All'Alfieri: II processo di Mary Dugan, di Bayard Veiller

All'Alfieri: II processo di Mary Dugan, di Bayard Veiller All'Alfieri: II processo di Mary Dugan, di Bayard Veiller Questa non è arte certamente; ma è poi teatro? Prendiamo pure il termine « teatro » nella sua accezione più grossolana, e domandiamoci ancora: è questo vero teatro? Teatro sorprendente ed emozionante? Questa è la riprouzione esatta, minuziosa, pedantesca, fotografica di un processo; è un processo in tutta la sua realistica banalità trasportato sul palcoscenico. A rendere più precisa la verosimiglianza si è voluto far partecipe il pubblico dell'azione; lo si è istituito giurato. Poi si è messa una scala che dalla platea dà accesso alla scena; si sono distribuiti per la sala dei poliziotti; si è fatto in modo che avvocati, magistrati, testimoni escano dall'aula sia per le porte dello scenario sia tra le file di poltrone e poltroncine, In mezzo al pubblico incuriosito. Realismo dunque esasperante: ogni idea di messa in scena, di artifizio, di spettacolo abolita, o per lo meno nascosta con le più sagaci malizie. Orbene, con tutti questi sforzi per giungere ad uno spasmodico interessamento da parte degli spettatori, si può benissimo toccare l'effetto opposto. Il trucco è così ben riuscito da simulare la realtà: noi crediamo senz'altro di assistere non a una finzione, ma a un fatto; noi siamo abbandonati da ogni illusione e dimentichiamo anche di es^ sere a teatro: a questo punto però ci accorgiamo che il tutto non è che un gioco, ed ogni nostro interesse, ogni nostra curiosità, ogni nostra ansietà di attesa, cadono d'un tratto. Realismo senza realtà; teatro senza illusione. Da che cosa può essere presa la nostra attenzione in un caso simile? Evkleniemente ad un processo autentico, per quanto sciatto, banale, stucchevole, noi ci interessiamo, perchè è... autentico ; ma se al culmine della nostra tensione nervosa, 1n Corte d'Assise, ci venissero a dire: « questa è una burla », per quanto ingegnoso e intricato e affascinante fosse poi il caso, noi non potremmo più resistere ad una sola battuta, ad un solo accento di quella inutile simulazione. Lo spettacolo offertoci ieri sera presenta lo stesso inconveniente: esso non è una Durone che illuda, e una simulazione che non riesce a trarci in Inganno. •Cosi per aver voluto forzare le convenzioni teatrali, per aver rotto il auadro scenico, per aver creduto che col mei-tare un fattaccio in tutta la sua cronistiica evidenza » contatto degli spettatori questi ne risentissero brividi inusitati, si ò tirato coll'abolire il disiano, la prospettiva, la chimerica lontananza, che, sola, nella sua Inafferrabile diversità, rende verosimile e commovente una cosa inventata. Quan do n^n si può credere alla cronaca, si d?\e poter credere alla fantasia. Qui sono venute a mancare runa e l'altra. E se si crede al teatro, non si può credere a una manifestazione di questo genere che è perfettamente 11 contrario del teatro. E non si parla già di quella spirituale trasfigurazione che unicamente ci interessa sul palcoscenico; ora noi consideriamo il puro e semplice spettacolo. Si sente un malesse-ne, come se ad ojini istante stesse per avere inizio qualcosa di vivo, di attraente, di spontaneo e schietto, e come se. continuamente, questa bramata sincerità di illusione si frantumasse; mnles>«re che potremmo definire: certezza della mistificazione. Questa e la conseguenza di cosi piatto rca.lismo e dell'aver abolito la quarta pereti-,, quell'ideale quarta parete che ogni spettatore si finge: In questo caso la quarta parete sarebbero t giurati. E po1che il dramma dovrebbe nascere per 'appunto rìairatiejwaraento incerto e dubbioso dei giurati di fronte aile vicende del processo, l'aver trasferito la funzione di quelli nel pubblico, equivale ad aver tolto uno degli elementi più emozionanti dello spettacoo, quello che ne avrebbe segnato le svolte e i punti salienti, quello che sarebbe stato in certo modo il coro tragico (salvi sempre i troppi illustri paragoni) e nd un tempo il personaggio centrale, il personaggio che decide, della straordinaria rappresentazione. Non 6 la prima volta che gli attori scendono in platea, è vero: e non è la prima volta che si vuol far partecipale un pubblico dilettamente ad uno spettacolo, ma a parte le considerazioni generali, si deve 1ener presente che a teat.ro ci si possono prendere anche certe lincia, purché non si spezzi il co.np?gnt. teatrale, e cioò la sua potenza fantastica. Oli spettatori hanno un solo mezzo, in sostanza, per partecipare veramente ad uno spettacoloquello di crederci restandone al dfuori. Detto ciò. non d resta gran che da dire. Con spettacoli di tal genere 1teatro come arie" non ha nulla a che vedere; con le poche osservazioni fatte cr°diamo dunque di esserci già soflermati a lungo sul Profèsso di Mary Dugan Non escludiamo, s'intende, che un simile trattenimento possa anche divertire. La cosa più importante può estere quella di sapere come va a finire (per quanto fin dall'inizio non sia difficile immaginarlo) ed anche si può trarre un certo curioso diletto da alcuni episodi. Mary Dugan è accusata di omicidio, e tutte le prove sono contro di lei: ella avrebbe ammazzato 1' amante con una pugnalata nella schiena. La vedova della povera vittima, viene a deporre che proprio nella notte del delitto, 11 marito le aveva promesso di troncare l'illecita relazione: è evidente che Mary abbia agito in conseguenza di tale decisione. Appena compiuta la deposizione della vedova si ode un irrido. E' il fratello dell'imputata che giunge stordito, ansioso, fremente, di lontano: egli è avvocato e senz'altro assume la difesa della sorella. E da questo momenti; le complicazioni non mancano: è inutile raccontarle. Solo dobbiamo no tare che a sollevare un poco randa mento che a prima vista potrebbe ap parile pittoresco e vivace, ma che :n sostanza è monotono di queste udienze, intervengono alcune scene melodrammatiche di pessimo gusto tra fratello e sorella, nel secondo atto, e una graziosa macchietta, una teste caricaturale e burlesca, nel terzo. Queslo personaircio, Marie nncrot, era ieri sera rappresentato dall'attrice Almirant* in mode eccellente. Come del resto recitarono benissimo tutti gli interpretiLa Compagnia Za Bum è perfdiamente a posto: Olivieri, Ricci, PicassoDiaz, Coop. Carnàbuoi, la Ronini, lOrlandini, tutti gli attori insomma furono degni di schietta lode. 11 pubblico, folto ed elegante, ha applauditad ogni... « udienza »; e possiamo dre che la serata fu animata e festosaIn quanto a noi, pensando alle sortdel nostro teatro, andavamo vagheggiando un altro genere di festosità animazione, quello che nasce dallalfe e affascinanti rivelazioni del pensiero e dell'arte. I. u.

Persone citate: Bayard, Mary Dugan, Olivieri, Quan, Ricci