La morte di Tullo Morgagni di Vittorio Varale

La morte di Tullo Morgagni II decimo anniversario di un tragico volo La morte di Tullo Morgagni MILAN, agosto. Nessuna parola può rendere adeguatamente la tragicità della catastrofe su cui gravò subito un mistero rimasto impenetrato ad onta delle inhieste peritali tecniche e giudiziaie. L'orrenda caduta avvenne il giorno 2 agosto 1919, alle 5 del pomeriggio. Il « Ca 600 » che nella mattinata aveva felicemente compiuto il volo Milano-Venezia, precipitava nella otta di ritorno all'altezza di Verona, schiantandosi ni suolo. Facevano parte dell'equipaggio, oltre i piloti di guerra tenenti Luigi Ridolfl Marco Resnati, cinque giornalisti milanesi: Tulio Morgagni, direttore del Secolo Illustralo, Tancredi ZangMeri del Secolo, 'Oreste Cipriani del Corriere della sera, Mario Bruni dela Sera, Giannetto Bis! del Mondo. Due motoristi e altri sei borghesi ompletavano il carico — certo eccesivo per qu©l'apparecchio. Verso le 17. fu notata da molti citadini la caduta dal cielo di larghi randelli di tela, che ondeggiavano ortati dal vento. Alle primo sensaioni di sorpresa succedette subito 11 ospetto d'una sciagura aerea. I triti presagi dovevano di 11 a qualche minuto avere conferma: il grande aeroplano che al mattino era passato diretto a Venezia librandosi vittorioamente nella limpida atmosfera, ra precipitato da un'altezza di oltre mille metri, sfasciandosi, e travolendo in un turbine di morte i sedici asseggeri. I resti dell'apparecchio i abbatterono in un raggio di uattrocento metri nei pressi di Porta Pallio. Dopo i primi accertamenti di legge, nella serata stessa on infinita pietà le salme furono rimosse e riunite in due camere moruarie del cimitero. Nell'istessa ora, U stenografi dei giornali uscivano ome pazzi dalle cabine telefoniche: — Tutti morti! — e gridavano con upa disperazione la notizia che getò nella costernazione e nel lutto 'a amiglia giornalistica italiana. Atroe notte, che chi scrive passò nel reno viaggiante nel buio verso la ittà della morte col padre e la moglie d'uno dei caduti : visi impietriti dal dolore, sguardi lucidi di follia, trazio Inenarrabile nel cuore, che urò per gli anni, e non è evanito, on 9'è calmato mal, che tuttora geera un tremito alla mano è una larima sul ciglio tanto era caro, era uono, era nostro di noi tutti sporivi Tulio Morgagni. Egli era salito nella carlinga, non passeggero fra i quattordici invitati, i bene presente come a un posto di dovere e di responsabilità. Allora, 'aviazione era ancora combattimeno, era ancora polemica vivente e uotidiana contro i timori, le incerezze, i dubbi degl'increduli e dei pàvidi. Chi in essa credeva, e soffriva ell' incomprensione altrui, doveva dare l'esempio e offrirsi per l'esperimento e la propaganda. E* flifflcile dire al giovani chi fu quésto maestro impareggiabile, queto compagno dilettissimo, questo ervente sportivo, questo precursore nfaticabile. Un giornalista: poca osa, se adoperiamo il metro col quale oggidì vengono misurati gli crittori di gesta e di fatti sportivi u per le varie gazzette specializzae. Adesso siamo degli arrivati, tutto è facilitato. Il nostro compito è diventato meccanico. E' un mestie e come forse tanti altri; neppure più la fede è necessaria perche non i sono più amarezze da masticare, affronti da ricevere, 'incomprensioni da smantellare. Giornalista sporivo, venti e più anni fa, era altra coBa: era volere, terribilmente volere, per creare. Creare che cosa? La coscienza sportiva, quella che oggi trionfa, ma che allora, inepressa, indefinita, nebulosa, a maapena animava e illuminava i rari nuclei di veggenti e di giovani enusiasti sparsi