli "Intermezzi,, di Goldoni

Figure e costumi negli "Intermezzi,, di Goldoni Figure e costumi negli "Intermezzi,, di Goldoni Il Goldoni minimo è quello degli Intermezzi per musica, giovanili e umili. Il minore è da considerare quello dei libretti dal '50 in avanti. Si sa per quali opere grandeggi. Codesti intermezzi, una rarità libraria, ora ripubblicai! in «in tomo della grande edizione oritic-a corom-essa dal Municipio di Venezia a Giuseppe Ortolani, contengono, come lo stesso Goldoni avverti 'nei Mémoires, i semi ch'egli gettava nel campo per raccogliere un giorno (frutti maturi e piacevoli. Nell'uri pTovvisa.rli s'era giovato dell'osservazione dei saltimbanchi di piazza San Marco, di quella piazza, diceva, freqtiif-ntata la notte quanto il giorno, dove i caffè sono sempre pieni di percome allegre, e dà uom'ini e etri donne d'ogni sorta. Gli intennezzi rappres-eni-ano dunque la formazione del teatro goldoniano, in quanto agli elementi della tecnica scenica e delle osservazioni dieU'amhienie. Inoltre contribuisoono alla conoscenza del teatro settecentesco nei suoi prima decenni, quando accanto al grande melodramma ispirato dallo Zeno e dal Metastasio la scena comica veniva artisticamente assestandosi nella confluenza, eliminazione e trasformazione dii diverse fornii teatrali. Fra i moltissimi intermezzi di quel tempo i primi del Goldoni si distinguono per più motiva. Perche inseriti fra gli ritti non di un melodramma ma di una tragedia. Perchè affidati non a professionisti ri"l canto ma a comici; imitando Molière, Inter accrebbe le attrattive del suo repertorio aggiungendo ni drammi, gli intermezzi di musica. Perchè recitati, talvolta, e non cantati. Infine, tetiiiti come riserva, apparivano non insieme oon la nuova commedia uni alla quanta o alba siesta replica dii essa. Per tutte queste distinzioni i piccoli lavori del Goldoni, del quali nessuna musica ci è pervenuta, destano nel lettore un particolare interesse di erudizione storica, al quale si aggiunge, grazie alila naturale vivacità e gentilezza dello spirito dell'artista, un diletto talvolta squisito. Canterine e pelarine La serie degli intermezzi goldoniani sembra iniziarsi e concludersi con la rappresentazione della « canterina • più specialmente osservata nella sua abilita di « pelarina », di esperta cioè nel pi-lare gli ammiratori. La prima, d-el 1730, ci è stata tramandata in una redazione pasticciata, in parte del Goldoni, in parte d'un certo Gori che s'nt leggio a rivale d'i Ini, come minuziosamente infnimano le copiose note di Giuseppe Ortolani, l'espertissimo indagatore goldoniano; le quali note, ammirevoli tei questo come in ogni altro volume della monumentale edizione, recano la storia di ciascuna opera, i ccnfitonti fra le varie edizioni, l'indicazione sia delle fonti dell'argomento e dei personaggi sia delle derivazioni tematiche, l'esposizione e valutazione d-elle altrui critiche, e altre notizie utilissime della fortuna, dell'esecuzione e via dicendo La prima pelarina. dicevamo, è presentata insieme con sua madre, come astutissima raggiratrice di gonzi. Alla professione e al mondo teatrale si accenna appena. La satira dei costumi, priva di intreccio, cede il posto al piacere visuale dei travestimenti. Non basta che la ragazza carpisca con facili moine un anello e un orologio al balordo e grossolano Tascadoro. Sua madre si finge prima venditrice ambulante, dalla quale il protettore comprerà un capo di vestiario che poco vale e costa molto, e poi sgherro; a Pelarina si veste da « paroncina », e perfino Tascadoro si dissimula da donna. A un certo punto non è più l'interesse che spinge la cantarina, ma i! suo desiderio di divertirsi alle spalle di quel protettore da strapazzo. Sicuramente di Goldoni è II gondolieve veneziano, di cui mi son già occupato altrove. I contrasti e i rimpaciamenti del gondoliere e di Bettina sorgano non dal loro reciproco amore ma dalla passione ch'egli ha pel giuoco e dalle promesse di ravvedimento non mantenute. Neppttr qui intreccio, ma scene episodiche, talvolta con tendenza farsesca, come quella in cui il gondoliere vuole uccidersi, e oita, parodiandolo. Tasso. Bettina, invocando Cupido, si traveste da « barcariol », accerta la fedeltà dell'innamorato, e ancora una volta gli perdona; si