Sotto la "Porta del Sole,,

Sotto la "Porta del Sole,, Sotto la "Porta del Sole,, MADRID, giugno. Si vedono con gli occhi di Don Chisciotte giganti immobili agitare le lunghe braccia sulle pietrificate onde della pianura. Mulini a vento grotteschi e laboriosi torreggiano nello scacchiere di campagne rosse e verdi dove piccoli uomini bruni sobbalzano guidando gli aratri e gli erpici. Melanconia di spazi senza case senz'alberi che s'interrompe per rivelare sulla curva geometrica di una balza, una città liscia ed uguale, di un color grigio-rosa. Le nuvole torve e gonfie su quello spettacolo lineare trattengono bagliori di porpora oscura mentre veli di amaranto s'aprono per lasciar intravvedere oltre la città solitaria densità azzurre di montagne e bagliori di nevi. Tutto è immobile nell'attimo: tranne il cavallo di una noria che gira sul lato dell'occhio cieco. Anche la strada si svolge in curva per avvicinarsi a quell'apparizione di città triste, luminosa per mille finestre, eroica per alcuni modernissimi grattacieli e voluttuosa di giardini tra masse di case cineree. Una ■ Scuola taurina » al limite dei sobborghi sembra creata per dare al viaggiatore arrivante, una sensazione folcloristica. Dietro la quale si dilungano ormai in scorcio vie monotone con i soliti chioschi, gli alberi cittadini, le tramvie, i richiami grotteschi e le melanconie di tutte le capitali. Si cerca invano d'indovinare un fascio di guglie la cupola di una chiesa. Sopra l'uniformità dei tetti grigi soltanto un'architettura barocca di nuvole: Madrid. * * Un arco fiancheggiato da due Vittorio alate che recano la tromba della fama e la corona della gloria offrendola in un tardo stile neoclassico agli eroi del sette luglio 1822 conduce al palcoscenico della vecchia Madrid : la Plaza Mayor. Curiosa piazza ret-J tangolare con pause di silenzio, clamori di bambini e richiami di rivenduglioli d'antica provincia. Due fontanelle zampillano ai lati d'una etatua equestre imboscata tra gli ippocastani e pacifica malgrado il gesto eroico e il cavallo generoso. Si penserebbe a una piazza comune senza caratteristiche e senza storia se, d'un tratto, non si scorgessero a tutti i piani, davanti a tutte le finestre, sul coronamento di tutti i tetti, balconi e ballatoi che danno l'idea di un'immensa folla schierata e pigiata, con le mani tese e gli occhi intenti. Dove sventolano biancherie ad asciugare e leggere fronde di rose e di edere casalinghe sembrano scorrere fremiti di applausi, palpiti di fazzoletti e di nastri. La curiosità e lo stupore hanno lasciato su queste facciate borghesi le traccie della loro vibrazione attraverso le mille balaustre e le ricorrenti inferriate: le emozioni dei.cinquantamila spettatori che si protendevano sul rettangolo polveroso e assolato come sul circolo di un'arena, sembrano stagnare tra i richiami dei venditori di naranjada e di orchata. Le più famose esibizioni spagnole: la eorrida de toro» e ì'auto-da-fè ebbero qui il loro palcoscenico primitivo e la promulgazione delle loro leggi. Se al Museo Bomantico si può vedere la Plaza Mayor apparecchiata di festoni e di bandiere per una gaia corrida, al Prado, in un quadro fosco e bituminoso del seicento, essa è raffigurata durante il tremendo auto-da-fè che per dodici ore inchiodò da questi balconi l'attenzione del Re della Regina della Corte della folla sui macabri preparativi che condannarono ottanta erotici e ne condussero venti al rogo. Io colloco facilmente lunghesso i placidi negozi e i sonnacchiosi caffè i tremendi giudici, austori e impavidi come nei ritratti di Zurbaran; domenicani bianconeri col vessillo dalla croce verde, la folla che ingoia acque dolci e gelati, rinfreschi e mandorle toste, mentre sui panconi che recano la croce borgognona la spada rossa e la palma del martirio, i condannati ciondolano il capo coronato dal lungo cilindro di carta, grottesco e giocoso. Mezzogiorno. Questa piazza che fu centro di tutte le festo e di tutte le emozioni madrilene è una Regina in esilio, condannata a una solitudine conventuale. H cavallo modellato dal Giambologna cavalca nella luce che i voli delle rondini interrompono, sul silenzio di siesta dove un grammofono canta la strofetta di moda: tifo te guiero mas...