II mistero del Viale dei Colli

II mistero del Viale dei Colli -X A- i f» re o c e 3 3 i • I « Rougon-Macquart » di Chiaverano omicidaavantiaigiurati Ivrea, 27 notte. 1 giurati eporediesi dovranno «iu'dicare oggi certo Venanzio Enrione di Chiaverano, imputato di parricidio, il tragico {aito che porta oggi l'iinrione sul banco degli imputati alla Corte di Assise di Ivrea, si e svolto, come l'orse I lettori non - avranno dimenticato, al ■primi del mese di gennaio 1928, in una ridente frazione del Comune di Chiaverano, Bienca, poco discosto dalla nostra città, e vi ha dato origine, se cordo l'accusa, l'avidità sfrenata, anzi l'ingordigia propria di molti nostri contadini esageratamente attaccati al più piccolo lembo di terreno. Giuseppi Enrione, il povero morto, vecchio di 84 anni, aveva più volte detto ai suoi due figli, il Venanzio e Ida, di voler fare testamento e pare che avesse espresso il desiderio di voler favorire maggiormente la figlia cerne quella che gli aveva prestato; sempre, e specialmente negli anni della sua vecchiaia, preziosa e.amorevole attenzione. Il Venanzio non era mollo dispiaciuto in fondò di questo fatto, che riconosceva veramente meritevole la sorèlla di una certa preferenza; ma voleva che a lui il padre destinasse un certo podere che gli stava moltissimo a cuore. 11 padre invece non voleva assolutamente sapere di lasciare Quel tratto di terreno al Venanzio avendo divisato di darlo alla figlia, perche costituiva forse l'appezzamento migliore. A poco a poco il Venanzio, dato il costante ed energico rifiuto del padre ad accontentarlo, pensò che cositi! lo volesse legittimare, lasciando tutto il restante patrimonio alla sorella, ed incominciò a minacciare il padre; ed un giorno anzi lo invitò a stare all'erta che se no lo avrebbe scaraventato giù dal loggiato nell aia. II £2 gennaio sera si parlò nuovamente di fare il testamento, presenti nella, camera da letlo del padre, soneremo per il male e per l'età, i due figli. Ed il padre, presago di una mie prossima, diede anzi incarico alla figlia Ida di recarsi il giorno seguente a Cina vefano per il notaio. Al mattino del 83 gennaio si ritrovavano ancora nolla stanza del vecchio i due llgli: e vi fu uno scambio di male parole e di indeterminate minacce. Uopo aver servita la colazione al padre la Ida usci per attendere in casa sua alle cure domestiche. 11 Venanzio abbandonava poi anch'egli la stanza del padre fU visto da alcune persone a trasportare delle fascine. Rientrata qualche tempo dopo nella camera del paure la .Ida trovava il vecchio già cadavere nel suo letto, e questo in evidente disordine attestante una violenta colluttazione. Alle, sue grida di aiuto, accorreva anci" 11 medico il quale non poteva it. altro che consultare l'avvenuto decesso in seguito allo sfondamento della cassa toracica. Evidelinquente l'assassino era salito fui letto dove giaceva il vecchio, con un ginocchio ave va compresso lo stomaco del disgraziato che non poteva rea'girè stretto anche al còllo in una morsa che lo soffocava. E la violenza dev'essere stata terribile, se si pensa che oltre alla frattura delle costole, il disgraziato Enrione veniva trovato con un braccio ed una gamba spezzati. Immediatamente i sospetti caddero sul figlio Venanzio il quale venne senz'altro tratto in arresto. Le prime indagini esperite, i dati di fatto raccolti .confermarono validamente l'ipotesi ehe si trattasse di un terribile parri•eldió. Nessun'altro infatti vi era che "potesse'avere un qualunque interesse * 'Compiere il terribile delitto, di cui '•1 e macchiato Venanzio Enrione; nè si può logicamente pensare ad un delitto commesso a scopo di raipina o furto. Oltre alle presunzioni di colpevolezza a carico del figlio del morto, ■per tutte le circostanze emerse, vi e an dato di fatto che pesa terribilmente contro jl Venanzio. Infatti poco dopo l'arresto, fu disposto per un attento, esame somatico, dal quale emerse che alle ginocchle si riscontravano delle macchie critimatose, formatesi evidentemente a seguito della pressione esercitata sui lati del letto, sul petto e sugli arti del padre nell atto di compierò il delitto orribile. L'indiziato non seppe dar ragione di queste macchie e certamente su questo dato, di fatto la difesa del Venanzio avrà parecchio da dibattersi. Nonostante 1 molteplici indizi a carico del Parricida, costui contìnua a negare di aver commesso il fatto addebitatogli. Lo difenderà l'avv. Ca"vaglià: sosterrà la pubblica accusa il cav. Ugo. La motocicletta sotto sequestro [Tribunale Penale di Torino) Diversi e variamente penosi sono stati per il signor Luigi Fantino, di 37 anni, abitante in via Feletto 38, gli atrasischl di un accidente motociclistico capitatogli sei anni or sono, precisamente 111 ottobre 1923. Sulla carroz. zella della motocicletta egli trasporta•va la propria fidanzata, Maria Penna, quando la macchina andò ad urtare contro un carro. Le conseguenze furono tragiche; sbalzata a terra, dalla violenza dell'urto, la povera signorina riportò lesioni in seguito alle quali dovette soccombere. ' Le indagini sulle circostanze che a vevano condotto al luttuoso evento,, misero in rilievo la colpa del Fantino. 