Interpreti della Castiglia di Ippolito

Interpreti della Castiglia POLIEDRO SPAGNOLO Interpreti della Castiglia MADRID, luglio. I frequentatori delle ultime Bien-nali veneziane conoscono una pittura cupa e tragica dove il folclore è •punto di scene macabre e di episodii lugubri. La ritrovano nel Padiglione spagnolo dove sembra sgominare le gaie colorazioni di Rusinol, gli eleganti ritratti di Ortiz Ecliagiie, il decadentismo di Bertran-M asses, le disinvolte tele degli epigoni di Sorolla e di Zuloaga, l'abilità dei Chicbarro e dei Zubiaurre. E' la pittura di Solana. Una. volta, questo bizzarro artista, abitava nella vecchia Madrid dei rivenduglioli, dei rigattieri e dei miserabili : al rostro. Sotto le sue finestre risonavano i richiami stonati dei gelatieri le musiche delle giostre e strepitavano le chitarre degli zigani. Ora occupa un appartamento in una bella casa borghese del Paseo Maria Cristina; ma le camere del suo studio-appartamento con le bizzarre collezioni e i preziosi mobili sono una degna cornice alla pittura veramente surrealista che decora qua e là le pareti con la « fiera dei fantocci » che popola ed ispira la sua arte. Scolture romaniche con gesti disperati e violenti accostano maioliche e porcellane cinesi; buccheri peruviani animaleschi e spettrali circondano pose comiche di bambole e di aggraziate Madonne. iXTn orologio a pendolo con un rondò e un carillon di burattini tra il ritratto ricamato di un torero e un crocefisso policromo del seicento getta il brivido della musica e del tictac. Vedute litografiche della Spagna miUeottocentotrenta e immagini silografiche per bambini, paesaggi tenebrosi con prospettive di ponti orridi e di rovine romantiche evocano tenebrosi panorami della Vecchia Castiglia. Da uno di questi si stacca « mi viene incontro sorridendo un nomo tarchiato e un po' tozzo, dalle spalle quadrate e forti di contadino, dallo sguardo chiaro ed acuto. Parla un castigliano stretto, tra i denti dorati: gestisce adagio. Gli occhi si avventurano ogni tanto nel vuoto e sembrano cozzare con misteri e con incubi dell'ai-di-là; Solana. Solana e un castigliano puro, nato casualmente a Santander ; ma la sua arte e la sua mentalità sono strettamente castigliane. Egli estTae dalla tradizione e dal folclore della sua terra l'essenza di un'ispirazione e di una pittura cerebrale e macabra come la letteratura di Ramon Gomez de la Sema. Non esiste per la sua pittura il confine tra il reale e l'irreale: nel secolo di Pirandello e di Einstein egli predica con la pittura la relatività della materia: uomini o cose. Per lui il «vero» è quello dell'immaginazione pura. Non c'è fantoccio dentro-il qualer'égli'' non''Sappia scorgere il brivido .<Ji,,>uiia vita;""non c'è uomo dove egli non veda il meccanismo scheletrico del giocattolo animato. Spentosi il fiammingo Rops, accanto ad Alberto Martini non rimane che questo Solana, discopritore di baro ed interrogatore di tavole spiritiche. La sua potente pittura scheletrita e legnosa caratterizzata da toni freddi e neri è l'ultima sinceramente imparentata col grottesco di Goya. L'ironico, il fantomatico e il romantico si sommano nelle sue visioni di Castiglia: processioni, corride, feste, gruppi di figure immersi in una luce livida, senz'ombre. Una atmosfera pesante che esprime bene la fatica la superstizione la tristez- J- : : i • _n- sa di quei contadini inchiodati alla miseria e alla terra fino all'ora della morte, si cristallizza su quei paesaggi di fantasia su quei pueblo* assolati. Un pensiero di ostinato fanatismo e forse uno spirito di rivolta aniraano i processionanti raffigurati da Solana nell'atto di portar le gravi croci dei paso*, gli stendardi delle co. /radia*, le torcie accese. Egli è un po' il