Voluttà della morte

Voluttà della morte Voluttà della morte POLIEDRO SPAGNOLO VALLADOLID, luglio. Un misterioso carattere e un segreto dell'anima spagnola al culmine del trionfo si riassume nel desiderio di annientamento, nella voluttà della morte. Carlo V, Santa Teresa, Don Giovanni: Carlo V che abdica, San- ta Teresa che grida • Sono la mag- ; gior peccatrice del mondo », Don [Giovanni che finisce la vita in una Confraternita di becchini caritatevoli. c Lussuria madre di malinconia » dice un proverbio spagnuolo: la carne che da il piacere è la stessa delle terribili decadenze: il Dio che l'ha creata per le carezze l'ha anche con- dannata agli spasimi delle malattie dei roghi delle flagellazioni. Tutta'un'epopea, dal primo auto-de-fc bau dito nella Piazza Maggiore di Valladolid, fino agli orrori della guerriglia d'indipendenza contro la Francia napoleonica riflessi nelle acqueforti dei desastros, celebra i martini della carne. £ di tutte le espressioni artistiche spagnuole la più grande, dopo il teatro cinquecentesco di Tirso di Lope e di Calderon, è la !scoltura policroma in legno. Il fiorire rigoglioso di queste due arti coin-icide con l'apogeo imperiale e cattolico che spopola le Fiandre, saccheg< già l'Italia e brucia gli eretici. Sol-lante oon la notazione di questo e/inta si giustifica e si spiega l'arte degli BouTturi in legno di Valladolid. Sen- ca una sosta in questa città, senza una visita alle sue ohiese e al suo Museo, la storia dell'arte e dell'anima spagnola sarebbe incompiuta. Sotto il suo cielo piatto nella sua atmosfera di luci violente e di silenzi sterminati (dove stride un tram elettrico e dondolano le campane dei conventi) stanno come nel loro mondo primitivo i saggi più spettacolosi della scultura policroma. »*# Ne di essa si può parlare ne della sua origine senza definire che cosa sono il retablo e il paio. Ketablo era in origine il palcoscenico per le improvvisate rappresentazioni dei comici vaganti e dei cantori di piazza : retablo è, per esempio, il teatrino di maestro Pietro contro il quale si avventa l'imaginoso Don Chisciotte. Ma Retablo è principalmente il vasto polittico scolpito poiicromato e dorato che, nella maggior parte delle chiese spagnole, s'alza dietro l'aitar maggiore in modo da sbarrare l'apertura dell'abside. Retablo, vocabolo teatrale par un'opera d'arte plastica teatrale. Quando la decorazione interna delle navate non è più auste ramante romanica o nordicamentegotica l'arte del retablo raggiunge il massimo splendore. li fedele cattolico spagnolo che vive in un'atmosfera di dramma come i suoi imperatori in patria e i suoi conquintcuioies oltreatlantico, ha bisogno di veder rappresentati dietro la saliente ostia, tra gli incensi e i canti, il miracolo o la. passione di Cristo o dei santi. Non ne ha bisogno per credere, ne ha bisogno per luffrire. Il retablo ha sostituito con forme plastiche immobili e silenzioso il dramma sacro medioevale : è altrettanto volgare e potente. Tutto ri corda le reeole e ^precetti cari al--, " , ^ , . . . . l'uomo di teatro: la divisione in ai- trettante scene quanti sono ì momenti culminanti del dramma, la progressione successiva .dell'azione, il contrasto tra il protagonista e i personaggi secondarli, i loro raggruppamenti e i loro gesti : perfino le decorazioni e le prospettive architettoniche dei diversi scomparti (o atti?) costituiscono vere e proprie messeinsoena. La scultura policroma spagnola nella sua forma più tipica e più gloriosa è proprio quella degli altorilievi • dei bassorilievi del retablo. L'altra che raggruppa statue a tutto tondo per raffigurare stazioni della e Via Crucis » destinate a esser portate attorno per la città in processione (paso») è più grossolana e meno caratteristica. E, delle due principali scuole, quella settentrionale della Castiglia e quella meridionale dell'Andalusia, la caetigliana è la miglioreLa sua gloria e la sua potenza sono nutrite di verità e di orrore. Il suo soggetto preferito è dunque il martirio e specialmente quello