qua e là per l'Italia. Adesso, lo sport è diventato materia di vigile e amorosa attenzione dello Stato"; lo sport è ufficialmente riconosciuto come la più adatta scuola per preparare spiritualmente e fisicamente la gioventù ai cimenti che 'attendono nella vita e nella società; 0 sport non è più la mania snobletìca di pochi. Gli alpinisti non sono più 1 «pazzi», come li chiamavano coltivatori del cardiopalma, nè gB àgili ginnasti sono scambiati per saltimbanchi desiderosi di fiaccarsi 'osso del collo durante una gran volta alla sbarra... Al tempo lontano in cui queste opinioni avevano corso e per evitare ragedie famigliari dovevamo pregare qualche amico di tenere lui, nel suo guardaroba, 1 nostri calzoncini e le nostre ecarpette del giorni di corsa, .lo sport, italiano viveva delle malinconiche rimembranze del fu ciclismo su pista. Passata la ventata che aveva resi popolari i nomi dei campioni della velocità, si era piombati nello squallore. Rarissime le gare di canottaggio, scarsi i concorsi ginnastici e con norme vecchie barbose che incretinivano 1 parecipanti, ai primi tentativi l'industria sportiva dell' automobile. TI Touring s'era straniato dalla propaganda ciclistica, e avviava verso alre mMe la sua formidabile attività. Gli sparsi nuclei dei credenti un bel giorno si contarono, e si ravvisarono in un giornale che usciva due volte la settimana, a Milano, diretto dal piemontese Costamagna, a fianco del quale, nel 1905, si mise 1 giovane Morgagni. Il programma di questi precursori: appello alle energie, educazione del coraggio, culto delle iniziative, lebbre della novità. Programma immenso, d'una vastità terribile per l'Italia e gl'Italiani di quel tempo morfinizzati da una mediocrità di vitale di pensiero che ci aveva messo a pari de' più retrogradi paesi d'Europa. Quel programma, coll'aiuto di entusiasti rintracciati nelle grandi città come nei borghi sonnolenti, po tè giorno per giorno essere svolto, iniziativa dopo iniziativa, conquista dietro conquista. Adesso, Il giornali sta sportivo non è che un chiosatore e un cronista; allora bisognava possedere, soprattutto, spirito creativo e fede tersa e pura. Non c'era posto pel businnes, perchè la bolletta, im perava sovrana. Se si voleva che lo o o Sport si affermasse contoro l'indifferenza e l'ostruzionismo pressoché generali, bisognava smuovere i pigri, creare, sdoppiare in un cqmplesso di opere durature la propria irrequietezza. Essere romantico, se romantico vuol dire credere fermamente nella realizzazione del proprio sogno. Questo giornalista romantico intravide nello schietto animo del popolo il lievito di meravigliose promesse. Fu instancabile nell'« inventare » prima, nel realizzare subito dopo gare e concorsi d'ogni genere. Non c'erano tradizioni cui ispirarsi, sentieri già tracciati da ripercorrere. Occorreva creare dal niente, studiare meccanismi di gare e applicazioni di regolamenti, lottare contro Questure e Municipi che non volevano concedere a cento giovani di correre a gambe nude e in maglietta a loro piacimento per una medaglia di poche lire. Cominciò a organizzare gare di nuoto; poi volse la sua attenzione allo sport podistico, che una Federazione, stanca ed esautorata, lasciava andare in rovina. Campagna polemica, colpo di mano: la Federazione è trasportata da Torino a Roma e affidata a uomini giovani e alacri. Di 11 a due anni, Dorando Pietri si affermava all'Olimpiade ed Emilio Lunghi batteva il primo record del moneto. Lo sport della bicicletta gli parve destinato al successo. C'era ancora una bellezza che nessuno aveva veduta, c'era ancora una forza che nessuno aveva tentata: la strada. Tutte le bianche