I Papi alpinisti

I Papi alpinisti I Papi alpinisti p pii. Dopo essere stato per il San Gottardo e il san Bernardo, si trovò Silvio Enea Piccolomini, quando era canonico a Trento, tra le ripide coste della Vaile Sarent.ma, a settentrione di Bolzano, abitata da alpigiani ben piantati, che si dicono originari dai Goti, tutta torri e castelli, con quella torre di Druso, che ricorda il conquistatore, 11 quale, guidando le legioni di Angu•to, nell'Alto Adige, domò 1 Reti delde montagne. _ « Essa è posta — scrive il Piccolomini di questa Valle — in quelle Alpi, che dividono l'Italia dalla Germania, con un solo passaggio altissimo e diffìcile, esposta alle nevi, coperta per tre quarti dell'anno da orridi ghiacciai e perciò rigidissimi. Gli abitanti del luogo, per tutto il verno, se ne stanno in casa, Intrecciando abilmente ceste di vimini e facendo lavori di carpentiere, che SOI, d'estate, vendono a Bolzano e a rento. Grandissima parte del tempo consumano al giuoco degli scacchi e 'dei dadi, che conoscono meravigliosamente. Non li angustia mai Umore di guerra, non li tormenta brama di onori, non li affligge Ingordigia di ricchezze. Loro sostanze le pecore, che nel verno nutrono di fieno e che danno ad essi il cibo ». Sugli Appennini Maggiormente si intrattiene il Piccolomini sulle sue escursioni appenniniche, cominciando dai ricordi di quella Ida Firenze a Bologna, nel 1450, cioè Quando era già Papa da un anno. Parlando In terza persona — raramente nel Commentari si trova il noi, — racconta dunque che • il Pontefice partendo da Firenze, riposò nella villa di Cosimo de' Fiorentini, che è la più bella del Mugello, e nel giorno appresto superò il sommo giogo dell'Appennino, pernottando nel Castello, che ha M nome di Firenzuola ». Dopo una lunga Illustrazione cosmografica ed etimologica, riprende a dire che «lasciata Firenzuola, il Pontefice superò, non senza tattica ed Incomodo, un altro giogo dell'Appennino e pervenne a Planorio, dopo avere incontrati gli ambasciatori dei bolognesi, poco prima HI Capreno, dove le terre de' Fiorentini confinano con quelle de' Bolognesi ». Da Bologna, il Papa portavasi a Mantova per l'assemblea da lui convocata, facendo ritorno per lo stesso itinerario e visitando molte terre del Senese, dormendo nelle capanne, sostando tra la povera gente, rifiutando le corti bandite, accontentandosi di pane e cipolle. L'ultimo iratto del viaggio, da Viterbo a Roma, è più che mai interessante. Giunge il Pontefice a Canapina, quasi ai piedi del Cimino, ch'è «ria sera. Una valle oscura e profondissima, un rivo che scende dal monte, lambendo un castello, i gioghi folti di oscuri castagni, qualche noce e qualche melo, le case di legno, e pur che piccole, con molte famiglie... « L'abitazione promiscua moltiplica la gente; il molto fumo che vi si trova dissecca gli umori. Il Pontefice stette senza fuoco, in una piccola stanzetta, nè maggior lettleciolo, pur di non aver fumo », Da questo luogo il Papa si portò a Napesina, che descrive con 11 suo solito*.stile tacitiano, ristorandosi e proseguendo il cammino. « La donna di Napoleone Orsini — racconta il Papa— gli aveva preparato in Campagnano un pranzo, secondo il suo costume pericoloso; ma egli andò a Formello, dove nulla trovò di preparato, non cibo, non bevanda, non letti. Ri richiese qualcosa ni contadini per torsi la fame p si mangiò pane e cipolle e si bevve vino nuovo inferiore ali acqua, ma che tuttavia esiinse la sete ». Ma sp l'invito degli Orsini non fu da Pio II accolto, ben ad