Ondate

Ondate Ondate casseraoeporgeva aua busta dello stipendio, a lui ne porse due c abbassò gli occhi. Mauro Gilli le prese, le intascò, usci senza dar segno di meraviglia: sapeva perfettamente che la seconda busta conteneva una concisa letterina : < Siamo spiacenti di comunicarle che non ci occorrono più i suoi servigi, perciò la dispensiamo, eco ecc. ». Se non proprio con queste precise parole, così, press'a poco. Egli rallentò il passo davanti a un cinematografo di terzo ordine che era da quello parti, osservò pensoso le fotografie degli attori esposte in vetrina, poi guardò la sua figura, riflessa come in uno specchio. Portava con garbo la mazzettina, il cappello inclinato con civetteria, era piccoletto, biondo, un po' ricciuto, carino. Quanto gli sarebbe piaciuto essere un celebre attore di cinematografo!... Ma qualcuno, una volta (non sapeva neppur più chi) gli aveva detto che non aveva nessuna attitudine per far l'attore. Inoltre che, quantunque carino, non era... come si dice? fotogenico. Gli sarebbe anche piaciuto essere un ballerino di tango, ma neppure per il ballo aveva attitudine. La sua disgrazia era precisamente questa che non aveva mai avuto attitudine per niente: nè ner la scuola, nò per gli impieghi, ne per le arti. Sua cognata glie l'aveva sempre detto, ridendo: « Tu dovevi nascer femmina, Mauro, avresti passato il tempo a fare il crochet e a fantasticare vicino alla finestra, buono tutt'al più a servire il te e a portare a spasso i miei cani ». Infatti lo mandava fuori a portare a spasso i suoi cani, che eran tre e magnifici. Questa cognata, dottoressa in chimica, non più molto giovane e un po' grossa, con un bel ^iso colorito ed energico dagli occhi chiari e intelligenti, era stata la fortuna della famiglia, vissuta fino a auel tempo dei modesti guadagni 'una fabbrichetta di vernici. Se padre e madre fossero vissuti non avrebbero creduto ai loro occhi nel vedere tanto felice cambiamento e il problema di tutti i figli e delle loro mogli risolto, per merito di quella donna. Adesso comandava , lei a tutti: troppo giusto. Solo Mauro, il più giovane cognato, non lo voleva ira i piedi alla fabbrica: « Non «ai buono a nulla, preferisco tenerti a casa a fare il signore e mandarti a j spasso coi cani ». Era indulgente con. lui e generosa, ma non sopportava che s'innamorasse di qualche ragazza e quando egli si era ostinato a voler sposare Mimi e a lasciare Milano per Torino, ella lo aveva lasciato partire senza dagli un soldo. « Vuoi far a modo tuo? La tua Mimi ha delle economie?... Ti ha già trovato un impiego?... Benone. Va, va e prova a nuotar da solo, se non affoghi sarò la prima a rallegrarmene e ad augurarti buona fortuna. Ma devi far da te. Addio, c Ora, ai sa, le economie di Mimi (poche centinaia di lire) erano già sfumate e di impieghi egli ne aveva già cambiati tre. Dopo un mese, al massimo due, con la busta dello stipendio riceveva una letterina: e Siamo spiacenti di comunicarle, ecc. ecc. ». Mimi ogni volta piangeva... Man mano che s'avvicinava a casa ora egli rallentava il passo e Mimi, non vedendolo arrivare, correva di continuo alla finestra. Era l'ora in cui la padrona di casa, una buona vedova le permetteva c l'uso di cucina » e se ne andava a trovare la figlia maritata. La cucina era un fondo di corridoio deve bisognava sempre tener la luce accesa e l'uso ohe ne faceva. Mimi era di cuocere sopra il minuscolo fornelletto a gas la minestra con l'estratto Liebig e le uova al burro in un tegame di ferro smaltato. Ma mentre la minestra bolliva ella apparecchiava un angolo della tavola nella minuscola stanza da pranzo, canticchiando, e se non ci fosse stato alla parete un gran ritratto del defunto padrone di casa in costume da giocatore di pallone, ella avrebbe potuto illudersi di avere davvero una casa. Purtroppo l'ingombrante ritratto le ricordava che stava invece in una povera stanzaccia ammobiliata, dove di suo non aveva che un bauletto sgangherato e le valigie di Mauro. Era incredibile come si fossero vuotate presto quelle valigie e come la roba di Mauro avrebbe avuto bisogno di essere tutta riinnovata. Sarebbe stato bello aspettare lo stipendio alla fine del mese, se non ci fosse stato que} freddo terrore di ricevere, con lo stipendio, la lettera di licenziamento. Che anche ora Mauro l'avesse in tasca, Mimi lo capì soltanto a sentire il suo passo esitante quando entrò con quel viso confuso di scolaretto punito... E subito le lacrime cominciarono a