11 quale fu imputato di omicidio col poso. Comparso dinanzi al giudici il & luglio 1924, egli veniva condannato nd uri anno e 2 mesi di detenzione, pena che veniva successivamente ridotta dalla Corte d'Appello, la quale però ordinava la continuazione del se questro posto sulla motocicletta e sul la somma di cui il Fantino fu trovato in possesso dopo l'accidente. Frattanto dopo il giudizio d appello, il Fantino procedeva ad indennizzare la famiglia della vittima, ragione per cui, ritenendo che il sequestro ordinato dall' autorità sulla motocicletta venisse automaticamente ad essere revocato, trattava con certo Luigi Capo la cessione della macchina che era rimasta affidata al custode nominato dall'autorità, l'oste Giovanni Vietti, di Venaria Reale. Per indurre quest'ultimo a rilasciare la macchina, il Fan tino presentò anzi una pretesa dichia¬ razione del maresciallo del carabinieri attenstante che il sequestro era stato revocato. Senonchè, a distanza di parecchio tempo, il Capo che aveva acquistato la motocicletta per 1800 lire, si vide capiiare in casa i carabinieri, i quali sequestrarono la macchina. Ma la cosa non fini lì; poiché la ordinanza di sequestro della motocicletta emessa dopo l'accidente, non era mal stata revocata dall'autorità, il Fantino ed il custode dell'oggetto in sequestro furono mandati a giudizio per sottrazione di oggetti sotto sequestro, ed il Fantino anche per miffa. Il pretore assolse il Fantino dalla truffa condannandolo per l'altro reato ad un mese di reclusione. Questa condanna, se pur lieve, aveva una inesorabile conseguenza per il Fantino: portava alla revoca della condizionale accordatagli In ocasione della condanna per omicidio colposo. Egli imerp'ose appello e ieri, difeso dall'avv. Salza, si ripresentò in Tribunale. Il suo patrono sostenne che nel trattare la cessione della macchina sotto sequestro egli non aveva agito con dolo. Il Tribunale (precidente, cav. Baflle; P. M., cav. Sommelli; cane, cav. Beggioto), aderì a questa tesi e pronunciò sentenza di assolutorie. Spogliatore di un cadavere cNidann • o a cinqua anni Aosta, -27, notte. Certo Dcfey di Elronhles. di anni SO, sordo e balbuziente, arrestato per sospetto autore tu omicidio nella persona del capo stazione Guido Saluti di Pavia, trovato morto nell'agosto del 1927 in alta montagna In prossimità del Gran S. Bernardo, totalmente svestito, o comparso ogni hi Tribù- L'epilogo d'un crak borsistico La condanna dei Fratelli Bianco {Corte d'Appello di Torino) In Corte d'Appello si 6 avuto ieri il riesame della vicenda giudiziaria scaturita dal noto e clamoroso crak dell'agente di cambio Francesco Btan co di Giuseppe, di anni 42. Come si ricorderà, il Bianco che aveva gli ufllcl naie. Mentre si eseguiva una perquisizione in via 'Bertela, 24, scomparve da Tori nell'abitazione del Deley quale presunto autoro di un tentato incendio- neUa casa del cognato Pomati si rinvennero le carte e 1 documenti del Saluti fra cui un orologio, un anello ed il portafogli. Il Defey disse di aver rinvenuto il cadavere e di avergli tolti gli oggetti dal vestito. Essendo dall'Istruttoria risultato che il Saluti .era morto vittima della montagna 11 Dcfey venne prosciolto dall'accusa di omicidio e accusato solo di tentato Incendio e di jncre derubato un cadavere. Oggi al processo, al quale assisteva tutta la popolazione di Etroubles, l'Imputato parlava un linguaggio Incomprensibile ed è stato difficile al presiden» fargli rlcostnitie 1 fatti del quali è Imputato. li difensore aw. CUablot sostiene la tosi della pazzia. Il Tribunale ha emesso sentenza con la quale condanna Defey a 5 anni di carcere per il tentativo di Incendio e il fvrto sul cadaifere del Saluti. II mistero del L'imputato nega e Firenze, 27 Agostino Pierazzoli, il feroce delinquente imputato di due orribili .delitti avvenuti nel dicembre del 192? e nel gennaio del 1928 al viale dei Colli, delitti di cui rimasero vittime il prof. Gino Giachi e la signora Teresa Redditi è comparso stamane dinanzi alla C~rte di Assise. Una folla considerevole tra cui si notava una larga rappresentanza di signore e signorine era accorsa nell'aula della Corte per assistere a questo dibattimento. L'imputato è giunto con autocarro cellulare, sotto buona scorta, poco dopo le otto ed appariva pr -fellamente calmo. E' un giovane di media statura, dai lineamenti regolari, dall'aspetto insignificante. Veste assai elegantemente e quando fa il suo ingresso nell'aula è fatto segno alla curiosità della folla. Entra la Corte La Corfc entra alle 9,20. Presiede u Consigliere di Cassazione comm. Terrabrami. Dopo le formalità di uso per la costituzione della parte civile, si procede alla formazione della giuria. Il Presidente chiede al l'icrazzoli le generalità. Questi dice di essere nato a Bagni della Porretta il 20 i.tì-.tzo 1908 e di avere esercitata la professione di commerciante. Il Presidente riassume le circostanze in cui si svolsero i due efferati delitti ed inizia l'interrogatorio dell'imputato. Il Pierazzoli, con tono enfatico, comincia coll'affermaTe di essere completamente estraneo all'uccisione del prof. Giachi e di Teresa Redditi. Asserisce che l'imputazione gli è stata significata soltanto quattro mesi dopo il suo arresto e che perciò non e in grado di dare spiegazione sul modo come impiegò la sera del 5 dicembre 1<)27.'giorno in cui fu commesso il delitto. 11 Pierazzoli continua affermando la propria innocenza. Asserisce che nessun bisogno di denaro lo poteva spingere al delitto perchè 0,1 ótenaTO era ben fornito. Asserisce di avere comperato la rivoltella solfanti per divertirsi a sparare al bersaglio contro la porta di casa sua. Chieda che si faccia uh soproluogo per controllare la verità delle sue affermazioni. Continuando la sua autodifesa giunge persino a contestare le risultanze dell'istruttoria, asserendo di non avere mai portato le basette che sono state notate nell'uccisore del Giachi. Nega poi di avere mai conosciuto la signora Redditi e di avere avuto con lei rapporti di interessi. Ammette però di avere avuto rapporti di affari con una congiunta dell'uccisa, la signora Clorinda Mlnucci. Da circa due anni però nemmeno con quest'ultima aveva più avuto occasione di trattare. Ammette di avere esercitato il poco nobile mestiere di usuraio, ma non in proprio, bensì per conto ed istigazione del proprio patrigno, l'ex-commissario di P. S. Soldaini, che non volendo figurare di persona aveva indotto luì a farsi rilasciare le cambiali ed agire in giudizio contro i creditori insolventi. Il presidente rivolge all'Imputato numerose contestazioni sul modo come trascorse la serata in cui fu commesso il delitto Redditi. Il Pierazzoli racconta di essersi recato alle 16,30 in Pretura a consegnare all'usciere giudiziario una cambiale non pagata, per la quale doveva essere fatto l'atto di protesto. 