La più beila casa bramantesca del Piemonte

La più beila casa bramantesca del Piemonte La più beila casa bramantesca del Piemonte VERCELLI, luglio. Se capiti, lettore, a Vercelli, nomancare di visitare la cosidett« casa dei Centori », che è la pibella casa bramantesca che esistin Piemonte. Recati in corso CarlAlberto 87, dove un piccolo marmmurato porta scritto: « Antiqua domus Centoricle gentis ». Non lasciarti, impressionare o ingannare dallnudità squallida e insignificante del la facciata nè dall'angustia della porticina. Entra. Dopo alcuni pas 6i per un corridoio basso, strette oscuro, tu sarai ripagato a usura di questa prima sfavorevole impressione con una visione di pacata armonia, di raccolta dolcezzache non dimenticherai mai più. Sei nel cortile coperto della casa dei Centori, sei preso in una cornicdi bellezza, vivi in un piccolo incantesimo, dal quale ti toglierai non senza qualche fatica. Qui imparerai veramente a conoscere lo spiritola poesia della casa. Uomo moderno — uomo cioè delle cose affrettate, anonime, incolori, abituato aglalloggi a serie, alle fredde case abitate in comune con sconosciuti, alle camere stereotipate degli insonni alberghi — qui sarai tocco con grata meraviglia dalla personale fisionomia, dalla riposante intimità che possono rinchiudersi nella quotidiana dimora dell'uomo. Vedrai la casa scrigno di inopinate, gelose ricchezze. La casa, insomma, quale do vrebbe essere e quale fu in un tempo che ancora ci parla con bagliordi bellezza e sfumature di sogno. Piccolo è il cortile e, con la copertura che lo immerge nella penombra, invitante come una salaUn triplice loggiato lo cinge torno torno e col traforo dei suoi archda. leggerezza alle pareti. Subito colpisce un seducente contrasto, un magico giuoco di effetti. Mentre nei due loggiati inferiori la penombra si addensa dietro lo schieramento delle colonnine, che appaiono ancora più svelte ed eleganti, nel loggiato superiore le colonne si sbagliano su uno sfondo azzurro e luminoso : icielo! Esse sembrano palpitare nella luce, sembrano gridare la loro originale, aerea bellezza. Sono le colonnine che sostengono la copertura su cui si imposta il tetto. La copertura è una grande volta a vela, che ai bordi, in corrispondenza delle colonnine, rompe la sua uniformità con un animato gioco di piccole volte- minori, lunghe e strette, che le toglie ogni pesantezza e per cosdire la prepara ad ornarsi e a saldarsi all'ingiro con la frangia leggerissima e chiara del cielo. Sensazione di sogno La fresca eleganza del rinascimento bramantesco è disseminata negli archi, nelle trabeazioni, nelle colonne, nei capitelli. La scienza delle proporzioni diventa perfezione darmonia. Il senso della decorazione, vigile ovunque, si manifesta specialmente in due fascie policrome, correnti fra l'uno e l'altro ordine di logge, e delle quali quel non eccessivo che rimane basta a far giudicare della loro leggiadria. Vi predomina il motivo del centauro, che si ripete e rincorre — evidentemente in omaggio ai Centori, gli antichi proprietari — fra volute floreali, piante, figure mitologiche, su fondi azzurro e rosa di aristocratico effetto. E' questo, in una parola, un ambiente di grazia mirabile, sobria e pura. Ma l'intraducibile senso di ammirazione, quasi di stupefazione e di sogno, che qui si prova, viene senza dubbio dalla copertura. Essa accompagna di freschezza materiale la freschezza dell'impressione. Dà un piacevole senso di chiuso che non è costrizione, ma raccoglimento; non pesa ma riposa. Nella casa c'è già qualcosa del tempio. Verrebbe voglia di alzare un -poco la voce per sentire le proprie parole echeggiare tranquille e sonore. Si direbbe che quel coperchio, lassù, abbia fermato, con lo spazio, anche