spaventoso di Cristo. Le estatiche meditazioni mistici abbandoni i vaneggiamentspirituali le graziose eleganze, appartengono a un'arte di decadenza che bamboleggia con la Madonna e coi santi come con le majas e le damine arcadiche, quando non rasenta le bambocciati dei presepi e finisce estenuata nel settecento. * # In questa caldura, sopravvenuta alla pioggia di ieri maturano dcolpo le spighe nella terra caetigliana Così al meriggio del predominio casigliano sul mondo e maturata in tutta la grandezza la voluttà della morte. Valladolid equidistante dall'enigma funebre dell Escuriale dalla saccheggiata tomba di Torquemadacittà di funerali e di mietiture, ha creato l'arte drammatica e macabra per eccellenza. Ne son piene le suchiese, ricchi i suoi monasteri e agitate le statue raccolte nell'antico collegio di Santa Cruz trasformato in museo. La prima impressione girando pele sale non abbastanza grandi e tantaffollate del Museo è sconcertante (Le luci velate, e radenti dei fitiestrondelle chiese giovano meglio del piengiorno a illuminare gli esasperatmovimenti e le forzate policromie Bisogna vedere come rutilano iroseo il blu e l'oro applicati senzsfumature alle forme plastiche imovimento; i volti hanno l'esageratespressione delle maschere, le braccii gesti e gli atteggiamenti dei mimLa loro parentela con gli attori plateali dei sacri misteri non potrebbessere più evidente. Religione spagnola di ieri e di oggi; ancora du ante le processioni i fedeli si senono arsi da un misticismo trascendentale e, dalle tenebre della folla, si anciano le invocazioni poetiche delle saete » verso i patos che stilano per e vie di Siviglia. E' di pochi anni fa l corteo dei flagellanti caricati di dupettacolosi crocioni, a ompi d'essere abbietti >. A noi educati all'arem; razione dei classici e dei nostri primitivi operanti sotto i cieli perlacei e nei divini paesaggi della Toscana, a brutalità degli scalpelli castigliair. apparti dapprima conio una degene azione della grande arte. Il dolore che consuma gli schiavi di Michelangelo è tutto di pensiero, quello che orce 1 martiri del suo discepolo epa gnolo, il Berruguete, è tutto di senso. francese convertito alla Castiglia di Vali ad oli ci, come il greco Domenico ^heotucopuli alla Castiglia di Toledo, La stessa materia, il legno, presta alla modellazione una malleabilità più ubbidiente di quella della pietra e più solida di quella della cera o della creta. I drappeggi degli abiti accompagnano con spirali di luci e di movimento le braccia levate, le schiene curve, le gambe inarcate. E di tutti gli scultori quel Juan de Juni, ragedidistdidaldgvedè certo il più potente. Il suo Entierro de Cristo con sette figure grandi al vero iscritte in una mezza elissi attorno alla solidità lineare del Cristo morto è un grande finale, un concertato, di tragedia. Ogni figura è tratta da un tronco di pino della Sierra: così lo scultore s'è trovato di fronte al problema di fondere il proprio soggetto negli schemi fissi dell'albero. Vita vegetale più vita animale, linfa più sangue, opera della sgorbia e del vento. Quando ispirazione e tecnica, scultura e pittura, riunite in un ritmo architettonico si sommano, nascono capolavori e ci si chiede se la suprema perchè la più difficile strada dell'arte plastica non sia questa, complessa tormentosa e violenta. Il Cristo de la sstplira Msnncssuludemdgplcbinrmluz (> La perla >) di Hernandez, La metà dello stesso non hanno uguali * ,, ... in . , -n w i nella stona dell arte del Rinascimen-1 ]to. Sono gli echi della policromia I cgreca egizia e barbarica addolciti nei ucontatti cor le sfumate trasparenze j sdei Della Robbia e spiritualizzati dal I tcristianesimo. JV Hernandez, gahzia- nno vissuto e morto a Valladolid d < cno vissuto e morto a vallarono, ci pare il più spagnolo il più «dipeli- udente e il più grande, .talora 1 arti- ssta invece di ispirarsi al tragico si gcompiace del macabro: oltre alle ter- lribill emozioni tisiche che corrompo-1 dno i bei visi toccano le belle mani cagitano i