'Una strenua autodifesa Nell'altrio dela Pretura venne a lite con uno sconosciuto che aveva preso la sua bicicletta. Nn nacque un pugilato duranteJl quale si produsse quelle ferite alle rrltni che, secondo lui, sono uno degli indizi sui quali maggiormente s1 è basata l'autorità per accusarlo dell'assassinio della Redditi. Tornò qulndt a casa Relativamente al possesso degli oggetti dell'uccisa rinvenuti nella fiua abitazione dice di averli acquistati da un individuo a lui Indirizzato dalla signora Anna Sale con la quale aveva rapporti di interessi. Pagò gli oggetti-poco più di 400 lire e concluse l'affare pur sospettando trattarsi di refurtiva. Smentisce di avere ritenuto che gli oggetti fossero appartenuti alla signora Redditi; il Presidente gli fa osservare che in seguito alle osservazioni dpi suoi famigliari, doveva essere cprto della provenienza degli oggetti, poiché aveva lotto la lista degli oggetti rubati alla signora Redditi pubblicata dai giornali, ma nonostante ciò, il Pierazzoli non disarma e sostiene, senza un attimo di debolezza, di essere estraneo non solo al delitto del prof. Giachi, ma acche a quello della Redditi. A mezzo(Mrno l'udienza è rinviata al pomeriggio. Viale dei Colli non cede terreno L'udtenza pomeridiana è aperta alle ore 15,30. Dopo che il Pierazzoli ha ancora una volta smentito di avere conosciuto la signora Redditi, si uiteriroga Clotilde Aiauucci, parte civile, conoscente della signora Teresa Redditi. Non è in grado di dare alcuni particolari sui fatti. Si recava due volle la settimana a casa della signora Redditi la quale era una ottima donna, niente affano diffidente. Parla dei rapporti di interesse che ella ha avuto col Pierazzoli. La Menucci si incontrò con l'accusato a proposito di certo prestito e di un giro di cambiali. Riconosce ulcuni degli oggetti sequestrati dalla polizia in casa del Pierazzoli, come appartenenti alla signora Redditi. Si passa quindi all'interrogatorio delia teste, maestra Raffaella Arduini che la sera del delitto Giachi si trovava insieme con lui. La signorina Arduini dice di avere intrapreso delle relazioni puramente sentimentali col prof. Giachi, il quale era in condizioni d'animo molto depresse e aveva bisogno di conforto spirituale. Il prof. Giachi col quale inizio la relazione affettuosa fin dal marzo 1926 ebb1. a raccontarle la sua vita disgraziata e le relazioni che egli aveva avute con la Falsini e un'altra donna. Le tacque però sempre di avere avuto un figlio dalla relazione illegittima con la Falsini e parlò anche di violenti scenate e di minacele cui erastato sottoposto per parte dell'amante; e si disse stanco di quella vita. L'assicurò infine di avere rotto ogni rapporto con la donna. La scena del delitto • La sera del delitto, verso le 18,15, essa si trovava insieme al Giachi lungo il viale Machiavelli, laterale al viale dei Colli, allorché un individuo si presentò improvvisamente dinanzi a loro e dopo avere pronunciato la parola «giù il portafoglio! ». sparò un colpo di rivoltella che fece cadere a terra il Giachi ferito. La signorina st diede a gridare aiuto e accorse gente che provvida a fare trasportare il Giachi all'ospedale. Essa nega di avere pronunciato la parola - tutto questo esuccesso-.per colpa miai » e conferma che il Giachi lè disse a più riprese di allontanarsi e di ritornare a casa. Esclude anche che il Giachi le abbia detto» i Non dica' niente a nessuno, lei che sa tutto ». Alla testimone muovono alcune contestazioni gli avvocati difensori del Pierazzoli, i quali affermano che la teste escluse, in un primo momento, che l'individuo avesse aggredito per rubare. Essa rlsnonde di avere pensato questo dopo, allorché le vennero in mente le minacele che il tilacini te aveva detto di avere subito. Ma fu una induzione e non più. Dìcr di non essere in grado di riconoscere l'aggressore. La statura e la voce del Pierazzoli le sembrano quasi identiche a quella dell'individuo che commise l'uccisione. La signorina intlno riconosce ner sue alcune lettere inviate al Giachi, alcune delle quali firmate Madonna Fiorentina. Depongono pòi 6it circostanze secondarlo e relative all'uccisione del prof. Giachi Pierina Moschini, U«ro Fontana, Giorgio Monturi e don Chlrlatti, il quale ultimo sali nell'aulo-ambulanza che condusse il prof. Giachi all'ospedale Durante il traoritto, il ferito gli disse qualche cosa che il reverendo afferma di non poter riferire, a causa del segreto confessionale. Altre deposizioni La deposizione suscita molti com menti. Il figlio del prof. Giachi, Enzo, depone su circostanze di poco conto, poiché il padre si manteneva molti riservato con lui. Si legge quindi la deposizione- resa in istruttoria dalla signorina Nella Giaco:, figlia dell'uc ciso e si leggono poi le dichiarazioni rese dal prof. Giachi stesso ai funzionari di polizia che l'interrogarono al momento del suo trasporto all'ospe dnle. Il maresciallo De Marco, diri gente dell'ufficio di polizia dell'ospedale di Sania Maria Nuova, interrogò il prof. Giachi e raccolse elementi relativi ai connotati dell'aggressore. Do. po alcuni testi di secondaria