Sentinella di Roma

Sentinella di Roma Sentinella di Roma SACUNTO, giugno, j Il temporale c cessato : non piove | più: nuvole basse rombano allontanandosi verso il mare che ricrea col suo cupo azzurro una muraglia smaltata, verticale, dove si appoggia l'umido orizzonte. (La campagna scintilla di gocciole tremanti e di pigolìi ridestati. E' come un immenso giardino arabo o siciliano con filari di aranci e di uliveti rigati d'argentei canaletti intarsiati nella terra rossa. Frutta dorate, fiori candidi per chilometri e chilometri tra la barriera brulla della montagna e il mare. Una dolcezza di curve plastiche, una tenerezza di trasparenze che ricordano certe zone del paesaggio greco circondano case campestri violentemente bianche. Il verde scuro e il contorto tronco delle carrube risvegliano lineamenti e contrasti africani. H chniterino di un convento che racchiude cespi di rose e cipressi unisce col suo muricciolo candido l'indolenza della Huerta fiorita alle terrose case della città. Minuscole e pul vernieri te vie tra facciate basse e cineree: nelle botteghe oscure si lavora per la cantina e per la campagna; si rinsaldano doghe, si martellano le tipiche botticelle di ottone e di sughero, si curva il legno dei leggeri aratri e degli erpici: il bottaio concia le pelli delle capre e le gonfia jjt otri. Sarebbe una cittadina qualunque, Ima borgata, < ricco centro per l'esportazione delle frutta e degli agrumi », se il suo nome non risvegliasse echi di leggendarie battaglie, mentire Io sguardo si appoggia alle colline rocciose che stanno a picco tra la città e il mare. Sulle pelate groppe, magri fichi d'India crescono tra le diroccate muraglie e sulle orme della città antica, quella che riempì del suo sacrificio la storia di secoli si alzano turbini di polvere. Come si dice: Ypres o Arras, n diceva nel mondo latino: Sagrato: si ripete in prosa e in versi durante millennii: Sagunto. Salgo alle rovine, percorro intorno al piccolo Museo la spianata carica di pietre, biancheggianti come un ossario. Non un blocco intatto; vaghe geometrie di fortificazioni sorte in ogni tempo, iberiche e cartaginesi, arabe e cattoliche. Vi sono luoghi dove, di vicenda in vicenda, l'umanità sostituisce tempio a tempio: qui ha rizzato muraglie bu muraglie, difese sopra difese. E' un nodo geografico dove gli uomini si incontrano per cozzare. La cortina che si distende ora per mezzo chilometro attorno al nucleo del Castello di San Fernando occupa, press'a poco, la linea delle primitive mura, glie saguntine. Dietro questi schemi di pietra il cartaginese vide scintillare la città coi suoi templi policromi e le sue lancie: aveva vcntotto anni: era un leoncello nuovo all'agguato ch'esce la prima volta alla caccia e scorge una cerbiatta inerme ritta su un cumulo di roccie. Per lo stretto di Gibilterra che fu sempre un ponte più che un abisso, tutta la penisola iberica era stata sommersa dal flutto degli eserciti punici. L'uomo che era stato eletto Re e condottiero per acclamazione di soldati guardava da occidente ad oriente: pensava di scrollare le fondamenta del Campidoglio. Combatteva sul suolo iberico contro la capitale lontana. Così si presentò in questa pianura con un esercito di centocinquantamila uomini, armato e deciso. Cominciava la seconda guerra punica e la più corta vittoria su Sagunto. Sei o sette mesi; ambasciatori saguntini che vanno a Roma, ambasciatori romani che vengono a Sagunto e che si recano a Cartagine. E la morsa intorno alla città, sempre più stretta, finche il nemico si accampa nella città stessa come nel forte di Vaux. Le effetto di pace irrisorie: la resistenza dell'ultima notte col rogo in cui si fondono le argenterie e i gioielli, in cui si buttano le donne e i bambini precedendo l'ultimo eroismo della stessa Cartagine. La strage e il silenzio della vittoria. Il condottiero dovette sentirsi sicuro : il trampolino per spiccare il volo alla conquista del Mediterraneo era buttato. Per la prim* volta il pericolo africano si affaccia sul mondo : e forse Roma fu salvata dal ritardo di pochi mesi opposto all'avanzata punica; il suo temporeggiare fu un'abile politica piuttosto che un'imbelle Inerzia. Dietro quel paravento leggero' di parole e di « interventi diplomatici i si organizzava una resistenza inflessibile. Qualcuno dei caparbi Quiriti avrà inventato il motto: che i più duri anni della guerra sono i primi cinque : ma che poi ci si abitua! , H custode del Museo mi raggiunge, mi addita una bassa catena di colline brulle, oltre Sagunto. in faccia al Castello di San Fernando: — Le Alture di Annibale. Sono colline animate, colossi disposti in linea di fronte, arse, terribili. Tra l'una e l'altra, gole in leggero pendio sembrano create per incanalare eserciti carriaggi ed elefanti. 