seni dei santi e delle sante c'è la compiacenza di far risaltare la corruzione stessa della carne mar toriata. Il sangue si raggruma e si incupisce la pelle si raggrinza il siero geme nelle piaghe del Cristo di Juni mentre nella Morte, di Beoerra, i muscoli si accartocciano sullo scheletro ì capelli marciti si diradano dal cranio, la mummificata materia delle viscere schizza di tra le costole dove si aggrovigliano i vermi. Un gusto tutto secentesco dell'orrore ha condotto gli scultori a cercar i modelli non nelle graziose penitenti delle Romerìe, non nelle gitane della Feria rplche diventano sante nella pittura an Malusa di Murillo e nella scoltura di1 Al * 11 _ "Vr J_: '. a a e - Alonso Cano, ma nella Morgue dei ; lazzaretti e sul palco dei giustiziati, Poco a poco parlando, scrivendo1Hi miPstP statue ci ai accorse di aver di queste statue ci si accorge ai aver usato le parole: cadavere, piaga, fe- rita, putrefazione. E se si osservano ! i particolari realistici d'ogni opera, se si analizza quella specie di volut- ' tuosa demenza con la quale il ferro e il colore si sono deliziati nell'esaltazione plastica della carne macerata da tutte le miserie ci si accorge che spesso l'elemento artistico esula dall'opera. Non siamo in una Pinacoteca, siamo in una sala del Museo Grevin o in un Teatro anatomico. Ed ecco ad accrescere la sensazione macabra e1 il paragone, una mosca smeraldina di quelle dette necroforo entra ronzando dalla finestra aperta. L'ultima parola non è detta, la suprema espressione non è rivelata. E' nella carne femminile che la voluttà Idella morte raggiunge un'altra volta |la sua apoteosi. Per più pentirsi, per meglio confessare, per proclamare con più alte grida il rimorso di aver offesa la religione con la bestemmia con l'ira con la concupiscenza bisogna aver davanti agli occhi la Vergine dei coltelli come l'ha rappresentata Juan de Juni nella chiesa de Las Angustias e la Vergine delle angosce come l'ha scolpita Hernandez per la Capilla de la Cruz. In tutta la statuaria del mondo niente è così straziante; lo spirito dei greci anche quando rappresenta Marsia scuoiato e lo spirito degli italiani se raffigura San Sebastiano frecciato o Santa Agata mutilata, rifuggono da un'espressione troppo realistica del dolore fisico. Queste due Madonne spagnole, « bersaglio vivente alle lame del martirio » sono tutte carnali ; ma le loro forme femminili non son modellate per l'amore o per la maternità, sfuggono alle tentazioni delle carezzo e dei baci. Di queste soffrono e si mortificano. La Madonna di Juni sta accasciata, sotto un tempietto classico', il contrasto tra l'architettura rigida e la statua realistica ne accresce la verità: abbattuta dalle ferite e dolorante si appoggia a un braccio per non stramazzare, con l'altro proteso, la mano aperta, sembra implorare che il martirio cessi : la bocca schiusa le pupille rovesciate le lacrime colanti sul bel viso emaciato, tradiscono la sensibilità di una donna ohe soffre, come noi a guardarla, per quelle sette crude lame d'argento che si incuneano nel suo cuore attraverso gli":.. i: j„, ,m„:,„ a j„, * abiti scomposti dal respiro e dal sua- sulto angoscioso del seno. Quella di Hernandez, trafitta da una luna sola apre le braccia e chiama aiuto, incapace di resistere oltre ■ gli occhi profondi e cerchiati forano il pallore del viso; con l'aiuto delle vernici e del vetro che cristallizza gli occhi e le lacrime, lo scultore ha creato un capolavoro di sensibilità. La tragicità teatrale delle due figure è accresciuta dall'alta e raggiante corona d'argento che cin- ge sopra i veli di lutto le fronti madide di sudore mortale. Intorno a questo terribile popolo di agitate passioni, immobilità castigliana di pensieri di ideali di tradizioni. Il soprannome di « vecchia» dato a questa terra si addice anche alla sua popolazione come un titolo di gloria: alle donne agli uomini inginocchiati davanti ai simboli di una verità eterna di una verità sola: il dolore. Raffaele Calzini. Voluttà della morte Voluttà