impor tiinza, il dottor Alberto Parenti, che ebbe modo di visitare il giovane Ago stino Pierazzoli alcuni anni or sono dice come questi apparisse violento irascibile e irrequieto. Ultimo teste della giornata è il mare sciallo di pubblica sicurezza Giovanni Barbieri, che depone circa oexte Indagini compiute per ricercare fra una comitiva di giovinastri che Infestava il viale dei Colli il probabile uccisore del prof. Giachi. L'udienza ò quindi rinviata a domat una alle 8. no il 29 settembre 1920 lasciando una lettera in cui annunciava al Sindacato di Borsa che non avrebbe potuto far fronte alla liquidazione di line mese. La sua insolvenza si rivelò tosto cospicua e portò, il 18 ottobre succes sivo. alla dichiarazione di fallimento, pronunciato dal nostro Tribunale su istanza del Sindacato di. Borsa. Alla dichiarazione di fallimento, seguirono iien presto numerose donuncie di privati, i quali segnalavano all'autorità giudiziaria di avere affidati all'agente di cambio, per ragioni varie, quantitativi rilevanti di titoli. DI tali valori non fu trovata traccia nò presso le banche, ove il Bianco aveva i propri depositi, nè nelle casseforti che etano, per altro, assolutamente vuote. Contro l'agente fuggiasco fu spiccato il mandato di cattura ma le indagini espletate per darvi esecuzione rimasero inefficaci. Il Bianco era munito di passaporto ed era riparato all'estero. Potè invece essere tratto in arresto il fratello suo, Luigi, di anni 38, che era il suo mediatore di borsa e che collaborava con lui nella gestione dell'azienda. Gravi e svariate furono le imputazioni elevate contro l'ex agente di cambio , in conseguenza delle risultanze dell istruttoria. Francesco Bianco ven-' ne incolpato di bancarotta semplice e fraudolenta, di appropriazione indebita qualificata per valore molto rilevante e di truffa egualmente aggravata. L'accusa di appropriazione fu determinata dal fatto clie il Bianco aveva convertito in proprio profitto una quantità ingente di titoli, per un valore superiore alle 900 mila lire, affidatigli dai clienti per la conversione e per operazioni varie. Della truffa fu vittima la signora Francesca Rapolo veci Novarettl, alla quale il Bianco, nell estate 1926, aveva fatto crederò che un immaginario sindacalo, costituito sotto gli auspici di una banca assai accreditata, andasse raccogliendo, in quantità rilevante, azioni del gruppo Sip e del gruppo Gaz per fronteggiare 1 ondata ribassista che si era scatenaÌl „nPl,a bnrsa Italiana in otiel torno di tempo. La signora Novarettl era caduta nella rete ed aveva affidato al Bianco, perchè le passasse al Sindacato, aOO azioni Sip e 600 azioni Italgas, pel valore complessivo di 320 mila ■?• Le azioni naturalmente erano servite ali agente di cambio per... fronteggiare la sua situazione personale verso il Sindacato di Borsa. Altre 200 azioni Italgas, pel valore" di 70* mila «*> (Vrca' la si«nora Novarettl aveva affidato ancora al Bianco, che gliele aveva richieste col pretesto di dover provvedere urgentemente ad un'operazione di compenso e nella promessa di una rapidissima restituzione. Luigi Bianco, il fratello dell'agente ai cambio, venne imputato di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta, per avere distratto dalle atti 1™ u,na,.soniTrìa. non inferiore alle tuo mila lire e per avere falsificato 1 .oontabiM, e di correità nella truffa delle 500 Sip e delle 600 Italgas alla signora Novarettl. n Tribunale ritenne Francesco Bianco colpevole di tutti ì reati e lo condannò, in contumacia, a 13 anni, 6 mesi e 22 giorni di reclusione. Ritenne il Luigi — che frattanto aveva ottenuto di essere scarcerato — colpevole di complicità in bancarotta fraudolenta e di complicità in truffa, e Jo condannò a 3 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione e 790 lire di multa. Contro questa sentenza fu interpo sto appello. Anche al riesame della vicenda non si è avuta la presenza di Francesco Bianco, il quale è sem Un losco terzetto nella rete Personaggi che avrebbero potato figurare nei « Miserabili » Aosta, 27 notte. Una brillante operazione è stata compiuta oggi dalla nostra questura, direttamente dal commissario capo alla polizia giudiziaria avv. Tricarico. In piazza Sant'Anselmo, 12, e precisamente nell'alloggio del fallito banchiere Lorenzo Rean, oggi stesso ricondotto alle carceri di Aosta, abitava da un po' di tempo una di quelle losche famiglie che, malgrado la intensa campagna moralizzatrice condotta dall'autorità, continuano a inquinare l'ambiente cittadino. Lui, lei e l'altro Si tratta della famiglia di cerio Tebaldo Chiti di Giuseppe, di trentanove anni, nato a Greve di Toscana e sposato ad una certa Dina Picchienti di Francesco, di 30 anni, da Firenze, con due bimbi. Il Chiù lavorava negli stabilimenti elettro-siderurgici della nostra città, in qualità di operaio laminatore, e percepiva una paga minima non certo sufficiente alle necessità della famiglia, tanto che la moglie arrotondava le cifre con illeciti introiti, connivente il marito. Presso la famiglia stessa era venuto ad abitare, da un po' di tempo, un compaesano del Oriti stesso, certo Priamo Donnini, dil 27 anni, giovanotto molto elegante, che si diceva agente di assicurazione e viveva invece alle spalle della Chiti, sua amante. Da un po' di tempo la casa austera dei Rean era diventata un ritrovo equivoco: feste e bagordi vi si succedevano con frequenza tale da destare vivo malumore non solo nei vicini, ma nell'intero quartiere, sebbene le condizioni di vita della famiglia non fossero facili. Da un altro compaesano, il rappresentante in vini Stefano Puglioll, di 50 anni, da Bagni a Ri-poli, la moglie del Cinti aveva parecchio tempo fa acquistata una ingente