*. Non ti amo più... Cerco invano di fissare la fisonomia religiosa di Madrid. Unica tra tutte le città spagnole non vive attorno al nucleo incrollabile di una cattedrale, non si prosterna a un patrono. Chiese disperse, raramente monumentali, rompono appena la frivolezza delle sue vie, la modernità delle allineate Banche, dei torreggianti alberghi. La vita madrilena sfugge all'ombra e al suono delle campane di una spettacolosa cattedrale come quella di Toledo, di un Santuario immenso oomequello di Santiago. Forse il suo spirito mistico si è nascosto nella piccola chiesi conventuale di Calle Hortaleza e nella abbandonata Capilla del Obiipo. In una il capolavoro di Goya, nell'altra un capolavoro di scoltura platfrresca creato nel legno da Giralte e da Villondo. Il quadro che bì potrebbe intitolare « Il pentimento di ' Goya » occupa una delle cappelle laterali della chiesa conventuale di Calle Hortaleza. Si direbbe che il pittore, come Don Giovanni, abbia udito nella notte la voce ammonitrice : « Pentiti Don Francisco ! ». Quanto lungi ormai le nudità voluttuose delle due Maja», le libere interpretazioni della santità che popolano di gaie vergini e di forti giovanotti la cupola affrescata di Santo {Antonio, della Florida ! Questa volta, ftel rappresentare la Comunione del J j,! i i e , o , beato San Giuseppe di Calasanz, egli ha celebrato il supremo simbolo della cristianità con due^prodigi: uno di ispirazione religiosay l'altro di pittura. 11 mistero della luce e dell'ombra creato dalla pittura si allea a un mistero di divinità e di umanità suggerito dalla fede. Qualche tenebrosità ricorda i secentisti lombardi, e la teonica /sfida quella di Rembrandt; ma tutta goyesca è la gamma dei colori con alcuni gialli dorati e pennellate rapide di un rosa marcio: goyesca è la rappresentazione pernii crudele con la quale s'incide la miserabile e consunta corporeità del santo a ginocchi. Confiteor: Goya si pente della sensualità e del sadismo, dell'orrore e della passione coi quali contemplò la bellezza e la bruttezza del mondo: rinnega il pennello che ha evocato i delitti dell'amore, della guerra, del sogno, dulia carne ; mette in fuga i fantasmi dei Caprichot, le satire volterriane de' suoi libri di disegno, i manigoldi violenti dei c Disastri della guerra i. Goya orede. Il pittore è a ginocchi come quel vecchio spirante in santità sui gradini dell'altare; un fascio di luce scende sul suo capo canuto dalle altezze invisibili della chiesa tutta in ombra; la navata è affollata di ragazzi e di bambini vestiti di nero, 'pallidi ed eleganti come paggi, fisi al venerando vecchio che sulla bocca sdentata e tremante sta per appoggiare la santa particola. In questo quadro, che ha la profondità di un' a acquaforte a colori », i gesti, le linee, le masse concorrono a creare un'atmosfera di miracolo. Da un momento all'altro, per il prodursi di una scintilla in quelle tenebre, si farà la vita o la*morte. Questa la religione di Madrid; e l'altra che anima l'immenso dossale dietro l'altare della Capilla del 0bUpo. Nella fredda ascensione architettonica delle nervature gotiche il movimento plastico dorato e policromato