Poeti religiosi

Poeti religiosi Poeti religiosi ItirLa poesia religiosa attuale, quando non sia o loimalistieu documento letterario (Papiru e Uniiioui) o dramma più intellettualistico che morale (Borpese), sembra indulgere tuttora ili' un'agra dissoluzione dell'ultime |sesperienze romantiche : futuristiche eimbeiistiche. i'èr precisarle, i'are- »o ti uoma dona i ove di Lacerila, dell'avanguardismo, del frammentismo ecc. ibi più, si creda o no, il così mcdnslcfsdetto movimento mistico di'questi aanni, appartenga esso a Manacorda |«o a Zani.agnini o a Migiiosi o a JJ.ermet, e si svolgii sopra un terreno cattolico (il Davide, la Tradizione) o |rprotestante {liilycltnis) o teosofico ilvOuofri) o magico (Evola), va con- [cteuusszcncmsIcnesso alla crisi deli idealismo, che è crisi, in buona parte, romantica. Al tempo della Voce, i nostri letterati succhiarono prima Bergson, e poi centellinarono Blondel; ammalati di estetica, tentarom di curarla con l'etica. Nel campo della filosofia, contro il Croco, che aveva posto il misticismo tra gli atti banali della pratica, i nostri modernisti nutrirono il loro fiuniieello lievemente eterodosso con tutti i rivoli iridescenti di quel platonismo cristiano di marca francese, che comincia con Ollè-Laprune e finisce con il p. Laberthonnière. Una buona eccezione: Buotiaiuti. Con tutto ciò, dopo Giulio Salvadori, ch'era poeta di spiriti e di modi essenzialmente ottocenteschi, non crediamo sia il caso di parlare di autentica poesia religiosa; ma, meglio, di singoli e variamente dolati poeti, i quali, prima sbattuti da suggestive e decadenti esperienze di forme, pensano ora di risolverle sopra un terreno trascendentale, senza che per questo ogni dissoluzione esteriore fromaaitioa) venga a mancare. Cioè, I>reeso cotesti artisti, la potenza apoogetica e contemplativa non è tale da disciogliere decisamente ogni ricerca estetica, e da fondere l'elemento musicale con l'elemento razionale della poesia; tanto che, se esiste conversione, questa non ha saputo superare il problema formale, e quindi caduco, dell'arte. In altre parole, cotesti poeti, nonostante il loro fuoco spirituale, la loro voluttà d'assoluto, la loro volontà d'antieloquenza, rimangono per buona parte infissi nel loro tempo, non sfuggendo vizi e materiali letterari, che, più che a una storia della poesia, appartengono a una storia delle forme. IL Ecco qui tre poeti, Moscardelli, Fallaoara e Bonavia, i quali rappresentano tre momenti, più o meno liberati, di poesia religiosa in rapporto con le ricerche delle ultime letterature. Poeti senza dubbio autentici, essi, pur avendo un loro mondo morale da esprimere, lo fanno con forme non adeguate, non pure. In loro, come in altri, permane pur leggermente il male della letteratura. Nicola Moscardelli, forse più d'ogni altro, si può dire anche oggi un voci-ano. Dalla Gioielleria notturna e dalla Mendica muta sino a II ponte (1), la sua poesia si è definita come sostanza; non si è definita come stile. Questo appartiene tuttora in buona parte a quel mondo, tra nebuloso e prolisso, in cui sfumavano i residui pascoli ani, resi vibratili e ariosi da un simbolismo immaginifico, derivato un po' dai francesi e in massima parte da D'Annunzio. In fatti, pascoliamo e dannunzianesimo si sfaldarono sempre più attraverso l'intuizionismo romantico, professato dagli scrittori della Voce di De Ro-j bertis, in nome del problemismo. Come per molti il Pascoli fu l'antiCarduoci e il Gozzano l'anti-D'Annunzio, così certi poeti vociani furono degli anti-Pascoli, pur attraverso il furore futurista, la poesia pura (che è in sostanza l'estetica del faneiullino pascoliano), e le teorie crociane. In trent'anni, ogni poeta rappresentativo fu una reazione ; ogni movimento poetico un ripensamento tutto dialettico della poesia. Molti, pur volendo essere degli astorici, furono invece degli storicisti. Se noi volessimo attribuire una epoca ideale alla poesia del Moscardelli, ricorderemmo quella in cui, strano connubio, vocianesimo e futurismo si saldarono. Firenze con 'Milano. La culla della tradizione toscana (forma, chiarezza, adesività al reale, equilibrio) con la sede della scapigliatura romantica, da