strade che camminavano monotone per le terre di questa Italia cosi ferocemente sconosciuta dai suol figli; tutte le strade che camminavano come mendicanti in cerca d'una sosta; tutte le vie senza nome e senza voci, aggrovigliate in se stesse come il rottame d'una magnifica opera caduta sotto un ingiusto colpo del destino, apparvero agli occhi di questo suscitatore come un cantiere novello da popolare d'ordinato lavoro, di sana giovinezza, di bella e prepotente operosità. Ecco: evegliarle, dar loro un nome, mutarle in desiderio e forza, farle balzare vive dal silen zio e dall'ombra, popolarle sonore di ppdali e di ruote, di torsi nudi e di braccia muscolose come le pulegge d'una macchina gigantesca, e trascinar dietro di esse, come in una ventata, ogni loro bellezza, ogni loro gioia, ogni loro forza, e sorridere al clamore del nuovo cantiere, ecco il sogno di questo apostolo. In quello scorcio del 1905 un gio vane ciclista astigiano destava 1 primi entusiasmi con le sue vittorie — la maglia rossa di Gerbi fu veramente come una fiaccola che accese nei giovani il gusto della lotta fino all'ultimo flato e della completa dedizione di tutti se stessi pur di raggiungere primi un traguardo; questo giornalista realizzatore senti .che questo entusiasmo celava nella gioventù un desiderio infinito, fino allora inespresso, di muoversi di agire di sollevarsi dall'ignavia dell'epoca. Il giornale sportivo se voleva continuare a vivere e compiere la sua missione, doveva lanciare, sia pure nel cuore dell'autunno che in quei tempi vedeva sospesa ogni attività di sport e di turismo, una corsa su strada, la prima grande corsa in Italia. Cosi nacque la prima creatura di questo magnifico animatore, il Giro della Lombardia che nella Storia dello Sport nazionale rappresenta una pietra miliare : quella dell'inizio glorioso. Poscia vennero la Milano-San Remo (1907) e il Giro d'Italia (1909). Nei primi tempi, quando la motocicletta cominciò a diffondersi, Morgagni ebbe una predilezione speciale per questo sport, seguendone con vera passione tutte le manifestazioni. Organizzò la prima corsa dei 1000 Chilometri, trasformatasi in seguito in Circuito del Po e in Giro d'Italia, poscia nel raid NordSud da Milano a Napoli. Tanto l'amava, il suo giornale, che s'innamorava di tutto quanto potesse tornar utile ad esso, anche sè si trattasse di sport e di organizzazioni a lui completamente ignoti. Quando intorno al 1907 i fratelli Raicevich riuscirono a farsi una strada e un nome nella lotta, Morgagni divenne immediatamente il miglior amico e sostenitore dei due Triestini. Morgagni era il primo ad esser convinto che il genere di letteratura sportiva d'allora poteva risponder al lavoro di propaganda da farsi nelle masse soltanto nei primi anni di sviluppo sportivo e avrebbe perso la sua efficacia e la sua ragione quando lo sport si fosse maggiormente diffuso, e perciò si raffinò, creando una rivista illustrata che al 24 maggio divenne subito un'eco di battaglia. Dallo sport alla guerra: non trastor mazlone o adattamento, ma logica continuazione. Fu il secondo periodo della sua instancabile attività. Rimasto solo con un compagno, da lui iniziato giovanissimo al giornalismo, nelle più difficili condizioni e senza aiuti ufficiali o ufficiosi, riuscì ad essere l'illustratore più documentato della guerra. L'Italia, ingigantendo i suol sforzi, persisteva a tacere. Si magnificavano l'aziono generale e 1 particolari delle imprese alleate specie nell'arma del cielo: da noi, niente; la proibizione, anzi, di citare individui, brigate, battaglioni. Egli va contro il divieto; elude la censura presentando al « visto » copie incomplete, arrischiando