Segantini

Segantini Segantini gVive ricordanzetrent'anni dopo la morteST. MORITZ, settembre. — E lei? •—Io lo ricordo sempre vivo, e vivo lo immagino. Forse questo mio di modo di ricordare corrisponde all'intensità con la quale io l'osservavo, a quella specie di religione che mi ispirava la sua arte. So qualcuno o qualcosa, ancor oggi mi richiama il suo nome10 mi illudo di poterlo incontrare per strada o di udir squillare qui sotto le sonagliere del suo landau. Nella mia ammirazione di quel tempo c'era anche una umiltà di scolaro. Pur avendo esercitato la professione di medico avevo studiato anche diseguo e pittura a Parigi e a Monaco. Ma Segantini con chi aveva studiato? Mi.dica. Si è mai saputo da chi aveva appreso l'arte? Parliamo così, vagamente, di quella leggendaria infanzia e della disperata giovinezza. E' un discorso lieve e distratto che mi serve per notare con gli occhi tutto quello che vedo. 11 dottor Peter Berry, capelli e barba brizzolati, occhi cerulei, sorriso aperto ma fiero ha qualcosa dell'arciere di Hodler: si direbbe che ha lasciato fuori la balestra e l'elmetto. La camera, invece, è molto pacifica, foderata di legno vecchio, ornata di antiche cose engadinesi che formano una delicata cornice romantica al paesaggio che s'intrawede per le finestre. Davanti a una di queste, aperta, è appesa una gabbia con un cardellino: la visione di St. Moritz con gli alberghi chiusi, le strade vuote, il Iago glaciale e cinereo è ritagliata dai vimini della gabbiuzza ; l'uccellino sembra impagliato e fiso al silenzio. — Quando Segantini arrivò in Eagadina — chiedo al mio ospite — era già celebre? — Certo: anche i contadini che non sapevano bene quale fosse la sua arte ne parlavano come di un personaggio benefico. — Lei, dottore, l'ha subito conosciuto? — L'avevo visto qualche volta; ma lo conobbi soltanto nel 1897. Era maturato, in quell'anno, il progetto di affidare a Segantini la pittura di un.immenso panorama dell'Engadi-na che doveva figurare a Parigi in un apposito padiglione all'EsposizioneUniversale del millenovecento. Gli organizzatori pensarono di convocare una riunione preparatoria e d'invitare ogni sorta di gente. Ci ritrovammo tutti, un pomeriggio d'ottobre all'Hotel Bernina a Samaden. Una ben curiosa assemblea I Accanto a dottori a giornalisti a professori .estiti « obbligantemente » di nero, c'erano ' ricchi albergatori, poi le guide gli osti i carrozzieri i boscaioli in un costume valligiano assai pittoresco. Comparve finalmente Segantini : portava un pesante soprabito color fulvo; i guanti penzolavano curiosamente dal taschino esteriore. 'La sala in cui ci eravamo dato convegno era troppo piccola e si passò in una prossima più grande. Segantini si colloca, in piedi, dietro una tavola rettangolare e cavatosi di dosso il famoso soprabito comincia a frugarsi nelle tasche per cercare il manoscritto del discorso che doveva pronunciare. Fu allora ohe egli si accorse di averlo dimenticato all'albergo, al Maloja. Ma la bella franchezza e la sua ingenuità sventarono ogni commento « Signori — disse in italiano — io sono abituato a vivere in alta montagna, a lavorare nelle solitudini dei pa'scoli e delle cime; Foratoio non è la mia professione .. Intantoun bravo ufficiale, Thomas (che vive ancora e dirige l'albergo Ciantarella) inforcò una bicicletta e si recò di foraa al Maloja alla ricerca del manoscritto'. Nell'attesa l'albergatore ^Walter esposo per sommi capi il progetto del panorama o presto Segantini presa la confidenza col suo pubblico incominciò a parlare: a Da quattordici anni studio nella natura dell'alta montagna gli accordi che ne comprendano tutto le armonie di suoni e di colori. Solo chi ha vissuto interi mesi al di sopra degli alti, luminosi pascoli... ecc ». Parlava a quell'eterogenea assemblea di perso ne un linguaggio nuovo ma così sincero ed umano che tutti lo comprendevano. Quando l'amico Thomas arrivò, di ritorno, <*>1 manoscritto, il discorso era finito e si era già nominata una commissione per studiare la parte finanziaria del