Rosso di sera

Rosso di sera Rosso di sera Lo zio Antonio arrivava sempre di! notte. In quella città i direttissimi di Milano e di Koma, i treni così detti comodi, non arrivavano che di notte e con certi ritardi che a uno & uno tutti i ragazzi della casa andavano a finire chi su una sedia chi ni un divano. I grandi, affacciati alla finestra, guardavan di qua e di 'là se non vedessero finalmente com- rire nella via semibuia i due gialfanali della carrozza chiusa, tremante al trotto del suo cavallo assonnato in tutti i suoi vetri ballonzolanti. La signora Clotilde andava •enza posa dalla finestra alla cucina ripetendo instancabilmente : — Si vede! La pasta è stracotta; e nel passai* dinanzi alla tavola apparecchiato accomodava con un sospiro un tovagliolo fuori posto, scacciava una mosca, mangiava un chicco d'uva. Di quando in quando un urlo giungeva dalla stazione lontana; ma di certo eran treni in manovra perchè quella benedetta carrozza non c'era mai verso che volesse sbucare da yia della Rondinella. Nei ragazzi più ohe la fame soddisfatta alla meglio con un pezzo di pane (— Non mangiare tutto quel pane, che finirai col non mangiare più nulla a tavola !) aveva potuto il sonno che si riempiva intanto di sogni in cui l'arrivo dello zio desiderato si compiva infinite volte sotto gli aspetti più diversi e inverosimili: ora con una gran barba rossa, ora con un berretto da ferroviere, ora con un cappello da signora guarnito di piume. Qualcuno ogni tanto gridava: — Una carrozzai —; ma la carrozza passava alla lontana, e siccome in quel grido c'era più speranza che persuasione, i ragazzi aprivano un occhio solo e ricadevano subito nel sonno. Ma finalmente un — Eccoli ! — sieuro partiva dalla finestra e allora era un gran trambusto, un correr di qua e di là, un rimestar di sedie, un incrociarsi di esclamazioni che una scampanellata giù dal portone interrompeva improvvisa. La famiglia intanto s'era spinta e accalcata su la porta, qualcuno era corso giù per le scale; erano schioccati sonori e impetuosi i primi baci. Quindi lo zio Antonio faceva la sua comparsa in salotto; alto con la sua gran faccia glabra e la sua voce tonante: — Ma come — esclamava — Non avete ancora mangiato! — Si capiva però benissimo che era contento d'essere stato aspettato (cosa della quale non aveva dubitato un istante) e che gli avrebbe fatto molto dispiacere il contrario. .- . Era il momento quello in cui lo zio Antonio passava in rivista con 10 sguardo tutta la famiglia, dalla •ignora Clotilde piccola magra tutta ridente tra i capelli grigi alle duo fanciulle timidissime e ai tre maschi; e ad uno diceva'che era ingrassato, a un altro che era dimagrito, un ragazzo trovava più alto, un altro non troppo cresciuto. Tutti, in un sorridente sbigottimento, stavano ad ascoltare quei giudizi ai quali 11 tono conferiva una specie d'infallibilità, sinché l'arrivo della zuppiera fumante non spingeva ciascuno al proprio posto. Durante il tragitto dalla stazione alla casa lo zio Antonio aveva appreso dalla bocca del signor Costanzo, marito della signora Clotilde, tutte le novità che riguardavano grandi e piccoli. Questo signor Costanzo non foss'altro perchè a forza di lavoro manteneva la famiglia avrebbe dovuto essere anche moralmente il capo di casa; invece di tale autorità s'era spontaneamen.te investito il oognato, e nessuno si sarebbe mai sognato che le cose dovessero procedere diversamente. In casa Lorini non si minacciavano i ragazzi con un: — Bada che lo dico al babbo —; ma con un: — Bada che lo dico (o lo scrivo) allo zio. — Ma siccome tutte le cose del mondo hanno una ragion d'essere, anche il fatto singolare che lo zio dovesse esser tutto in casa Lorini e il padre nulla aveva la sua spiegazione. Antonio Foresti irradiava un fascino iroesistibile : su. la sorella, sul cognato, sui nepoti. Nella sua qualità di attore d'un certo merito era l'uomo che aveva viaggiato, che era stato perfino in America, che aveva avuto delle amanti, fra le attrici e anche fuori del teatro, che insomma conosceva il mondo nelle sue bellezze e nelle sue brutture. E nulla, si sa bene, esercita tanto fascino su la gente semplice di provincia come il iteatro. Chi avrebbe osato ribellarsi ad un uomo che ogni sera si faceva applaudire da migliaia di persone, che era il vanto non pur della famiglia ma dell'intera città? Il giorno dopo l'arrivo dello zio Antonio arrivavano i cassoni. Sette enormi cassoni d'un legno duro e grosso dipinto di verde, dai quali, appena aperti, si sprigionava un gran tanto di naftalina che ricopriva d'uno scintillante velo bianco i costumi d'ogni foggia e colore. Da cardinale, da