Gli scrittori in vetrina di Concetto Pettinato

Gli scrittori in vetrina Gli scrittori in vetrina PARIGI, agosto. |Incoraggiati dalla familiarità sta- bilicasi con una casta d'uomini sino a trent'anni la iiuu meno misteriosae inaccessibile di una casta di sacerdoti, gli amici degli scrittori si abi- j tuaao ormai a riconoscerli attorno per Parigi, a segnarseli a dito a tea- j tso e al caffé, a stringersi loro ad-1dosso non appena le circostanze lo !comportino, m un brusio di sussurri ammirativi, di sospiri boati e di esclamazioni entusiastiche che riempiono di calore e d'argento vivo le serate di Parigi. — Hai visto Pierre Benoiti — Oh, ce tjn'il est bient — E Béraud, dunque? — Il n'est jias si yros que, ca... Esistono d'alti onde, per strano che \ \possa sembrare, degli amici degli scrittori anche fra gli scrittori, o al-.meno fra le scrittrici. Se la grande èra dei salotti è finita, le sopravvive in compenso qualche fedele Artenice giurata a fare del proprio meglio per soddisfare la voglia del pubblico di conoscere gli scrittori e la voglia degli scrittori di essere conosciuti dai pubblico. Aurelia di Faucamberge, in arte Aurei, presiede agli incontri fra l'uno e gli altri col metodo rigoroso che nella nostra epoca di approssimazione non serve più se non al difficile governo delle maison de rendez-vous. Una convocazione a domicilio ricorda all'amico degli scrittori che il giovedì seguente, alle ore 20,30 precise, l'ebdomadaria tornata accademica avrà luogo nel classico salotto giallo della palazzina della rue du Printemps. E il modulo a stampa indica perentorio, a scanso di disordini, il programma del trattenimento: Une- heure de bavardage prive Une Iieure de conversatlon generale Et l'titìure du poète. Citte seduce tera consacrée d: (e qui un nome)' V argument sera {alt par: (e qui ud altro nome) lìécìtulioiis par-, (terzo nome). Se Aurei disponesse di una casa vasta quanto la sala del Trocadero, a quest'ora certo nemmeno l'ultimo dei lettori parigini ignorerebbe più le sembianze di un solo scrittore francese o forastiero vivente. Disgraziatamente a Parigi le dimore dei letterati non hanno nulla che le renda simili a un politeama, eccezion fatta per le capacità circensi che vi vengono sperimentate, e l'ottima Aurei dove accontentarsi di presentare i propri scrittori a un centinaio di privilegiati, buon numero dei quali, per r .io che giungano in ritardo sull'ora prescritta, ascoltano discorsi e declamazioni dalle scale e stringono semplicemente conoscenza coi rispettivi vicini di pianerottolo. In nessun luogo di Parigi l'amicizia per gli scrittori appare nondimeno tangibile ed operante come nel circolo di poltrone che una trentina di dame di .tutte, le età formano intorno alla bionda autrice della nuova Art d'aìrner. Lì non si viene per perder tempo ne per ciarlare del medesimo, e la padrona di casa non fa complimenti quando occorra rimettere in un uditore manifesta-mente più incline ad occuparsi del-le ginocchia di una bella vicina chenon della fronte geniale del poeta di giornata. Meglio che a riunioni mondane, i giovedì di Aurei somigliano infatti a sedute della Société dea Annales, con l'unica differenza che non vi paghi biglietto d'ingresso, anzi vi hai diritto al buffet. Poeti sconosciuti, romanzieri in attesa di farsi leggere, stranieri di passaggio in caccia di un traduttore, di un editore o di un articolo fanno le loro prime armi da Aurei: e Aurei distribuisce a ciascuno almeno una fogliolina d'alloro, con la gravità incoraggiante ea umana con cui immagino che Clemenza 1 saura confortasse ai giochi floreali di Tolosa i meno agguerriti fra i concorrenti. In ogni angolo di Parigi può accadere a uno scrittore di vedersi festeggiato: in nessun luogo lo sarà mai con tanta decenza, venustà, giustizia e puntualità quanta da Aurei: Une heure de bavardage prive Une iieure de conversatlon generale Et 1 Iieure du poète. Altrove, l'amicizia per gli scrittori riveste al contrario un carattere di improvvisazione scomposta e di curiosità indiscreta che offenderebbe chicchessia, meno, s'intende, degli scrittori. Invece di assegnar loro, come Aurei, un argomento di discorso e di invitarli a