il sequestro la multa ti carcere, ma fa del <( Secolo Illustrato » — e poi del « Cielo », sorto a fine del 1917 contro la legge che vietava l'uscita di nuova stampa — l'organo ufficiale delle trincee e del campi d'aviazione, i cui campioni grandi e minori ricevettero altra luce che quella del sole in faccia al quale combattevano: la luce della notorietà nel Paese. Fu la sua preoccupazione e il suo tormento: citare nomi date numeri appunto perchè in alto si volevano tpper celati. Iniziative nobilissime, quali il Premio pei Cacciatori dèi cielo, quello per i bomhnrdatori notturni, quello per gli abbattitorl di « dra¬ pleimtrmdnzpB«svdMe nEgpcc23adItlafntmddnfoètgnPmglplbIsnrtdesnpdedsapcsng5ghbdvlllmlrfnBAcpdivaoI1crsAptsftctCgCdr—n8 ghi », quello per le audacie individuali, furono il vanto della battagliera Rivista. A guerra finita, ad avvenuto riconoscimento de' suoi meriti, aveva cominciato a volare, logicamente, appena ebbe un giorno libero dopo cento inviti. Nella pratica del volo accettò subito tutte le audacie: continuare fu per lui impegno d'onore. E voleva senz'altro prendere il brevetto di pilota, mentre era il più vivace propngnndlsta dei saggi per la trasformazione dell'aviazione di guerra in aviazione pei servizi civili. La piètra eretta sulle sue ceneri porta scolpita questa epigrafe di Benito Mussolini che gli fu amico: « Invincibile passione — di ogni singolo e collettivo nrdimento — avversione profonda alla statica mediocrità del volgo — spinsero Tulio Morgagni'— a esaltare colla narola e coll'esempio — tutte le nobili mnnifestazioni dell'energia umana. — Ebbe In sorte comune e gloriosa degli iniziatori: dischiudere il varco per coloro che verranno — consacrare col sacrificio avventuroso In certezza consolntrice del domani ». Era mmngnoln di Forlì, natovi il 25 settembre 1881. Vittorio Varale. La morte di Tullo Morgagni II decimo anniversario di un tragico volo La morte di Tullo Morgagni MILAN, agosto. Nessuna parola può rendere adeguatamente la tragicità della catastrofe su cui gravò subito un mistero rimasto impenetrato ad onta delle inhieste peritali tecniche e giudiziaie. L'orrenda caduta avvenne il giorno 2 agosto 1919, alle 5 del pomeriggio. Il « Ca 600 » che nella mattinata aveva felicemente compiuto il volo Milano-Venezia, precipitava nella otta di ritorno all'altezza di Verona, schiantandosi ni suolo. Facevano parte dell'equipaggio, oltre i piloti di guerra tenenti Luigi Ridolfl Marco Resnati, cinque giornalisti milanesi: Tulio Morgagni, direttore del Secolo Illustralo, Tancredi ZangMeri del Secolo, 'Oreste Cipriani del Corriere della sera, Mario Bruni dela Sera, Giannetto Bis! del Mondo. Due motoristi e altri sei borghesi ompletavano il carico — certo eccesivo per qu©l'apparecchio. Verso le 17. fu notata da molti citadini la caduta dal cielo di larghi randelli di tela, che ondeggiavano ortati dal vento. Alle primo sensaioni di sorpresa succedette subito 11 ospetto d'una sciagura aerea. I triti presagi dovevano di 11 a qualche minuto avere conferma: il grande aeroplano che al mattino era passato diretto a Venezia librandosi vittorioamente nella limpida atmosfera, ra precipitato da un'altezza di oltre mille metri, sfasciandosi, e travolendo in un turbine di morte i sedici asseggeri. I resti dell'apparecchio i abbatterono in un raggio di uattrocento metri nei pressi di Porta Pallio. Dopo i primi accertamenti di legge, nella serata stessa on infinita pietà le salme furono rimosse e riunite in due camere moruarie del cimitero. Nell'istessa ora, U stenografi dei giornali uscivano ome pazzi dalle cabine telefoniche: — Tutti morti! — e gridavano con upa