La brutta duchessa

La brutta duchessa La brutta duchessa Vi «ono nella storia due personaggi di grande, straordinaria ventura, di cui i librettisti d'opera non si sono mai occupati; nè so perchè: il musicista Stradella, e Margherita duchessa, del Tirolo. Ne chiesi una volta anche a Forzano. E' un oblio che non mi spiego. Penso che col bel musico italiano e con la brutta duchessa tedesca ci sarebbe stato da comporre venti melodrammi almeno. Confesso che anni sono, trovandomi in Alto Adige per alcuni miei studi, avrei voluto scriverlo io il romanzo della « Maultasch *: e confesso che l'aver ritrovato Margherita da la Gran Bocca in quest'altro libro di Lion Feuchtwanger; " mi ha dato sulle prime, insieme a una grande curiosità, un certo dispetto, come d'un torto fattomi. Il disordine costruttivo e, soprattutto nei primi capitoli, un'abbondanza prossima alla faciloneria, m'avevan lasciato supporre, e stavo per dire sperare, che si trattasse di un'opera mancata. Ma poi ho dovuto ricredermi : e onestamente ne dò atto. Son oltre cinquecento pagine che l'autore de l'Ebreo Jilss adt^na ne La brutta duchessa (Feuchtwanger è israelita, ma non fa economia!) e son da leggere dalla prima all'ultima di volo. Si tratta veramente d'un grande narratore, benché racconti a modo suo, senza un'ombra di coordinazione, senza uno scrupolo di rinsaldatura; e come largo e il disegno, vivido è il colore, fortissimo e onnipresente il senso drammatico. Inoltre — e questo io lo posso dire in tutta coscienz* e_ conoscenza, grazie a quei tali studi fatti — la documentazione del romanzo è quasi per intero fedele e leale — fatto notevole, coi passaporti oggi accordati a tutte le histoires romanciei — benché ci si imbatta, a pagina 71, in una « polvere del Brasile », e a pagina 373 in un t calcio di fucile * un po' sorprendenti, se si pensa che questo fucile e quella polvere sono attribuiti a dei contemporanei del Petrarca! Rifaremo l'indagine dei mattoni di Glozel? Ebbe ne, no: dato che il libro non rassomiglia affatto a un mattone, e che chi l'ha sfornato ha tutti i diritti degli scrittori divertenti. Come nella tragedia di Grillparzer — Tunica, credo, ispirata nella storia delle lettere alila duchessa Marghe rita —, Feuchtwanger tenta di esprimere il dramma della bruttezza regale: stupendo motivo, che tutti i rievocatori di Maria Stuarda ebbero già il torto di non scoprire nella Regina sua rivale. La vera sofferente tra le due antagoniste fu infatti Elisabetta d'Inghilterra, e non Maria Stuarda, benché costei ci rimettesse la testa: e così, nella rivalità tra Margherita del Tirolo e la bellissima Agnese di Flavon, benché sia la seconda che muoia, è la prima che patisce e che perde. Margherita è potente-''Ma Agnese è bella. I/una ha le milizie e le castella, ed oltre ai poteri, il genio dell'autorità. Ma l'altra ha la gota liscia, una pelle carezzevole, e dei ceruli occhi che comandano con l'aria d'umiliarsi. Nel più bel capitolo, l'ultimo, del romanzo, costei trionfa nel punto stesso in cui perisce. A Margherita, che l'ha condannata a morte, muore nello stesso tempo l'unico figlio. Due funerali stanno per attraversare la città. Quale sarà seguito dal popolo ? Il funerale dell'uccisa. E' la vittoria postuma della vittima sulla vittimaria, ottenuta con opposizione perfetta in una sintesi definitiva, luminosa, stupenda. ftcSèucmesd Non conosco quel dramma, 'Agnese di Merano, che va tuttora girando i teatri tedeschi e' che appunto s'impersona nella contessa di Flavon: ma da Elisabetta Bergner, la celebre interprete di Santa Giovanna, ho saputo non aver esso nulla di comune col romanzo attuale, in cui «Ila non ambisce nè complotta contro Margherita : ma solo si compiace di splendere, di fronte a lei nella propria avvenenza sicura, capace a poco a poco d'alterare tutti gli sguardi, lasciando la brutta duchessa nell'ombra. Drammaticissima