vescovo, da, semplice prete; goldoniane di velluto ricamate a fiori e a farfalle; zimarre giustacuori mantellini; e spadoni, epa dini, stivaloni alla moschettiera, scar pini dà abate con fibbie di diaman ti. Croci, bottoni, anelli di pietre false ma che parevano vere, parrucche bianche e bionde, lisce e inanelliate. Tutta questa roba veniva scio rinata perchè prendesse aria e invadeva tutte le stanze. Le fanciulle e lì ragazzi di casa sfiorando quelle ve eti avevano una specie di tremito, provavano una specie di voluttà se greta e inconfessabile come se tra quelle coee inanimate avessero errato fantasmi inverecondi. All'arrivo dello zio Antonio la ca sa si svegliava: tutto quello che c'era di monotono e di sonnolento nelle abitudini della famiglia svaniva d'in canto. Il vecchio attore esercitava la propria antonia per mezzo di ordini lanciati da una stanza all'altra a voce alta, risolutamente. 11 tutta la {famiglia, da quel giorno era al suo svImrnpmccdmApeangbctdtvrrsrnt—ctfiFcdcsoclsdptgsmptqacmqbppspEtEtprlbtdM—nlicsbfimpgvuqsrsurti servizio: tutti, grandi e piccoli, avevano da quel giorno una mansione. In compenso a tavola comparivano manicaretti succolenti che non di rado l'attore medesimo aveva cucinato e che ciascuno, c«n discrezione, poteva assaggiare'. E la sera finalmente se c'era, il teatro. La signora Clotilde aveva un'amica assai più giovine di lei che si chiamava Adalgisa e che, sebben fidanzata tre volte, non era andata mai sposa. Fino a trentadue anni Adalgisa aveva vissuto ad Arezzo col padre ; mortole il padre, eccola ad errare di qua e di là tra le famiglie amiche, cercando in quell'ospitalità, non chiesta ma volentieri offerta, l'agiatezza ohe altrimenti ora le sarebbe mancata. Adalgisa portava in cuore la malinconia de' suoi tre matTimonii sfumati e nel volto il resto di una bellezza che doveva essere stata notevole. Tutte le mattine andava alla messa e ai vespri la sera; nel rimanente della giornata cercava di rendersi utile e tutt'altro che noiosa nelle case che l'accoglievano. Del resto sapeva far di tutto e quando non rivedeva i compiti dei ragazzi, tagliava e cuciva abiti e biancheria. — Adalgisa ha le mani d'oro, dicevano; ed ella se le rimirava a volte quelle mani che erano in realtà fini e bianche. — Oh, eccola la famosa Adalgisa! Finalmente la posso conoscere anch'io I — gridò Io zio Antonio vedendola tra le persone di famiglia che l'aspettavan riunite. Ella arrossì, presa dalla grande soggezione che occupava tutti gli altri; e a tavola cercò di evitare lo sguardo di quell'uomo celebre che parlava parlava senza tregua nel silenzio generale. Ma l'indomani, quando si trattò di tirar fuori ogni cosa dai bauli per rammendare, ricucire, cambiar trine e merletti, rimettere sbuffi e galloni, ecco che l'opera di Adalgisa si rese indispensabile ed ella dovette mettersi al tavolino e. non muoversi più. Il vecchio attore avaro e dispotico aveva capito tutto il valore di quelle mani d'oro e non glie le avrebbe lasciate libere finché ogni capo del corredo non fosse stato rimesso a nuovo. Stando dalla mattina alla sera tra quelle vesti, ove le attrici avevan lasciato la cipria grassa delle loro braccia e dei loro seni, a poco a poco un turbamento indicibile s'impadronì di lei. Che cos'era stata la sua vita ? Una povera inutile cosa. E perchè mai l'aveva gettata via cosi? Eppure ell'era stata bella, ma tutti e tre i suoi matrimoni erano sfumati. E allora? Si ricordava d'avere avuto da ragazzina una gfan passione per il teatro; in convento una volta recitando un dramma per donne sole aveva fatto piangere tutto il pubblico; e una signora dopo lo spettacolo aveva esclamato: — Questa diventerebbe una grande attrice ! — Ma suo padre aveva quasi gridato — Signora, attrici in casa nostra non ce ne sono mai state I — Ed ella aveva sotterrato la sua passione in fondo al cuore, fino a dimenticarvela per anni ed anni. Ora, ecco, si svegliava. Si era sacrificata', sta bene, aveva fatto il 6UO dovere di figlia, ma che le restava?... Ogni mattina chiedeva perdono di quei pensieri dinanzi all'altare del Signore; ma la sua malinconia diventava ogni giorno più grande: una malinconia che somigliava a qualcosa come la disperazione. Le sue mani intanto si agitavano operose e trepide tra quelle sete, tra quei velluti e per le mani le si comunicava a tutta la persona una specie di stanchezza strana. Ora il grande attore organizzava una recita di beneficenza (anche quando si riposano gli attori non possono star senza recitare), ma i dilettanti della città che egli voleva raccogliere per le altre parti eran troppo pochi: soprattutto