La tragedia di Rocco De Zerbi

La tragedia di Rocco De Zerbi Ricordi personali La tragedia di Rocco De Zerbi Nuova e vecchia opera di Mascagni = Il « Piccolo » e gli altri giornali napoletani = De Zerbi trionfa ■ Polemica col Carducci ■ ! .a Banca Romana = Tanlongo e Cuciniello = Sonnino scopre... ■ L'autorizzazione a procedere « Un plico non aperto ■ Catastrofe = « Non scrìvono, telefonano»; Si è stampato, In questi giorni, che Pietro Mascagni ha ripreso a comporre la Vestllia, per terminarla. Ha ripreso perchè — non riesce inutile chiarirlo — a musicarla si accinse più di trenta anni or sono, fresco ancora del trionfo di Cavallerìa Rusticana. E spess/) — specie nel tempo passato — aglj amici faceva sentire le pagine che diceva già composte. Alcuni degli ascoltatori ebbero il sospetto — non rilevato — che egli, a tratti, in quelle esecuzioni improvvisasse. Comunque, a tornarvi sopra sembrava non pensasse più; si era già di tanto allontanato dal Mondo grecò-romano. Adesso assicura che vuol condurre a termine lo spartito, e auguriamo sia cosi: il pubblico, che non ha mal frequentato con tanto fervore i teatri lirici, aspetta e chiede novità. Intanto, poiché molte cose sono dimenticate, non sarà Inopportuno aggiungere che l'argomento della VeslUia è offerto da un romanzo di Rocco De Zerbi, il quale per molti rispetti, fu una persona molto significativa. Il Direttore del «Piccolo» Calabrese di nascita, aveva appartenuto all'Esercito e poi si era stabilito a Napoli, per farvi il giornalista. Forse avrebbe preferito esercitare esolusivamente la professione di scrittore; possedeva varia, se non solida, cultura, e ambiva segnatamente 1^ fama di letterato. Si era formato uno stile colorito e incisivo se non rigoro samente carretto; aveva qualità di o ratore che ne fecero un conferenziere applaudito; maneggiava abbondante mente la Immagine e sapeva anche valersi di citazioni calzanti, più o me no autentiche. Ma se divenne deputato, conquistando a Napoli una clientela fida, se esercitò a volte un'azione positiva negli avvenimenti cittadini, fu perchè direttore del Piccolo, il giornale suo. C'erano, allora, nella capitale del Mezzogiorno, altri giornali, che avevano lettori convinti e scrittori ben quotati; U Corriere del Mattino diretto da Martino Caflero, temperamento sincero di artista; 11 Pungolo al quale il Comln conferiva autorità politica; il Roma, cui procurava larga diffusione la riconosciuta indipendenza del suo proprietario. Ma 11 Piccolo era è rimase, finché almeno non comparve il Corriere, redatto da Edoardo Scarfoglio e da Matilde Seme, il monitore della classe eletta e, sino a un certo segno, dirigente. Gli avvenne pure, per brevi periodi, di avere collaboratori dì prl misslmo valore, quali, appunto, la Serao e Vineenzo Morello, e all'ultimo si arricchì di un corrispondente da Roma davvero eccezionale e che divenne poi ripetutamente Ministro, Vincenzo Riccio. Ma il Piccolo, che restava un foglio di vecchio stampo, a scarsa tiratura (poche migliala di copie) derivava la sua forza dall'articolo di Rocco De Zerbi. Era questo articolo che si cercava ed ammirava, Incondizionatamente. Poteva pure giovarsi di altri attributi per accrescere la sua fama: sapeva adoperare la frase e trovare il gesto. La polemica con Carducci Delle sue conferenze, Infatti, eslegemente dimenticate, una frase si ricordò lungamente, quella del • Ragno di sangue » indispensabile per conseguire il reale rinnovamento della Nazione. Del suoi gesti ne citerò uno. All'indomani dalla prima rappresentazione del Lohengrin al San Carlo, si aspettava di leggere quello che 11 Piccolo ne avrebbe stampato. Ma 11 Piccolo usci con tre righe sole, press'a poco queste : « Wagner non è Rossini; • Wagner non è Bellini; • Wagner è Dio. « Domani parleremo del Lohengrin* E gli ammiratoli, a leggere queste righe, esclamavano: — Egli è grande.Conosceva il suo pubblico e se lo coltivava. Aveva pure un'altra dote per cattivarselo: era animoso. Basta rammentare il coraggio