sposano. Una coppia di innamorati e di gelosi che prelude ai futuri caratteri goldoniani. Tutori e birbe La derivazione da Molière è eviden te nella Pupilla del '31, il tema predi letto della commedia settecentesca. Tri ticone custodisce la pupilla Rosalba e vuol sposarla; Giacinto entra in casa vestito da astrologo, conquista la fiducia del vecchio, ne è incaricato di pre dire alla ragazza un lieto e prossimo destino. Invece le dice: V'amo, v'adoro e vi desio per sposo, e le propone la fuga. Poi Rosalba si finge ammalata e lo scioglimento è analogo a quello dell'Amour médecin. Notevole qualche languido accento in Rosalba. Affidata al piacere visuale dei travestimenti e alla curiosità dei dialetti è La birba. Orazio, romano, dissipato il patrimonio, è ridotto sul lastrico; sua moglie, Lindora, veneziana, vive spen sieratamente ; Cecchlna, sorella di Orazio e da lui defraudata, detesta la co gnata. Irnprovvisamente, a insaputa l'uno dell'altro, e nell'istessa scena! coniugi decidono di travestirsi da birbe; lei canterà canzonette, lui farà il balbuziente. E non si riconoscono, e si disputano i clienti. Arriva Cecchlna e, parlando bolognese, dice che fa la cavamaechie. Decidono di andare in giro tuffi e tre. Poi si dichiarano, s riconoscono e di nuovo si separano ; ciascuno farà la birba per conto suo Nella seconda parte, Cecchina fa la cieca, Orazio lo storpio e parla in na poletano ; non si riconoscono ; essendo divenuti denarosi, comprano da Lln dora, non riconosciuta, abiti da corti glicini; poi Orazio ravvisa la sorella; decidano di vivere insieme, lui venderà teriaca. Arriva Lindora e lo smaschera davanti alla folla. Fanno la pace. Dal Malade imaginaire deriva lo Ipocondriaco. A parte il ricordo, nel protagonista c'è naturalezza di ansia e di incertezza. Melinda, sua moglie, fintasi medico, tenta di avvelenarlo! ; ma rifiuta di bere prima di lui, confessa, è scacciata. Melinda, fingendosi poi sensale di matrimonii, gli narra di Melinda sempre innamorata di lui. e lo induce a far la pace; si svela ; lui perdona il tentativo di avvelenamento e la riaccoglie. Con questo misero e scialbo intermezzo va messo II filosofo, per sedurre 11 quale Lestina si finge prima studente, poi letterata; ma troppo presto a o è è a a ; a o a o rivendn'ca la sua lineria di donna alia moda, e il filosofo scappa via inorridito. Monsieur fcltton ha quattro personaggi. Senza travestimenti, con varie parlale: italiana, veneziana, pseudofrancese, pseudo-bolognese. E' un abbozzo di commedia di caratteri. E per tutto ciò rappresenta un progresso sulla deficiente ingegnosità e complessità dei primi Intermezzi. Spesso il carattere degenera nella caricatura. Vi è un cicisbeo francese in verità poco fine, un marito accomodante, strapazzato da una moglie capricciosa ma proba, e un' altra donna, una mal maritata, che resiste alle tentazioni. Più notevole l'acume dell'osservazione che la proporzione dei caratteri; spiace, nel verismo, il compiacimento dell'inverosimile grossolanità farsesca. Mezzani e scrocconi La bottega ila caffè è ii luogo propizio agli incoimi amorosi e alla presentazione dei tipi più curiosi. L'intento satirico e moralistico è affermato attraverso episodii crudi e audaci. Il caffettiere, conosciuta una cliente e già vagheggiandola sua consone, le procura una dote avvicinandola a uno zerbinotto; è vero che egli evisa i contatti compromettenti e che Dorilla prende e non dà, ina la cosa non è pulita. Neppure una ragione di tale rutllanial Uno Zanetto, tipeggiato come damerino e pan-ruso, diventa improvvisamente imbecille a! punto da credere che Londra e Madrid sietio nomi di persone, che il mare slia soltanto a Venezia. Non manca un travestimento. Sono notevoli la vivace rappresentazione dell'ambiente e della vila clttadii.na e l'agilità delia tecnica. Siamo nel '36. Ecco alcuni propòsiti dvli'Amante cahala: « Uranio la dote sua, questo è il mio voto. Non mi euro d'amor, cerco denari. Mi saprò approfittar del beni suoi. Il vivere d'inganno è mestiere alla moda... ». Questo Filiberto non è un cicisbeo scroccone rna un volgare impostore. La vedova Lilla, la giovine Catina, altre donne dovrebbero estere la sua facr'.e preda. Ma non sai dire se si tratti d'un giuoco di irreali figure, o di uno scherzo. Le