La frontiera di sangue

La frontiera di sangue La frontiera di sangue VIENNA, agosto. Nel mese di iebbraio, terminata la Conferenza di Pirot, siccome i delegati jugoslavi e i delegati bulgari si accomiatarono dopo di aver pronunziato qualche brindisi augurale, alcuni ottimisti dissero o scrissero che il grande miracolo s'era compiuto: tra bulgari e serbi (in queste faccende è sempre meglio parlare di serbi anziché di jugoslavi) era stato buttato un primo solido ponte. Oramai la via dell'intesa era aperta: non c'era che da proseguire con fiducia. Senza dubbio, se la dittatura serba davvero fosse riuscita a trovare le basi di un'intesa con la Bulgaria, sarebbe bastato questo unico merito per giustificare l'abolizione del parlamentarismo in Jugoslavia. Re Alessandro ed il suo collaboratore principale, il generale Pera Zifkovic, facendosi amici 1 bulgari, avrebbero dato alla loro posizione nei Balcani salde fondamenta. Noi fummo tra l pessimisti. Non per partito preso, bensì per una ragione assai semplice: anzitutto la Conferenza di Pirot fu convocata allo scopo di risolvere parte degli infiniti problemi che Bulgaria e Jugoslavia non hanno finora risolti e precisamente i problemi riguardanti le proprietà ed i traffici sopra un settore della frontiera tracciata a Neuilly. Il settore in questione nulla ha a che vedere con l'altro che divide la terra macedone rimasta alla Bulgaria dalla terra macedone passata sotto il giogo serbo nel 1919. La spiegazione è necessaria, In quanto i serbi si valgono del terrorismo macedone come di etichetta per l'intera politica bulgara: ogni domanda bulgara, anche la più legittima, viene fatta credere una sfrontata pretesa dei terroristi e ogni richiesta serba viene per contro motivata con la necessità in cui si trova la Jugoslavia di premunirsi di fronte all'attività dei Comitagi. E quando i posti di frontiera serbi, i quali sono assai più numerosi ed efficienti dei bulgari, accoppano senza pensarci due volte il più pacifico contadino, da Belgrado parte il solito telegramma che dirà al mondo avere i comitagi ritentato Dio sa quale audacissimo colpo contro l'integrità dello Stato S. H. S. Da questo punto di vista, la nuova tattica adottata dal Comitato rivoluzionario macedone, tattica consistente in una tranquilla attesa, riesce ai serbi oltremodo sgradita, E' un anno circa che in Macedonia pop avvengono più attentati in grande stile, è un anno circa che non si ode parlare di gesta come quelle che costarono la vita al generale Kovacevic su territorio Jugoslavo, a Teodoro Panizza a Vienna ed a Ciauleff a Milano. Da quando è morto il generale Protogeroff, 11 Comitato rivoluzionario macedone ha prevalentemente pensato a dilaniarsi. Le lotte intestine non debbono avergli giovato molto. Ma la crisi interna del Comitato rivoluzionario macedone potrà, se mai, formare oggetto di altro studio: oggi basterà precisare che in tutta la ultima fase delle relazioni bulgaroserbe, i macedoni non hanno sostenuto parte alcuna. Vero è che la Serbia li sente, o li intuisce, sempre vigili e vivi e che in fondo, per vie traverse os<a non ad altro mira se non a ridurre all'impotenza quegli Irreducibili irredentisti. Se Belgrado s'è rifiutata di ratificare gli accordi di Pirot, è stato perchè ratificare un accordo significa normalizzare una situazione e rinunziare a certe possibilità di premere sull'altra parte. La frontièra serbo-bulgara va da nord a sud; il tratto macedone è a sud, a nord si estende la zona di Tran e di Bossilegrad, ch'è quella che formò oggetto delle conversationi di Pirot. Questo tratto settentrionale della frontiera costò