da lui dimostrato mettendosi in polemica con Giosuè Carducci intorno a Tibullo e alla lirica latina Dicono ci fosse chi gli forniva I materiali eruditi, ma non fa nulla: egli assumeva la responsabili¬ tà di quanto mandava al Fanfulla della Domenica e avrebbe proseguito nel contrasto, se Ferdinando Martini non fosse uscito con l'imperativo : « Passiamo a Properzio ». Anche allora fra, i fedeli napoletani, non mancarono parecchi 1 quali, per conto loro, conclusero: — Ne ha detto quattro al poeta di Satana. Ma egli, forse perohe ne aveva gorlnito tanto largamente, eri ornai sazio di quei successi. Mirava più In alto. Mostravasi in possesso di una sicura agiatezza: nelle conversazioni accennava volentieri a beni suoi, che avrebbe avuto nel Modenese e anche nella Romagna. Aveva preso casa a Roma, portandovi pure la famìglia; era div.mtato assiduo di Montecitorio; ricordava frequentemente 11 suo passato di uonv di Destra. Si era accontentato di essere Deputato, deputato Invariabilmente ministeriale; intendeva di salire. Quando il Gabinetto di Rudlnl si decompose e non riusci a ricomporsi, nella primavera del 1892, lo trovai a Piazza Colonna In colloquia con Achille razzarli patrocinava In propria candidatura a Ministro della Marina. Pochi giorni dopo ora venuto 11 primo Gabinetto GiolltU, ed egli volle dal banchi di Destra appunto, pronunciare un discorso di opposizione, discorso demolitore, come era stato, il 4 maggio, quello del Martini. Correva, evidentemente, differenza fra I doe oratori e differente, infatti, fu l'effetto: e il Gabinetto Giolitti rimase. Non si sgomentò egli per questo; prosegui a frequentare la Camera, a insistere nei colloqui pei corridoi, a cercarsi amici, segnatamente Ira 1 giornalisti. Sentiva, si sarebbe detto, avvicinarsi l'ora sua. La Banca Romana Invece, a distanza di pochi mesi, nel gennaio del 1803, precipitò la catastrofe della Banca Romana. La storia intera di questo Istituto, che tuttavia godeva 11 privilegio della emissione, sarebbe curiosa e, magari, salvo nella tragedia, pure divertente. Non questo, però, il luogo. Basti rammentare ohe dal Governo pontificio, nel 1830. fu fondata a Parigi, con capitali francesi e pure francesi erano i suol amministratori a Roma. La concessione aveva, contrattualmente, la durata di 21 anno, ma avanti che scadesse, il Governo volle crearne un'altra, non di origine straniera. Si era fissato che il capitale iniziale di questa dovesse arrivare a un milione di scudi. Non ci si giunse e fu forza contentarsi di 600.000 scudi. Cosi incominciò nel '50 e si tirò avanti ollameglio e anclhe, più spesso, alla peggio, finché arrivò lo Stato Italiano Questo conservò l'Istituto, riconferman dogli la facoltà della emissione. A sentire certi avversari mal aveva potuto diventare veramente sano e forte, per colpa delle privilegiate fami glie alle quali, dagli Inizi, era asser vito. Ma, limitato nel mezzi, senza possi bilità di espansione territoriale, la sua azione doveva essere necessariamente modesta. Si restringeva quasi esclusivamente nel soccorrere il credito la zlale. E per alcuni anni non diede pretesto a rumori. Questi Incominciarono ed ingrossarono più tardi, quando della Banca era governatore Bernardo Tanlongo. Egli originava da una sottospecie della gente romana di allora, ormai quasi interamente scomparsa, quella dei mercanti di campagna; prendeva in affitto dai principi proprietari vaste te nute pagando assai poco di canone e occupandosi di agricoltura presso che soltanto sfruttando I pecorai. Si faticava poco e si guadagnava assai. Perchè proprio a Lui, con tali precedenti, si pensasse di affidare le sorti della Banca, non fu chiarito mai. Certo egli poteva vantarsi di essere un esperto in materia di caccia, la sua passione veraDI tecnica bancaria, col tempo, aveva acquistato queste due sole ideechiamiamole pure cosi: — La circolazione monetarla è troppo scarsa ai bisogni del paese; la t riscontrata » è un male che va tolto di mezzo. Due biglietti da mille