pittore de! mistero come DeFalla ne è talvolta il musicista. Gli echi paurosi che corrono tra le spire de « La danza del miedo » di DeFalla, sembrano attraversare anche gli interni di Solana. I fantocci, i clown» che taluni modernissimi scrittori spagnoli hanno introdotto nelle novelle o nei frammenti lirici egli li aveva già portati alla ribalta della pittura. — Ecco la mia vocazione. Mi mostra due tele stupende, tra le sue cose migliori, che rappresentano due vetrine di manichini. Ciò che sorprende è l'atmosfera di « vita consumata » che circonda quegli spettri. — Appartengono al Museo del Costume: h dipinsi alcuni anni or sono. Stavano in una sala deserta del Museo; nessuno vi metteva piede. Io passai ore ed ore a dipingere questi rottami del secolo goyesco. Immaginavo che, da un momento all'altro, -, potessero rompere i cristalli con le • loro mani di legno e le loro zucche di gesso e, usciti dal Museo, riprendessero il loro posto nelle ombre della vecchia Madrid. • Da allora, si può dire, questo mondo di fantasia prese nella ,sua arte il posto della realtà. Quando si mise <•* dipingere uomini li tradusse in una formula di fantocci arrestati in un gesto per l'eternità. ■— Non siamo tutti fantocci — mi dice — dai fili invisibili? E mi addita un quadro recente: «Gli automi»: crepuscolo sul bastione di un villaggio castigliano, il prete, il notaio, il vecchio ricco, lo scemo, il paralitico, il sacrestano stanno ritti e impettiti come marionette di una grande baracca. Passiamo da un quadro all'altro: 'L'entierro de la sardina è una macabra danza di scheletri, J.o specchio della morte una rassegna di oggetti simbolici attorno a un teschio, Pro/essore di anatomia una |decorazione di pezzi anatomici tra le 'mani di un prosettore. Quando, ne- gli Asfaltatori o nelle Coriste, o nei Pagliacci, si sforza di legarsi alla realtà il suo temperamento lo costringe a un'espressione dolorosa della vita. Prendo tra le dita una tavoletta antica di uno scolaro d'Holbein che ha raffigurato la Morte in,atto di sfogliare dalle vesti una donna nuda. Solana ride : — Molti suppongono che questi pittori macabri siano tristi uomini lontani dal piacere e nemici della bellezza. Sono danzatori, mangiatori e bevitori formidabili. Io e mio fratello... Permette? Mio fratello. ■ E' sorto dietro me, dall'ombra* il fratello di Solana. Gli assomiglia, è più magro e più pallido, vive nella scia del pittore come se le loro personalità si completassero. Io e mio fratello conosciamo le migliori osterie e le più succulente taverne di Madrid. Il pittore lavora soltanto di giorno. Quando scende la sera, i due Solana con un desiderio con un gesto solo rinchiudono nel fantomatico appartamento una esorcizzata cameriera e se ne vanno per le vie della vecchia Madrid, anch'essi leggendari e di o un'altra epoca » alla ricerca di un oblioso Xeres o di una storica agua ardieiUe. Rientrano a tardissima ora, quando la luna mette in moto i fantasmi, gli orologi delle loro camere incantate hanno già battuto la mezzanotte. * * Monsieur Caprotti, giovane di trent'anni, stava a Parigi : un committente di quadri gli dice : — Vous, Monsieur Caprotti, qui aimcz l'aventure, andate a Madrid, al Prado, ed eseguite per conto di un americano la copia del quadro di Velasquez: a Pabhllode Valladolid ». — Caprofc-< ti che aveva già fatto uu viaggio in Russia con' Scialiapin, e già aveva errato dipingendo e disegnando per terre di Francia e per Marche di Germania, prese una valigia, una cassetta di colori, la tavolozza e un pesante mantello (pare fosse proprio un pesante mantello) e salì nell'espresso Parigi-Madrid. Pieno inverno, ghiaccio, neve a furia: tanto che a una stazioncina della Castiglia, dopo molte ore di cammino, il