mancava ■ si scherza? — la prima dònna. — Vogliono che reciti — ripeteva il Foresti —; io non mi rifiuto, ma mi dieno la prima donna. Una dilettante c'è e non ci sarebbe tanto male, ma è alta un metro. A me mi ci vuole una vera prima donna, con una figura possibile. Ve lo immagi nate il Foresti, imponente com'è, a recitare con quella pentola? Mi ci vorrebbe una prima donna con una figura... una bella figura come la sua, ecco — aggiunse rivolto ad Adalgisa. Adalgisa arrossì. — Oh, io... — mormorò tanto per dir qualcosa. — Ha mai recitato? — Tanti anni fa, in convento. — Legga qui — gridò il Foresti — Legga qui —'; e le mise sotto gli occhi un libro. — Ma... — Voglio sentir come legge. —Ah sì, com'è vero D..., la parte di Clara la faccio fare a lei — gridò dopo che ella ebbe letto. — Che dice mai, commendatore? Tutto fuor che quello. Mi tirerebbero le panche e che figura ci farebbe anche lei? — Se glie la insegno io la parte, le panche non glie le tirano, stia tranquilla. Il vecchio attore era abituato a recitare con delle cagne: una più una meno per lui era lo stesso; e poi era convintissimo non solo che i suoi concittadini non capivauo nulla, ma che la sua sola presenza sarebbe bastata. Quella ragazza in ogni caso non avrebbe- guastato. Era disinvolta, pronunciava bene, si espri meva con intelligenza. Era sicuro poi che con quelle mani d'oro, si sa vebbe improvvisata degli abiti discreti: e che, truccala, sarebbe sembrata di giù perfin bella. D'altra parto era quello iì miglior partito ila prenderò se non si voleva riunii uiare a quei pochi biglietti da cento E tanto s'incaponì che non ci fu ver* ddfismsccvlfipCcdslaissctfprllmrrnMnfrtupn .«o di liberarsene. La signora Clotilde era anzi stupita e molto addolorata che l'arnica si permettesse di resistere alle insistenze del commendatore; e- tanto fecero tutti quelli di casa, tanto pregarono, che ella finì col dire di sì. Dopo tutto questa cosa le piaceva enormemente, come un'avventura insperata. Rosso di sera: un be! tramonto pieno di fuoco. E poi che cosa rischiava? In città nessuno la conosceva. Come Adalgisa ebbe detto di si, il vecchio attore si mise ad insegnarle la parte, ed ella parve talmente profittare di quelle lezioni, che egli ripeteva: — Insomma, non c'è male. Credevo peggio. Parola d'onore, par che in vita sua non abbia fatto altro. Con lo sue mani d'oro ella si fece dei begli abiti : non ricchi, ma freschi e vaporosi. Il vestito da sposa se lo fece venir da Arezzo: l'abito che avrebbe dovuto servirle per andare in chiesa le servì invece per salire sul palcoscenico. Con che passione ella visse quella sera la parte di Claaa di Beaulieu, con che impeto I Tanto che a un cer¬ to punto il Foresti le disse: — Non m'ingombri troppo la scena!; ma lei s'era ormai slanciata e nulla poteva più trattenerla; d'altra parte il pubblico era con lei, '9 sentiva bene: con lei, con la sua sofferenza semplice mente espressa di fronte alla recitazione-tutta di maniera del suo maestro. Di quanto eirli lo aveva insegnato nulla si ricordava: era come se ella improvvisasse le sue battute volta per volta senza pensare, e la passione le salisse calda dal cuore. Così, quando il sipario calò sul terzo atto, il pubblico balzò in piedi acclamando. Dieci, quindici volte la vollero vedere alla ribalta. Il Foresti livido, salutando con lei, cercava di metJtersi avanti come se quegli applausi gli fossero unicamente rivolti; presentarsi senza di lei non osava pel timore che succedesse uno scandalo: capiva troppo bene che, se mai, il pubblico avrebbe voluto salutare la donna, sola ; ma questa soddisfazione non glie l'avrebbe lasciata, a nessun costo. Terminato lo spettacolo fu come se ella si svegliasse improvvisamen¬ te dopo un sogno meraviglioso. Era stata lei? Veramente? La gente-aveva acclamato lei? Oh, come tutto era finito presto ! L'indomani mattina la signora Clotilde comparve in camera sua e le disse: — Sai, con l'arrivo d'Antonio ormai in casa siamo ristretti, e se non ti dispiace potresti anticipare la tua [partenza. Ella capì e disse in fretta arrossendo : — Anche subito. La signora Clotilde le strinse le mani come per ringraziarla e aggiunse timidamente: — Non te n'hai a male, vero? — Ti parel... Tanto dovevo tornare ad Arezzo. Alla sua partenza il Foresti fece in modo di non trovarcisi; dunque ella partì senza nemmeno salutarlo. I Quando fu in treno ripensò a quel che era successo, e con l'anima rivolò agli anni della giovinezza lontana: — Troppo tardi —'sospirò tra sè e se- — troppo tardi I Allora tolse dalla borsetta il rosario. Guido Cantini.

Luoghi citati: Adalgisa, America, Arezzo, Milano