L'assassinio dei deputati croati

L'assassinio dei deputati croati L'assassinio dei deputati croati La spavalda autodifesa di Panisela Rack: « Se dovessero comparire in Tribunale le famiglie di tutti coloro che io ho fatto cadere di mia mano, l'aula non basterebbe ad a ccoglierle » — Le prime testimonianze Belgrado, 28, notte. Al processo di Belgrado, l'odierna seduta antimeridiana-è stata assorbita dall'autodifesa di Puniscia Racic e di Toma Popovic. Puniscia Racic, riprendendo il tema di ieri,, ha voluto Illustrare, spesso visibilmente eccitandosi, la sua attività politica e quella del partito croato dei contadini, certo con l'intento di conferire al suo gesto un significato patriottico. Egli ha detto di essere stato sul principio un amico di Radic, che però in seguito si mise a lavorare contro 11 Paese, d'accordo con i nemici della Jugoslavia. Sforzandosi di provare la fondatezza delle sue asserzioni, l'assassino ha rilevato come Radic abbia incominciato con il determinare la caduta di Nicola Pasic, combattendone poi il successore, allo scopo di creare un'atmosfera nella quale gli stessi serbi di Serbia avrebbero dovuto ribellarsi contro la situazione insopportabile. Desiderosi di cattivarsi l'amicizia di Radic, i vari! Governi gli lasciarono mani libere e cosi egli potè proseguire nella sua opera di demolizione e disorganizzazione. « In tale guisa — afferma Puniscia Racic — Radic tentò mettere da lato gli intellettuali croati e sottoporre alla sua autorità i contadini. Prima che si fosse verificato il sanguinoso incidente della Scupcina, il Governo aveva fatto di tutto per conciliare Radio e 1 deputati croati. E sempre animato da tale spirito, il Governo arrestò lui, Racic, in forma anticostituzionale giacché per il suo gesto avrebbe do» vuto difendersi non dinanzi ad un Tribunale ordinario, bensì davanti a! Partamento. « Come un soldato... ■ L'accusato sostiene che l'anno scorso, ai 20 di giugno, egli si comportò come un soldato che in guerra vigili per l'onore della .Nazione, di Belgrado e della Serbia; ma del resto, a questo sentimento egli inspirò tutto il suo passato politico, tanto che se dovessero comparire in Tribunale ie famiglie di tutti coloro che egli fece cadere di sua mano per difendere la Patria, l'aula non basterebbe ad accoglierle. Racic fa quindi notare che i croati, malgrado la ingiustizia usata dal Governo a lui l'anno addietro, abbandonarono la Scupcina ed esposero lui al pericolo di venire condannato senza colpa. Alla sua testa, lui Rac-ic, non tiene molto, perchè sovente se l'è giuo cata per la Patria. Tuttavia, protesta per il fatto che la sua vita forma oggetto dì un mercato politico. Racic racconta che l'anno scorso i nemici della .Iugoslavia lo avevano condannato a morte, e che egli avreb be dovuto essere giustiziato proprio ai 20 di giugno. Una vittima è lui, Racic, ma vittime non sono, nè Stefano Radic, nè gli altri croati caduti. Egli si considera liberatore della stessa Croazia, anzi, è convinto che se usci rà vivo, con il tempo diventerà uno dei più popolari Capi della Croazia, Per accentuare il carattere politico della sua difesa, Racic cerca di spie gare che bolscevismo e fascismo mirano concordi alla distruzione dello Stato jugoslavo, e che lui con il suo gesto volle richiamare l'attenzione su tale pericolo. Oggi, invece, gli tocca scagliarsi contro i suoi stessi compa gai serbi, che lo hanno calunniato per timore del croati. La grande Croazia, a i o r ■aula quale si dice mirasse il partito croato dei contadini, — conclude l'assassino — già esiste di fatto, da Marburgo sino alla frontiera greca, e se Dio vuole, diventerà più grande ancora. .» Prima di sedersi, l'imputato ringrazia i giudici per avergli consentito di descrivere l'inferno noi quale si trovava la Scupcina. Non meno lunga di quella di Racic, è stata l'autodifesa di Toma Popovic, ugualmente basata eu tendenze politiche ed anti-croate. Popovic, a d-imostrare che il partito croato dei contadini, 6ino dal giorno della sua fondazione, sabotò l'attività legislativa del Parlamento, ha voluto leggere numerosi estratti di resoconti stenografici- della Scupcina, e ripetere gli insulti diretti da Radic e dai suoi compagni ai Ministri ed al Presidente della Scupcina. Fu sotto l'impressione destata dal contegno di Radic e -del suol compagni, che lui, Popovic, pronunziò le parole: c Se andiamo avanti di questo passo, qua dentro cadranno delle teste ». Il che voleva essere un mònito, afferma l'imputato, e non una minaccia. Pure essendo uomo semplice, Popovic si dice indignato dei pretesi frutti della cultura millenaria della quale i deputati del partito croato dei contadini si vantavano sempre. Termina, assicurando di non avere mai avuto rr* lazioni con Puniscia Racic, al cui gesto egli fu affatto estraneo. « Va via, se no ti ammazzo » Nel pomeriggio ba avuto poi inizio l'interrogatorio dei testimoni. Fra essi compaiono anche tre ex-Ministri del Gabinetto Vukicevlc. che sedevano al banco del Governo al momento della tragedia. L'ex-Mlnistro della Giustizia, Obra.dovlc, depone di avere afferrato 11 braccio di Racle, quando questi aveva sparato i primi colpi, e di essersi sentito dire dall'assassino : « Và via, se no ti ammazzo ». Obradovic ed altri testi esprimono l'opinione che alla tragica scena non si sarebbe giunti, 6e il deputato croato Pernar avesse ritirato le sue offese. Tutti gli altri testimoni del delitto, sostanzialmente ripetono questa deposizione del Ministro Obradovic. Tutti sono di avviso che Racle fosse tremendamente eccitato ed aves se perso la padronanza di sè dall'ira A questo punto l'udienza viene chiù sa. Domani continuerà l'escussione dei testimoni e domani sera, probabilmente, cominceranno le arringhe dei difensori, cosa che non finirà tanto presto, dato che i difensori sono in tutto una trentina. Intanto, si conferma che Re Alessandro si recherà presto a Bresoviza, nei dintorni di Zagabria per rimanervi tre giorni appena. Il Borgomastro di Zagabria, giovedì scorso, dandone l'annunzio al Consiglio Comunale, ha salutato il Sovrano guardandosi però in tutto il suo discorso dall'adoperare la parola Jugoslavia e sempre parlando e riparlando di un Regno dei serbi, dai croati e degli sloveni.. A Belgrado questa insistenza è stata subito messa in rilievo, tanto più che appena un paio di settimane addietro il Presidente del Consiglio Zivkovic, salutando alla fine di un banchetto certi Ministri uscenti, si servi di un linguaggio perfettamente opposto, adoperando nell'intero suo discorso la sola parola Jugoslavia.