Poiché, circa l'aumento del medio circolante, nessuno gli dava retta, un bel giorno pensò di provvedere da séCirca i modi con cui provvedeva s accorse, per primo, Sidney Sonnino. Diligente osservatore di tutto, egli constatò di possedere due biglietti da mille della Banca Romana, che recavano lo stesso numero di serie e di ordine. Non c'era dubbio dunque: la serie era doppia. Alieno dai olamorl, specie allorché potevano danneggiare il credito pubblico, egli diede privatamente notizia della constatazione compiuta al Ministro competente. Parve si volessero prendere misure gravi, o, almeno, si minacciarono; ma poi si finì con l'accogliere la spiegazione data da don Bernardo: si trattava di un semplice errore dei fabbricatori inglesi dei biglietti, errore già riparato perchè egli aveva fatto ritirare e distruggere quella serie non voluta. Rimaneva la faccenda della « riscontrata » e anche per essa applicava un espediente di iniziativa propria. Poiché 11 riscontro coi biglietti della Banca Nazionale giacenti negli altri Istituti di emissione non compivasl nel medesimo giorno, egli si era accordato col comm. Cuciniello, direttore della sede romana del Banco di Napoli. Figura non trascurabile pure questa del Cuciniello. A vederlo, a sentirlo, pareva il più rigido degli amministratori Fini, però, con un processo per sottrazione di fondi e quando gli agenti, che dovevano arrestarlo, giunsero, dopo lunghe ricerche a scoprirlo, era vestito da prete nella casa dì una sarta, sua buona, troppo buona amica. E questi non sono che due episodi per quanta caratteristici. Ma sulle condizioni, disastrose, della Banca, si parlava da tempo. Ministro del Tesoro nel Gabinetto Orispi, l'onorevole Giolitti ordinò un'inchiesta, che fu precisamente l'inchiesta Alvisi, rivelatrice di inqualificabili disordini. in seguito, però, si pensò dì non pubblicarla per evitare uno scandalo, che avrebbe avuto ripercussioni durissime sulla economia nazionale. Il signor Bernardo Tanlongo si mantenne, pertanto, tranquillo nel suo ufficio, dove passava molte ore del giorno, così che da casa si faceva portare la colazione, colazione frugali ss ima. Vi riceveva ancb" molte persone, quasi sempre di mediocre o infima categoria: sedicenti amici di uomini politici del quali, non autorizzati, spendevano la protezione; sedicenti pubblicisti, che abusavano del nome dì quelli veri. Con tali ausilii egli si sentiva sicuro; anzi, df lì a poco apparve trionfatore, perchè, nell'autunno del 1892. ebbe posto al Senato. Senatore lui, mentre il Grillo, direttore generale della Banca Nazionale, non lo eral Ma anche a quel suo Campidoglio era vicina la rupe. Il senatore Alvisi, seccato che la sua relazione rimanesse sempre Inedita, la passò all'onorevole Wollemborg e questi al Prlnettl e il Prinettì al Colai anni. ' Si cercò di evitare ancora 11 troppo grosso clamore: non potendo più tenere in piedi la Banca Romana, si tentò dì fonderla con la Nazionale. Le negoziazfonl corsero e parvero giunte alla conclusione Imposta. Ma nella sera proprio in cui 11 Consiglio di amministrazione della Nazionale era riunito per fissare definitivamente 1 patti e i modi della fusione, arrivò, Inatteso, Costanzo Chauvet, che delle trattative prime aveva avuto l'incarico. Era evidentemente molto eccitato e disse soltanto: — Non se ne può fare più nulla; hanno rubato nove milioni 1 C'erano 1. milioni fino a due giorni avanti, ma non si trovavano più. Lo scandalo, il processo erano, dopo ciò, inevitabili. Vero che tutti gli imputati, compreso un funzionario confesso di essersi appropriate alcune decine di migliaia di lire, tutti furono più tardi egualmente assolti. Arresti e denunzie Poche settimane dopo lo scatenamento dell'uragano, io accompagnavo alla posta della Camera l'onorevole Silvestri, ansioso di aver notizie del come la sua signora inferma avesse passata la notte. L'ufficio postele, modestissimo, era allora all'ingresso del Palazzo, pressocchè, quindi, all'esterno. Anche di 11, però, si