Un'altra lezione di Curzio Malaparte

Un'altra lezione Un'altra lezione Le masse operaie torinesi hanno dato, l'altro ieri, una lezione a molta gente. Ed è questa la seconda lezione in pochi mesi, dopo quella del plebiscito. Si è qualche volta, da certuni, guardato a Torino e al Piemonte come a una città e a una regione estranee alla vita morale e sentimentale, e perciò anche politica, della nazione. E molti si sarebbero rassegnati volentieri, ci si perdoni l'ironia, a considerarle estranee anche alla vita economica, e a poter ripetere nei nostri tempi l'infelice giudizio di Napoleone: essere Torino, cioè, non altro che « un grosso borgo ai piedi delle Alpi ». Ma se a Napoleone si può concedere di non conoscere la storia* d'Italia (tanto più che la storia d'Italia è sempre stata materia troppo scottante per chiunque la consideri da un punto di vi6ta francese), non è consentito a nessuno,, il quale giudichi da un punto di vista italiano, di insistere in un tale errore di valutazione. Torino non è più una capitale : ma le vicende del suo trapasso dal rango di capitale di un Regno (e non bisogna dimenticare che fra queste vicende vi è, importantissima, quella d'essere stata la capitale del Risorgimento, cioè della rivoluzione nazionale per l'indipendenza e l'unità d'Italia) al rango di capoluogo di Provincia, sono legate al nome di Roma, alle nuove fortune di Roma, alla moderna gloria di Roma. Ed è ìquesta una condizione che le assicura un posto di privilegio nel rango dei capoluoghi di Provincia. Torino non può essere seconda, fuorché a Roma, a nessun'altra città d'Italia: essa è prima inter pares. Tale condizione di privilegio non le deriva soltanto dalla unanime, generosa, volontaria, decisiva partecipazione del Regno di Sardegna alle guerre rivoluzionarie per l'indipendenza d'Italia, poiché non sono, queste, che un episodio della sua nobilissima storia, ma dalle virtù di disciplina, di fierezza e di coraggio, virtù egualmente civili e militari, di tutte le popolazioni del Regno Sardo. Virtù in special modo piemontesi, che dopo le eroiche vicende del Risorgimento, raggiunta l'indipendenza e l'unità della nazione, hanno consentito al forte popolo del Piemonte di dedicare le proprie energie, la propria tenacia, la propria saggezza civile, alle conquiste del lavoro umano, ai problemi della produzione, allo sviluppo e al perfezionamento della tecnica industriale, alla creazione di quegli elementi della moderna civiltà italiana, che onorano ormai l'Italia nei confronti di qualunque altra nazione straniera. Quello stesso popolo piemontese, che in tutti i tempi è etato esempio all'Europa di yirtù militari, che su tutti i campi 'di battaglia della vecchia Europa ha mostrato di quali ardimenti siano capaci i soldati del fiero e tenace Piemonte, quello etesso popolo che ha dato il miglior sangue alle guerre dell'indipendenza, che ha dato la spada dei suoi Re e una bandiera all'unità d'Italia, quello stesso popopolo piemontese dal quale Garibaldi, nizzardo, l'Eroe figlio di popolo, è uscito incontro ai Re sabaudi, garanti e artefici della nostra libertà nazionale, è ancora oggi al primo posto per le sue virtù civili, per quelle stesse virtù che hanno latto, in ogni tempo, la gloria delle sue tradizioni militari. Si deve in gran parte agli operai di questo vecchio Piemonte, di questa antica e nobilissima Torino, se oggi gli italiani sono fra i migliori, fra i più intelligenti e i più produttivi operai del mondo. L'intelligenza a l'alta misura di produttività sono senza dubbio, tra le virtù civili di un popolo, le più degne di storia. Sono la testimonianza e la garanzia della sua realistica e costante aderenza alla vita nazionale, allo spiri to degli eventi nazionali. Sono il segno del continuo rapporto che in tercorre tra le fatiche del lavoro e la civiltà politica di un popolo, fra la ricchezza e la morale dì un pae se, fra il grado di produttività e il grado di civiltà di una nazione. Le maestranze migliori appartengono, come insegna l'esperienza di tutta l'Europa, a quei paesi che hanno più antiche e più nobili tradizioni civili. Questo è il caso del Piemonte: non è 11 solo, in Italia, nazione dove il lavoro umano produce le più chiare testimonianze di nobiltà operaia. Ma è particolarmente significativo che tali testimonianze di nobiltà operaia abbondino in special modo in questa antica città, ricca di tradizioni civili e militari, saggia e fiera capitale di quel Regno di Sardegna, che ha dato all'Italia i quattro artefici massimi della sua unità: Re Vittorio, Cavour, Mazzini e Garibaldi. La Continuità della sua storia è visibile, oggi, nel ritmo del suo lavoro. Un nuovo segno della realistica e Costante adesione del popolo piemontese alla vita nazionale, è nel b magnifico esempio dì civismo e di disciplina di- cui sono stati protagonisti, l'altro ieri, i quindicimila operai torinesi convenuti a Coassolo. Per la prima volta in Italia, è stata possibile la realizzazione di una iniziativa, che esige, per la sua riuscita, non solo una perfetta organizzazione, ma sopra tutto l'alto senso civile delle masse. Torino ha realizzato la prima grande manifestazione escursionistica veramente operaia, soltanto operaia. Le direttive del Capo del Governo, impartite da S. E. Turati ai dirigenti dell'Opera Nazionale Dopolavoro, hanno trovato nella disciplina delle masse operaie torinesi l'elemento indispensabile per la riuscita di un esperimento di singolare importanza, da cui si può misurare quanto il consenso del popolo sia spontaneo e profondo per gli istituti del Regime più intimamente aderenti alla vita dei lavoratori. Consenso che va oltre gli istituti stessi, e mostra quanto sia seria e realistica l'adesione delle masse alla politica sociale di Mussolini. Il termine « politica sociale » non può stonare, qui, attribuito a un complesso di provvidenze che sono un altissimo riconoscimento della funzione essenziale del lavoro nella vita della nazione e della costante presenza della nobiltà operaia fra le maggiori virtù civili del popolo italiano. Ancora una volta, in pochi mesi, i lavoratori di Torino, città regale e operaia, hanno dato una prova della loro sensibile e realistica comprensione della nuova civiltà politica, di cui il termine fondamentale è la vigile cura di Mussolini per tutti coloro che faticano e producono. Curzio Malaparte.

Persone citate: Cavour, Coassolo, Mazzini, Mussolini