di quelle sculture violente può parere stonato. Poco alla volta ha il sopravvento e riesce a invadere l'attenzione e la vista con le sue spirali scintillanti, coi suoi ritmi esasperati. La cantica della Passione di Cristo è rappresentata col predominio dell'elemento tragico, e suddivisa in dieci scene tra le quali emerge, al centro, e viene innanzi, la disperazione fustigata del Cristo alla colonna. Le forti dorature, gli smalti lucidi della vernice sbalzano nel buio una croce, una donna urlante, duo braccia imploranti. Gli elementi classici delle colonnine che inquadrano il dramma scolpito nel legno sono schiacciati da quella libertà dell'arte plateresca tumultuosa e rutilante. Ma fuori la piccola piazza coi suoi alberi cittadini e le fanciulle che saltano la corda è di una soavità campestre; e più oltre sono allineati i carretti degli ortolani che vengono in città con la verdura e con la frutta. Banche, bancherelle all'aperto: piramidi d'arancie, di albicocche, cascate di carciofi e di asparagi. Odore di piena estate. Alcune donne allattano, placidamente. Una fontana scroscia in quell'ardore polveroso: nel viavai della folla una gitana immobile regge, sul braccio un marmocchio dagli occhi gonfi, ammalati, coperto il capo sudicio di un elmo ritagliato nella carta. Dietro le spai le. dietro il viso bruno e fiero della gitana una strada in pendìo: il Rastro. Mercato di robivecchi, di sudicerie e di antichità preziose sulle quali si curvano migliaia di sguardi e di mani. Fluttuante gora di rifiuti e di rottami degna di Mosca o di Costantinopoli. Dietro il Eastro un gran vuoto. Il paesaggio riprende, alle spalle della gitana, dopo un infinito spazio. Il cielo della Castigha fiammeggiante si scompone in una tempesta di basse nuvole sopra il crepitìo dei villaggi miserabili sgre (■olati dal sole. Anche recentemente si è accusata Madrid di avere « una cattiva politica e una cattiva cucina ». Quanto alla cattiva cucina vi fu chi assunse le difese delle pentole madrilene; quanto alla cattiva politica si riconobbe che Madrid ha lo scetticismo proprio di tutte le capitali, un' certo modo ironico e latino di non stu pirsi, e un vago gusto castigLis.no, piccolo e grande, di ridere per ventrquattr'ore intorno a un aneddoto o sopra un buon motto. Le notizie, o, se vogliamo, le chiacchiere, arrivano all'altipiano regale da tutta la penisola corno stormi di augelli affaticati dall'emigrazione. Si aggrappano alle case, ai palazzi, si diffondono per le vie prima di sparpagliarsi per la Spagna e di disperdersi. Sussurrano tra, i begli alberi del famosissimo Golf della Puerta de Hierro, dove l'aristocrazia, il bel mondo e lo snobismo internazionale hanno gran faccenda di palle. Boccheggiano dietro i vetri d'acquario nei grandi clubs della Calle de Alcalà e della Gran "Via, ronzano più rumorosamente nei chiassosi caffè, nelle Cerveceriat dove spumeggia la birra, nelle Granjas dove il morigerato madrileno ha sostituito al chato di Malaga o di Manzanilla il bicchiere di latte freddo. Le chiacchiere puramente ■ de Toros » sono riservate alle intime e sacre stanze dei Circoli Taurini. Ma in tutti gli altri ritrovi il disco della curiosità viene sostituito in pochi giorni: dopo la gara di foot-ball Spagna-Inghilterra con l'invincibile portiere Zamora, il rinvenimento di un uomo tagliato a pezzi e rinchiuso in una cassa trovata alla stazione di Madrid. Il sorteggio delle innumerevoli lotterie nazionali: speranza di subita ricchezza ! E da ultimo, le miracolose guarigioni ottenute dal taumaturgo di San Sebastiano : speranza di salute ! Questo dottor Asuero igno¬ to fino a ieri è l'uomo più celebre e più discusso della Spagna. I grandi avvenimenti