della morte POLIEDRO SPAGNOLO VALLADOLID, luglio. Un misterioso carattere e un segreto dell'anima spagnola al culmine del trionfo si riassume nel desiderio di annientamento, nella voluttà della morte. Carlo V, Santa Teresa, Don Giovanni: Carlo V che abdica, San- ta Teresa che grida • Sono la mag- ; gior peccatrice del mondo », Don [Giovanni che finisce la vita in una Confraternita di becchini caritatevoli. c Lussuria madre di malinconia » dice un proverbio spagnuolo: la carne che da il piacere è la stessa delle terribili decadenze: il Dio che l'ha creata per le carezze l'ha anche con- dannata agli spasimi delle malattie dei roghi delle flagellazioni. Tutta'un'epopea, dal primo auto-de-fc bau dito nella Piazza Maggiore di Valladolid, fino agli orrori della guerriglia d'indipendenza contro la Francia napoleonica riflessi nelle acqueforti dei desastros, celebra i martini della carne. £ di tutte le espressioni artistiche spagnuole la più grande, dopo il teatro cinquecentesco di Tirso di Lope e di Calderon, è la !scoltura policroma in legno. Il fiorire rigoglioso di queste due arti coin-icide con l'apogeo imperiale e cattolico che spopola le Fiandre, saccheg< già l'Italia e brucia gli eretici. Sol-lante oon la notazione di questo e/inta si giustifica e si spiega l'arte degli BouTturi in legno di Valladolid. Sen- ca una sosta in questa città, senza una visita alle sue ohiese e al suo Museo, la storia dell'arte e dell'anima spagnola sarebbe incompiuta. Sotto il suo cielo piatto nella sua atmosfera di luci violente e di silenzi sterminati (dove stride un tram elettrico e dondolano le campane dei conventi) stanno come nel loro mondo primitivo i saggi più spettacolosi della scultura policroma. »*# Ne di essa si può parlare ne della sua origine senza definire che cosa sono il retablo e il paio. Ketablo era in origine il palcoscenico per le improvvisate rappresentazioni dei comici vaganti e dei cantori di piazza : retablo è, per esempio, il teatrino di maestro Pietro contro il quale si avventa l'imaginoso Don Chisciotte. Ma Retablo è principalmente il vasto polittico scolpito poiicromato e dorato che, nella maggior parte delle chiese spagnole, s'alza dietro l'aitar maggiore in modo da sbarrare l'apertura dell'abside. Retablo, vocabolo teatrale par un'opera d'arte plastica teatrale. Quando la decorazione interna delle navate non è più auste ramante romanica o nordicamentegotica l'arte del retablo raggiunge il massimo splendore. li fedele cattolico spagnolo che vive in un'atmosfera di dramma come i suoi imperatori in patria e i suoi conquintcuioies oltreatlantico, ha bisogno di veder rappresentati dietro la saliente ostia, tra gli incensi e i canti, il miracolo o la. passione di Cristo o dei santi. Non ne ha bisogno per credere, ne ha bisogno per luffrire. Il retablo ha sostituito con forme plastiche immobili e silenzioso il dramma sacro medioevale : è altrettanto volgare e potente. Tutto ri corda le reeole e ^precetti cari al--, " , ^ , . . . . l'uomo di teatro: la divisione in ai- trettante scene quanti sono ì momenti culminanti del dramma, la progressione successiva .dell'azione, il contrasto tra il protagonista e i personaggi secondarli, i loro raggruppamenti e i loro gesti : perfino le decorazioni e le prospettive architettoniche dei diversi scomparti (o atti?) costituiscono vere e proprie messeinsoena. La scultura policroma spagnola nella sua forma più tipica e più gloriosa è proprio quella degli altorilievi • dei bassorilievi del retablo. L'altra che raggruppa statue a tutto tondo per raffigurare stazioni della e Via Crucis » destinate a esser portate attorno per la città in processione (paso») è più grossolana e meno caratteristica. E, delle due principali scuole, quella settentrionale della Castiglia e quella meridionale dell'Andalusia, la caetigliana è la miglioreLa sua gloria e la sua potenza sono nutrite di verità e di orrore. Il suo soggetto preferito è dunque il martirio e specialmente quello spaventoso di Cristo. Le estatiche meditazioni