disperazione la notizia che getò nella costernazione e nel lutto 'a amiglia giornalistica italiana. Atroe notte, che chi scrive passò nel reno viaggiante nel buio verso la ittà della morte col padre e la moglie d'uno dei caduti : visi impietriti dal dolore, sguardi lucidi di follia, trazio Inenarrabile nel cuore, che urò per gli anni, e non è evanito, on 9'è calmato mal, che tuttora geera un tremito alla mano è una larima sul ciglio tanto era caro, era uono, era nostro di noi tutti sporivi Tulio Morgagni. Egli era salito nella carlinga, non passeggero fra i quattordici invitati, i bene presente come a un posto di dovere e di responsabilità. Allora, 'aviazione era ancora combattimeno, era ancora polemica vivente e uotidiana contro i timori, le incerezze, i dubbi degl'increduli e dei pàvidi. Chi in essa credeva, e soffriva ell' incomprensione altrui, doveva dare l'esempio e offrirsi per l'esperimento e la propaganda. E* flifflcile dire al giovani chi fu quésto maestro impareggiabile, queto compagno dilettissimo, questo ervente sportivo, questo precursore nfaticabile. Un giornalista: poca osa, se adoperiamo il metro col quale oggidì vengono misurati gli crittori di gesta e di fatti sportivi u per le varie gazzette specializzae. Adesso siamo degli arrivati, tutto è facilitato. Il nostro compito è diventato meccanico. E' un mestie e come forse tanti altri; neppure più la fede è necessaria perche non i sono più amarezze da masticare, affronti da ricevere, 'incomprensioni da smantellare. Giornalista sporivo, venti e più anni fa, era altra coBa: era volere, terribilmente volere, per creare. Creare che cosa? La coscienza sportiva, quella che oggi trionfa, ma che allora, inepressa, indefinita, nebulosa, a maapena animava e illuminava i rari nuclei di veggenti e di giovani enusiasti sparsi qua e là per l'Italia. Adesso, lo sport è diventato materia di vigile e amorosa attenzione dello Stato"; lo sport è ufficialmente riconosciuto come la più adatta scuola per preparare spiritualmente e fisicamente la gioventù ai cimenti che 'attendono nella vita e nella società; 0 sport non è più la mania snobletìca di pochi. Gli alpinisti non sono più 1 «pazzi», come li chiamavano coltivatori del cardiopalma, nè gB àgili ginnasti sono scambiati per saltimbanchi desiderosi di fiaccarsi 'osso del collo durante una gran volta alla sbarra... Al tempo lontano in cui queste opinioni avevano corso e per evitare ragedie famigliari dovevamo pregare qualche amico di tenere lui, nel suo guardaroba, 1 nostri calzoncini e le nostre ecarpette del giorni di corsa, .lo sport, italiano viveva delle malinconiche rimembranze del fu ciclismo su pista. Passata la ventata che aveva resi popolari i nomi dei campioni della velocità, si era piombati nello squallore. Rarissime le gare di canottaggio, scarsi i concorsi ginnastici e con norme vecchie barbose che incretinivano 1 parecipanti, ai primi tentativi l'industria sportiva dell' automobile. TI Touring s'era straniato dalla propaganda ciclistica, e avviava verso alre mMe la sua formidabile attività. Gli sparsi nuclei dei credenti un bel giorno si contarono, e si ravvisarono in un giornale che usciva due volte la settimana, a Milano, diretto dal piemontese Costamagna, a fianco del quale, nel 1905, si mise 1 giovane Morgagni. Il programma di questi precursori: appello alle energie, educazione del coraggio, culto delle iniziative, lebbre della novità. Programma immenso, d'una vastità terribile per l'Italia e gl'Italiani di quel tempo morfinizzati da una mediocrità di vitale di pensiero che ci aveva messo a pari de' più retrogradi paesi d'Europa. Quel programma, coll'aiuto di entusiasti