poteva avvertire celanlozcastefurrCcestsvqBccafrtrblnsCladetrcnnadrdcqmssnMdlmtaclscsdsspSrroptedDvdcUcmpoamprcmtv come all'interno ci fosse una Intensa, eccezionale agitazione. Da parecchi tempo, del resto, tutta a città era agitata, convulsa. Avevano arrestato il comm. Bernardo Tanongo, arrestati il comm. Cesare Lazzaroni, rispettivamente governatore e cassie*.» della Banca."E non bastava: si annunziavano, o si credeva di poer preannunziare, le catture di alti unzionari del Ministero di Agricoltua. Il Guardasigilli, on. Bonacci, uomo rigidissimo, realmente rettilineo, in Consiglio dei Ministri si assicurava he, alle primi» rivelazioni, avesse esclamato: — Cada il mondo, ma giustizia sia fatta. E fin dove sarebbe arrivata la giustizia? Fuori c'erano quelli che pensavano all'interesse privato e pure a quello collettivo: gli azionisti della Banca che intuivano perduto 11 loro capitale; commercianti, agricoltori, che vedevano crollato l'Istituto da cui attingevano credito A Montecitorio, soprattutto, si confondevano gli odi, le speranze, 1 timori di origine politica; ritenevas-i certo che molti, fra « maggiori, sarebbero stati compromessi, letteralmente abbattuti. E si facevano nomi, si godeva la gioia di Inevitabili precipizi eminenti. Quante orribili calunnie onestamente diffuse in quei giorni! La Commissione dei sette, affidata a galantuomini, uscì poco dopo da quelle aspettazioni di scandali, da quel desideri di vendetta Eravamo, dunque, l'amico Silvestri, ea io, indifferenti al tumulto crescente intorno, davanti allo sportello delrufnclo postale, quando comparve Rocco De Zerbi Incominciò, senz'altro, col darei la notizia che tutti conoscevano dal giorno avanti: — Fra pochi minuti, disse ad alta voce, si .eggerà nell'aula la domanda di autorizzazione a procedere contro di me Io, proprio io solo, dovrei esser* il rapinatore della Banca Romana! E continuava a vociferare, a tratti quasi gridando; non era manifestamente padrone di sè. Ripeteva convulsamente di volere intervenire nella discussione; di rivelare colpe, complicità non perseguite; se la pigliava con 11 Ministero attribuendogli di volersi vendicare della opposizione fattagli; malediceva coMeghi, che avrebbero dimenticati benefici da lui generosamente resi loro. Procurai di fargli comprendere che a Montecitorio non doveva restare che aveva bisogno di riposo e di si lenzio. Fortunatamente fini col lasciarsi trascinare fuori, e salire in una carrozza per essere condotto a casa. Non ne usci, credo, che una volta sola nel giorni seguenti, per andare dal giudice istruttore. E può dirsi fos se questo l'atto estremo della sua est stenza. Dopo quarantotto ore da quel primo Interrogatorio, era defunto: si era ucciso. Se era colpevole ti è « giustiziato » Aveva lasciato un grosso plico indirizzato ad un amico in cui, s1 assicurava, avesse esposta la sua difesa. Ma ora che ero scomparso l'uomo, non parve opportuno rendere pubblico l'ultimo suo scritto. Tutto di lui e per lui era ben finito. Ai suol funerali assistettero tre soli deputati, uno del quali, 11 marchese Dì Rudlnl, che disse: — Se era colpe vole, sì è' • giustiziato ». Ma la tragedia di luì non chiuse il dramma intorno alla Banca, anzi, e certe ore parve acuirsi ed Invelenire Una crisi di Gabinetto sembrò poca cosa in confronto delle attese accumulate. Ma poi. a distanza di alcuni, pochissimi mesi, non se ne parlò più; o appena a soddisfazione di curiosità aneddotiche. Un anno dopo lo scandalo enor me, che si era annunziato purificatope, io chiesi al comm. Grillo, direttore penerale deBa Banca Nazionale: Ebbene, dopo l'inchiesta del sette e le condanne da essa pronunciate, hanno mutato i costumi parlamentari? — Mutamento, egli rispose, c'è stato: prima scrivevano adesso, quando vogliono qualch» cosa, telefonano Forse aveva ragione lui, Rocco De Zerbi; ci voleva, peT l'Italia nuova, un bagno di sangue. Luigi Lodi. fsmecrdrdlzrlcmpcTdeqtdinilddssmtuccpppcgspg1

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