mistici abbandoni i vaneggiamentspirituali le graziose eleganze, appartengono a un'arte di decadenza che bamboleggia con la Madonna e coi santi come con le majas e le damine arcadiche, quando non rasenta le bambocciati dei presepi e finisce estenuata nel settecento. * # In questa caldura, sopravvenuta alla pioggia di ieri maturano dcolpo le spighe nella terra caetigliana Così al meriggio del predominio casigliano sul mondo e maturata in tutta la grandezza la voluttà della morte. Valladolid equidistante dall'enigma funebre dell Escuriale dalla saccheggiata tomba di Torquemadacittà di funerali e di mietiture, ha creato l'arte drammatica e macabra per eccellenza. Ne son piene le suchiese, ricchi i suoi monasteri e agitate le statue raccolte nell'antico collegio di Santa Cruz trasformato in museo. La prima impressione girando pele sale non abbastanza grandi e tantaffollate del Museo è sconcertante (Le luci velate, e radenti dei fitiestrondelle chiese giovano meglio del piengiorno a illuminare gli esasperatmovimenti e le forzate policromie Bisogna vedere come rutilano iroseo il blu e l'oro applicati senzsfumature alle forme plastiche imovimento; i volti hanno l'esageratespressione delle maschere, le braccii gesti e gli atteggiamenti dei mimLa loro parentela con gli attori plateali dei sacri misteri non potrebbessere più evidente. Religione spagnola di ieri e di oggi; ancora du ante le processioni i fedeli si senono arsi da un misticismo trascendentale e, dalle tenebre della folla, si anciano le invocazioni poetiche delle saete » verso i patos che stilano per e vie di Siviglia. E' di pochi anni fa l corteo dei flagellanti caricati di dupettacolosi crocioni, a ompi d'essere abbietti >. A noi educati all'arem; razione dei classici e dei nostri primitivi operanti sotto i cieli perlacei e nei divini paesaggi della Toscana, a brutalità degli scalpelli castigliair. apparti dapprima conio una degene azione della grande arte. Il dolore che consuma gli schiavi di Michelangelo è tutto di pensiero, quello che orce 1 martiri del suo discepolo epa gnolo, il Berruguete, è tutto di senso. francese convertito alla Castiglia di Vali ad oli ci, come il greco Domenico ^heotucopuli alla Castiglia di Toledo, La stessa materia, il legno, presta alla modellazione una malleabilità più ubbidiente di quella della pietra e più solida di quella della cera o della creta. I drappeggi degli abiti accompagnano con spirali di luci e di movimento le braccia levate, le schiene curve, le gambe inarcate. E di tutti gli scultori quel Juan de Juni, ragedidistdidaldgvedè certo il più potente. Il suo Entierro de Cristo con sette figure grandi al vero iscritte in una mezza elissi attorno alla solidità lineare del Cristo morto è un grande finale, un concertato, di tragedia. Ogni figura è tratta da un tronco di pino della Sierra: così lo scultore s'è trovato di fronte al problema di fondere il proprio soggetto negli schemi fissi dell'albero. Vita vegetale più vita animale, linfa più sangue, opera della sgorbia e del vento. Quando ispirazione e tecnica, scultura e pittura, riunite in un ritmo architettonico si sommano, nascono capolavori e ci si chiede se la suprema perchè la più difficile strada dell'arte plastica non sia questa, complessa tormentosa e violenta. Il Cristo de la sstplira Msnncssuludemdgplcbinrmluz (> La perla >) di Hernandez, La metà dello stesso non hanno uguali * ,, ... in . , -n w i nella stona dell arte del Rinascimen-1 ]to. Sono gli echi della policromia I cgreca egizia e barbarica addolciti nei ucontatti cor le sfumate trasparenze j sdei Della Robbia e spiritualizzati dal I tcristianesimo. JV Hernandez, gahzia- nno vissuto e morto a Valladolid d < cno vissuto e morto a vallarono, ci pare il più spagnolo il più «dipeli- udente e il più grande, .talora 1 arti- ssta invece di ispirarsi al tragico si gcompiace del macabro: oltre alle ter- lribill emozioni tisiche che corrompo-1 dno i bei visi toccano le belle mani cagitano i seni dei santi e delle sante c'è la compiacenza di