pioverle dagli occhi, mentre con la bocca ella continuava a sorridere, a Non importa caro, ella diceva, facendolo sedere a tavola e carezzandogli i capelli, non importa, mangia, faremo i conti dopo... ». I conti erano presto fatti: pagando alla padrona la pigione scaduta di due mesi non rimaneva di che pagare intere le note dei fornitori. « Il lattaio non ci farà più credito, ella disse, e il panettiere neppure ». Dopo di che ella pianse senza sorridere più e questo era un pianto che Mauro non poteva sopportare senza imitarlo. La padrona di casa rientrando pian piano per farai scaldare il suo cafielatte li trovò ohe sembravano due ragazzi abbandonati a piangere sotto la lampada e le loro teste ugualmente ricciutelle una bionda e una bruna facevano uu bel contrasto. Allora ella diede loro l'unico consiglio possibile in quella circostanza: n No, figliuoli, non potete andare avanti da soli, bisogna ohe ognuno di voi ritorni a casa propria, che cerchi di sistemarsi bene. Quello che riuscirà per il primo chiamerà l'altro con se. La vita è così difficile!... ». E quel pensiero feiv pian- re anche !fi. , *"* Mimi accompagnò Mauro alla stallone, poi andò a casa sua. Le apersn cdpdinmecrlascsrbnsbmsèaclagcpgsqEdpcvcscmdpteminludpeteililmtccugosodripbctrarileblepchEspMl'cnfol'gsetemgdpalopi soglausptpsspvderSnqzcqleti csmipzunmplippnavdtHblvs(quvNcpcgscsgctpqa la porta la sorella maggiore che non la riconobbe, prima perchè Mimi era sfigurata dal pianto, poi perchè ella! stessa era tornata da pochi giorni a1 casa, separata dal marito e con le sue due figliuole. La sorpresa fu grande per ambedue e sgradita. Ma già, era destino di Mimi di arrivare sempre in ritardo e di essere di troppo, la madre stossa glie lo disse. La casa era piena. la sorella rimasta ragazza che dava lezioni di pianoforte, la sorella separata che aveva l'atto perfin la cantante all'estero, In nipoti che studiavano canto... Mimi dichiarò che si contentava di dormire sul sofà del salotto anche senza materasso, e che d'altronde si sarebbe subito messa in cerca d'un impiego, ma nonostante questi dichiarazioni le scene in casa furono molte e aspre e burrascosa. Ora ella usciva fin dalla mattina, per andare in corca di questo impiego (sì, ghignavano le nipoti, è lì che t'aspetta !...) ma non sapeva a chi ricorrere, preferiva andare in chiesa a pregare, aspettando l'ora del-j la posta. Mauro le scriveva clic la cognata l'aveva accolto benissimo, ma che naturalmente ora ci voleva un po' di tempo per rientrarle nelle grazie come prima, giacche ella disprezzava i deboli, i vinti, sopratutto quando volevano fare a mono di lei Egli non disperava col tempo di indurla a dargli un'occupazione che gli permettesse di prendere in casa anche Mimi. Intanto aveva ripreso la vita di prima. Mimi pensava a quella cognata con una sofferenza, una passione che sembrava odio. Ella sapeva che mai quella donna l'avrebbe chiamata, voluta con sè, la sentiva forte dura inesorabile come il destino. Le pareva di vederla sorridere sprezzante e dirle: « Per portare a spasso i miei cani mi basta Mauro. Tu sei inetta a tutto come lui ». Sì, come lui, ella non aveva mai avuto attitudine per nulla, nè per la scuola, nè per gli impieghi, nè per le arti... Non era riuscita a strappare la licenza | tecnica, non era riuscita a imparare • il canto come la sorella maggiore, nè i il pianoforte come là seconda, tra ! meno che mediocre, insufficiente in j tutto... Buona per le faccende di' casa e nient'altro, ma per campare! con le faccende di casa bisogna essere > una donna di servizio, nou una signorina di buona famiglia, oppino occorre trovare marito. Sposarsi : che sogno!... Avere un adorabile sposo da amare, da servire... Era pure carina, a qualcuno piaceva, così bruna piccol6tta minuta con quel visino di bimba affettuosa... A Mauro era piaciuta quel giorno che l'aveva incontrata a Milano dove lei era andata a passare qualche giorno da un'amica ricca che l'ospitava generosamente e le faceva nel frattempo badare ai bimbi rimasti senza governante. Ma lei, oh, lei si era appassionatamente perdutamente attaccata a lui, tanto che aveva finito con accenderlo... Ecco la verità, era lei che l'aveva sposato e lui si era lasciato sposare. Ma la cognata, forte-come la vita, l'aveva ripreso. Quanflo si aggirava con questo pensiero, Mimi finiva col non veder neppure più la strada, fortuna che si era sul principio dell'autunno e che sulle panchine dei giardini si poteva ancora