esso accorse il Cardinale d'Avignone, «che - scrive i Papa — ricevette gli onori dovuti al Pontefice e si divorò la cena». Il particolare non comparso nella stampa dei Commentarli, è nel manoscritto e rivela, ancora una volta, lo spirito del grande senese, come 1 toscani di tutti } tempi, maestro di battute. Per Tivoli e l'Aniene Memorabile fu un'escursione nei dintorni di Tivoli di cui l'originale turista Bel Quattrocento fa un arioso racconto. A San Clemente con le alte roccle «he neanche si possono specchiare nell'Aniene, volle, il fio. « che le mense fossero apparecchiate sulla vìa presso un fonte aperto tra 1 sasscome un'ara non più alto d un uomobianco In fondo per la ghiaia che in molte parti per lo scaturire di veneva spruzzando con dolce mormoromentre l'acqua è fino al fondo chiara, gelida e dolce... ». Raggiunto l'alpestre Subloco dov'«alcune case sono sopra una rupealtre su un'altra e in cima è una rocca», 11 Pontefice recossi al Monastero per « una strada di due miglia tutta a grosse pietre e difficili passi, che facilmente si potrebbero chiudere ad un nemico ». Dal Monastero — comIspezionava 1 suol monaci quel Papa— si portò sull'Aniene e attraversatolo, riprese la marcia per le alture discendendo poi « in una boscosa vai le in cui le acque che vi affluisconnon trovando alcuna uscita, formanuno stagno e luoghi palustri adattal porci »; e prima per prati e collboscosi, indi per aspri monti, raggiunto il castello di Pagliano, da qui calnella Campania felice. Correva l'ann1461 terzo del Pontificato. Andandper la Campania, il Pontefice descrve 11 Vesuvio, ricorda Plinio il naturalista, vittima delle sue Indagini vòte a conoscere II folgorante misterdèi vulcano. E cammina, camminacammina, l'instancabile viandante d'Italia, torna all'Apostolica Sede da cutanto spesso e volentieri si dipartivaBrandi •■orli l'Aalata a la «rata Il luogo dal Pontefice preferito, pur sempre tra le valli dell'Orcia, deFiora e del Paglia, nel suo Senese, il Monte Amlata, ancor oggi fedele Siena seppur incluso nel Grossetan10 spento vulcano Intorno a cut fannriverenza Canapiglia, l'Abbazia di SaSalvatore, Pian Castagnaio, Santa Flra, Arcidosso, Castel del Piano, lumnosa corona deaitro cui si fermaronle Infuocate lave d'un tempo. « Se acun luogo — scrive il Papa senese mal attrasse 1 poeti e con le soavombre e con le fonti argentine e Cole verdeggianti erbe dei ridenti pratqui essi rimarranno tutta l'estate poche noi stimiamo che a questi gighi dell'Amiata non siano da paragnarsi quelli di Cina e di Nisa tanesaltati dalle mitiche favole e neppursia da preferirsi la valle di Tempcon 11 suo fiume Peneo ». Dedica lunghe pagine, a descrivere la montgna, a farne la storia, ad illustrageograficamente 'tutta la regione e pracconta d'essersi fermato presso uvetusto tempietto dove dicevasi sepota la donna di Rotarl, il re longobado che molto culto aveva tra 1 pasani. , . E' l'estate del 1462 e, al basso, cola caldura infierisce la peste. Anchin questa pericolosa essate, 11 Papè serenamente sull'Amlata a cammnare per 1 boschi con 1 curiali del sguito, a sedere sul verde con 1 compagni a, tra lieti discorsi, attende11 tuffarsi del sole nel blu del Tirrno #. l'arrossarsi dell'Elba. La chiam 11 Papa, una meravigliosa dolcezza «mentre al basso il sole aveva tutto' disseccato, assetati i campi e ogni albero era inaridito e la terra, percossa dagli incendi fetontei, pareva cambiata in cenere ». Tutto invece era verdeggiante lassù e « spiravano soavi aurette ». I curiali scendevano