Rovani a Dossi (l'antiforma, la sognante nebulosità nordica, il fantastico, la poesia disciolta in musica). E non fu forse il futurismo, fenomeno precipuamente milanese, una scapigliatura ritardata e sbocciata al sole dei Croce e dei Bergson? Così, Moscardelli, spirito sognante, per cui la realtà è immagine e mito, vestì la sua vibratile e leggiera umanità di quolle forme e di quei simboli che con andamento patetico crepuscolarismo e futurismo creavano, a simiglianza del decadentismo francese iniziatosi cor. Verlaine, a contrasto della forma (rettorica). Senonebe, a poco a poco, attraverso l'impoverimento del materiale poetico, s'andò creando una rettorica della non forma Questa, nonostante l'angoscia di approfondire il mondo morale eterno della poesia, in alcuni, >ame in Moscardelli, persiste a dimostrazione di quanto sopra dicemfeom perciò la bellezza della poesia moscarde-lliana rimane incompiuta per quella impossibilità, eh'è nel poeta, di riconoscere i limiti della propria poeMa. della propria ispirazione, dei propri motivi. La sua prontezza visiva lo porta ad annebbiare il centro del canto sotto le mille ragnatele delie immagini, creando dall'una l'altra, sul tipo della dispersa poesia govonisna. Mal* romantico, che non riconosce ]a necessaria purità del tema hrioo. e il bisogno onche d'uscire dalla luco frammentaria. A trascegliere tra verso e verso, dstasRmqlpjmmnmrvlinaszlv«ldeslleqczdgtipnmtceatssatvirptc Itra immagine o immagine, si coglieirebbero nelle liriche del Moscardelli |sua_ umanitàche vuol essere religiocrvmomenti squisiti. In fatti, tra i vo-\ ,. 1 ,, ..." ,,. ,cium, egli o quello ipiu ricco d mime- chdiate situazioni poetiche, d'abbaudo- 'mno, di fantasia. Perù, nonostante la ! turesa, la sua bellezza è una bellezza colorata e musicale, essenzialmente icteografica. La sua religione appare favolosa, come quella del Pascoli. La l'mla.stsua certezza, più che essere luce e^q abbandonate gioia dell'intimo, suo- in |«« pjut tosto come paura dell'infinito, [st |risulti indefinito, sognante, negato il il»'1 delle volte a rapporti concreti [con la realtà : Sulla distesa nudità del cielo odorano le stello comò fiori... I Irtisell delle foglio sono caldi come 1 bisbigli delie coppio in ombra... II solo risale dal plano come uh pastore die torna allo stazzo... Altrove {Il silenzio, La terra, 11 testimone, L'aria), appaiono lente evasioni dall'immagine per salire a una .poesia più alta e più fusa, a una fede che sia vita lirica, a una sensibilità tento nuova da negare in sò le vecchie esperienze postdannunziane. Quivi, le derivazioni romantiche sfumano tanto scolorite che più non si riconoscono onde facile riesce cog'iere l'accento genuino di un'anima, la quale non più attinge la poesia in at!/0 di sensualità. In fine, è necessario anche notare qcome l'immaginismo moscardelliano oo e i i i e r e e , i a , n e e n o e n n o o o -j . o a i o , a , n l a i u i e, , i a , a o, ia a el a aa blna osimo, sazipccopsedvoBpdRrLladlscdusletsgddgccsfirli. Il processo evolutivo della poetica di Luigi Fall a cara apparirà chiaro se lo si segue attraverso le sue varie tappe: dalla esperienza Lacerbiana a oggi. Il suo primo periodo può dirsi parnassiano, di spiriti e di forme. Rimbaud e Mallarmé, forse più la metafisica di questi che la poetica di quello, danno il la al chiuso simbolismo delle prime liriche, stampate pju Lacerba. In esse non v'era unicamente una esperienza, magari rudimentale, di orchestrazione impressionistica, ma v'era già una ricerca del mistero, dei rapporti della sua terrestrità con l'infinito. In ciò esisteva il nucleo inconscio di quel cattolicesimo, che si farà poesia con Le illuminazioni (1925), e che segnerà non soltanto una rivolta morate, ma a pari passo una rivolta estetica. Per scavarsi in intimità, egli rinunzia anzitutto alla forma, alla voluttà del l'immagine, alla melodia, all'aggettivo. Si fa scabro, nudo, spolpalo, es- Ir«mziale. In altri termini, avviene in i?lui quanto avvenne in Rimbaud : dalle llluminations alla Saison: espiazione ideale. Aprendo ora 1 firmamenti terrestri (2), la primi cosa che colpisce l'attento lettore è l'antipoetico, o l'antigrazioso della forma. Le