progetto. La sua realizzazione tramonto proprio di fronte all'imponenza delle speso previste: tre o quattro milioni di franchi Ma da quella preparazione ideale Segantini trasse i motivi del Trittico. *— Diventaste amici ? — Si. Segantini quando seppe che mi interessavo di pittura fu cordialissimo. TI suo carattere era curiosamente composto di ingenuità e di fierezza: un leone e un bambino. Lo andai poi a visitare alla sua casa, al ^1°J-V_^l„r'Ìl!lU^I*Ie d' ni,pl1a vì-sita mi rimase impresso — La ricevette facilmente? — Si : subito. Era di domenica, l'unico giorno che egli concedeva alle visite. Mi condusse a vedere il trittico: dei tre quadri due La natura e La vita erano radicati col loro telaio poco lungi dalla casa, in aperta campagna ; il terzo La morte ingombrava 'completamente il piccolo atelier che|Segantini si era fatto costruire die-|tro lo chalet e che nell'architettura imitava in proporzioni ridotte l'edifi-ciò destinato ad ospitare il Panorama dell'Engadina all'Esposizione Uni- versale di Parigi. Ella rammenta il quadro_che_è ora nel Museo Segali-[tini a St. Moritz? — Si: un paesaggio invernale... — Appunto; il pittore si affau nava a spiegarmelo e a mostrarmi i tuoi pregi artistici: « Si intitola — rni diceva — La Morte; rappresenta.la morte di tutte le cose. E' d'inver-' i e e, e n a , e e i a a n e e . a e o z no; la Natura è sepolta sotto la neve, le montagne nello sfondo sono illuminate dall'aurora. In una capanna alpina una fanciulla è spirata; mentre la bara vien rancata sulla slitta che attende, gli angeli nella soprastante lunetta trasportano l'anima giovanile verso la vita eterna. — Le pareva oppresso da un presentimento triste? — No, no; il tono della sua voce era soltanto serio e appassionato come tutte le volte clic egli parlava di arte. Io, osservando che tutto il ciclo del paesaggio è ingombralo da un'immensa nuvola, gli chiesi se quella raffigurazione avesse un significato speciale. <t Si, mi rispose: c come la morte: una nuvola che proietta una grande ombra, poi dilegua ». — Ma, a lei, medico, parve di intravedere i sintomi di una malattia? — Quella volta nessuno. Ma, un altro giorno, nel maggio del 1899. trovandomi fermo a Silvaplana nella carrozza della Tosta vidi arrivare a; galoppo dalla strada del Maloja una carrozza a cinque cavalli: davanti stavano i tre ragazzi Segantini, dentro i due coniugi, la figliola Bianca e la Babà. La carrozza si arrestò. Scambiammo quattro parole, da un finestrino all'altro. Segantini era pallido e macilento: andava a Zuoz per la festa commemorativa della battaglia di Calven-Coire. Bammento che disse a) figliolo Gottardo di scendere e gli dettò un dispaccio pregandolo di telegrafarlo a Zuoz: « Preparate alloggio cinque cavalli otto persone». Ci salutammo ancora con la mano quando i nostri due veicoli si incrociarono e i ragazzi sventolavano il fazzoletto. Lo vidi l'ultima volta nel settembre dell'anno fatale: passavo per una via di St. Moritz, mi sentii chiamare, era Segantini; uscì dal negozio di Nicelli, il suo sarto, e mi venne incontro giovialmente con la sua larga mano tesa: mi disse che stava per recarsi allo Schafberg e mi additò la' cima coronata di nuvole sopra Pontresina addormentata. Vi salì di fatti pochi giorni dopo e vi trovò la morte. Vada dal dottor Bernhard che l'ha curato, egli potrà dirle meglio : anche nella morte un leone un bambino. Io non so altro... Begalando un quadro antico al Dottor Bernhard, Giovanni Segantini lo definiva: « Dottore chiarissimo e rinomato chirurgo, saggio ardito e fortunato alpinista: cacciator d'aquile appassionato e di arte ama- tore». La sua memorabile e fraterna 1affezione per Segantini che gli spirò ; tra le braccia, si completa a poco a 'poco. Segantini uomo, artista, occupa ;ancora tutto il cuore e la casadell'a- mico. Prima di rispondere alle mio domande egli vuol mostrarmi la sua collezione se^antiniana: quadri, abbozzi, disegni, una ventina di pezzi. L'ultimo acquisto fu l'autoritratto di Segantini, quello datato 1895: la testa profetica ha, dietro, una