è questa fatalità che agisce in paoe, e quasi in silenzio. Agnese è la muta Nemesi di quella bellezza che l'altra, la potente, offende con la sua presenza sola: con la pelle flaccida, con la gran bocca deforme, con le orride mani invano impiastricciato di manteche. La brutta duchessa si rassegnerebbe, forse, alla sua sorte: ma l'altra è là, immagine di ciò che le manca, specchio di ciò che le occorre, esempio dell'unica corona per cui la donna è sovrana; e che ella non può aggiungere alle sue tante: ella, despota temuta, arbitra di terre e di popoli Luigi Tornelli, in una sua prefazione al libro, un po' freddina ma sagace, ha rivisto in Margherita il destino della Saffo leopardiana per cui «virtù non luce in disadorno ammanto». Nel romanzo, la tesi appare forse più impressionante che persuasiva. Ma la rappresentazione è terribile. Nel suo vestito troppo bello, ricco, pesante e dai ricami d'oro, sotto la patina delle paste e nell'effluvio delle essenze con cui tenta di mentire la propria bruttezza, in una pompa inutile e ridicola, la potentissima Margherita soffre le pene dell'inferno. Mentre i paggi van triturando, per le sue mani granose, i bulbi dei ciclamini offerti dalle valli che tutte intorno fioriscono, ella è a concilio con vescovi e duchi : e tratta cessioni, prestiti, guerre, alleanze ; parla in latino coi prelati di Bressanone, in italiano con Meseer Artese, banchiere fiorentino, in tutte le lingue con chi bisogni, dal suocero lussemburghese al mercante levita. E' dotta, la duchessa: e ardita, e geniale. Sa di storia, di arte, di lettere, di economia. E' nominata in tutte le Corti d'Europa, come un prodigio d'energia e di malizia politica. Ri¬ fulge in lei plenarmente quell'attitudijjs—di governo che, cjme ho accennato altra volta ai letron della Stampa, nelle donne dell'Alto Adige è stranamente solita più che negli uomini ; ed anzi un giorno bisognerà ch'io vi ricordi, dopo la storia della n Maultasch » quella non meno romantica di Filippina Welser: anche essa di questi paesi dove una volta, se non sapete, le signore portavano il bastone e i cavalieri l'ombrellino. Ma di ciò a suo tempo. Per tornare alla Maultasch, noi la vediamo competere cogli Absburgo e coi Wittelsbach, saldamente, vantaggiosamente ; e i dì di festa, uei radupi teologici, tener testa all'intero capitolo delle monache di Sonnenberg ; e le sere, nelle ore sì dolci ai crepuscoli meranesi, intonar canzoni italiane e provenzali sotto gli alberi carichi di frutta. Ha g^i occhi aperti, Margherita. E occhi veggenti. Ma come tutto vedt, così non ignora la propria fìsica infamia. Scimmiesco è il muso, e tutto nel corpo disfatto le pende, labbra, guancie, seno, mentre la volontà è sì audace e sì balzante lo spirito. E' questa, appunto, la sua oroce. tmsbvtecgcprtfsostcnr E' la segreta macerazione di tanta bruttezza che diventa, nel libro, la ragione d'ogni lutto e rovina. La vanità offesa della donna sopraffa l'ambizione soddisfatta della sovrana. Scompigli europei sorgeranno dalle rivolte di quel cuore. Tutto quello ch'ella vorrà fare e disfare non sarà che in dipendenza d'uno specchio vanamente, angosciosamente consultato. Volta per volta, ella ha la breve gioia di poter reagire alla propria bruttezza con il dominio, e il subito dolore che tal compenso, per quanto invidiato, non basti. Lo specchio, dalla cornicetta d'avorio inciso raffigurante l'assalto al castello di Frau Minile, cioè alla Torre d'Amore, è il demone che con legge alterna l'esulta e la deprìme: e ad ogni suo squilibrio sentimentale, ecco formarsi un vortice nella storia: una procella il cui risucchio può giungere sino alle soglie imperiali e papali Tale tormento suscita in lei quell'inquietudine perenne da cui hanno origine le iniziative sublimi, al pari delle infime: e prima farà di lei una dominatrice; quindi, un'omicida; infine, un'abdicante. Questa donna