rintracciati nelle grandi città come nei borghi sonnolenti, po tè giorno per giorno essere svolto, iniziativa dopo iniziativa, conquista dietro conquista. Adesso, Il giornali sta sportivo non è che un chiosatore e un cronista; allora bisognava possedere, soprattutto, spirito creativo e fede tersa e pura. Non c'era posto pel businnes, perchè la bolletta, im perava sovrana. Se si voleva che lo o o Sport si affermasse contoro l'indifferenza e l'ostruzionismo pressoché generali, bisognava smuovere i pigri, creare, sdoppiare in un cqmplesso di opere durature la propria irrequietezza. Essere romantico, se romantico vuol dire credere fermamente nella realizzazione del proprio sogno. Questo giornalista romantico intravide nello schietto animo del popolo il lievito di meravigliose promesse. Fu instancabile nell'« inventare » prima, nel realizzare subito dopo gare e concorsi d'ogni genere. Non c'erano tradizioni cui ispirarsi, sentieri già tracciati da ripercorrere. Occorreva creare dal niente, studiare meccanismi di gare e applicazioni di regolamenti, lottare contro Questure e Municipi che non volevano concedere a cento giovani di correre a gambe nude e in maglietta a loro piacimento per una medaglia di poche lire. Cominciò a organizzare gare di nuoto; poi volse la sua attenzione allo sport podistico, che una Federazione, stanca ed esautorata, lasciava andare in rovina. Campagna polemica, colpo di mano: la Federazione è trasportata da Torino a Roma e affidata a uomini giovani e alacri. Di 11 a due anni, Dorando Pietri si affermava all'Olimpiade ed Emilio Lunghi batteva il primo record del moneto. Lo sport della bicicletta gli parve destinato al successo. C'era ancora una bellezza che nessuno aveva veduta, c'era ancora una forza che nessuno aveva tentata: la strada. Tutte le bianche strade che camminavano monotone per le terre di questa Italia cosi ferocemente sconosciuta dai suol figli; tutte le strade che camminavano come mendicanti in cerca d'una sosta; tutte le vie senza nome e senza voci, aggrovigliate in se stesse come il rottame d'una magnifica opera caduta sotto un ingiusto colpo del destino, apparvero agli occhi di questo suscitatore come un cantiere novello da popolare d'ordinato lavoro, di sana giovinezza, di bella e prepotente operosità. Ecco: evegliarle, dar loro un nome, mutarle in desiderio e forza, farle balzare vive dal silen zio e dall'ombra, popolarle sonore di ppdali e di ruote, di torsi nudi e di braccia muscolose come le pulegge d'una macchina gigantesca, e trascinar dietro di esse, come in una ventata, ogni loro bellezza, ogni loro gioia, ogni loro forza, e sorridere al clamore del nuovo cantiere, ecco il sogno di questo apostolo. In quello scorcio del 1905 un gio vane ciclista astigiano destava 1 primi entusiasmi con le sue vittorie — la maglia rossa di Gerbi fu veramente come una fiaccola che accese nei giovani il gusto della lotta fino all'ultimo flato e della completa dedizione di tutti se stessi pur di raggiungere primi un traguardo; questo giornalista realizzatore senti .che questo entusiasmo celava nella gioventù un desiderio infinito, fino allora inespresso, di muoversi di agire di sollevarsi dall'ignavia dell'epoca. Il giornale sportivo se voleva continuare a vivere e compiere la sua missione, doveva lanciare, sia pure nel cuore dell'autunno che in quei tempi vedeva sospesa ogni attività di sport e di turismo, una corsa su strada, la prima grande corsa in Italia. Cosi nacque la prima creatura di questo magnifico animatore, il Giro della Lombardia che nella Storia dello Sport nazionale rappresenta una pietra miliare : quella dell'inizio glorioso. Poscia vennero la