partita di vino per la somma di circa cinque mila lire, che malgrado le reiterate insistenze del commerciante, degnissima persona, non era- stata ancora pagata. A conoscenza di una prossima venuta in Aosta del Puglioll, il Chiti e sua moglie si misero in appostamento e seppero che egli era giunto nella nostra città sabato scorso con il treno delle ore 11. Domenica, alle 10, la moglie del Chiti si recò nell'ufficio di rappresentanza del Puglioll e lo invitò a passare a casa sua anche per conferire col marito perchè era loro intendimento di saldare il debito. L'appuntamento fu fissato in via Sant'Anselmo, 5, per le ore 16, in un pied-àterre dei coniugi stessi, che serviva laro per te losche imprese. La donna raccontò che avendo molti mobili era stato d'uopo procurarsi un altro alloggio, nel quale la famiglia stessa stava trasferendosi. La rete rinserra le maglie Alte 16, siccome il marito era di turno negli stabilimenti, venne incarica to 11 Donnini stesso di andarlo a ri chiedere, adducendo a motivo un malore della moglie. Prima di recarsi c casa, i due, cioè il Chiti ed il Don nini, si recarono nel negozio di privativa ad acquistare una carta boi lata e diverse cambiali ; la donna in tanto si recava in via Sant'Anselmo, 5, in una camera dell'appartamento ove in costume assai discinto aspettava il Puglioli che giunse all'ora precisa e fu alquanto stupito di trovare la donna in tali condizioni. Poche parole erano state appena pronunciate allorquando, da una camera attigua dove si erano appostati il Chiti ed il Donnini balzarono di fronte al Puglioli, dicendo di averlo colto in flagrante adulterio e minacciandolo di morte, qualora non avesse immediatamente consegnato loro una forte somma di denaro e firmata la dichiarazione già preparata, oltre a tre effetti cambiari in bianco per un valore di 50.000 lire ciascuno. Il Chiti era armato di un grosso pugnale e veva versare pure un altro Immediatamente, l'avv. Tricarico afferrò 1» Donnini per un braccio e lo consegnò a due agenti della questura, i brigadieri Badala e Pistretto, i quali lo ammanettarono e condussero in questura, senza che quasi nessuno si accorgesse della rapida operazione. Nel frattempo l'avv. Tricarico correva iinll'abitazione del Chiti, in via Sant'Anselmo. 12. ed alla moglie chiedeva del Chiti stesso. Nel contempo si accorgeva che qualcuno fuggiva nell'interno e da perfetto conoscitore di casa Rean, ebbe l'intuito che il Chiti tentasse di fuggire da un'altra porta di comunicazione elle dà sul portone, n. 10. Con rapidità, tornò sui propri passi e, armatosi, riuscì a fermare il Chiti menine stava per raggiungere la via, conduoendolo in questura. In una seconda operazione veniva pure arrestata la donna. Messi alle strette i tre confessarono ampiamente i fatti. Indosso al Chiti, in una specie di fascia applicata a nudo sul ventre, vennero trovati gli, scritti e due cambiali per l'importo'di loo.ono lire ; l'altra di 50 mila lire venne trovata indosso al Donnini. Venne pure sequestrato il pugnale. Il terzetto è stato tradotto alle carceri e denunziato all'autorità giudiziaria. Truffato df 100.000 lire con un vecchio trueo» Novara, 27 coi!*. Il contadino di S. Nazzairo Sesi« Cario Col'li fu Battista incontrava a No* vara due individui di bell'aspettoo. GII sconosciuti gli dissero che dovevano) consegnare la somma di 90 mila li» al dott. Simonetti, perchè ne curasse la distribuzione a scopo di beneficenza, ed uno di essi faceva veder* il portafogli pieno di biglietti da mille. Di tale distribuzione finiva per incar ricarsi il Colli, 11 quale accettò di consegnare agli sconosciuti, a titolo di garanzia, due cartelle di rendita di 50 mito lire l'una, che egli andò a ritirare a S. Marzano Sesia! Ritornato a Novara, si ritrovava col due Individui, uno dei quali si faceva rilasciare in deposito le due cartelle, mentre il Colli veniva mandato a comperare una scatola di pastiglie dal farmacista. Al ritorno egli constatar/a che 1 due amici erano scomparsi o lo avevano truffato di 100 mila lire. pre latitante. I patroni del Luigi, av- sembra che il Donnini tenesse in mavocato Dagasso e on. Villanruna, nel- no una rivoltella. La donna, giocan1 esaminare la posizione alla stregua do bene la sua parte si gettò ai piedi del mandato che gli era stato conferito dal fratello e dell'attività svolta come mediatore di Borsa, prospettarono nuove ed interessanti questioni di diritto risollevando, tra le altre, quella agitata recentemente a Roma, in occasione di un dissesto analogo, e secondo la. quale il mediatore di Borsa non potrebbe essere dichiarato fallito, essendo considerato dalla legge come un pubblico ufficiale. La Coirle (prec. comm. Benettini; P. Ci. comm. MovetW) ha aderito ad una delle tesi defensionali e riconoscendo che alla figura del mediatore non so no applicabili le aggravanti comminate dalla legge per chi è più manlte smmentp responsabile del dissesto, gli ha ridotto la pena a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Nei riguardi di Francesco Bianco la Corte ha confermato la sentenza del Tribunale. La signora Novaretti si era costituita P. C. a mezzo dell'avv. Baravalle ed 11 cura tore del fallimento, prof. Forchino, nell'interesse della massa, si era costituito P. C. col patrocinio dell'avv. Farinelli. Falsa testimonianza? (Corte d'Appello di Torino) Il signor Giuseppe Peretti, segretario comunale di Ronco Canavese, era stato imputato di falsa testimonianza in causa civile. Comparso dinanzi al Tr bunale di Ivrea, egli era stato assolto ampiamente colla declaratoria dell'i nesistenza di reato. Ma contro quwta sentenza appellò il Pubblico Ministero che sostenne in sede di appello, colla Parte Civile, essersi raggiunta