trattarlo in modo esauriente stando a sentirli sino in fondo, gli ammiratori li bersagliano di domande incongrue e disparate, interrompendoli per rivolgerne loro delle altri avanti che abbiano finito di rispondere alle prime. Invece di accettare docilmente la specialità di ciascuno come non mancano di fare i programmi di Aurei, pretenderebbero che la specialità di tutti consistesse nell'avere dello spirito. Per questi indisciplinati, l'apice del godimento letterario sta nel raccogliere a volo, insinuandosi sulle punte dei piedi in un crocchio di uditori estatici, l'ultimo motto o l'ultimo aneddotojfcaduto dalle labbra dell'uomo celebre. Pensi l'uomo celebre ad aver sempre un aneddoto o un motto sulk labbra, se non vuole assistere al tramonto della propria gloria. — Durante una recita del Cornaval dei enfant» alla Comédie Francaise, l'autore ed Edmondo Fleg seggono insieme la un paico di proscenio. Il Fleg adocchia uno spetta tore che dorme saporitamente in pia tea e sussurra a Saint-Georges de Bouhélier: a Guarda l'effetto delle tue commedie li. La sera dopo, il beffardo assiste dal medesimo palco a una rappresentazione del proprio Marc/tana de Paris, a un tratto ecco il Bouhélier awicinarglisi ed esclamare additandogli trionfalmente in platea un altro spettatore addormentato: «Non c'è che dire, sai adjflormentarli bene!». Ma il Fleg pronto: « Pardon! C'est le monsieur tj'/iier. Il ne l'est ■pus encore ré vedici. ca, fa il giro* di Parigi, arricchito dj particolari inediti o modulato da L'uditorio mugola di piacere. — Charmant/ — Dclicieux. — Che cosa ha detto ? — Quel camauri L'aneddoto passa di bocca in boc- inesauribili variazioni, mutando se condo il bisogno di protagonisti e di paternità. Ma nove volte su dieci finisce nel carniere di Tristan Bernard o di Forain. Giacché a Parigi il sale di una facezia non entra se non in certa misura nella gioia che ne scaturisce : la gioia è completa so lo quando chi riferisce un aneddoto può attribuirlo ad uno dei principi regnanti dell'umorismo e incomin- ciare il proprio racconto mormorali- do in un crocchio con aria saputa — Connaissez-vous le dernier mot de Forain? In un altro paese gli uditori riderebbero di gusto anche a sapere che il motto non è di Forain. A Pa rigi la firma vuol dir tutto. E' ap punto il feticismo della marca di fabbrica che spiega la fortuna ottenutavi da autori quali un Valéry, un Picasso, un Satie, di cui la folla non ha mai capito una pagina nè un quadro nè una battuta. Ma anche questo è un connotato alessandrino, un sintomo degenerativo della cultura: l'individuo anteposto all'idea, l'operaio all'opera, la cronaca alla metafisica. I libri più ricercati non sono oggi le biografie? La curiosità del fattore personale diviene anzi co6Ì prepotente, che tutta una letteratura destinata a sfruttarla inonda già i tavoli dei parigini. Quando gli amici degli scrittori non possono recarsi a farne la conoscenza alla libreria Flammarion o sui divani di Aurei dozzine di periodici d'ogni formato provvedono a fornir loro risarcimenti adeguati. Da Candide a Gringoire e dal Merle a Aux éeoutes passando per Cyrano, D'Artagnan, Charìvari e una filza d'altri libelli, battaglioni di cronisti specializzati badano a mettere in vetrina ogni settimana, sull'esempio degli antichi « nouvellistes •, indiscrezioni, pettegolezzi e rumori intorno alle celebrità del giorno. Come al Museo Grévin, tutti i grandi di Parigi sfilano sulle colonne di questi organi indiscroti : Cocteau e i suoi genii in erba, Gide e i suoi Coridoni, Carco e le sue mercenarie, Montherlant e i suoi tori, gli amori di Messager, i processi di Silvain, i gatti di Colette, le distrazioni di Painlevé, i disegni di Max Jacob, i bluff di Pierre Benolt, l'appartamento-vagone di Dekobsa, gli entusiasmi della contessa di Noailles, i Budda di Paul Morand. Grazie alle fatiche incessanti dei moderni emuli di Scarrone e di Gilizard, la decadenza dei salotti ha trovata la sua panacea. L'ultimo dei provinciali può ormai senza mettere il naso fuori dell'uscio offrirsi il lusso di non ignorare nè le rivela1 zi.