Milano-San Remo (1907) e il Giro d'Italia (1909). Nei primi tempi, quando la motocicletta cominciò a diffondersi, Morgagni ebbe una predilezione speciale per questo sport, seguendone con vera passione tutte le manifestazioni. Organizzò la prima corsa dei 1000 Chilometri, trasformatasi in seguito in Circuito del Po e in Giro d'Italia, poscia nel raid NordSud da Milano a Napoli. Tanto l'amava, il suo giornale, che s'innamorava di tutto quanto potesse tornar utile ad esso, anche sè si trattasse di sport e di organizzazioni a lui completamente ignoti. Quando intorno al 1907 i fratelli Raicevich riuscirono a farsi una strada e un nome nella lotta, Morgagni divenne immediatamente il miglior amico e sostenitore dei due Triestini. Morgagni era il primo ad esser convinto che il genere di letteratura sportiva d'allora poteva risponder al lavoro di propaganda da farsi nelle masse soltanto nei primi anni di sviluppo sportivo e avrebbe perso la sua efficacia e la sua ragione quando lo sport si fosse maggiormente diffuso, e perciò si raffinò, creando una rivista illustrata che al 24 maggio divenne subito un'eco di battaglia. Dallo sport alla guerra: non trastor mazlone o adattamento, ma logica continuazione. Fu il secondo periodo della sua instancabile attività. Rimasto solo con un compagno, da lui iniziato giovanissimo al giornalismo, nelle più difficili condizioni e senza aiuti ufficiali o ufficiosi, riuscì ad essere l'illustratore più documentato della guerra. L'Italia, ingigantendo i suol sforzi, persisteva a tacere. Si magnificavano l'aziono generale e 1 particolari delle imprese alleate specie nell'arma del cielo: da noi, niente; la proibizione, anzi, di citare individui, brigate, battaglioni. Egli va contro il divieto; elude la censura presentando al « visto » copie incomplete, arrischiando il sequestro la multa ti carcere, ma fa del <( Secolo Illustrato » — e poi del « Cielo », sorto a fine del 1917 contro la legge che vietava l'uscita di nuova stampa — l'organo ufficiale delle trincee e del campi d'aviazione, i cui campioni grandi e minori ricevettero altra luce che quella del sole in faccia al quale combattevano: la luce della notorietà nel Paese. Fu la sua preoccupazione e il suo tormento: citare nomi date numeri appunto perchè in alto si volevano tpper celati. Iniziative nobilissime, quali il Premio pei Cacciatori dèi cielo, quello per i bomhnrdatori notturni, quello per gli abbattitorl di « dra¬ pleimtrmdnzpB«svdMe nEgpcc23adItlafntmddnfoètgnPmglplbIsnrtdesnpdedsapcsng5ghbdvlllmlrfnBAcpdivaoI1crsAptsftctCgCdr—n8 ghi », quello per le audacie individuali, furono il vanto della battagliera Rivista. A guerra finita, ad avvenuto riconoscimento de' suoi meriti, aveva cominciato a volare, logicamente, appena ebbe un giorno libero dopo cento inviti. Nella pratica del volo accettò subito tutte le audacie: continuare fu per lui impegno d'onore. E voleva senz'altro prendere il brevetto di pilota, mentre era il più vivace propngnndlsta dei saggi per la trasformazione dell'aviazione di guerra in aviazione pei servizi civili. La piètra eretta sulle sue ceneri porta scolpita questa epigrafe di Benito Mussolini che gli fu amico: « Invincibile passione — di ogni singolo e collettivo nrdimento — avversione profonda alla statica mediocrità del volgo — spinsero Tulio Morgagni'— a esaltare colla narola e coll'esempio — tutte le nobili mnnifestazioni dell'energia umana. — Ebbe In sorte comune e gloriosa degli iniziatori: dischiudere il varco per coloro che verranno — consacrare col sacrificio avventuroso In certezza consolntrice del domani ». Era mmngnoln di Forlì, natovi il 25 settembre 1881. Vittorio Varale.