Delusioni di Tegetthoff

Delusioni di Tegetthoff lettere viennesi Delusioni di Tegetthoff VIENNA, agosto. Debbono o non debbono togliere in fondo alia Praterstrasse la colonna rostrata che la Monarchia volle porre a rammentare la vittoria di Tegetthoff a Lissa? Fortuna che nel fatale IHUO l'Austria-Ungheria abbia potuto consolarsi con un Lissa di tìadowa. Ma poiché era tradizione absburgica non avere gratitudine per nessuno, sconsolato e messo al brindo mori Benedek, il generale che s'era rassegnato a farsi battere per terra, e sconsolato e messo al bando anche lui mori Tegettlioff, l'ammiraglio il quale a Lissa aveva vinto soprattutto grazie alla sua abilità. Se dalla Praterstrasse toglieranno la colonna con i rostri, chissà in quale angolo della capitale repubblicana il comune socialista vorrà porre un ricordo alla memoria del valoroso servo degli Absburgo. Se non fosse stato per l'affare del monumento da rimuovere perchè oslacola il traffico, questo nome che la vecchia Austria adoperò almeno per gridarcelo a tratti sulla faccia si sarebbe continuato a tacerlo. Un poco se ne parlò per ultimo tre anni addietro, quando l'ex ufficiale di marina Heins Steinnick pubblicò, con i tipi del Bundesverlag, le lettere all'amica Emma von Lutteroth, moglie di Hermann von Lutteroth, che a Trieste prima fu console di Prussia e quindi console di Germania. Da quelle lettere fra l'altro apprendemmo che il comandante della flotta austriaca, audace e dotato di spirito d'iniziativa, esegui la famosa puntata su Ancona del 27 giugno solò perchè ardeva dal desiderio di muoversi. « Con l'arrivo della Kaiser e della Habsburg, attese per i prossimi giorni — aveva scritto all'amica ai 23 del mese — saremmo presso a poco al grand convplet e lietissi-rrvi se infine la faccenda avesse inizio. Tutto sommato, le continue esercitazioni con le artiglierie ed il tirare contro bersagli non riempiono la. vita d'un uomo ed alla marina, manca la variazione, quel cerio grado di eccitamento che accompagna marcie e mutamenti di guarnigione e che ricompensa in alla misura l'esercito del faticoso servizio richiesto dai preparativi di guerra. Da noi le cose seguono il loro monotono corso fino al giorno dell'azione, che perciò noi dobbiamo maggiormente de siderare ». L'azione contro Ancona Alle dipendenze del comandante supremo dell'esercito, Tegettlioff, per poter fare un raid di ricognizione dovè chiedere un permesso che ottenne — tanto poco si curavano della flotta — a tre giorni di distanza. Sapeva o non sapeva l'austriaco della presenza ad Ancona della flotta italiana, forte di 25 unità, fra cui 11 corazzate e 4 fregate? E' fuori dubbio che no, anzi Tegettlioff ugual mente ignorava la confusione e l'impreparazione dei nostri. Quanlo poi ai motivi che lo indussero ad appagarsi di una dimostrazione, allonta nandosi'dopo di avere alcun tempo bordeggiato al largo di Ancona, ecco come egli si espresse, rispondendo ai 4 di luglio da Fasana alla von Lutteroth, sollecita neli'informario delle critiche mossegli in patria ed in estero: «Io non sono per nulla insensibile al giudizio del mondo, credo però che il mondo ha torto, specie in questo caso, di venirsene poi fuori con i «se» e con i «ma ». Queste due parole hanno del resto grande importanza nella vita e l'hanno avuta anche davanti Ancona In quella mattina in cui mi indussero alla decisione di non fare impeto nella rada, come per un certo tempo era stato mio proponimento. Ma oggi la situazione è che a nessuno di noi è stato torto un capello e al massimo il nemico bugiardo — salvo il caso che l'Elisabeth abbia sofferto di illusioni ottiche — s'è presa una can nonata; comunque, si è sempre ottenuto