°™ fi Mere ure de arance sui pia ìf ,dl_Andrea Mauro» nè.gli attacchi !del .V™?0"'"0' contro Y^ry, «pa^ rmcCèsmaNmnGgaumgdbsnpbppsttcln , rassita della stirpe poetica» o contro Léf^vre, colpevole di essersi fatto un nome grazie a interviste il cui titolo Une heure avec... significa, secondo Andrea Rouveyre, «mezz'ora per andare a prendere il manoscritto dalPintervistato e un'altra mezz'ora per portarlo in tipografìa», nè la guerra tra i fratelli Fischer per strapparsi -lo scettro della Casa Flammarion, nè le battaglie prò e contro la pubblicazione del Giornale dei de Goncourt, nè alcune delle mille liti che ad ora ad ora conducono in tribunale i personaggi grandi e piccoli della commedia letteraria parigina. La maggior parte delle scoperte che l'amico degli scrittori deve agli informatori di mestiere non giovano di sicuro a confermare gli scrittori nella sua stima: ma non è detto che l'amicizia si nutra soltanto di panegirici ed è anzi risaputo che non ci sentiamo mai tanto amici di qualcuno quanto allorché gli altri ci parlano male di lui. Del resto, fra le innumerevoli cose che i giornali narrano degli scrittori sarebbe esagerato il credere che non capiti talora di leggerne anche di innocue. Pur senza tener calcolo delle testimonianze di Federico Léfèvré, tutte favorevoli perchè — insinuano i suoi nemici tutte prezzolate, basterebbe pensare alle inchieste che specialisti infaticabili bandiscono di continuo per apprendere dagli scrittori «quali di loro faranno parte dell'Accademia di qui a dieci anni», «se i matrimoni d'amore sono davvero quelli che riescono meglio», «se gli uomini sono più infedeli delle donne», «se la fotografia è un'arte», «se vanno a letto prima di mezzanotte», «se condurrebbero seco in esilio una donna, un cane o una libreria», «che farebbero se fossero dittatori del cinematografo», «quale epigrafe vorrebbero scolpita sulla loro tomba», «se credono nell'esistenza dell'Atlantide» e così via sino all'infinito. Dopo un centinaio di tali inchieste, poco perdura del mistero in cui i grandi uomini una volta si compiacevano. Ma, assaliti da tante parti, i grandi uomini lasci-ano fare, giacché tale è lo scotto della fama: si rassegnano docili a camminare traendosi dietro un corteo di ammiratori, vanno a firmare i loro libri da Flammarion, tengono circolo davanti alla poltrona di Aurelia di Faucamberge, rispondono alle lettere delle ammiratrici, speculano sulle proprie edizioni di lusso, spigolano negli almanacchi motti di spirito da recitare nei vestiboli dei teatri o alla mensa delle duchesse di Larochefoucauld e delle contesse di Fels, si lasciano intervistare da Léfèvre, rispondono di proprio pugno o di mano della segretaria alle inchieste bandite dai gazzettieri di Parigi, della | provincia e del mondo. Come condursi diversamonte? Potrebbero dire di no a chi si professa loro amico, compra i loro libri cioè li fa vivere, ride, piange, trema, ama, odia al menomo loro cenno come un fantoccio di cui piaccia loro tirare i fili ? Colpa loro so la gonte ohe le^ge si è fatta troppo numerosa? Colpa loro se le donne vanno matte per i romanzi e se in Francia sono le donne a decidere dei gusti degli uomini? No, che non è colpa loro. Probabilmente, aDchc se sgusciassero di mano al pubblico festante come il casto Giuseppe sgusciò di mano- alla moglie di Putifarre, il pubblico non si accontenterebbe di rimanersene con un lembo del loro mantello fra le dita ma li rincorrerebbe nei loro estremi rifugi. O non rincorre i morti? Che cos'è questa inaudita voga dei centenarii, se non un modo di far capannello anche intorno agli autori che non possono più aprir bocca, se non un modo di ingannare, scoperchiando le tombe dovè dormono i segreti delle generazioni scomparse, una curiosità che i vivi non bastano più a soddisfare, sotto il pretesto di consolare gli scrittori del passato della disgrazia di essere vissuti in un'epoca che faceva loro intorno la solitudine? Gli scrittori lasciano fare, tra contenti e rassegnati, forse più contenti che rassegnati. Padrona del campo, la folla degli amici li sballotta di qua e di là, plaudente e rumorosa, nel caos dorato della metropoli, levandoli per turno sulle braccia come fantini sulla polvere di un ippodromo delirante. Concetto Pettinato.