trame del protagonista sono superficiali, le persone ingannate puerilmente ingenue. Ve contrasto fra le verità di lui e il convenzionalismo delle altre parti. Accettare la sua proposta di matrimonio, consegnargli la doto, son cose di un istante. Le trova tutte sciocche, facili, e neppure assetate e tlesiose, ciò che darebbe una ragione alla loro arrendevolezza. Ve suo bugie son poco ingegnose; una sola volta è fine, quando si sostituisce a un amico nel suo negozio, per far credere d'esserne il proprietario. Fra le donne, non gelosia di lui, ma pettegolezzi e dispetto. Dal '36 al '41 Goldoni non scrisse intermezzi. E il primo che mondò fuori fu il rimaneggiamento d'un volgare libretto napoletano che il Pergolese aveva avuto il torto di musicare. Infatti Amor fa l'uomo cieco di Goldoni ricalca Liviella e Tracollo, e se ne attenua la goffaggine, ne accoglie qualche strofe. Tutto è scadente in questo rimaneggiamento. Qualche dilettoso passo è nel Quartiere fortunato del 'i3. 11 tema « amore fra l'armi » fu suggerito al librettista dall'ambiente disagiato e pittoresco nel quale visse, lenendo l'ufficio di direttore del teatro di Rimini durante la occupazione austriaca. La favola de' ne gobbi innamorati della stessa Madama, dei quali due sono contemporaneamente fortunati mentre al terzo tocca di far da candeliere, conduce in iscena una donna avida di danaro, crudele motteggiat-rice. « Non cerco cicisbei beili e graziosi — dice. Madama — ma ricchi, di buon cuore e generosi ». Altri due intermezzi, Il matrimonio discorde, destinato a una compagnia di comici, e La cantorino appartengono al 1756, cioè- a un periodo notevole nell'evoluzione del Goldoni, e restano pertanto fra 1 più bassi. Nel primo, degradazione della Villeggia., tura, un cicisheo parassita o esposto senza reticenze nella sua indegnità; una contadina parla al suo padrone con audacia nuova ir. siffatti componimenti. Nell'altro, un servitore dà del mezzano a un cicisbeo; si ritorna ai travestimenti e ai dialetti, lniine la vendemmia, forò-; dello stesso anno ma rappresentata nel '60, è, banalissima composizione, senza rilievo nò del parassita, ni- ÒVI nobile, nè di due contadini, intrecciando scialbi casi di amore e di beffa. E fu l'ultimo intermezzo del Goldoni Addio agli intermezzi Ma tale qualifica designava ormai un genere e una forma rinnovati. Già dal 'Vi gli intermezzi goldoniani sono per quattro o cinque voci, un numero di parti sconosciuto ai primi saggi. Aumentano le arie. Nella Vendemmia appare il coro. I modelli di piazza San Marco han ceduto il posto alle dirette osservazioni dei cittadini, e il cicisbeo scroccone sembra ii tipo più curioso e satireggi.ibile. Imitazioni di versi e di strofette metastasiane spesseggiano. Si distingue talvolta il personaggio plebeo, destinato alla musica di maniera comica, da quello aristocratico, la parte « toscana » secondo la qualifica napoletana, destinato invece alla musica di gusto serio. Dunque gli intermezzi goldoniani si venivano modellando sulla opere comiche di per sè stanti. Erano affidati non più a mediocri e oscuri musicisti ma a un Vivaldi, a un Gaìuppi, a un Sacchini trentenne. La comoda distinzione del genere è ormai basata sur un solo dato, l'Inserzione pratica fra gli atti d'un'opera; ma l'azione ha conseguito una certa coerenza che reclamerebbe uno spettacolo continuo. Dal canto suo il melodramma, pur vincolato a tante convenzioni, s'i liberato di certi gravami secenteschi, e, procedendo verso più drammatiche concezioni, non tollerava più l'estraneo intermezzo; fra non molto l'opera assorbirà con logiche parvenze anche ì dilettosi balli che, sorti per lo svago del pubblico, avevano sostituito appunto gli Intermezzi. Ancora: il sentimento. Questa; molla dell'opera non agiva negli intermezzi, e male avrebbe agito nell'apparire e alternarsi con i sentimenti rappresentati dall'opera principale. La nuova sensibilità settecentesca eliminava le forme che non potevano o sapevano accoglierla. Infatti alla fine del secolo riapparvero farsene e snelle opericciuole, ma pervase del nuovo spirito e lievemente agitate dall'amore Goldoni stesso, quello minore, scriveva la dolenta Cei.china. E quello minimo restava obliato. A. Della Corte

Luoghi citati: Londra, Madrid, Mezzani, Venezia