clemente diventerà assassina. Questa donna superba diventerà rinunciataria. Farà uccidere, ancor prima di Agnese di Flavon, qualche suo aman te d'una notte di cui avrà temuto il postumo ribrezzo. Ma poi, soppressa Agnese avrà ella stessa orrore di aver atterrata la rivale a tal prezzo e si rassegnerà, improvvisamente, a un misero esilio, che farà paghi d'un colpo 1 cupidi baroni tirolesi tenuti fin'allora da lei in tanto rispetto Bellissimo dramma,, ripeto.. E verosimile. Però non vero del tutto. E forse non sarà inutile sapere, .oggi eh'è tradotta agli Italiani la storia d'una terra divenuta.italiana, la precisa realtà di Margherita. a a a a e a e , a ò i a a a a i e e La quale, intanto, non fu sì orridamente brutta come il Feuchtwanger, sia pure con diritto d'artista, e costretto a supporre. L'editore italiano ha recato qui in copertina una immagine che davvero è mostruosa, quale dichiarata autentica della duchessa: ma trattandosi d'un dipinto di Quintin Massys, il quale era di Fiandra, e non visse che un secolo e mezzo più tardi, non so quanta fede possa riporsi in un quadro dipinto a orecchio, dove il volto di lei riappare, a tanta distanza di luogo e di tempo, così come avrà echeggiato nelle leggende. Invece io so di certo, per aver rintracciate altre sue effigi nel Castel di Schonna, che sì spaventosa non fu: salvo la boccaccia e i tondi occhi da gufo, non privi però di una certa luce ilare e bonaria, per cui si capisce come potessero posarvisi le labbra, veracemente innamorate, del bellissimo giovinetto Aldrigeto di Caldonazzo. «Era a causa della bruttezza che la morte seguiva i suoi paosi » : dice a un certo punto, liricamente, il narratore. Ma di lei omicidi non sono provati : anzi è escluso che ne: trabocchetti di Castel Tirolo, come in quelli della Torre di Nesle, precipitassero gli amanti dopo averla saziata: essendo invece provatissimo ch'ella semplicemente gettasse fuor del castello, impedendogli di rientrarvi, quel primo marito ch'era stato incapace di soddisfarla. Allegra era Margherita, la quale si chiamava da se stessa la «Maultasch»; e burlona, e ghiottona; e per ciò niente affatto impopolare, come il Feuchtwanger fa sapere Risolutissima fu ella infine, anche nei giorni dell'esilio; e insomma una specie di Caterina di Russia; altra regina brutta, che però non sofferse affatto del proprio stato, e ai pochi vezzi rimediando con la prepotenza, trovò senza troppo cercare una folla di amatori. D'altra parte, come informa lo stesso Feuchtwan pcome informa lo stesso Feuchtwanger, aveva Margherita una bellissima voce «che usciva calda e sonora dalla bocca d'orango». Ora, se si tien conto che una bella voce è sempre l'indice di una sanità intima; e se si considera tutto quel cantare che la a Maultasch» faceva, tra un'alleanza coi bavaresi, e una disputa in concilio, tra uno schiaffo al consorte e un sorriso al beli'Aldrigeto, non si può ammettere ch'ella fosse in preda a quella disperazione, la quale non può essere che taciturna. Ho detto che la documentazione del libro è fedele. Arbitraria, se mai è l'illazione dell'autore, al quale però va accordata ogni libertà. Libero è il Feuchtwanger di scoprire il dramma della bruttezza coronata, co3Ì come lo fu il Verhàeren, piangendo Elena di Troia, di scoprir quello della coronata bellezza. In arte, anche più che in politica, tutta le opinioni valgono quando s'hs la forza di farle valere. Ora, in linea di forza, questa Brut, ta duchessa mi pare superiore, e di molto, a quel Jilss l'ebreo che dello stesso autore n'ò un |Hj"'Hii»fj}ju«*e!e- brato. Dieci figure almeno vi si trovano, illustrate a encausto, indimenticabili: quel duca Enrico, libertino e bonaccione, al quale invecchiando cresce la paura nell'ai di là, e allora gli pare che i diavoli dipinti nelle chiese vengano a ghignargli addosso, per cui si fa chiudere entro una bara, in Castel Zeno, ignudo