11 vento che s'è alzato è come il respiro del tempo, porta rumori, profumi e ombre di nuvole contro le accatastate rovine. Tra queste e le Alture di Annibale, la città nuova con le sue cupole verdi e azzurre di aiulejot, poi un fiumiciattolo asciutto e una pianura adatta per schierarvi e muovervi frombolierl e cavalieri. L'attaccante si munì di torri rotanti le trascino contro le mura. L'assediato non ebbe che i proiettili : inventò una freccia incendiaria. La città andò al sacrificio per amore di Roma, non con la rassegnazione di un'imbelle Ifigenia, m ma con una decisa volontà di difesa attendendo che il soccorso dell'al- leata giungesse dal mare. Oggi è liscio ed uguale per tutta la riviera, fino a Valenza, fino alle roccie della Peniscola, intrise di luce. Due vele splendono di una bianchezza incandescente: la colonna che segna il bivio dove fu proclamata nel 1872 la restaurazione monarchica di Alfonso Xl[ prolunga un'ombra di immensa meridiana. "Roma è di faccia, invisibile ma presente con la irradiazione del suo potere e del suo fascino. Al di là del mare e degli arcipelaghi e una divina forza che non si spegne : è una luce che avvolge le cose morte, che risolleva attraverso gli spazi le pietre e i pensieri. Intorno a questa sentinella caduta senza retrocedere il nome romano diffonde l'aureola dell'immortalità. Attraverso il Mediterraneo invaso dai cartaginesi : Roma-Sagunto, basi di uno stesso arco. Attraverso i millennii Roma-Sagunto binomio glorioso di « padrone e servitore » equiparati dal combattimento sulla barricata. «** Della seconda Sagunto, fondata e ricostruita con magnificenza dai ro mani dopo le guerre puniche, rimane la struttura di un Circo sgretolato dell'avanzarsi dei giardini e degli orti, e il Teatro. Il Teatro è nella sua ossatura completo, le frane e le picconate non l'hanno totalmente sfigurato. Pietre sepolcrali e lapidi, frammenti di cornicioni e di statue romane riuniti qui d'ogni parte; gen tili fiori piantati tra l'orchestra e la gradinata e coltivati pazientemente dal custode attenuano le spettacolo di desolazione. L'erba verdeggia fol ta: ma intorno alla statua del torel lo iberico è diradata come se il mo stro di pietra avesse potuto brucarla. E' accosciato sulle ginocchia, pron< to forse per essere sacrificato : il fiocco della coda si avvoltola a spira sul dorso. Il muso sbuffante è legato da un cingolo, stretto. Anche così, sommariamente scolpito, poco più dell'abbozzo di un blocco, è sempre un mostro da domare, un animale che rugge. Si pensa di vederlo sgranchire le tozze gambe, scrollare il mantello fulvo e precipitarsi dal torli nella plaza. Scultura iberica o cartaginese? Scultura di derivazione asiatica. Intorno, per chilometri e chilometri, non una creatura viva, non una pietra intatta; soltanto questo idolo ,o simbolo, immune. L'ombra di un arco del prosceniutn incurva sulla sua groppa un leggero mantello violaceo ora che il sole tramonta. Sembra che la bestia risponda con un mugghio ripercosso dalle trentatre gradinate e . saluti così la falce della luna che punta nel cielo le due corna contro un nemico invisibile. Il mostro e la' Dea : misteriosi richiami nelle solitudini e negli spazi dove il tempo non esiste. Amori d'i doli e di astri. nvrtcTdnrndtePogmsugtsdmmlepsdooasFnpdippcdguPAltre dispersioni e saccheggi, alla caduta dell'Impero romano d'Occidente, raserò al suolo la seconda Sagunto. Smantellate le fortezze, scrollati ; templi : il teatro le terme il circo divennero cave di pietra rosicchiate da centinaia di picconi per centinaia d'anni. Anche il nome t roico fu cancellato. Arabi e cristiani designavano il luogo dov'era stata un'antica città con un nome generico: Murviedro, Muri veteret, < le vecchie mura ». L'ignoranza più buia si abbattè come una pietra sepolcrale su queste terre. Nella sto ria dell'umanità non rimaneva ormai che l'epigrafe di Livio, sintesi di un'epopea, di una politica e di an fatale destino. Si ripetevano quelle cinque parole nelle scuole dei ragazzi e nei libri dei grandi, tanta era la potenza e la semplicità della loro espressione Si incastonano ancora idealmente su la curva erbosa del teatro. Nelle prime tre parole c'è il senso pigro della discussione, del temporeggiamento opportunista. Le ridico a me stesso mentre scendo. E, intanto, una frotta di bambini stupiti di veder questo solitario viandante su le antiche rovine chiama sorridendo: — Tio! Tiol — (Letteralmente: c Bel tipo! Tipo ameno ! ») ; e si sparpaglia tra i fichi d'India. A ventate il profumo delle zagare tepido e molle vince l'odor aspro della polvere e della pietra corrosa. Ed ecco le ultime due parole di Livio, rapide e profonde come il crollo di una città. Sulla incandescente petraia composta di lastroni scivolati l'uno sull'altro e per miracolo arrestati, alle porto della città nuova, un contadino vestito di nero, il capo ravvolto in un fazzoletto bruno, e su questo un cappellaccio oscuro, vigila, appoggiato a un bastone, un branca di capre nerissime che brucano tristi erbe tra le crepe della roccia. Il tramonto muore nella notte. Le Alture di Annibale, già in ombra, danno l'idea di un'orda che si prepari all'assalto col favor della luna. E le emanazioni dei fiori sempre più forti trasmutano in un giardino le balze di pietra dove, dopo tanto fuoco e tanta strage, precipita la rugiada. Rintocchi di campane come stormi d'uccelli bronzei sulla città che brucia di contadini di bottai di ortolani avviati alla Piazza della Cattedrale per la benedizione. Le lampade si accendono, il faro brilla nel cielo di Valenza. Eccomi in una città felice in una città festante sull'orlo d'una campagna fertilissima Tutto è dimenticato, lontano. Ma le rovine s'incidono cupe contro il mare bronzeo e le parole dello storico latino : « Dum E ornar, consulti ur Sa guntum expugnatur ». Raffaele Calzali. smScpnctmcl

Persone citate: Alfonso Xl, Arras, Raffaele Calzali