L'educazione del coraggio

L'educazione del coraggio L'educazione del coraggio Il prof. Pietro Gorgolini, in un n(articolo pubblicato sulla « Stampa » del giorno 16 cori1., si occupa di quanto io ho scritto sul « Corriere della Sera » il giorno l.o aprile, sotto il titolo « Problemi del tempo nostro — L'educazione del coraggio ». Se ne occupa con assoluta cortesia di forma, ina con non molta benevolenza verso le idee che io ho esposto. So che Pietro Gorgolini è stato valoroso trincerista durante la guerra, agitatore fascista nel periodo post-bellico, autore di alcune coraggiose opere letterario-poliliche: cioè uomo di fede e di coraggio. Mi riuscirà quindi facile covincer- 10 della dnsonsistenza delle critiche che egli mi ha mosso. Nel mio articolo, forzatamente molto schematico, io tendevo a dimostrare la necessità di una educazione del coraggio e combattevo gli errori che avevano avuto corso legale nel passato in tema di tale educazione. Il Gorgolini, dopo aver messo in dubbio la possibilità pratica di educare il coraggio, ha difeso, in sostanza, gli errori che io ho combat tuto. Egli comincia col dichiarare che 11 carattere è immutabile e che quindi il coraggio, essendo una qualità del carattere, o è innato, o non lo si acquisterà mai. Si fa forte, in questo giudizio, del le teorie filosofiche che risalgono a Kant, a Schopenhauer ed a « tutta la scuola filosofica moderna ». Tanto la metafìsica concezione kantiana, secondo la quale ognuno di noi avrebbe scelto irrevocabilmente il proprio carattere nel mondo noumeniicn, ed una volta disceso nel mondo dello spazio e del tempo non potrebbe flil cambiarlo; quanto i sofismi delio Schopenhauer sulla distinzione dei « motivi» ai quali sono accessibili le differenti « volontà » degli individui, sono stati per me, a suo tempo, oggetto di studio; ma queste nebulose ipotesi, fondate solo su una geniale, ma ingannevole dialettica, non mi hanno avuto mai come seguace. Invito invece il mio cortese con traddiitore a leggere Spencer, oppu re, per esempio, « Il carattere » del lo Smiles, o « Le malattie della volontà » del Ribot, o « La conoscenza di sè » del Nicole. Scoprirà delle pagine interessanti sulla educazione del carattere, improntale a metodo rigorosamente scientifico, e potrà constatare che non « tutta la scuola filosofica moderna » crede alla im mutabilità del carattere. Ma vorrei non disturbare glandi nomi per la nostra discussione, che è forse più redditizia se svolta nel campo pratico con idee proprie, anziché in quello accademico con idee altrui. E, appunto senza trincerarmi die toro grandi nomi, dirò che è stata proprio ' la guerra a demolire sino alle basi la già malferma teoria della immobilità del carattere, coll'offidre ogni giorno agli occhi dei conibattenti di tutto il mondo lo spettacolo di uomini pavidi ed egoisti, per - i quali quindi l'esistenza rappresen. tava il sommo bene, trasformati, in alcuni combattimenti, in eroi, sotto l'influenza ' di .circostanze speciali che li trasportavano ad entusiasmi momentanei. Questi eroi occasionali che ricade vano poi subito,, e talvolta anche per sempre, nel loro abito naturale d' codàrdi, hanno fornito la più con vincente documentazione che il ca rattere si può modificare ed il co raggio educare. Ed infatti, se possono verificarsi delle condizioni d'animo transitorie per efi un codardo divenga un eroe anche solo per pochi minuti, è palese come il carattere non sia qualche cosa di lineare o di immutabile, ed è giustificata la persuasione di poter rinnovare con arte, sempre più di frequente, queste condizioni d'animo transitorie, sino a che esse lascino una impronta definitiva nel carattere dell'individuo. Non avremo che da ricorrere ad alcune norme elementari di psicologia. Per una legge fondamentale e notissima ixi psicologia, quando due elementi qualsiasi sono stati frequentemente associati tra loro, l'uno tende a risvegliare l'altro. Basterà dunque rinforzare gli elementi associati, che a noi interessano, con una applicazione intelligente della legge dell'associazione. Alla sensazione del pericolo si associa normalmente il sentimento della paura? Ebbene, noi, con esercizi appropriati, regoleremo il sorgere del pericolo in modo che ad esso si associ, dapprima forzatamente ed in seguito spontaneamente, un sentimento nuovo, quello del coraggio. E non insisto oltre su questo punto perchè mi sono ormai riallacciato' a quanto ho svolto nel mio precedente articolo. Domanda poi il Gorgolini perchè non ho tenuto conto, parlando dei mezzi idonei ad educare il coraggiodel valore della letteratura, nè demezzi coercitivi, usati in guerra « con efficacissimi