un successo che, come mi conferma la Sua gentile lettera, non è certamente materiale e realizzabile ma morale e neppure questo è da disprezzare. « Sui nostri equipaggi fece ottima impressione vedere quasi a distanza di tiro undici corazzate nemiche — senza contare il resto — delle quali almeno la metà erano pronte a prendere il largo e che. tuttavia non si allontanarono dalle loro batterie. Ignoro quello che della nostra improvvisa apparizione abbiano detto i nostri vicini transadriatici; l'amico Persano era però stupefatto e questo è un dato di fatto positivo che risulta in modo irrefutabile dalle sue chiacchiere insulse. « Egli avrebbe potuto schiacciarci, operazione per la quale bisogna evidentemente essere in due; e perchè non lo ha tentato? O aveva buoni motivi per non farlo, o merita ancor oggi, a titolo di ricompensa per le sue postume fanfaronate, di essere mandato davanti a un Consiglio di guerra. Crede Persano di poter dare battaglia ad una squadra austriaca senza perdere navi uè genti, come — secondo il suo stesso rapporto ufficiale — ha fatto lui combattendo per dodici ore con quattro o cinque fregate, a tiro di pistola, contro due cento bocche da fuoco delle fortezze di Ancona, senza potere alla fine del rapporto citare un ferito o danni di sorta alle sue navi? Allora il futuro lo farà cambiare di avviso... ». La strategia di Lissa E l'ammiraglio austriaco conclude va ammonendo il Giornale della Marina ad esser più prudente nel fare profezie basandosi sul modo in cui si era svolta la gita ad Ancona. Ma non è nelle nostre intenzioni riaccendere il dibattito sulla strategia di Lissa e far confronti fra le Idee di Tegetthoff e quelle del nostro impreparato comando. In principio dicevamo che Tegetthoff, pure essendo stalo uomo intelligente e di azione, pure avendo vinto, finì col morire deluso e amareggiato. Tegetthoff ora un liberalo nel senso che alla sua epoca era in onore e s'illudeva dia soltanto liberalismo e parlamentarismo potessero restituire all'Impero austriaco, del quale bene intuiva In rovina, vitalità. Ad una dura operosa vita lo aveva temprato giovinezza misera: sua madre, che non poteva concedersi il lusso d'una cameriera, non lo riconobbe quando, dopo gli otto anni trascorsi dal ragazzo alla scuola, se lo vide vicino alla fontana dove era andata a prender l'acqua. Negli ideali patriottici smp2ps4udpLddalfsaducmvdda«ddmdlscilcgdrTrlRmuplsdcaddaadTq«cLpnrz•PgseppelbssmTe1anqtdlvtrvpfitpdfdrddspmsmbllasaPrpblambsotola che dopo di lui rivelò, pur non essendo liberale, il solo Conrad, Tegetthoff voleva vedere tutto lo scopo della sua esistenza. Ma se della sua miseria nessuno si diede pensiero, come nessuno si sorprese ne!l'apprendere che il vincitore di Lissa aveva lasciato un patrimonio di soli 2C7 fiorini — nemmeno quattromila nostre lire di oggi — il suo schietto parlare lo notarono tutti e a tutti seccò. Nella sua breve vita, egli mori a' 44 anni, fu in disgrazia tre volve: e ogni volta all'indomani di belle imprese. La prima, nel 1861, si guastò con l'arciduca Massimiliano, del quale era stato aiutante di bandiera e prezioso compagno di viaggio al Brasile : l'infelice futuro Sovrano del Messico era un sognatore, Tegetthoff uomo d'azione e di chiare vedute che usava anche difendere, perciò i due mal si adattavano insieme. Già allora, come dopo Lissa. Tegetthoff pensò di abbandonare la carriera. La seconda volta la Corte viennese lo colpi al ritorno dalla campagna di Danimarca, nel 1861, perchè — dice il Friedjung — non essendo egli aulico nello stile di coloro che a quel tempo comandavano in materia militare, dispiacque a motivo delle franche maniere. La terza fu a breve