alla Bulgaria, quando lo tracciarono nel 1919, la perdita di una zona della estensione di 2,450 chilometri quadrati, abitati da una popolazione puramente ed esclusivamente bulgara. I serbi vollero tale frontiera in primo luogo per ragioni militari, giacché alla loro marcia su Sofìa, che durerebbe al massimo un giorno, non può opporsi nessun ostacolo serio. La frontiera iti però segnata senza nessun riguardo per le esigenze economiche locali: dei villaggi furono divisi in due, delle masserie tagliate in modo che il contadino bulgaro il quale voglia andare alla fontana deve passare su territorio serbo, ne è raro il caso che la scuola del villaggio sia ri masta su territorio bulgaro e la chiesa, viceversa, si sia trovata in Jugoslavia. Secondo le statistiche bulgare, gli ex-sudditi bulgari passati sotto il regime belgradese pos seggono oggi in Bulgaria 27.000 dettar di terreni, mentre sudditi bulgari continuano a possedere oltre frontiera terreni per l'estensione di 80.000 dekar. Gl'inconvenienti ai quali facilmente danno luogo le accennate condizioni, non occorre neppure descriverli. Premettiamo che dalla malsana situazione vengono lesi gl'interessi di circa 30.000 individui. Questi disgraziati, allo stato delle cose, di continuo fatti segno alle angherie del posti di frontiera serbi, non possono coltivare i campi, dedicarsi a! bestiame, non possono — in una parola — consacrarsi all'agricoltura come in ogni altro punto di Jugoslavia o di Bulgaria. Ugualmente danneggiati sono circa 100.000 agricoltori le cui terre non stanno a cavalcioni della frontiera, ma la rasentano: i serbi li sorvegliano, li tormentano, li molestano, s'infischiano della loro qualità di sudditi stranieri su territorio straniero, e li trat tano alla stregua di individui sospetti, dei quali si esige l'allontana mento dalla zona. Quando questo allontanamento fosse avvenuto, più sicura diventerebbe la regione bulga ja che un giorno o l'altro potrà ea- sere zona d'avanzata per le fanterie e le artiglierie dello Stato S.H.S. Ecco perchè, mentre a Sofia il Sobranje si affrettava a ratificare gli accordi di Pirot, la Jugoslavia assu meva un'attitudine che ben merita di essere paragonata con l'analoga assunta verso l'Italia all'indomani della firma degli accordi di Nettuno, e chiedeva altro, nicchiava, invocava nuove e notevoli concessioni. Tutto ciò è molto bizantino, molto balcanico e i serbi, sapendolo, insistentemente agitano lo spauracchio mace done, per confondere le idee degli europei, al bizantinismo ed alla balcaniciià non usi. Per tirare le somme, la Jugoslavia, scartando in maniera recisa la proposta bulgara (caldeggiata dall'Inghilterra) di affidare la sorveglianza della frontiera ad organi neutrali, vorrebbe imporre al Governo di Sofia, facendosi spalleggiare dalla Francia, l'accettazione di patti nuovi di zecca. Per primo Belgrado desidera riscattare le proprietà bulgare che si trovano dentro la frontiera jugoslava. Secondo, Belgrado desidera (e questa idea sarà venuta pensando alla famosa zona demilitarizzata in Renania) che fino dieci chilometri a est dall'attuale frontiera, il Governo bulgaro allontani tutti gli elementi sospetti Intendi, per elementi sospetti, i ma cedoni che nella zona abbiano poto to trovare la maniera di guadagnar si la vita. Ambedue le richieste serbe, ove la Bulgaria si decidesse ad accettarle, verrebbero, ben stilizzate in clausole diplomatiche, comprese nel protocollo di Pirot. il quale allora otterrebbe da Belgrado la sospirata ratifica. Poiché, come si è visto, 1 bulgari posseggono in Serbia terreni per l'estensione tripla, all'incirca, di quel