Risvegli del lunedì

Risvegli del lunedì Risvegli del lunedì g. _ «enetevoda ino ima narra-zione appassionata esaltante melo- drammatica t... Disingannatevi. Voi avrete sotto gli occhi qualcosa di così poco romanzesco come il lunedì mat- tina, quando tutti quelli elio lavora- no si svegliano col pensiero cho-biso- jgna alzarsi per riprenderò la solita ;vita ». Così scriveva Carlotta lìron-|te, incominciando uno di quei suoi.romanzi che inauguravano il realismo in Inghilterra. Ella aveva, in fatto di a risvegli del lunedì», una esperienza personale: cosa dovevano jessere quelli della sua casa paterna [a Ilaworth 1... Haworth, nulla ili più melanconico, di più solitario di questo villaggio sperduto in una delle più desolate provincia malesi: un mucchio di casupole basse o tetro in.cima a una piccola collina. La chic sa, con la sua torre quadra, il cimitero dalle tombe fitte, la casetta presbiteriale, è in mezzo alle case, nel punto più alto della collina e domina la solitudine conio una fortezza. Intorno, altre colline, più grigio e [più brulle, l'immensa distesa delle brughiere e il cielo infinito e il von- to padrone di tutto. Nella casetta del presbiterio, tutta grigia come'una !prigione, era venuto a stabilirsi, nel [1820, il reverendo Bronte, con laimoglie e sei figlioli, cinque femmine e un maschietto. La piccola signora Bronto, malata di petto, ebbe subito jla sensazione che ella era arrivai» sin là soltanto per morirvi. Non potò più alzarsi e dal suo letto ella poteva vedere nel cimitero vicino la tomba dove ben presto avrebbe dormito l'eterno sonno. Per lunghe ore ella teneva il viso rivolto verso la finestra e taceva... Il reverendo Bronle, severo, taciturno, irascibile, stava chiuso nel suo studio a preparare i sermoni domenicali, e nessuno osava disturbarlo. La nidiata dei figli (Maria, la maggiore, aveva otto anni e Anna, la più piccina, un anno) non si moveva dalla cucina, di rado s'azzardava a movere qualche passo nel misero nudo giardinetto e spesso alla finestra stava a contare per distrarsi il numero delle tombe. Così la più grandicella insegnava l'aritmetica ai più piccini. Quando la madre fu seppellita la piccola tribù infantile non fu più chiassosa per questo; intorno al fuoco in cucina, dopo un magro pasto di patate lesse (il reverendo non ammetteva che i piccini mangiassero carne) le bimbe si raccontavano con voce sommessa i loro sogni paurosi, o le storie macabre udite dalle comari del villaggio e rese più fosche dalla loro immaginazione. La sorella della madre defunta, una pia e severa zitellona, venuta con sacrifìcio a occuparsi degli orfani e del cognato vedovo, mise termine a quelle occupazioni inutili, impose una volta di più il silenzio, un'attività incev •ante e monotona o le preghiere. Le faccende di casa e poi cucire, cucire, cucire... Tra quei due rudi puritani, tra il padre e la zia, la nidiata osava appena respirare. E stenta, meschina malaticcia pur tuttavia cresceva. jD maschietto solo, Branwell, era bello. Fosse per questo, o per il fatto ch'era l'unico maschio, o per il suo spirito che appariva più pronto, egli era il predilettj) del pa$re e della zia, l'idolo delle sorelle. «Quando tutte, meno la picoolti Anna, andarono in collegio, quante lacrime, al distacco!... Il collegio era stato fondato ida poco da un ecclesiastico ed era destinato alle fanciulle dei pastori bisognosi: sorgeva poco lungi da Haworth in una pianura umida, pestilenziale. Quale orrenda prigione 1... Haworth diventava in confronto un ridente paradiso. Chi ha letto il famoso romanzo di Carlotta o Jane Eyre » ha visto nella prima parte l'esatta descrizions di quel luogo di pena, dove il gelo dei dormitori, un nutrimento cho gli animali stessi avrebbero con disgusto rifiutato e le persecuzioni crudeli di certo maestre erano un lente assassinio. Maria iBronte, piccola martire silenziosa, a- lgoruzzò lunghi mesi: quando il reve-1rendo padre venne a