il tempo : e la magica scatola par piena di echi, di cose passate e lontane. Non ci si stupirebbe se vedessimo correre fra' uscio e uscio la servitù in calzoncini corti, o affacciarsi alla loggia una donzella col diadema sulla fronte e le treccie scendenti sulle spalle, o un guerriero con cappellaccio, stivaloni e speroni scendere accigliato le scale... Tant'è vero che, sebbene il cortile sia qua e là deturpato, e molti archi siano stati murati e guardino con l'occhio guercio di qualche sconcia fìnestretta, quasi, di primo acchito, non ci si avvede. Quello di antico che rimane ha il potere di rradiare intorno, riempiendo ogni acuna, il suo fascino, e tutto suggellare col marchio della propria personalità. L'occhio vede al di là del presente, nel passato, in un'opera di ricostruzione singolarmente facile e felice. Potenza duratura dele cose belle e gentili. L'ignoto autore Una così mirabile creazione è senza paternità accertata; noi non sappiamo con precisione chi ne sia l'auore, per potere tributargli la nostra ammirazione. Si sa soltanto che nel 1495 la fabbrica del Duomo di Miano concedeva licenza a due sculori, Gerolamo Lattuada e Andrea Amiconi, di recarsi a lavorare a Vercelli. Poiché risulta che in quegli anni l'unica costruzione d'importanza cui si desse mano a Vercelli era la casa dei Centori, così si opina che i due artisti e mastri milanesi ne 6iano stati gli archietti. La cosa non è sicura, ma molo probabile. Era quello il tempo n cui il Bramante, agli ordini di Lodovico il Moro, profondeva in Lombardia i suoi tesori di arte costruttiva, dal castello di Vigevano alla chiesa di S. Maria delle Grazio in Milano, e dettava legge. I due scultori portarono da Milano a Vercelli l'arte bramantesca di cui erano permeati, e di quell'arte crearono uno dei più squisiti esempi — l più notevole certamente di tutto l Piemonte — dotandolo inoltre di quella ardita e leggiadra novità dela copertura del cortile, che lo fa distinguere fra tutti gli altri. Ma non meno del passato interesa ai vercellesi il presente e l'avvenire della casa dei Centori. Sta questa entrando in una nuova esi¬ n a ù a o o ora l a s o , a e n , i e a e i : o i e e ù u l o a e à e e i a e i stenza, un nuovo destino le si stapprestando. Passata di proprietario in proprietario, adibita ad abtazioni private, essa era entrata in piena decadenza e ora minacciavrovina. Successivi lavori consigliatdalla più gretta e immediata convenienza l'hanno deturpata, mutilata e sconvolta. Le logge sono state in buona parte chiuse, per ricavarne degli alloggi. L'interno è stato quasi tutto manomesso e guastosolamente il cortile presenta nel suo assieme l'aspetto primitivo. Il mistero della facciata Il Podestà di Vercelli, conte ing.re Tournon, è uomo troppo amante depatrimonio artistico della sua città perchè non pensasse a provvederefficacemente. Coli' aiuto finanziario della Cassa di Risparmio egli, aprezzo di 250.000 lire e per conto deMunicipio, riscattò la casa dal proprietario dottor De Gaudenzi, col disegno di restaurarla e portarla alla veste originaria ed all'antico splendore. Parte degli inquilini già sono stati allontanati; si attentile che tutti se ne vadano, e poi si inizieranno i lavori, naturalmente con 1' assistenza dei competenti uffici per la conservazione dei monumenti. C]on speciale interesse i lavori sono attesi per la facciata. Cosa rivelerà la casa verso strada ? La facciata, come ho detto, consta di un muro liscio e grigio, con finestre modestre e nude. La calce che lo riveste non presenta alcuna di quelle screpolature che, seguendole, rivelano talvolta sottostanti linee costruttive ; ugualmente dalla parte interna nulla trapela che possa escludere un muro compatto, semplice, per