treno dovette arrestarsi, bloccato dalla tormenta. Così comincia anche «La femme et le pantin». Il treno s'era fermato ad Avila, la patria di Santa Teresa. Caprotti scese col suo bagaglio zingaresco, deciso a visitare la città in un paio d'ore : vi rimase tre anni. Così cominciò l'«avventura» castigliana e spagnola del pittore Guido Caprotti di Monza. Avila: piccola città di chiese e di conventi: il suo segreto e il suo misticismo sono rinchiusi dentro una cintura di torri e di muraglie : la pianura della vecchia Castiglia, pietrosa e infinita, dilaga appena al di fuori delle porte medioevali. Vecchi costumi, superstizioni antichissime" ospitalità patriarcale. La Spagna romantica, sogno degli ottocentisti. Caprotti ne fu subito affascinato : cominciò a dipingere un gran quadro raffigurante i sereno* passati in rassegna prima che incominci la ronda di vigilanza per la città. Un quadro immenso, con otto figure grandi al vero, con accovdi d'argento su fondi di cobalto. Esposto a Madrid ottenne un grande successo di discussione. Era o pon era una raffigurazione della Spa gna? Ci volevano gli occhi di uno straniero, di un italiano, per sintetiz- _ • -, ,_ ■ , zar© in un quadro la poesia della Castiglia ! Si sa che gli spagnoli non vogliono essere interpretati romanticamente dalla pittura nè dalla letteratura; ma quel quadro vicino all'ispirazione della realtà, cavato dalla notte della Castiglia come una gemma dal terriccio, piaceva ai naturalisti e ai lirici e piacque sopra tutto (questo è miracoloso) ai cittadini di Avila che salutarono in Caprotti il loro pittore, come nell'argentino Larreta avevano proclamato il loro scrittore. A Caprotti fu assegnato per studio un vecchio palazzo di Isabella la Cattolica, purché dipingesse ! Era un locale lungo quindici metri e contava tradizioni gloriose perchè vi avevano dipinto Sorolla, Zuloaga, Chicharro. Il nostro monzese, spirito solitario e fantastico, si ritrovava poi ogni sera in una taverna di Avila con le autorità del paese con un saggio, il professore e letterato Barnes, e con l'Alcalde. — Come va la pittura, Don Guido ? — Che cosa stiamo dipingendo. Don Guido? Rispose, una volta, che stava 'dipingendo una veduta d'Avila notturna; ma che gli davano un po' noia i fanali di una strada. (L'indomani, per a ordine superiore» tutto un quartiere era piombato nella più opaca oscurità. Anime semplici, amici fidatissimi, ospiti tradizionali. A Gli occhi della notte seguirono: Il sereno, La puerta de la mala ventura. La Herm'ta encantada e studii di palazzi, di strade, di conventi, vedute di mercati e di processioni. Ottimo fra tutti: Anime pure un quadro con tredici figure grandi al vero, che rappresenta la Messa dei morti, in Castiglia. I contadini stanno a ginocchi ; davanti sovra un tappeto pongono l'offerta : qualche peseta o semplicemente qualche perra, un mucchietto di grano, un paio di candele o nient'altro che un pane. Il prete officiante passa accanto ai fedeli e prega, secondo la loro intenzione e ih proporzione dell' offerta, per i poveri morti. Por tierrat de Casiilla, figure contro un cielo di vento fu accolto al Salon di Parigi dove Caprotti manda qualche opera ogni anno. Il Circolo di Belle Arti di Madrid, nel 1918, organizzò una Mcstra del Ciclo di Avila e questa c'"* elesse " Don Guido » suo figlio « adoptivo » : cittadino onorario. E poi la Croce d'Isabella la Cattolica, la Croce di Aifonso XII, decorazioni e tentazioni di mutare la cittadinanza. Caprotti volle rimaner italiano; è italiano di ideali, di pensieri e non c'è connazionale di passaggio per Madrid che non trovi in lui un consigliere e una guida insuperabili. Pochi spagnoli hanno penetrato la Spagna come lui. In giovinezza si è provato a tortore, ha