prenderla, ella jnon. disse una parola... Appena fu in casa, guardò dalla finestra la tomba dove dormiva la madre e poi spirò, in silenzio: aveva dodici anni. l)opo poco, il reverendo dovette affrettarsi a ritirare la seconda, Elisabetta: più forte di Maria.eli* quando fu a casa rion mori subito, resistette per ben due mesi. Ora era la volta di Car- lotta e m Emilia, per ordine d «a. |Il reverendo Bronte, nonostante la |sua inesorabile rudezza, ebbe qualcho scrupolo e ritirò le due figliuole a tempo. Salve, per il momento, ma la loro salute era rovinata per sempre. Noi 1845 le sorelle erano tutte e tre riunite sotto il tetto paterno e il loro destino s'era già in parte compiuto. La zia era morta, il padre viveva sempre più misantropo, chiuso in un egoismo superbo, Branwell, il fratello diletto, bellissimo, geniale, poeta, pittore, così ricco di promise e di fascino, aveva ceduto ai vizi più ignobili, più fatali, all'alcool, all'oppio. Abbrutito, semipazzo, aveva delle crisi spaventevoli, in cui minacciava continuamente di uccidere e d'incendiare; vivere con lui era un'onta e un terrore. Lo sorelle erano tutte e tre in preda a una tristezza ugualmente- profonda, ma cibo non si manifestava nello stesso modo. Tutte e tre, spinte dalla ne cesata, avevano tentato le vie del mondo: studiando all'estero, facon-do le governanti, le istitutrici, sp-.|gnando di fondare una scuola per la Suale non s'era mai presentato una Uieva... Tutte e tre s'erano rifugiante definitivamente in casa, soffocando nel petto i gridi del loro cuore 'ferito senza rimedio. Carlotta, la più donna e forse la più brutta (piccola, gracile, col naso grosso, una granbocca mal disegnata, occhi neri esfavillanti) era quella che pi Ti aveva Creduto nella domenica e più si eradesolata ai risvegli del lunedì. Urna- na,nervosa, sensibile, ella aveva avu jto le debolezze, aveva commesso gli Ierrori del suo sesso. (Gli errori che può commettere una puritana, s'in tende). Si eTa innamorata e poiché portava occhiali ed era senza grazia jcsleiiore, si era sentita, biasimata e ; derisa. Anna, la più mansueta e mi|to e dolce, la più umile, quella che .prima di morire cantò nei suoi versi gentili : a Se potessi tornare alla vita, sarei più umile ancora... » era per la casa come un'ombra soavtì. Emi- jlia, tra le due, alta, bruna, con gli [occhi verdi, una gran bocca promi nenie, non era bella, neanche lei, ma era certo un tipo. Dietro la sua fronte dura si annidava un genio virile, Selvatica al punto da non poter qua .si pronunciare una parola davanti agli estranci, con un solo colpo d'occhio ella aveva misurato l'abisso che separava le sue aspirazioni dal destino implacabile della sua famiglia e subito avova rinunciato. Aiutava la rva affaticata nelle più pesanti bl [sogne, impastava e cuoceva il pane, faceva il bucato e zappava nell'orto, poi so n'andava per la landa deser ta, con Fa fronte nuda a ricevere la ! brutale carezza del vento, col suo [cane feroce a lato, il cali'» che ella i aveva reso, con la forza del suo pu gito, mite come un agnello. Ella non jtemeva ne lo bestie ne gli nomini; jim giorno che un cane arrabbiato l'aveva morsa, ella si era cauterizzato il braccio con un ferro rovente senza schiudere lo labbra a un grido, e quando le crisi del fratello atterrivano tutti, ella sola osava avvi», cinarsi a lui, tenerlo fra le braccia come un bimbo malato. Le sue tdomenicho» erano le corse nella brughiera e quelle domeniche non temevano i risvegli del lunedì. In quella landa desolata deve si torcevano nell'incessante tempesta di vento i gracili arbusti, in quel paesaggio di maledizione, ella andava saziandosi di gioie che non diceva a nessuno, parlando con gli animali errabondi e feriti, carezzando i bruni steli dell'erica e tornando a casa con un riflesso di quella sovrumana solitudine negli occhi. Nella stanza da pranzo, vasta e semibuia, Carlotta e Anna l'attendevano silenziose. li padre e Branwell