così dire scheletrico. Alcundomande si affacciano. E' possibilche la casa non avesse una facciata adeguata alla sua ricchezza artistica interna ? Si tratta dunque di un muro di data posteriore ? Per quanto costruito più tardi, imuro è certamente vecchio. Risulta che verso il 1855 la facciata aveva ancora — come qui viene chiamata — una « pantalera », cioè una di quelle ampie e sporgenti grondaie, sostenute da lunghe mensole di legno, di quelle che si incontrano tanto sovente, ad esempio, nella Firenze vecchia, e che risalgono almeno al 600 (il Municipio fece togliere quella e altre « pantalere » perchè, evidentemente mal tenuteportavano l'acqua piovana fin nemezzo della strada). C'è chi spera — e fra gli altri il prof. G. C. Faccio, appassionato cultore del patrimonio artistico della sua Vercelli — c'è chi spera che, diroccata la facciata durante qualche assedio, e6sa sia stata sistemata e ricostruita senza regola d'arte, ma sul suo muro, di modo che quello attuale potrebbe conservare parte dell'antica struttura e rivelare, allo scandaglio che verrà fatto, qualche elemento prezioso per l'opera del restauro, Sono speranze che nessuno ha il coraggio di caldeggiare troppo; ma certo che se da questa iniziativa la casa dei Centori uscisse con una facciata originaria degna dell' interno, il monumento avrebbe moltipllcato il suo valore. Sede di Museo Nella rosea attesa possiamo intanto parlare della sua nuova destinazione, che per sommi capi è già stabilita. Il Podestà conte Tournon intende farne la sede di un piccolo museo. Non però museo di bacheche e di scaffali, ma raccolta, se così si può dire, logica; naturale, pratica. Le sale dovrebbero essere arredate con mobili e oggetti antichi del luogo, e questo sarebbe il Museo dell' arredamento medio evale vercellese. Il Podestà intende inoltre farne una cosa viva e attuale, intende che la casa dei Centori sia di nuovo, se non abitata, frequentata. E perciò vi collocherebbe qualche Ente, qualche Circolo a scopo culturale. Tanto più questo lodevole progetto riuscirà completo e perfetto se — come lo stesso Podestà dice — la fortuna lo aiuterà. Occorre qui sapere che di fianco alla casa dei Centori, alla sua destra, esiste un'altra casa della stessa epoca e dello stesso stile. Si direbbero per certi spetti due case gemelle, e c'è anzi da supporre che in origine formassero un tutto solo. Quest'altro palazzo ha pure un piccolo e pittoresco cortile a tre ordini eleganti di logge a sesto semicircolare, ha internamente una caratteristica scala rotonda ed un salone con una ampio artistico camino che denota il primitivo splendore. .Ma quivi le devastazioni e le osprastrlitture hanno raggiunto effetti assai più gravi, in cui l'antica bellezza è andata quasi totalmente sommersa. I tre loggiati, ad esempio, sono stati completamente murati, accecati. Ora, ciò che il Podestà spera dalla fortuna è questo : che, non potendo il Municipio fare l'acquisto, qualche mecenate vercellese amante della città e delle sue memorie faccia il generoso gesto di offrire la casa al Comune. In questo caso — che è da augurarsi si avveri — il museo sarebbe a disporre di una più ampia sede, e l'iniziativa potrebbe essere allargata e completata in modo originale. Il Podestà vagheggia, fra l'altro, di collocarvi qualche bottega intonata all'artigianato del tempo: qualche stamperia, ad esempio, che l'arte della stampa è gloria e tradizione vercellese, qualche fucina per il ferro battuto che in questa città ha ancora abili artefici. Così il museo sarebbe veramente una schietta e geniale ricostruzione, un angolo di medio evo risuscitato a vita, nella sua veste leggiadra e nostalgica, con la sua anima serena e cordiale. Ubaldo Leva. La più beila casa