corona di montagne, lo sguardo è vigile e severo, la tristezza che albeggia come una luce sulla fronte si diffonde fin ai margini della bocca. — L'ho comprato l'anno scorso, in Germania: da tempo lo cercavo Non era giusto che io non possedessi un suo autoritratto. Ora mi pare di averlo buon compagno nel silenzio della notte quando lavoro a' miei studi preferiti: studi di numismatica. Bisogna serbare per la vecchiaia una sorgente spirituale. Sediamo: davanti a noi respira attraverso le finestre il profondo silenzio dell'Engadina cho si distende sorridendo tra veli di nebbia e specchi d'acqua. Diciotto settembre: or fanno trent'anni Segantini lasciava il Maloja, saliva allo Schafberg dove, dieci giorni dopo moriva. — Feci la sua conoscenza — rac jcont* i] dottor Bernhard — nel no!vantaqiiattro. pochi mesi dopo il suo amvo da Savognino in Engadina. Mi recai da lui, al Maloja, con un ami co, il pittore Erler che voleva salu tarlo. Quando uscimmo per risalire in carrozza. Segantini venne fino alla portiera e volle regalarmi un suo quadretto a Ragazza che pela le patate ». La simpatia era nata in noi con l'amicizia, reciproca e improvvisa. Poco tempo dopo, avendo io curato sua figlia Bianca ammalata di tifo ricevetti in dono un quadro antico a La moglie di Putitane» del Panfilo cou scrittavi la dedica ch'Ella ha ricordato. Passarono alcuni anni senza che ci si incontrasse. Avevamo tutti c due molto da lavorare. Io, da poco laureato, dirigevo l'ospedale di Samaden. E appunto nel settembre del novantanove uno dei figli di Segantini, Gottardo, era ricoverato nel mio ospedale per una lieve operazione. Un giorno, i] ventitré, l'altro fratello, Mano, che il diciotto era salito allo Schafberg, con Segantini e con la Babà, scese dalla montagna e venne a trovarlo: io lo vidi e gli chiesi : o Come sta papà ? ». a Lassù è nevicato ; ora sta bene; ma l'altro giorno egli si lamentava di forti dolori al ventre ». i Salutami papà — gli dissi — e assicuralo che io son pronto a salir da lui appena egli mi chiami, da un momento all'altro ». Partito il ragazzo, mi vennero nuovi dubbi e ;p-iurosi presentimenti, chiamai una guida di Samaden e la mandai allo Schafberg con una lettera nella quale era detto: a Caro Segantini, la prego di darmi sue notizie a mezzo di questa guida - 110:1 l'accia complimenti, io posso disporre del mio tempo e venirla a visitare ». Tornò la guida alle otto di sera assicurandomi che la mia 'presenza lassù non era necessaria; |p0C0 dopo ridiscese Mario allarmatis|Eimo sembrandogli che il papà fosse improvvisamente aggravato. Ci mettemo in cammino, arrivammo alla capanna all'una di notte: faceva un tempo orribile. Dopo un sommario esame capii che lo stato dell'amico [diletto era grave- ma sperai che la malattia si localizzasse. L'indomani mattina ridiscesi a Samaden per sistemare il mio ufficio in modo che potessi abbandonarlo per qualche giorno. Descrissi il « caso » a due ce.ìebrità mediche, Herb di Heidelberg 'e il vecchio Neisser di Breslavia che tmasisrfssznffsvadtdAdaj ta ti r, rj ai f' P villeggiavano a Saint Moritz: le nostre diagnosi collimavano: appendicite. Le conclusioni furono identiche, un trasporto dell'ammalato poteva riuscirgli fatale; non c'era che tentare la laparatomia. Feci avvertire la famiglia al Maloja e salimmo tutti "o stesso giorno, domenica, allo Schafberg: io ero seguito da due infermieri, dal mio assistente, da un paio di guide che portavano tutti"! ferri necessarii per un atto operatorio e un paio di stufe ad alcoil. Nevicava. La natura pareva lottare contro chi ne aveva violato i misteri. La capanna isolata nella tempesta divenne giorno per giorno una prigione, una bara. Tentammo di riscaldare il locale a trentasei gradi, iemperatura necessaria per poter operare, raggiungemmo a mala pena cinque gradi. E ogni speranza di traportarlo era vana: la piccola finestretta era sbarrata da un'inferriata, a capanna non poteva essere scoperchiata perchè il tetto era costituito da una lamiera carica di sassi e agravata dalla neve La