talvolta al piano per cacciarvi, ma tornando si lagnavano del'ia molestia del caldo, mentre se andavn.n in alto, si dolevano del fredido. « insomma, pareva essere qui nelle seda dei beati, mentre si sarebbe detto che nella valile fosse l supplizio dei dannati ». Un'altra volta saputo il conte del uogo, uno degli Sforza, del giungere del Pontefice, gli messe incontro con molti onori, ed anche allora si trattò di trote che bellissime ve n'erano nela fresca piscina del Castello che il Pontefice descrive in tutto il suo giuoco e vigore d'i acque. » Nella piscina si conservano, come in vivalo, trote della lunghezza di un cubito, e di esse, presente il Pontefice, fecero una belU pescagione. Indi, questi discese al fiume inferiore il quale produce altre trote le più saporite di quante si trovino in Italia. 1 paesani si fecero a pescarle in suo cospetto e ne raccolsero in abbondanza. Andando poscia il Pontefice in mezzo agii armenti ohe pascolavano i prati, il guardiano gli offerse del latte allora munto da una vacca, ed egli non disdegnò di portare affla bocca il nero ed unto catino ». Nel maggio del seguente 1463 — un anno prima della morte a 59 anni Pio lì è sui Monti Albani a contem piare dalla cima di Monte Cave, Il panorama italico dalla marina tra Monto Circello e l'Argentaro e 1 profili di CentoceUe con le cave d'allume, il solitario Soratte d'Orazio, i cieli splendenti con le galoppate di bianche nuvole, le selve, i ìlanchi d'Appennino ed al piedi di tanto scenario, Roma! Cuesta visione eccita ed esalta il Papa al più alto lirismo. Egli vorrà poi ascendere 11 Monte Tuscolano e discendere a Grottaferrata dove celebre rà la messa davanti ad un'alta cascata. Ecco il Papa cristiano, italiano, poeta, tutto preso dalla bellezza della sua terra nel cui grembo compie, giubilando, il sacrificio a Iddio altissimo. La letizia del viaggiare Con.lemvla.tus est omnia Pontifex inter eundum non sine animi remissione ac voluptate. Anche queste parole con le quali Pio II chiude il suo diario, manifestano quanta letizia egli aveva di vagare per questi nostri monti e contrade dove, nella libertà degli spazi!, tra ombre silvestri e scrosciare di fonti, firmava atti, sbrigava faccende pontificali, riceveva ambascerie, celebrava o faceva celebrare messe, ritornando — il Pontefice cristiano del XV secolo — alla poesia dei sacerdoti druidi che celebravano i loro riti tra le selve, sotto liberi cieli, vagando ed Insegnando nella piena luce dell'aperto. Un'infermità fisica. — la podagra, che lungamente ebbe a tormentarlo — vietò al Piccolomini di essere un integrale precursore dell'alpinismo moderno, che spesso doveva portarlo la leltiga, ma lo fu come filosofo, come poeta, come- indagatore e cosmografo. Fu anchb incitatore di esercizi sportivi, del podismo, della caccia, dell'equitazione, scrivendone in particolari trattati. Spirito alacre dunque e pienamente moderno questo grande erudito del Quattrocento, spirito ltalianissimo di umanista e di umano che aveva conosciute tante terre oltre le Alpi, ma che. nella nostra solatia, aveva trovata splendida inspirazione alle sue lettere ed ai suoi estri. Contemplando dall'alto l'Italia, dall'uno all'altro ma re, ne coglieva gli spiriti antichi e presenti, s'inchinava al suo fastigio e si sentiva più grandemente Papa no stro e del mondo: il Papa senese, co me lo chiamavano, 11 Papa dei monti d'Italia «• P

Persone citate: Albani, Campagnano, Goti, Napoleone Orsini, Orsini, Pagliano, Sforza, Silvio Enea Piccolomini, Vaile