bramantesca del Piemonte La più beila casa bramantesca del Piemonte VERCELLI, luglio. Se capiti, lettore, a Vercelli, nomancare di visitare la cosidett« casa dei Centori », che è la pibella casa bramantesca che esistin Piemonte. Recati in corso CarlAlberto 87, dove un piccolo marmmurato porta scritto: « Antiqua domus Centoricle gentis ». Non lasciarti, impressionare o ingannare dallnudità squallida e insignificante del la facciata nè dall'angustia della porticina. Entra. Dopo alcuni pas 6i per un corridoio basso, strette oscuro, tu sarai ripagato a usura di questa prima sfavorevole impressione con una visione di pacata armonia, di raccolta dolcezzache non dimenticherai mai più. Sei nel cortile coperto della casa dei Centori, sei preso in una cornicdi bellezza, vivi in un piccolo incantesimo, dal quale ti toglierai non senza qualche fatica. Qui imparerai veramente a conoscere lo spiritola poesia della casa. Uomo moderno — uomo cioè delle cose affrettate, anonime, incolori, abituato aglalloggi a serie, alle fredde case abitate in comune con sconosciuti, alle camere stereotipate degli insonni alberghi — qui sarai tocco con grata meraviglia dalla personale fisionomia, dalla riposante intimità che possono rinchiudersi nella quotidiana dimora dell'uomo. Vedrai la casa scrigno di inopinate, gelose ricchezze. La casa, insomma, quale do vrebbe essere e quale fu in un tempo che ancora ci parla con bagliordi bellezza e sfumature di sogno. Piccolo è il cortile e, con la copertura che lo immerge nella penombra, invitante come una salaUn triplice loggiato lo cinge torno torno e col traforo dei suoi archda. leggerezza alle pareti. Subito colpisce un seducente contrasto, un magico giuoco di effetti. Mentre nei due loggiati inferiori la penombra si addensa dietro lo schieramento delle colonnine, che appaiono ancora più svelte ed eleganti, nel loggiato superiore le colonne si sbagliano su uno sfondo azzurro e luminoso : icielo! Esse sembrano palpitare nella luce, sembrano gridare la loro originale, aerea bellezza. Sono le colonnine che sostengono la copertura su cui si imposta il tetto. La copertura è una grande volta a vela, che ai bordi, in corrispondenza delle colonnine, rompe la sua uniformità con un animato gioco di piccole volte- minori, lunghe e strette, che le toglie ogni pesantezza e per cosdire la prepara ad ornarsi e a saldarsi all'ingiro con la frangia leggerissima e chiara del cielo. Sensazione di sogno La fresca eleganza del rinascimento bramantesco è disseminata negli archi, nelle trabeazioni, nelle colonne, nei capitelli. La scienza delle proporzioni diventa perfezione darmonia. Il senso della decorazione, vigile ovunque, si manifesta specialmente in due fascie policrome, correnti fra l'uno e l'altro ordine di logge, e delle quali quel non eccessivo che rimane basta a far giudicare della loro leggiadria. Vi predomina il motivo del centauro, che si ripete e rincorre — evidentemente in omaggio ai Centori, gli antichi proprietari — fra volute floreali, piante, figure mitologiche, su fondi azzurro e rosa di aristocratico effetto. E' questo, in una parola, un ambiente di grazia mirabile, sobria e pura. Ma l'intraducibile senso di ammirazione, quasi di stupefazione e di sogno, che qui si prova, viene senza dubbio dalla copertura. Essa accompagna di freschezza materiale la freschezza dell'impressione. Dà un piacevole senso di chiuso che non è costrizione, ma raccoglimento; non pesa ma riposa. Nella casa c'è già qualcosa del tempio. Verrebbe voglia di alzare un -poco la voce per sentire le proprie parole echeggiare tranquille e sonore. Si direbbe che quel coperchio, lassù, abbia fermato, con lo spazio, anche il tempo : e la magica scatola par piena di echi, di cose passate