la posseduta da sudditi jugoslavi in Rulgaria, è chiaro che una similp proposta riesca a Belgrado assai me no gravosa che a Sofia.'Gl'interessi economici dei bulgari espropriati il Jugoslavia dovrebbero essere garantiti o mediante il pagamento di dp terminate indennità (che la Jugosla via certo cercherebbe di non versare in contanti, ma vorrebbe far pagarp alla Bulgaria in conto riparazioni), oppure mediante l'assegnazione in Bulgaria, da parte del Governo d Sofìa, ai sudditi, espropriati, di ter reni per un'estensione equivalente alla perduta. A ciò si aggiunga che il Governo bulgaro, sottoscrivendo un accordo simile, contribuirebbe ad affrettare la snazionalizzazione di una terra che 1 serbi oggi posseggo no ;sólo perchè nel '19 sedevano, s Neuilly, dalla parte, dei vincitori : diritti etnografici, wilsoniani e simi li In questo caso non c'è possibilità di addume. E' naturale che, dopo d'essersi recato pieno di buona volontà a Pirot, un Governo bulgaro non può tranquillamente rassegnarsi a sottoscrivere nuove e cosi ingiuste condizioni. E per quanto i bulgari abbiano potuto acconciarsi all'idea della perdita di terra loro, abitata da gente della loro lingua e del loro sangue, come può un Governo ehiedere ad essi anche il sacrifìcio di autorizzarlo a sottoscrivere accordi che unicamente mirano a snazionalizzare la terra e i fratelli perduti? Ne deriva che la irreducibile Serbia, la quale nei Balcani ed in Europa di altro non si cura che di svolgere il suo programma egwnonistico, continua a fare tingere di sangue I cento chilometri di frontiera nelle regioni di 7aribrod, Tran p Bossilegrad, rcrn sforzandosi di convincere il mondo che l'agnelli bulgaro, o, se non lui, suo padre, ha cercato, pur trovandosi a valle, d'intorbidare 11 ruscello al quale beve 11 srosso lupo serbo. Italo Zingarelli. Scontro tra comitagi iugoslavi e truppe albanesi alla frontiera Tirana, 22, notte. L'Ufficio Stampa albanese comunica: « 71 10 del corrente mese, una pattuglia albanese si è incontrata pres so il villaggio Lokbinjaj alla fron liera albanese-jugoslava con quattro banditi. Nel combattimento impegnatosi fra la pattuglia ed i banditi uno di questi è rimasto ucciso. Un'inchiesta ha stabilito die l'ucciso si chiamava Martino Suba Hevic ed abitava in Jugoslavia. Tale fatto prova ancora una volta la presenza sulla frontiera albanese-jugoslava di bande di comitagi jugoslavi la cui attività, tollerata e fomentata dalle autorità locali jugoslave, tende a turbare la tranquillità interna dell'Albania e dimostra abbastanza chiaramente la falsità delle accuse iugoslave contro l'Albania in ciò che concerne una pretesa cooperazione di bande albanesi inesistenti con il Comitato macedone ». di Un'esplosione a bordo un incrociatore francese Tolone, 22 notte In seguito all'esplosione di un turbo-motore, avvenuta slamane a bordo dell'incrociatore Duguay Trouin, i quartiermastri Ollivier e Don tono stali uccisi sul colpo dai pezzi della macchina. Il secondo macchinista Mrzin, che era stato trasportato subito all'ospedale marittimo, è morto poco dopo malgrado l'atto di abnegazione di un marinaio infermiere, certo Filippo Kiser, il quale aveva offerto il suo sangue. La trasfusione venne operata mentre il medico procedeva all'amputazione di una gamba del malato che era' stata quasi strappata completamente da scheggie di metallo. Un'inchiesta è stata aperta per stabilire le cause di questo tragico accidente che ha fatto inoltre parecchi feriti.

Persone citate: Duguay, Filippo Kiser, Italo Zingarelli, Kovacevic, Martino Suba Hevic, Ollivier, Pera Zifkovic, Re Alessandro, Teodoro Panizza