distanza da Lissa, verso la fine di! settembre del 1866, quando contro Persano il Senato italiano non aveva; ancora deciso il processo... Più tardi gli fecero fare il viaggio semiufficiale agli Stati Uniti e lo incaricarono di riportare in Patria dal Messico la salma del fucilato Massimiliano, che anche dopo Lissa Io aveva offeso attribuendosi buona parte del merito della vittoria e limitandosi a chiamarlo — in una lettera' all'ammiraglio danese Dahlerup — «•il bravo Tegetthoff»; nel febbraio del '68 fu infine rimesso alla testa della marina, dove rimase sino alla morte, per un lustro, ma è fuori didubbio che la vittoria di Lissa fu per; lui fonte di dispiaceri e non di gioie. L'idolo abbattuto Lo storico Friedjung, e altri ch'e" scrissero quando i ricordi erano ancora troppo vivi, hanno preferito non insistere su questo punto, ma nel libro Als Venedig noch ósterreichisch war di Paul Rohrer, uscito a Stoccarda ai primi del 1914, si legge che già nell'agosto del '66 correvano voci di « un inrmieente crollo dell'ammiraglio » ; il successivo distacco di Tegetthoff dalla squadra viene narrato in modo da lasciare intuire tutto lo strazio dell'idolo abbattuto. Il Rohrer, testimone della scena, ignorava i motivi della caduta e riteneva che probabilmente non li si sarebbe mai rivelati. Lo Steinrùck, al quale dobbiamo il già citato recente studio biografico, considera le critiche ad un ballo dato sulla Kaiser un pretesto, sebbene nemmeno quella volta Tegetthoff abbia saputo frenare il proprio istinto, protestando anche davanti all'Imperatnire : «Invece di nominare Tegetthoff ministro della Marina, come si aspettava, egli dice, non la sola marina da guerra ma l'intera opinione pubblica, si cercò e si trovò una tortuosa via d'uscita: Tegetthoff doveva partire per conoscere Potenze navali straniere e a tempo debito far tesoro delle sue esperienze nella ricostruzione della Marina austriaca. Allora non si voleva sacrificare ancora al vittorioso ammiraglio l'arciducale ispettore della flotta, che nel riassumere l'ufficio non nascose quanto scarso valore attribuisse alle battaglie navali e dopo di aver parlato con disprezzo dell'insignificante numero di vittime avutosi a Lissa disse orgoglioso di avere lasciato sul campo di battaglia di Nachod 5000 uomini ». La morte Nelle lettere alla von Lutteroth, Tegetthoff definisce il passaporto del quale lo munirono per quel viaggio « certificato di emigrazione ». Nel dicembre, da Londra, il vincitore di Lissa chiaramente confessa di aver pensato all'eventualità di abbandonare l'Austria: «...Quante volte seriamente rifletto sulla mia emigrazione, una voce mi dice il suo veto. •Per essere affatto sincero, voglio aggiungere che in determinate circostanze io potrei ancora decidermi ad eleggere l'Egitto a nuova patria, mai però l'Italia o la Prussia ». E si capisce: le paci di Praga e di Vienna erano state troppo disastrose per l'Austria perchè il vincitore d'una battaglia non valutata potesse pensare, a qualche mese di distanza, a stabilirsi nei paesi vincitori. Ma nel maggio del 1867 (lettera da Londra) Tegetthoff riparlava delle offerte egiziane. Quando morì — ai 7 di aprile del 1871 — gli fecero bellissimi funerali, ai quali l'Imperatore non intervenne, e gli diedero come successore quel Pòckh che ricevendo al Quartier generale dell'armata del sud,dove si trovava come addetto navale,la notizia della vittoria di Lissa aveva, dalla rabbia, buttato a terra il telegramma. Non bisoarna dimenticare, infatti, che nel 1866 Tegetthoff vinse a Lissa avendo disubbidito a precisi ordini e Benedek fu sconfitto a Sadowa avendo dovuto battersi contro ogni sua convinzione. Italo Zingare!!]