la prova circa la materialità del reato, o chiese la riforma del giudicato, instando almeno p*r una declaratoria di assoluzione più limitata. La Corte, dopo viva discussione, accolse le con clusioni dell'accusa e riformò la sentenza del Tribunale di Ivrea, assol vendo l'imputato per insufficienza di prove. Pres. comm. Benettini; P. G comm. Moretti; P. C. ; avv. G. Bovelti; Difesa; avv. E, gando. del marito, fingendo di chiedere perdono. Di fronte ad un simile dilemma l'onesto commerciante non vide soluzione più opportuna che firmare quanto gli verjne sottoposto: tre cambiali ed una dichiarazione colla quale confessava di essere colpevole di adulterio e con la quale si impegnava a mantenere nientemeno che lai donna e le sue due creature, una dii ire anni e l'altra di sette mesi: più un'altra dichiarazione dalla quale constava che lo stesso Puglioli ave-i va ricevuto dai Chiti un prestito gra-' zioso di 150.000 lire. Invitato poi a consegnare immediatamente tutto il denaro che portava con sè il Puglioli, che al momento non aveva che un biglietto da 50 lire e poche monete spicciole, le consegnò. Allora fu costretto a firmare una quarta cambiale di 2000 lire a scadenza del 27 maggio, cioè in data di oggi. Siccome tale cambiale non era stata prevista nei calcoli fu la moglte stessa del Chiti a correre a compmrla con lo 6tesso biglietto da 50 lire dbnsegnato dal Puglioli. 11 commerciante promise di pagare te 2000 lire entro il giorno 27. Ieri stesso si recò nella nostra questura a denunciare il fatto. L'avv. Tricarico, commissario capo, preparò un abile trabocchetto. Disse al Puglioll di fissare un appuntamento al cnm •ed al Donnini in qualche luogo dove egli si sarebbe trovato. Venne prescelto pertanto il centrale Caffè Boch. in piazza Cario Alberto, oggi affollato in conseguenza del giorno di fiera. L'avvocato Tricarico firmò i due biglietti da mille e disse al denunciarne di addurre qualche motivo per consegnarne uno solo. L'avv. Tricarico andò alte 9,50 a sedersi al caffè in compagnia di due amici incontrati a caso e non a conoscenza del fatto. il colpo di ecena Alle 10 precise, ecco entrare 11 Donnini che, per combinazione, andò a sedérsi proprio al tavolo vicino a quello del commissario Tricarico. in seguito entrò il Puglioli, il quale, dopo avere comandato una bibita, congegnò nascostamente al Donnini un Dagasso e S. Mor- biglietto da mille. Non appena questi Ho ebbe preso dicendo che egli ne do- APPEHPIOE DELLA STAMPA (16 Il condannato a morte ROMANZO ( i di SUZANNE MILA _ Portateli a chi ve 11 dà. Io ho fatto la mìa offerta. O accettate, o non ne parliamo nemmeno. Un altro silenzio lungo, lunghissimo. 1 — Accetto. — Va bene. La vostra età? — Ventldue anni — rispose Germana, i— Il vostro indirizzo? — Perchè? — esclamò la fanciulla. - _ per pagarvi a casa vostra. • — Non mi pagherete dunque subito, irmi! " — Vi pagherò oggi stesfco, ma a casa prostra e non altrove. Se ciò non vi ' aggrada, riprendete i vostri anelli. — Certo che li riprendo. La donna aggiunse; — Potete rinunciare a venderli, sa pete. Non c'è una persona onesta che acconsentirà a comperare 1 vostri gio¬ ielli senza sapere tre cose: da dove provengono, chi siete voi e dove abitute; non è per mio piacere, che vi ho interrogala, ma per obbedire a degli ordini di polizia, che sono severissimi, e che nessuno dei miei colleglli potrà trasgredire. Dopo tutto non si sa mai con chi si ha a che fare, e se... Germana non ascoltò la fine della frase aggressiva, sospettosa, ingiuriosa. Per un'ora camminò, si affaticò, nelle strade affollate, e non fece che un terzo tentativo... Finalmente torno a casa, raggiunse la sua camera, gettò gli aneli in un cassettlno, e mormorò: — E adesso, che cosa faccio? Ma tacque. Una porta si apriva nel corridoio. Del passi di sua madre. La signora di Bois-Nangls apparve sulla soglia. — Vedi, mamma, non ho detto bugie, sono ritornata presto. Discesero insieme nel salone. — Siedi qui. Germana, vicino a me. Voglio chiacchierare un po' con la mia bambina. I loro discorsi furono assai semplici. Parlarono di rutti 1 piccoli nonnulla, delle cosette Intime, che riguardavano la loro vita... Discorsi che potrebbero forse sembrare puerili se non fossero fatti da una mamma con la sua figliola... Poi, delle lunghe pause, dei lunghi silenzi... La signora di BoisNangls, pensosa, guardava, ai suol piedi, un grosso fiore che abbelliva il di¬ segno del tappeto. Germana, con gli occhi socchiusi, sognava. 11 generale entrò dalla porta del salone e disse: — Questa sera, dopo pranzo, io ti mobilito, bambina mia. — Benissimo, mio generale. In che cosa potrò servirvi? — Non si chiedono spiegazioni, ai proprio superiore. — Si può abbracciarlo, almeno? — Certamente. Quello si. La cena finì. La fanciulla domandò: — E il mio ordine di mobilitazione? — Seguimi. Uscirono insieme dal salotto, attraversarono un largo corridoio, dalle piastrelle lucenti, entrarono In uno studio vasto, quadrato. — Bambina mia — spiegò il generale — tu devi aiutarmi a metteie in OTdine la mia cassaforte. Indicò un mobile di acciaio, pesante, massiccio, nascosto in un angolo della stanza, cementato nel muro. — Mi aluterai anche a staccare dei tagliandi da alcuni titoli, a notare del numeri di buoni della « Difesa nazionale », a fare tante cose... Sedette davanti a una lunga tavola, sulla quale una lampadina protetta da uno spesso cristallo, spandeva un cerchio di luce bianca e continuò: — Tu sei capace di aprire una cassaforte? Si: chiunque 6 capace di aprirla. Apri dunque quella là... Il numero è 1924... L'anno corrente... Chiu¬ di la porta del corridoio, bambina. Quando ella ebbe eseguito l'ordine, il generale disse ancora: — La chiave? Levò dalla