stare. Ella sedeva, traeva dalla borsetta le lettere di Mauro, le rileggeva per la millesima volta, poi stava a pensare guardando nel vuoto. Intorno a lei dei bambini giocavano, bambini un poco pallidi, magri, che non erano andati in campagna... Talvolta la loro governante si metteva a sedere lì presso e attaccava discorso con Mimi : i bambini erano figli di un professore, una bravissima persona, indegnamente tradito e abbandonato dalla moglie... Davvero?... Mimi dava>| un'occhiata distratta ai bambini e sospirava pensando a Mauro. Una volta la governante non v enne, venne il professore stesso, un signore modestamente vestito, con l'aria distinta e stanca. Sembrava che la conoscesse, perchè la salutò, le disse che la governante, una brava figliuola, aveva dovuto partire perchè suo padre si era ammalato... Non aveva nessuna ragazza, per caso, da proporre?. Senza pensarci ella faceva segno di no col capo, stringendosi nelle spalle, quando il pensiero della sua situa zione Timinpbilizzò. Se lei stessa cercava un'occupazione, un impiego qualunque I... Il professore (dietro le lenti egli aveva uno sguardo onesto, timido, doloroso) non le nascose che i suoi mezzi erano molto limitati, perciò egli non poteva fissarle un men sile molto alto, che i bambini, tre maschietti, erano delicati, nervosi e irrequieti, che la casa era sempre piuttosto in disordine... Ci voleva pazienza, ecco, molta buona volontà e una buona dose di adattamento. Se non aveva di meglio... Non aveva di meglio e quell'occupazione le cadeva propriamente dal cielo. E a sua volta lo informò della sua situazione, gli indicò presso chi avrebbe potuto prendere informazioni su di lei (il professore diceva coi gesti che non ce n'era bisogno!) poi andò a scrivere a Mauro. « Mauro, Mauro, ho trovato un posto da istitutrice. Non dico che presto potrò chiamarti, ma tu sai che tutto sta nel cominciare. Ho fede nel nostro amore, nella mia buona volontà, vedrai che a furia di lavoro e d'economia, a furia di lavoro e d'economia... ». *** Istitutrice: c una parola. Ma spesso la donna di servizio si licenziava (troppo lavoro, poco salario e poi quei ragazzi !) bisognava cercarne un'altra e nel frattempo tutto il lavoro casalingo incombeva su di lei. Non poteva mica lasciar che la cucina diventasse un iminondezzaio nè permettere che i ragazzi andassero coi calzini strappati per la buona ra gione che lei era l'istitutrice e non la serva. Alla sera poi era così stanca che piangeva, senza contare che aveva sempre paura che comparisse la moglie del professore (le avevan detto che era perfida) a farle una scenataccia. Si chiudeva nella sua stanza e ponsava a -Maine Kgì; non scriveva quasi più: ella lo vedeva ben vestito andare a «passo nell'automobile della cslvgsmscdbzfmpttzrNnrupbmpclLlvceplcpdclvJrm{TamcG(drcltccamtsdescditnvzlstalmvCdtnTtpApspzanlpDtctNsapiiGpnpcdtbpd\I\ ! 1 cognata coi tre Lei cani. La cognata si divertiva con lui come con un balocco che la distraeva dopo il suo lavoro... Ebbene, Mimi era così scoraggiata che non sapeva più che cosa scrivere a Mauro. Poi una sera dimenticò di chiudersi a chiave nella stanza... L'indomani il professore le chiese perdono, s'inginocchiò perfino davanti a lei, per carità non l'abbandonasse, egli era tanto disgraziato I... Ella perdonò, che poteva fare?... Ma all'ora della posta tremava, non più di speranza, ma di paura all'idea che ci l'osse una lettera di Mauro. Poi il professore fu traslocato a Napoli, era una promozione. Lo sgombero dette a Mimi terribilmente da fare. E quando fu a Napoli, oh come Mauro era lontano!... Perchè scrivergli?... A lei pareva d'aver sposato il professore da un'infinità d'anni, di essere vecchia, peggio, di essere morta... Si ricordò una volta che da bambina, quando ora andata ai bagni di mare, si era come innamorata di un piccolo compagno, dolce e grazioso come un agnellino. Entravano nell'acqua insieme, tenendosi per mano. Lei gli diceva: a Tienmi forte se no le ondate ci diridono e ci portano via ». Egli le stringeva la manina, con tutte le sue forze, ma era debole e l'ondata li divideva sempre e li portava lontano lontano l'uno dall'altra. Così, con Mauro. Erano stati come due bambini che si tenevano per mano entrando nella vita, le ondate li avevano separati, ora era come se il mare intero fosso tra di loro, addio, non si sarebbero rivisti più. Carola Prosperi.

Persone citate: Carola Prosperi, Liebig, Mauro Gilli

Luoghi citati: Maine, Milano, Napoli, Torino