risultati ininterrottamente dalla più remota antichità sino ài giorni nostri ». Sono lieto che il Gorgolini mi offra l'occasione di riconfermare la mia scarsa fiducia negli stimoli letterari per educare il coraggio e soprattutto di dichiarare la mia prò fonda avversione per i cosidetti mezzi coercitivi dei quali il Gorgolinloda gli efficacissimi risultati. Ho già notato nel mio precedente articolo che le forze principali che agiscono sul carattere sono i sentimenti e le idee ed ho affermato la fragilità dell'idea di fronte al senti mento. Siccome In paura è un sentimentodovremO'^lottare contro di essa non per mezzo di un'idea, ma per mezzo di un altro sentimento, del « sentimento » del coraggio; ho già chiarito quali siano i procedimenti idoneper creare con l'educazione, il « sentimento » del coraggio; non occorre qui' che -precisi come la letteratura agisca .prevalentemente nel campdelle'idee5'* sia quindi scarsamente idonea- a' creare del sentimenti. Chse poi. yi. fosse chi dubita della sproporzione 4i potenza che sentimented idee posseggono, rifletta costui alle prove che la vita gliene offre continuamente e non potrà più dubitare; ogni 'giorno, ad ognuno di nocapita, in una infinità di contingenze, di assistere impotenti al conflittche nel nostro intimo si svolge trl'intelligenza (idea) che ci consigliad agire .in un determinato moded una passione, od abitudine (sentimenti) che ci spingono ad agirilei modo contrario; quasi semprdtrpcmuuvìaapcviciacgssflcalcisc noi seguiamo il sentimento, fasciati e o à do all'intelligenza il modesto compio di criticare il nostro operato e di rimproverarcene, o di fornircene le più comode e capziose scusanti. Vediamo pure, ora, i « mezzi coercitivi ». Essi consistono, in sostanza, nel mettere il combattente al bivio tra una morte incerta, ma gloriosa, ed una morte corta ed infamante. E' verissimo che essi sono stati usati aiinterrottamento dalla più remota antichità sino ai giorni nostri. Eppure sarebbe difficile concepire procedimenti più fallaci ed irragionevoli dei mezzi coercitivi per ottenere il coraggio da chi non lo ha. I mezzi coercitivi creano questa Binazione: il soldato vile che teme il combattimento perchè in esso corre il rischio di morire, sarebbe indotto a fuggire; non fugge solo perchè sa che chi fugge viene poi raggiunto, giudicato e condannato a morte. Allora il codardo, preso nelila morsa di questa tremenda alternativa, si sente annientato; rinuncia forse a fuggire, ma diviene un flaccido simulacro d'uomo che segue abbrutito la corrente, incapace di qualsiasi utile attivila e offrendo ai compagni che lo circondano il pericolosissimo e contagioso esempio di un terrore ineirte ed invincibile. Non iparliiamo quindi di efficacissimi risultati dei mezzi coercitivi; cerchiamo piuttosto di applicare i mezzi preventivi e di metterci in condizione, con una previdente e lungimirante educatione del coraggio, applicata in special modo agli ufficiali, di ricorrere quanto meno è possibile al deplorevole rimedio dei mezzi coercitivi. Sono stupito poi che Pietro Gorgolini, il quale, nella vivace e dotta critica alle mie idee, ha dato prova di finezza ed equilibrio, qualifichi senz'altro feticismo la preferenza, che io ho dato all'equitazione quale mezzo più idoneo di ogni altro alla educazione del coraggio. Non si tratta di feticismo, ma di lunga e meditata esperienza. Al problema dell'educazione del coraggio io ho dedicata tutta la mia attenzione da quando gli episodi della nostra lunga guerra mi hanno indotto a credere che esso sia un problema fondamentale per una Nazione come l'Italia che ha la necessità di essere armata. I-Io studiato questo problema con amore e con tenacia noi suo lato intellettuale e in quello pratico. Gli sports che ho posposti alla equitazione ili ho praticati tutti, deliberatamente, a fondo ed ho ac quistato, precisamente attraverso questa pratica, la persuasione della assoluta eccellenza della equitazione sopra tutti gli altri mezzi pedagogici idonei ad educare il coraggio. Quando Pietro Gorgolini dichiara, nel suo articolo, che « occorre certo più coraggio ad affrontare il rischio di cadere da un aeroplano dalle iperboliche altezze celesti, o da una parete di rocoia strapiombante in alta montagna, che non da un cavallo », e che perciò «l'aviazione e l'alpinismo sono più idonei ad educare il coraggio che, inon^. l'equitazione.», fa un'affermazione *me può colpjre,1 e forse anche sedurre, un osservatore molto superficiale, ma non chi abbia ben riflettuto sul valore pedagogico che ha la psicologia del pericolo di cadere, sia esso affrontato a cavallo, 0 in montagna, o in aeroplano. L'uomo