tasca Interna della giacca un portafogli, che aperse sul tavolo, davanti a lei. Prese, fra le carte, una piccola chiave d'acciaio e precisò: — Con questa apro 11 cassetto della mìa scrivania, e, nascosta sotto i fogli, trovo quest'aura. Mostrò, nella luce chiara, una chiavetta minuscola, color rame. — Prendi, bambinai.. Che piccola cosa, anche nella tua mano, ohe è pur piccolissimo! Che lavoro, che intaglio accurato... Sai che se la perdessi, la cassaforte diventerebbe Inservibile? Capisci ora perchè la lascio qui, In un cassetto che chiudo, ma che ha una chiave facile da riprodurre?... Al lavoro... Premette un bottone d'avorio, e una lampada si accese, vicina alla cassaforte. — Al lavoro, bambina mia... Il numero è, te lo ripeto, 1924... La fanciulla si curvò verso la porta di acciaio, fece girate, uno dopo l'altro 1 perni di bronzo, graduati. La chiave entrò... Il bottone enorme, possente, si apri dolcemente, silenzioso, scorrevole... Su tre assicelle di metallo si posavano dei fasci di carte... In un angolo dei biglietti di banca legati in piccoli mucchi uguali eoa un eia stico rosso, formavano una torretta azzurrastra... Germana 11 guardò... — Bambina? Non rispose. Osservava le banconote, — Bambina? — Babbo? — Alla portata della tua mano, non vedi dei pacchetti lunghi, avvolti in una -carta bianca? — Si. — Dammeli. La fanciulla li prese lentamente.. Guardava ancora i biglietti... Poi andò verso suo padre. — Siedi là, bambina... Io ti porgerò i titoli e tu staccherai 1 tagliandi... Stai bene attenta... Quarto trimestre 1923... — SI, papà, si... — Lavoriamo dunque... Un colpo di forbice qui, e poi là... fatto. Egli le consegnava dei fogli grandi, dove erano scritte delle parale in caratteri rosa. Ella stava attenta a non sbagliare, come una scolaretta. Ma qualche volta alzava gli occhi verso il forziere aperto, spalancato, tutto brillante sotto la luce forle, violenta, che lo penetrava. (Continua) -ir.*"*- *r- FLY-TOX j|- di uso facilissimo i ' Nessun insetto resìste - ad una vaporizzazione di FLY-TOX. ■ « ■' - J il più potente insetticida uccide profumando Stabilimenti Italiani GIBBS - Foro Bona parla, 14 - Milano una che si tavola di P-° da il Pr0 pòi sfa*ju 0* 09 di- il risu Italo raf?Pr fetto tana di taf? ct^0i toro cr^c en'e ldiScU»'bile rr\er ca/o- ne l'i m ■Vifiii»? '. 78 mmm alpacca LAMINATA per uso Famiglia presso i migliori Rivenditori Società Anonima Italiana :: Metalli ed Argenteria ARTHUR KRUPP ===== MILANO ===== II mistero del Viale dei Colli L'imputato nega e non cede terreno Firenze, 27 Agostino Pierazzoli, il feroce delinquente imputato di due orribili .delitti avvenuti nel dicembre del 192? e nel gennaio del 1928 al viale dei Colli, delitti di cui rimasero vittime il prof. Gino Giachi e la signora Teresa Redditi è comparso stamane dinanzi alla C~rte di Assise. Una folla considerevole tra cui si notava una larga rappresentanza di signore e signorine era accorsa nell'aula della Corte per assistere a questo dibattimento. L'imputato è giunto con autocarro cellulare, sotto buona scorta, poco dopo le otto ed appariva pr -fellamente calmo. E' un giovane di media statura, dai lineamenti regolari, dall'aspetto insignificante. Veste assai elegantemente e quando fa il suo ingresso nell'aula è fatto segno alla curiosità della folla. Entra la Corte La Corfc entra alle 9,20. Presiede u Consigliere di Cassazione comm. Terrabrami. Dopo le formalità di uso per la costituzione della parte civile, si procede alla formazione della giuria. Il Presidente chiede al l'icrazzoli le generalità. Questi dice di essere nato a Bagni della Porretta il 20 i.tì-.tzo 1908 e di avere esercitata la professione di commerciante. Il Presidente riassume le circostanze in cui si svolsero i due efferati delitti ed inizia l'interrogatorio dell'imputato. Il Pierazzoli, con tono enfatico, comincia coll'affermaTe di essere completamente estraneo all'uccisione del prof. Giachi e di Teresa Redditi. Asserisce che l'imputazione gli è stata significata soltanto quattro mesi dopo il suo arresto e che perciò non e in grado di dare spiegazione sul modo come impiegò la sera del 5 dicembre 1<)27.'giorno in cui fu commesso il delitto. 11 Pierazzoli continua affermando la propria innocenza. Asserisce che nessun bisogno di denaro lo poteva spingere al delitto perchè 0,1 ótenaTO era ben fornito. Asserisce di avere comperato la rivoltella solfanti per divertirsi a sparare al bersaglio contro la porta di casa sua. Chieda che si faccia uh soproluogo per controllare la verità delle sue affermazioni. Continuando la sua autodifesa giunge persino a contestare le risultanze dell'istruttoria, asserendo di non avere mai portato le basette che sono state notate nell'uccisore del Giachi. Nega poi di avere mai conosciuto la signora Redditi e di avere avuto con lei rapporti di interessi. Ammette però di avere avuto rapporti di affari con una congiunta dell'uccisa, la signora Clorinda Mlnucci. Da circa due anni però nemmeno con quest'ultima aveva più avuto occasione di trattare. Ammette di avere esercitato il poco nobile mestiere di usuraio, ma non in proprio, bensì per conto ed istigazione del proprio patrigno, l'ex-commissario di P. S. Soldaini, che non volendo figurare di persona aveva indotto luì a farsi rilasciare le cambiali ed agire in giudizio contro i creditori insolventi. Il presidente rivolge all'Imputato numerose contestazioni sul modo come trascorse la serata in cui fu commesso il delitto Redditi. Il Pierazzoli racconta di essersi recato alle 16,30 in Pretura a consegnare all'usciere giudiziario una cambiale non pagata, per la quale doveva essere fatto l'atto di protesto. 