far risaltare la corruzione stessa della carne mar toriata. Il sangue si raggruma e si incupisce la pelle si raggrinza il siero geme nelle piaghe del Cristo di Juni mentre nella Morte, di Beoerra, i muscoli si accartocciano sullo scheletro ì capelli marciti si diradano dal cranio, la mummificata materia delle viscere schizza di tra le costole dove si aggrovigliano i vermi. Un gusto tutto secentesco dell'orrore ha condotto gli scultori a cercar i modelli non nelle graziose penitenti delle Romerìe, non nelle gitane della Feria rplche diventano sante nella pittura an Malusa di Murillo e nella scoltura di1 Al * 11 _ "Vr J_: '. a a e - Alonso Cano, ma nella Morgue dei ; lazzaretti e sul palco dei giustiziati, Poco a poco parlando, scrivendo1Hi miPstP statue ci ai accorse di aver di queste statue ci si accorge ai aver usato le parole: cadavere, piaga, fe- rita, putrefazione. E se si osservano ! i particolari realistici d'ogni opera, se si analizza quella specie di volut- ' tuosa demenza con la quale il ferro e il colore si sono deliziati nell'esaltazione plastica della carne macerata da tutte le miserie ci si accorge che spesso l'elemento artistico esula dall'opera. Non siamo in una Pinacoteca, siamo in una sala del Museo Grevin o in un Teatro anatomico. Ed ecco ad accrescere la sensazione macabra e1 il paragone, una mosca smeraldina di quelle dette necroforo entra ronzando dalla finestra aperta. L'ultima parola non è detta, la suprema espressione non è rivelata. E' nella carne femminile che la voluttà Idella morte raggiunge un'altra volta |la sua apoteosi. Per più pentirsi, per meglio confessare, per proclamare con più alte grida il rimorso di aver offesa la religione con la bestemmia con l'ira con la concupiscenza bisogna aver davanti agli occhi la Vergine dei coltelli come l'ha rappresentata Juan de Juni nella chiesa de Las Angustias e la Vergine delle angosce come l'ha scolpita Hernandez per la Capilla de la Cruz. In tutta la statuaria del mondo niente è così straziante; lo spirito dei greci anche quando rappresenta Marsia scuoiato e lo spirito degli italiani se raffigura San Sebastiano frecciato o Santa Agata mutilata, rifuggono da un'espressione troppo realistica del dolore fisico. Queste due Madonne spagnole, « bersaglio vivente alle lame del martirio » sono tutte carnali ; ma le loro forme femminili non son modellate per l'amore o per la maternità, sfuggono alle tentazioni delle carezzo e dei baci. Di queste soffrono e si mortificano. La Madonna di Juni sta accasciata, sotto un tempietto classico', il contrasto tra l'architettura rigida e la statua realistica ne accresce la verità: abbattuta dalle ferite e dolorante si appoggia a un braccio per non stramazzare, con l'altro proteso, la mano aperta, sembra implorare che il martirio cessi : la bocca schiusa le pupille rovesciate le lacrime colanti sul bel viso emaciato, tradiscono la sensibilità di una donna ohe soffre, come noi a guardarla, per quelle sette crude lame d'argento che si incuneano nel suo cuore attraverso gli":.. i: j„, ,m„:,„ a j„, * abiti scomposti dal respiro e dal sua- sulto angoscioso del seno. Quella di Hernandez, trafitta da una luna sola apre le braccia e chiama aiuto, incapace di resistere oltre ■ gli occhi profondi e cerchiati forano il pallore del viso; con l'aiuto delle vernici e del vetro che cristallizza gli occhi e le lacrime, lo scultore ha creato un capolavoro di sensibilità. La tragicità teatrale delle due figure è accresciuta dall'alta e raggiante corona d'argento che cin- ge sopra i veli di lutto le fronti madide di sudore mortale. Intorno a questo terribile popolo di agitate passioni, immobilità castigliana di pensieri di ideali di tradizioni. Il soprannome di « vecchia» dato a questa terra si addice anche alla sua popolazione come un titolo di gloria: alle donne agli uomini inginocchiati davanti ai simboli di una verità eterna di una verità sola: il dolore. Raffaele Calzini.

Luoghi citati: Andalusia, Castiglia, Francia, Italia, Siviglia, Toledo, Toscana