e lontane. Non ci si stupirebbe se vedessimo correre fra' uscio e uscio la servitù in calzoncini corti, o affacciarsi alla loggia una donzella col diadema sulla fronte e le treccie scendenti sulle spalle, o un guerriero con cappellaccio, stivaloni e speroni scendere accigliato le scale... Tant'è vero che, sebbene il cortile sia qua e là deturpato, e molti archi siano stati murati e guardino con l'occhio guercio di qualche sconcia fìnestretta, quasi, di primo acchito, non ci si avvede. Quello di antico che rimane ha il potere di rradiare intorno, riempiendo ogni acuna, il suo fascino, e tutto suggellare col marchio della propria personalità. L'occhio vede al di là del presente, nel passato, in un'opera di ricostruzione singolarmente facile e felice. Potenza duratura dele cose belle e gentili. L'ignoto autore Una così mirabile creazione è senza paternità accertata; noi non sappiamo con precisione chi ne sia l'auore, per potere tributargli la nostra ammirazione. Si sa soltanto che nel 1495 la fabbrica del Duomo di Miano concedeva licenza a due sculori, Gerolamo Lattuada e Andrea Amiconi, di recarsi a lavorare a Vercelli. Poiché risulta che in quegli anni l'unica costruzione d'importanza cui si desse mano a Vercelli era la casa dei Centori, così si opina che i due artisti e mastri milanesi ne 6iano stati gli archietti. La cosa non è sicura, ma molo probabile. Era quello il tempo n cui il Bramante, agli ordini di Lodovico il Moro, profondeva in Lombardia i suoi tesori di arte costruttiva, dal castello di Vigevano alla chiesa di S. Maria delle Grazio in Milano, e dettava legge. I due scultori portarono da Milano a Vercelli l'arte bramantesca di cui erano permeati, e di quell'arte crearono uno dei più squisiti esempi — l più notevole certamente di tutto l Piemonte — dotandolo inoltre di quella ardita e leggiadra novità dela copertura del cortile, che lo fa distinguere fra tutti gli altri. Ma non meno del passato interesa ai vercellesi il presente e l'avvenire della casa dei Centori. Sta questa entrando in una nuova esi¬ n a ù a o o ora l a s o , a e n , i e a e i : o i e e ù u l o a e à e e i a e i stenza, un nuovo destino le si stapprestando. Passata di proprietario in proprietario, adibita ad abtazioni private, essa era entrata in piena decadenza e ora minacciavrovina. Successivi lavori consigliatdalla più gretta e immediata convenienza l'hanno deturpata, mutilata e sconvolta. Le logge sono state in buona parte chiuse, per ricavarne degli alloggi. L'interno è stato quasi tutto manomesso e guastosolamente il cortile presenta nel suo assieme l'aspetto primitivo. Il mistero della facciata Il Podestà di Vercelli, conte ing.re Tournon, è uomo troppo amante depatrimonio artistico della sua città perchè non pensasse a provvederefficacemente. Coli' aiuto finanziario della Cassa di Risparmio egli, aprezzo di 250.000 lire e per conto deMunicipio, riscattò la casa dal proprietario dottor De Gaudenzi, col disegno di restaurarla e portarla alla veste originaria ed all'antico splendore. Parte degli inquilini già sono stati allontanati; si attentile che tutti se ne vadano, e poi si inizieranno i lavori, naturalmente con 1' assistenza dei competenti uffici per la conservazione dei monumenti. C]on speciale interesse i lavori sono attesi per la facciata. Cosa rivelerà la casa verso strada ? La facciata, come ho detto, consta di un muro liscio e grigio, con finestre modestre e nude. La calce che lo riveste non presenta alcuna di quelle screpolature che, seguendole, rivelano talvolta sottostanti linee costruttive ; ugualmente dalla parte interna nulla trapela che possa escludere un muro compatto, semplice, per così dire scheletrico. Alcundomande si affacciano. E' possibilche