percorso tutta la Castiglia a cavallo, ha abitato, per anni presso la Gauaderia dei tori di Miura in Andalusia, e anni dopo, all'estremo opposto, in Biscaglia. Amico dei signori e dei poveri, dei pittori e degli etpada, di Zuloaga e di Belmonte, del chitarrista Segovia e della gitana Imperio, di Primo de Rivera dittatore e di Juan Laftita archeologo. Conosce Madrid meglio di un madrileno vecchio, la Castiglia più di uno zingaro. E sa dirvi tutto della Spagna: sa spiegarvi tutto: pittura, musica, cucina. Vi può insegnare un passo di torear, un ritmo di danza, una strofa di canto fiamenco, una ricetta prelibata. Sa dove si comprino a buon mercato i muntone* de Manila, dove si versi il miglior vino e dove si rosoli il più stupendo arrosto. Nè allegro nè triste, forse malinconico; buon compa- lutano nell'osteria, nella sala, nella corrida : — Ole ! Don Guido ! La sua alta persona, il suo viso pallido e ovale, il mento un po' prominente, le orecchie lunghe gli at- gno e fedele camerata che tutti sa- tribuiscono qualche carattere di hidalguia. Ma cuore italiano e figlioli italiani : — Questo sì ! Carambal Tre bambini : due gemelli. Non ubbidisco anche qui, in Spagna, alle prescrizioni del Duce? Intanto mi mostra quadri vecchi e nuovi: preziosi costumi castigliani, ii« li -HA :i_ . • _ 11- appelli di contadine d'Avila, scialli |di cortigiane andaluse, una cappa di Ivelluto degna di Godoy, un disogno donatogli da Sorolla,' un telaio lasciatogli da Zuloaga. — Carambal Questo è lo studio di Zuloaga. Due generazioni di bohème ! Che andirivieni di modelle ! E feste, Carambal Sulla terrazza, alla sera, con chitarre e vino buono e » ballerine « gitane autentiche »; non jdi quelle per forestieri! La biblio-:teca ? Ecco la biblioteca ! Mi mostra uno scolpito mobiletto JiIcon una serie di bottiglie disposte a triangolo come le canne di un organo. — Stupendo, vino stupendo! Cento bottiglie in cambio di un quadro. itratto a :"Un'altra volta, in cambio di un qua- :dro, un'automobile. Caramba! Un;giorno, all'osteria, feci il Belmonte e Belmonte in cambio mi dedicò un toro. Nella J'iaza di Siviglia ! La più grande emozione della mia carriera di pittore ! Lavorare, lavorare : questo importa : dipin- igere. Pittura solida, senta trucchi. E ogni tanto, appena si può, un viaggio in Italia e una volta o l'altra, speriamo. per sempre. Carambal Ho studiato con Tallone io, a Brera... Lontani tempi del premio Hayez quando egli vinse il pensionato in contrasto con Aldo Carpi! Ora Caprotti mi parla di quegli anni, di quegli amici: Ambrogio Alciati, Giuseppe Amisani, Giovanni Greppi. Anteguerra: l'Europa irrequieta e felice alla vigilia dalla strage: Milano ancora provinciale attorno alla | Scala, a Brera, al Dómm, a ManI netti. Le battaglie, le mascherate e i debiti della « Famiglia Artistica » e una solidarietà fraterna di fronte alla fatica e al lavoro, un'umiltà timida dinnanzi all'arte e di fronte ai maestri. — Ambrogio Alciati è morto. Quello ora un grande pittore. Voglio scrivere di lui nolla Gaceto, de bella* «r<es dove dedico Siettimanalmerite nna rubrica a un artista italiano: Wildt, Spadini. Morto anche Spa-dini ! Ma! la vita è una cosa prov-visoria ! L'arte, l'arte non. dev'essere provvisoria. Si fa quel che si può ! Carambal Bevi un chato, un bic-chierino! I Usciamo sulla terrazza, ~~ dorato d untopazio. Guardo Madrid attraversoqUesta gemma liquida come Nerone guardava Roma attraverso lo sme- raìdo: giardini e palazzi appaionostanj j-j vjno ha j\ t;>paz.i0 Guardo Madric come disciolti in un polverìo di ambra. — Tutti i paesaggi sono diversi — mi dice Caprotti — basta guardarli attraverso un vetro a colori: l'arte. — Era l'opinione del signor Ippolito Taine. Raffaele Calzini.