prime esperienze sono del tutto rovesciate: quanto prima era ricerca di simbolica sonorità, ora è ricerca di secchezza adesiva. Già con molti dei sonetti delle Illuminazioni, Fallacara saggiava una poesia che non avesse attributi sensualistici: dal preziosismo immaginifico a quello musicale. Il primo, momento romantico veniva negato nella sua rettorica. Con I firmamenti terrestri, deciso ritrovamento della tradizione, la nuova poesia, che qua e là per superbia pecca di eccessiva durezza, s'apre in interiore animo, nella lucentezza di una architettura tutta ideale. Nel libro, vi sono anche esempi di metriche chiuse : terzine e persino ottave ; ma non accettate con facile disciplina; por- estate invece a dire con quanta dura volontà il poeta voglia essere nativo, in linea classica. Forse, senza la prima esperienza rimbaudiana, non si avrebbe una poesia, che è soprattutto antiformulistioa, piena di sé, religiosa non soltanto in senso dogmatico. Rimbaud, con la Saison, toccò la religiosità, e uscì dal suo primo romanticismo, dalValchimia del verbo, dalla letteratura hughiana. Fallacara, italico, ritrova certa linearità ideale, accesa e mistica, i cui raffronti son facilmente casalinghi ; nè ha bisogno di distruggere tutta una giovinezza poetica per sentirsi nipote dei medioevali ipazzi di Dio*. Cert aria si respira nascendo. Ora, il dire del meglio dei Firmamenti terrestri è cosa oltre modo difficile. La poesia di Fallacara non vive di frammenti, di note, di versi; ossa s'erge come un tutto organico, come l'apertura di un orizzonte; ed è male stralciare. Certo la sua importanza, maggiore, storica ed esteti ca, sta nello sforzo di purificare i materiali letterari, di cercare la musica intima, d'uscire dalla letteratu ra, d'essere implacabilmente umano e reale. Ad esempio, bastano l'ariosa apertura e il finale della Nascita d'Ilaria: Eri la lontananza del nulla, ora sei carne fanciulla: ori nel pensiero di Dio, ora sei questo: un tiglio mio. Sopra la terra leggera, piccola Immagine di cera, con invisibili ali L'alleggi. E nel paterno amore, sospeso dentro questo piccolo peso, urta la gioia di sentire unito a questo sangue 1'lnflnlto, la gioia di sentire, in questo moto di sangue mio, lino a ieri Ignoto, iJ creatore soffio di Dio. i"V. Calogero Bonavia, prete valdese, dopo uu- libretto: / servi, pieno di potenza evocativa, s'attentò con i Colloqui con l'angelo a superare il momento idilliaco, quasi aforistico, della propria ispirazione. Anche oggi, con Le setta voci del ladrone (3), la materia del suo canto si mostra limitate da cotesta fase tutta idealistica del suo pensiero. Anche come forma. Leggiamo a caso: Preghiera dell'alba: a Nessuno venga e mi aiuti a sorreggere questi paurosi archi di silenzio, e questi cieli così carichi di luce. etpncdcLgdrLegmdzcspllmenvbsestnpnpmrcceippasctcpdasszdddmpsaimocrirbsealpcgdaasitvusddtzcd Vengano, a stormi, a nuvoli, <6.i uccelli. Incrinino coi loro gridi e infrangano i miracolosi specchi dell'alba. E la sterminata volta di cristallo crolli e strapiombi sulla mia testa vuota t. c\ Poesia come frammento. E poesiaìi , ■ • . ... i, - ,l che accoglie tutto 1 equivoco del poe- jR'metto in prosa. L'evasione inlellct- d! tualistica, in questo caso di sapore treligioso, non, è certo salvezza 'per | gl'ispirazione che si dissolve in mo-jlmc-ntt puramente immaginifici, e che Ala nobiltà degl'intenti non deve giù- ^.•fi 3 ,T . 8 ! stificare come poesia. Non staremo]o^quindi a notare corno nel pensiero e fl in certe sensazioni del Bonavia est- ffi[sta davvero^ una originalità^ qttto^oj.iquesta non ha trovalo un altrettanto | originale stile per esprimersi, in prò sa o in ritmi, senza l'ingrata negazione dei generi. Il poetico non è poesia. Non siamo noi certo quelli che gridano al privilegio della poesia come legge metrica; tuttavia non possiamo disconoscere che la poesia, se tale deve essere, deve pur possedere una propria forma. Siamo convinti perciò che è inutile ripetere osrgi, specialmente da chi, come il Bonavia, è ricco di sensibilità e di potenza trasfiguratrice, l'errore baudelairiano dei Pciits poèmes en prose. Giuseppe Ravennani.

Luoghi citati: Firenze, Milano, Perù