sportivi e politici impallidiscono di fronte alle cure infinite e miracolose ohe il divo medico pratica con una misteriosa operazione al trigemino. £ non c'è corrida, caffè, teatro, club, giornale, dove non si senta pronunciare seriamente o ironicamente la parola scientifica che denomina un nervo della mucosa nasale. Sembra che Asuero, come già il francese Bonnier, si limiti alla cauterizzazione di questo nervo riuscendo a guarire neurosi, reumatismi, sciatiche e addirittura tumori e tubercolosi ossea 1 Miracolo della suggestione, del cielo estivo e dello spirito latino. Lo scorso anno, di questi giorni, un'illuminata nella campagna del Santissimo a Valenza dava la salute agli infermi e li induceva a bere l'acqua del mare dopo averla benedetta I Si parla di tutto e di tutti... e si sparla. E l'altro giorno la caricatura di un quotidiano alludendo alla cen¬ sura diceva: c Di che possiamo discorrere oggi ? Della temperatura... ». # * ♦ Il cielo madrileno è dei più multiformi e più vasti. Trasmuta infinitamente dall'alba al crepuscolo. Si curva sulla modellata Calle d'Alcalà, sul granito rigido del Palazzo Reale, sulle trionfali porte d'Alcalà e di Atocha senza corrompersi. I grattacieli della Gran Via incidono appena qualche groppa di nuvola, e non appannano il suo nitore. Cielo d'alta montagna ventoso e chiaro, senza vaporazioni d'acque ferme e senza nebbie marine. Riflette piuttosto le petraie arroventate, le pianure gialle di frumento, le curve delle sierre brulle. Lo si indovina appoggiato agli orizzonti tragici della Vecchia Castiglia dove per strade solitarie migrano polverosi greggi e tori cupi guatano. Quando un temporale si annuncia, appare animato dalle nuvole e percosso dalle folgorazioni. Vi sventolano le bandiere di Lepanto, di Las Navas de Tolosa, della Fiandra, vi veleggiano caravelle e galee alla conquista di mondi. Fumacée di incendi di auto-da-fè, di rivolto e d'assedii si mescolano «.Ile animate follie che conoscemmo in Goya, alle vampe di luce ohe scrutammo nel Greco, afle nuvole di battaglia che salgono dietro il cammino degli eserciti nel quadro di Velaequez della «Resadi Broda». Sintesi della Castiglia vittoriosa, somiglia uno di quei soffitti in cui Tiepolo per la gloria di Carlo III riunisce divinità della guerra e della pace, angeli e astri, cavalli alati e messaggeri olimpici, fantasmi tra bandiere e nuvole. Riflette sogni, illusioni e presagi di tutta la_ Spagna, simile nella sua magia agli specchi dove si evocavano le prospettive del passato e si spalancavano le chiuse dell'avvenire. Quando, verso il crepuscolo, dai giardini del Retiro o dalle foreste del Prado vaporano canti di usignoli e ululati di automobili, la gloria de! cielo si spegne. Sui coronamenti dei i i i e e l o . a e a , i l e i l e ! i palagi. le reclame» luminose scrivono parole di lampadine elettriche in uno stile e in una lingua internazionali, e le caratteristiche esteriori della città si uguagliano. Col progredire della notte le popolose arterie sussultanti ai crocicchii, alle stazioni della ferrovia sotterranea, davanti ai cinematografi e ai caffè risplendenti assumono l'aspetto di una qualunque strada di Parigi o di Buenos Aires. Così fino all'alba. E' il grande arco del sole ohe racchiude la capitale spagnola in una corona di grandezze, in un'esaltazione di forme che risponde all'orgoglio tirannico e alla fede incrollabile della Vecchia Castiglia. E' scomparsa con gli sventramenti dei nuovi secoli la bottega all'insegna « del sole » che denominò per tradizione il gorgo e il centro della vita madrilena; ma la capitale dell'estremo Occidente rimane sempre sotto la gloria e l'insegna della Puerta del Sol. Raffaele Calzini.