cameretta sottotetto nella quale Segantini agonizzava era così bassa che non si poteva star ritti e comunicava col pianterreno per mezzo di una scala a pioli. Impossibile : tutto impossibile. La scienza l'affetto la volontà non esistono quando quello che fu scritto fu scritto... , a e i o n ! a — Non ci fu più speranza? — Il martedì, ventisei, l'ammalato parve migliorare: Neisscr che lo visitò lasciò intravedere qualche speranza. Io solo non mi illusi. Quel giorno Segantini si mise su un fianco in modo da spiare per le finestre o mormorò: « Lasciatemi guardare Io mie montagne ». Dopo un succedersi di giornate tempestose la nebbia si era per la prima volta diradata e si vedevano le cime livide del Palù, del Bernina, del Koseg emergere sopra le nuvole. C'era una festa del tiroa-segno a Pontresina e la valle rimbombava di fucilate; quando si levava il vento le detonazioni si disperdevano. — In quale giorno la principessa Bibosco salì allo Schafberg? — Mi sembra appunto nel pomeriggio del martedì: udii bussare alla porta, disotto, teesi, apersi, e una signora letteralmente svenuta mi cadde tra le braccia. Era una donna già matura che io scambiai per una inglese. Ella, mi disse in inglese che voleva ad ogni coìto vedere Segantini: il ritratto de! pittore che ella teneva nella sua camera al Rosegg di Pontresina le aveva misteriosamente detto: «muoio: ho bisogno di te ». Io montai nella camera di Segantini e gli annunciai la inattesa visitatrice. L'ammalato si svegliò dall'assopimento, disse t bisogna es¬ sdpseg{st'c'sb[cnnnpsrpzdcdripsnSmMd sere gentili con le signore » e la dama," avvertita, salì per la scala a pioli nella camera. Allora la Bibesco, salutato Segantini, ci rivelò che ella possedeva una virtù taumaturgica. Volle che l'ammalato sedesse sul letto poi si mise dietro lui e tenendo le mani avvicinate alla boc- ca soffiò una e due volte sulla sua schiena dicendo che questo lo avrebbe rianimato. Nò si allontanò prima che io le avessi promesso di continuare quella singolare cura tutta la notte. Partì dallo Schafberg che annottava. L'indomani cominciò l'agonia, caratterizzata dai singhiozzi; e poiché essi risonavano nella piccolissima camera Segantini mormorò sorridendo, e fu l'ultima volta: i Mi par d'essere Tamagno ». — Quando morì? — Il giovedì 28 alle undici e mezzo della notte. Ci prese una febbre di lasciar quel luogo tremendo: facemmo salir otto guide e la mattina del venerdì ci preparammo a partire : la salma dovette esser calata on ie corde da una camera nell'altra: poi fu messa sulla barella. Le guide si davano il cambio e si aiutavano nei passaggi difficili Lasciammo lo Schafberg alle nove: all'una del pomeriggio eravamo a Pontresina, al Maloja alle quattro perchè avevamo dovuto allungare l'itinerario e pas- ''qltcmtemusmdidnpmvddsdztubsslt sare per Samaden su richiesta di quelle autorità. Nella notte io feci l'imbalsamazione della salma co! metodo del tedesco Vichersheim : credo che lo rivedremmo intatto serenamente stanco e pensoso come la morte l'aveva modellato. Il funerale ebbe luogo nel pomeriggio della domenica primo ottobre: si scatenò un uragano. E si compiva la previsione. — Che previsione? La moglie di Segantini la fedelissima e santa compagna della sua vita mi raccontò che un giorno, ai primi di settembre dello stesso anno, era improvvisamente entrata nell'atelier di Segantini. 11 pittore come allucinato guardava innanzi a se quella parte del dittico che s'intitola a La morte » e mormorava: » Mi par di vedere il mio funerale : le montagne del Maloja sono coperte di neve: due uomini stanno caricando la bara sulla slitta. Tu sei là sulla soglia della capanna, piangente ». Il dottor Bernhard rimane silenzioso un momento : si ode nella lontananza sulla strada di Silvaplana un dondolio di campani. I suoni sembrano disciogliersi e svanire nel paesaggio umido e velato dove i diversi smeraldi delle acque e delle foreste luccicano fino allo scintillio diamantino dei ghiacciai in ombra. Raffaele Calzini.

Luoghi citati: Germania, Monaco, Palù, Parigi