e tremante, e chiamate a se intorno tutte le femmine con cui ha fornicato, le insulta chiamandole carne da vermi ; oppure Giovanni di Lussemburgo, stordito, prodigo, galante, petulante, hi un perpetuo sogno di corti fiorite e di bandiere al vento, ohe vincerà i condottieri ma sarà vinto dagli strozzini, e morirà, cieco, in una battaglia impegnata per disperazione, al soldo di una nazione straniera; od anche la piccola e timida Beatrice di Savoia, che al letto da morte, avendo già ricevuto l'estrema unzione, raccomanda al marite di scegliersi un altro sarto, in luogo del¬ l'attuale che gli ruba sulla stoffa, e «detto questo, raccomandò l'anima a Dio e spirò » ; o quel Margravio bavarese che, in onta alle fole della cavalleria, quando s'avventura per il bosco, non pensa già alle principesse tenute prigioniere-dei maghi, ma al rendimento della legna recisa ; o Cristiano di Taufers, che Margherita fa uccidere in un momento di gelosia, per subito pentirsi «e andare a cantare con le monache » ; o il finissimo usuraio messer Artese da Firenze (personaggio autentico, badate : pochi sanno che Merano ebbe anch'essa dei banchieri toscani, nel trecento!) il quale non fa che presentarsi, «scialbo, grigio, muto, insignificante», inchinandosi tra i due fratelli che s'inchinano con lui, e porgendo cambiali da firmare;' o il savio e pensoso e un po' ipocrita signor di Schonna, sottile come le colonne all'italiana della loggia del suo castello, aggirantesi a gambe lunghe tra le favole di Tristano e i pavoni di casa, simbolo di nobiltà; o l'ebreo Hirsch, che l'autore fa naturalmente simpatico, attribuendo tutte le disgrazie bavaresi di quel tempo alle persecuzioni degli israeliti; o l principe Carlo, gagliardo e goffo, leale e scioccone, che taglia via un dito a una reliquia di salito^ perchè gli porti fortuna, ma alla prima batosta in campo s'affretta a rimandare il brandello alla mummia; o quel duchino Menardo, flaccido di carni Icomò' la madre ma senza lo spirito di lei, che tra i cugini di Baviera infatuati di,belle gesta e messigli intorno per farne un paladino, va ca¬ rezzando una sua marmottina am- jmaestrata, sì che il giorno in cui un 'marrano di barone vorrà liberarsi di lui, non avrà che da acciuffarlo pel collo grasso e scaraventarlo in un burrone. Nè, jn verità, si finirebbe di citare. jMa le più commosse pagine son quelle dove, con mirabile" se pur non manzoniana potenza, il Feuchfc- P«anger rievoca la passata di pestelche straziò l'Alto Adige in quella fine di secolo, quando sui laghi azzurri vagavan le barche senza guida, avendo il morbo fulmineo mietuto l'equipaggio; e a Praga, chiuso in cella. « il Re tedesco, fra gli ori e le reliquie, digiunava e pregava»; mentre il Pontefice, recluso nella sua stanza più lontana, non faceva che Accendere grandi fuochi di radici secche, rifiutandosi di ricevere gli stessi Cardinali! Appaiono allora pazzi e flagellanti, fanatici e profeti ; e c'è chi si dà al bere e al mangiare, o in braccio all'orgia, «così che, Inolia .via, lunghe file di frati sca ni e sparuti, portanti i segni sanguinanti delle sferze, s'incontrano in comitive urlanti d'ubbriachi ». E allora ha luogo l'episodio, non so dir jquanto drammatico, della brutta du'chessa che si aggira in perfetta tran *™ «««estati, sentendoli quillità fra gli appestati, sentendoli a se stessa un pò* somiglianti, e nulla dunque più temendo per sè, orrida come loro: episodio ch'è fra i jtanti geniali di questo romanzo» non *»*>. "j"1.1»*^ non b,oll°',e i*»»'di bellissime cose cWpchie Perebbero llo quelle dell ornatista e del pli¬ tore. É che in definitiva è un'inte ressantissima storia, anche se non è proprio la storia della «Maultasch»: così come io la vedo ridere, o almeno sogghignare da la gran bocca esagerata, ma piena di volontà e di vigore, nelle più fide immagini che ne restano, e che ne conosco. Marco Ramperti