che perde l'equilibrio per una causa qualsiasi e cade, prova sempre un sentimento, sciocco fin che si vuole ma invincibile, di paura. Per provare questo sentimento, però, l'uomo non attende di aver misurato1 metri che separano il punto di partenza dal punto di arrivo della sua caduta; lo prova subito, non appena sente di cadere. Da cavallo si casca con ben maggiore facilità e frequenza che non dalle pareti di roccia in alta montagna, o dall'aeroplano; perciò appunto la insidiosa vivacità e frequenza di questo pericolo fa dell'* quotazione il mezzo pedagogico ca ratteristicamentn idoneo alla educazione del coraggio, e perciò so di uo^i fare del feticismo se affermo che il cavallo dovrebbe divenire il libro di testo che lutti gli ufficiali dei corpi combattenti dovrebbero consultare giornalmente. tliflvepdcpfcslsnpsdeDltdrvelgP è i i a a i e e a , n o o i ne a o e e ti lnaoi no a a o ne e giornalmente. E precisamente in questa (possibilità di essere praticata giornalmente sta un altro fattore decisivo di superiorità pedagogica dell'equitazio ne sull'alpinismo e sull'aviazione. Abbiamo visto infatti come il fine essenziale che deve proporli l'educn zione del coraggio, sia quello di con trappon-e al sentimento istintivo, congenito, della paura, un sentimento artificiale, secondario; quello del coraggio, sentimento, quest'ultimo, che va creato, più o meno, ex novo ed al quale occorre fornire volume e vigore sufficienti per combattere e schiacciare il sentimento istintivo; abbiamo visto che per costruire questo sentimento artificiale dobbiamo far nascere delle abitudini, dobbiamo perciò poter usare il mezzo che deve formare le abitudini ed i sentimenti, per lunghissimo tempo, gior nalmente, con continuità e perseveranza. Ognuno vede da sò come l'aviazione e l'alpinismo non possano essere praticati giornalmente, mentre l'equitazione sì. Che poi l'equitnzione sia oggi uno sport a più facile portata dell'elemento militare che non dell'elemento borghese, ciò è, in pirte, vero. E' certo tuttavia che se noi cominciassimo a preoccuparci di creare un sistema teorico e pratico di educazione del coraggio proprio nell'Esercito, daremmo a questo sistema la sua prima sede appropriata e na turala. . , _. „ Che l'elemento borghese m Italia ami poco l'equitazione ciò è dolorosamente verissimo, ed è tanto più doloroso se paragoniamo in ciò l'Italia ai Paesi stranieri di più altr sensibilità sportiva, come ad eaem pio l'Inghilterra, l'Ungheria, la Fin landia, la Polonia (non posso dire dell'America che conosco poco) do ve tutte le ciUà di qualche impor tanza abbondano di galoppatoi pub blici, di scuole private di equitazio ne, di maneggi, di società per le caccie a cavallo, ecc. L'antipatia per l'equitazione tra scina infine il Gorgolini ad una af fermazione che mi è molto facile ribattere in modo definitivo. Afferma il Gorgolini che il Duce ama « l'equitazione che gli consente delle sa ne passeggiate all'aria aperta » non l'equitazione come sport... Il professor Gorgolini è in errore ed egli potrà riconoscerlo consultando un li- bro che dovrebbe essere letto e meditato attentamente da tutti gli italiani, il brillante e suggestivo volume di Landò Ferretti, che ha per Fa ; titolo: «Il libro dello sport». Oue-i sto libro porta una prefazione piut-latosto singolare filmata da Musso¬ lini: una grande e nitida fotogra fla che riproduce il Capo del Go verno a cavallo, al salto di un'alta e larga « triplice ». Ma la fotografia è un documento prezioso perchè rivela come il Capo del Governo non sia solamente un cavaliere da « passeggiate » ma un provetto cavaliere da ostacoli. E infatti all'occhio del conoscitore, anche il più modesto, non possono sfuggire il sicuro assetto del cavaliere nel sommo della parabola del salto, la giusta impostazione del ginocchio sulla sella, la fermezza del piede e la leggerezza dell'appoggio sulla staffa, la completa avanzata delle mani, e lo slancio disinvolto ed elastico con cui tutta la persona del Duce, in una ceduta di perfetto stile, accompagna il salto del cavallo. Nessun cavaliere che ami l'equitazione semplicemente per compiere delle passeggiale potrebbe effettuare simile prodezza, ma solo un cavaliere completo, in perfetta forma e che abbia dedicato all'equitazione la paziente passione che io propugno e che vorrei vedere diffusa nel Paese e soprattutto nell'Esercito per gli altissimi fini che ho già illu strato nel mio precedente articolo. Giacomo Carboni rinicdpSrBppdgnpzcsdldMiglvdnmtp

Persone citate: Duce, Giacomo Carboni, Kant, Pietro Gorgolini, Ribot, Schopenhauer

Luoghi citati: America, Inghilterra, Italia, Polonia, Ungheria