la casa non avesse una facciata adeguata alla sua ricchezza artistica interna ? Si tratta dunque di un muro di data posteriore ? Per quanto costruito più tardi, imuro è certamente vecchio. Risulta che verso il 1855 la facciata aveva ancora — come qui viene chiamata — una « pantalera », cioè una di quelle ampie e sporgenti grondaie, sostenute da lunghe mensole di legno, di quelle che si incontrano tanto sovente, ad esempio, nella Firenze vecchia, e che risalgono almeno al 600 (il Municipio fece togliere quella e altre « pantalere » perchè, evidentemente mal tenuteportavano l'acqua piovana fin nemezzo della strada). C'è chi spera — e fra gli altri il prof. G. C. Faccio, appassionato cultore del patrimonio artistico della sua Vercelli — c'è chi spera che, diroccata la facciata durante qualche assedio, e6sa sia stata sistemata e ricostruita senza regola d'arte, ma sul suo muro, di modo che quello attuale potrebbe conservare parte dell'antica struttura e rivelare, allo scandaglio che verrà fatto, qualche elemento prezioso per l'opera del restauro, Sono speranze che nessuno ha il coraggio di caldeggiare troppo; ma certo che se da questa iniziativa la casa dei Centori uscisse con una facciata originaria degna dell' interno, il monumento avrebbe moltipllcato il suo valore. Sede di Museo Nella rosea attesa possiamo intanto parlare della sua nuova destinazione, che per sommi capi è già stabilita. Il Podestà conte Tournon intende farne la sede di un piccolo museo. Non però museo di bacheche e di scaffali, ma raccolta, se così si può dire, logica; naturale, pratica. Le sale dovrebbero essere arredate con mobili e oggetti antichi del luogo, e questo sarebbe il Museo dell' arredamento medio evale vercellese. Il Podestà intende inoltre farne una cosa viva e attuale, intende che la casa dei Centori sia di nuovo, se non abitata, frequentata. E perciò vi collocherebbe qualche Ente, qualche Circolo a scopo culturale. Tanto più questo lodevole progetto riuscirà completo e perfetto se — come lo stesso Podestà dice — la fortuna lo aiuterà. Occorre qui sapere che di fianco alla casa dei Centori, alla sua destra, esiste un'altra casa della stessa epoca e dello stesso stile. Si direbbero per certi spetti due case gemelle, e c'è anzi da supporre che in origine formassero un tutto solo. Quest'altro palazzo ha pure un piccolo e pittoresco cortile a tre ordini eleganti di logge a sesto semicircolare, ha internamente una caratteristica scala rotonda ed un salone con una ampio artistico camino che denota il primitivo splendore. .Ma quivi le devastazioni e le osprastrlitture hanno raggiunto effetti assai più gravi, in cui l'antica bellezza è andata quasi totalmente sommersa. I tre loggiati, ad esempio, sono stati completamente murati, accecati. Ora, ciò che il Podestà spera dalla fortuna è questo : che, non potendo il Municipio fare l'acquisto, qualche mecenate vercellese amante della città e delle sue memorie faccia il generoso gesto di offrire la casa al Comune. In questo caso — che è da augurarsi si avveri — il museo sarebbe a disporre di una più ampia sede, e l'iniziativa potrebbe essere allargata e completata in modo originale. Il Podestà vagheggia, fra l'altro, di collocarvi qualche bottega intonata all'artigianato del tempo: qualche stamperia, ad esempio, che l'arte della stampa è gloria e tradizione vercellese, qualche fucina per il ferro battuto che in questa città ha ancora abili artefici. Così il museo sarebbe veramente una schietta e geniale ricostruzione, un angolo di medio evo risuscitato a vita, nella sua veste leggiadra e nostalgica, con la sua anima serena e cordiale. Ubaldo Leva.

Persone citate: Andrea Amiconi, De Gaudenzi, Gerolamo Lattuada, Moro, Tournon, Ubaldo Leva