'Una strenua autodifesa Nell'altrio dela Pretura venne a lite con uno sconosciuto che aveva preso la sua bicicletta. Nn nacque un pugilato duranteJl quale si produsse quelle ferite alle rrltni che, secondo lui, sono uno degli indizi sui quali maggiormente s1 è basata l'autorità per accusarlo dell'assassinio della Redditi. Tornò qulndt a casa Relativamente al possesso degli oggetti dell'uccisa rinvenuti nella fiua abitazione dice di averli acquistati da un individuo a lui Indirizzato dalla signora Anna Sale con la quale aveva rapporti di interessi. Pagò gli oggetti-poco più di 400 lire e concluse l'affare pur sospettando trattarsi di refurtiva. Smentisce di avere ritenuto che gli oggetti fossero appartenuti alla signora Redditi; il Presidente gli fa osservare che in seguito alle osservazioni dpi suoi famigliari, doveva essere cprto della provenienza degli oggetti, poiché aveva lotto la lista degli oggetti rubati alla signora Redditi pubblicata dai giornali, ma nonostante ciò, il Pierazzoli non disarma e sostiene, senza un attimo di debolezza, di essere estraneo non solo al delitto del prof. Giachi, ma acche a quello della Redditi. A mezzo(Mrno l'udienza è rinviata al pomeriggio. i a l i a e a . n e o a n . e o a a o e . te o e o l i i e 0 o i a i o é i i zn o a oeL'udtenza pomeridiana è aperta alle ore 15,30. Dopo che il Pierazzoli ha ancora una volta smentito di avere conosciuto la signora Redditi, si uiteriroga Clotilde Aiauucci, parte civile, conoscente della signora Teresa Redditi. Non è in grado di dare alcuni particolari sui fatti. Si recava due volle la settimana a casa della signora Redditi la quale era una ottima donna, niente affano diffidente. Parla dei rapporti di interesse che ella ha avuto col Pierazzoli. La Menucci si incontrò con l'accusato a proposito di certo prestito e di un giro di cambiali. Riconosce ulcuni degli oggetti sequestrati dalla polizia in casa del Pierazzoli, come appartenenti alla signora Redditi. Si passa quindi all'interrogatorio delia teste, maestra Raffaella Arduini che la sera del delitto Giachi si trovava insieme con lui. La signorina Arduini dice di avere intrapreso delle relazioni puramente sentimentali col prof. Giachi, il quale era in condizioni d'animo molto depresse e aveva bisogno di conforto spirituale. Il prof. Giachi col quale inizio la relazione affettuosa fin dal marzo 1926 ebb1. a raccontarle la sua vita disgraziata e le relazioni che egli aveva avute con la Falsini e un'altra donna. Le tacque però sempre di avere avuto un figlio dalla relazione illegittima con la Falsini e parlò anche di violenti scenate e di minacele cui erastato sottoposto per parte dell'amante; e si disse stanco di quella vita. L'assicurò infine di avere rotto ogni rapporto con la donna. La scena del delitto • La sera del delitto, verso le 18,15, essa si trovava insieme al Giachi lungo il viale Machiavelli, laterale al viale dei Colli, allorché un individuo si presentò improvvisamente dinanzi a loro e dopo avere pronunciato la parola «giù il portafoglio! ». sparò un colpo di rivoltella che fece cadere a terra il Giachi ferito. La signorina st diede a gridare aiuto e accorse gente che provvida a fare trasportare il Giachi all'ospedale. Essa nega di avere pronunciato la parola - tutto questo esuccesso-.per colpa miai » e conferma che il Giachi lè disse a più riprese di allontanarsi e di ritornare a casa. Esclude anche che il Giachi le abbia detto» i Non dica' niente a nessuno, lei che sa tutto ». Alla testimone muovono alcune contestazioni gli avvocati difensori del Pierazzoli, i quali affermano che la teste escluse, in un primo momento, che l'individuo avesse aggredito per rubare. Essa rlsnonde di avere pensato questo dopo, allorché le vennero in mente le minacele che il tilacini te aveva detto di avere subito. Ma fu una induzione e non più. Dìcr di non essere in grado di riconoscere l'aggressore. La statura e la voce del Pierazzoli le sembrano quasi identiche a quella dell'individuo che commise l'uccisione. La signorina intlno riconosce ner sue alcune lettere inviate al Giachi, alcune delle quali firmate Madonna Fiorentina. Depongono pòi 6it circostanze secondarlo e relative all'uccisione del prof. Giachi Pierina Moschini, U«ro Fontana, Giorgio Monturi e don Chlrlatti, il quale ultimo sali nell'aulo-ambulanza che condusse il prof. Giachi all'ospedale Durante il traoritto, il ferito gli disse qualche cosa che il reverendo afferma di non poter riferire, a causa del segreto confessionale. Altre deposizioni La deposizione suscita molti com menti. Il figlio del prof. Giachi, Enzo, depone su circostanze di poco conto, poiché il padre si manteneva molti riservato con lui. Si legge quindi la deposizione- resa in istruttoria dalla signorina Nella Giaco:, figlia dell'uc ciso e si leggono poi le dichiarazioni rese dal prof. Giachi stesso ai funzionari di polizia che l'interrogarono al momento del suo trasporto all'ospe dnle. Il maresciallo De Marco, diri gente dell'ufficio di polizia dell'ospedale di Sania Maria Nuova, interrogò il prof. Giachi e raccolse elementi relativi ai connotati dell'aggressore. Do. po alcuni testi di secondaria impor tiinza, il dottor Alberto Parenti, che ebbe modo di visitare il giovane Ago stino Pierazzoli alcuni anni or sono dice come questi apparisse violento irascibile e irrequieto. Ultimo teste della giornata è il mare sciallo di pubblica sicurezza Giovanni Barbieri, che depone circa oexte Indagini compiute per ricercare fra una comitiva di giovinastri che Infestava il viale dei Colli il probabile uccisore del prof. Giachi. L'udienza ò quindi rinviata a domat una alle 8. nbdenfrtavtatevqretipvvnchtoaqS1 ÌddBtopvtevaaapzdacole1tfsnì actrctrmlisvdpv1 dtcrdqieBflCdcntshdssNmtnsFcicbanscPvcsapcg