erano già nella loro camera, le tre sorelle ogni tanto tendevano l'orecchio, paventando di sentire i delirii dell'ebbro. Fu in unii di quelle sere che Carlotta, trepidante e timida, confessò a Emilia d'aver trovato un quaderno pieno di poesie, di poesie mirabili che dovevano essere di lei, Emilia... A tutta prima, Emilia si sdegnò, negò, ma poi ammise che erano sue: Carlotta confessò a sua volta di avere anche lei il gusto di sfogarsi in versi e la dolce umile Anna presentò a 'sua volta il suo taccuino di poesie. Scoperta felice!... La letteratura unì con un vincolo nuovo le tre sorelle, che presero a scrivere contemporaneamente un romanzo, la sera, finite le faccende. Dopo aver scritto passeggiavano por la stanza tenendosi a braccetto, raccontandosi i casi dei loro personaggi, interessandosi con passione a ognuno di essi, vivendo in un mondo fittizio e consolante... I tre romanzi furono finiti pressoché nello stesso tempo. Carlotta aveva scritto « Il professore »; Anna « Agnese Grey » ; Emilia ci monti battuti dai venti ». Questi due ultimi furono accettati e pubblicati, il romanzo di Carlotta fu invece respinto da cinque o sei editori e fu accettato quando già Carlotta aveva finito tJane Eyre». Questi romanzi furono pubblicati con pseudonimi maschili e per lungo tempo il pubblico inglese ignorò l'esistenza delle tre sorelle. «Jane Eyre» dette di colpo la gloria a Carlotta e, fece di lei uno degli autori più Ietti discussi e illustri dell'Inghilterra. Il romanzo di Anna suscitò un mediocre interesse e in quana quello di Emilia fu ammirato in segreto ma biasimato apertamente; iil pubblico puritano essendo rimasto l.fato da * ,la vicenda di 1 j forsenna^ di uomini nli_ jnaccjosi in uno sf<mdo di natura sel. vaggia, .senza artifici di sorta. Fu solo molto dopo che il romanzo di Emilia fu riconosciuto superiore a quello di Carlotta, pure ammetten- Ja gua inferiorita- in fatto d.abi. utà tecnica .Ella aveva l'intuizione de] .Q Genio fremente sde <* inquietimte. fon aveva cono j»^ j,^^ che in | saputo rendere il delirio cìegli | u i__ .. „_ amanti con un intensità paurosa eppure aveva sentito ed espresso tutto ciò che la passione e i sensi hanno di più assurdo di più illogico e di più vero. * # Dopo la morte di Branwell, Emilia deperì rapidamente, ma non permise mai che lo fosse prestata la menoma cura : inesorabile verso di sè com'era stata pietosa verso gli altri. «La sua natura era unica, scrisse di lei Carlotta, forte più di un uomo, più semplice di un fanciullo ». Quella mattini, ella volle alzarsi lo stesso, ma non ebbe la forza di pettinarsi, il pettine le cadde di mano. Tuttavia si vestì, discese nella stanza da pranzo. Non potè risalire, morì lì, in un angolo del sofà, alle due dopo mezzogiorno. Aveva ventinove anni. In quel tempo la dolce A-n-nn, era già malata, Carlotta volle portarla al mare: povera piccola Anna!... Ella morì appena giunta, in , W tettuccio d albergo e tu 1 unica [delle sorelle seppellita lontana dalla |tomba comune. In quanto a Carlot, -liun-cli ».. I Ora la cas/. presbiteriale di Hajworth e stata trasformata in museo 'dalla «Società BTontea e alla gran» ta ella raggiunse i suoi morti ne! 1SD5, toccando appena la quarantina, dopo sei mesi di matrimonio col reverendo vicario Arturo Nicholls, ottima persona, di carattere un po' ostinato e di maniere fredde, compassate. Dopo tanti sogni quel ma trimonio ora un veio «risveglio del de tomba della famiglia c'è sempre qualcuno che giunge in pio pellegrinaggio d'amore. Mi pare ohe là dentro, tra tanti cuori pacificati, quello che appartenne a colei che fu nello stesso tempo la vergine folle e la vergine saggia, debba sentire il passo dei curiosi e balzare di sdegno. Il cuore d'Emilia chiede ancora solitudine e silenzio, come se non potesse consolarsi mai di non essere stato amato. Carola Prosperi.

Persone citate: Agnese Grey, Arturo Nicholls, Carola Prosperi, Eyre, Haworth, Ietti, Jane Eyre