Ruggero e Bradamantenella luce e nell'ombra del Rinascimento italiano

Ruggero e Bradamantenella luce e nell'ombra del Rinascimento italiano nella luce e nell'ombra del Rinascimento italiano S. E. Turati ha Inaugurato domenica scorsa 11 ciclo dello letture arlostesche nella sala del Palazzo del Diamanti, a Ferrara. Abbiamo dato Ieri la cronaca dell' avvenimento e un largo riassunto della smagliante orazione del Segretario del Partito. Diamo oggi la parte sostanzialo.del discorso, documento letterario di prlm'ordine, elio testimonia della pensosa serietà, con la «malo gli uomini più rappresentativi dell'Italia nuova, pur fra le gravi cure della politica, attendono allo sviluppo del problemi dello spirito. Questo dell'on. Turati è un esemplo da segnalare e da meditare In (pianto costituisce un modo di esprimere la sostanza della funzione direttiva che compete alle gararchle fasciste, funzione che non si limita esclusivamente allo responsabilità dell'organizzazione, ma che si eleva alla vita dello spirito, rompendo le barriere dell'astrattismo cattedratico a dandole valore umano e attuale. L'on. Turati ha cominciato con l'affermare di avere scelto per tema del suo discorso le due grandi figure di Ruggero e Bradamante, perchè esse sono legate alla gloria di una Casa che fu italiana di origine, e che accanto a Firenze rappresenta il centro più interessante e glorioso della nostra rinascita, alla storia di Casa di Este, che segna la pagina più bella non soltanto della civiltà italiana, ma anche di quella europea del '500, se pensiamo ' che l'importanza della Corte estense contribuì più di ogni altra a rendere universale la diffusione del naturalismo umanistico e del sorriso dell'arte, che dai tempi ancora oscuri e barbari del Medio Evo già incominciavano a ingentilirsi nel 1222, quando Azzo d'Este, dopo diciotto anni di lotta, diventò signore della città. Tutto il periodo del luminoso Rinascimento in Ferrara tocca, con i grandi Duchi guerrieri e austeri, il suo massimo splendore. L'oratore accenna quindi rapidamente ai punti, nei quali la gloria di Casa 'd'Este viene illustrata dal poema ario6tesco. Legge le ottave del Canto Terzo, quando la voce del Mago Merlino eaiuta in Bradamante colei dal cui seno uscirà l'ornamento, il flore, la gioia di ogni lignaggio, che ebbe il sol mal visto; quelle del Canto 44.0, quando il sentimento della grandezza estense riappare nelle parole dell'Eremita; del Canto 13.o, in cui Maga Melissa rievoca le grandi donne della Casa Ducale, da Isabella d'Este alla sorella Beatrice, a Ricciarda, a Eleonora di Aragona, a Lucrezia Borgia, a Renata di Francia; e fa rilevare come il poeta in due mirabili quadri, che hanno la nitida linea delle tele dei pittori quattrocenteschi, esalti cosi i più gloriosi personaggi della grande Casa, in un complesso armonioso di architettura poetica, dove è la risonanza mirabile di tutto il popolo italiano, con la sua gloriosa nobiltà romana e cavalleresca, con la tristezza di un bel sogno spezzato dalla Contro-Riforma. Ecco il seguito della dotta lettura: Quali colori questo mondo cosi onusto di grandezza e di gloria, di arte e di bellezza avrà suggerito alla fantasia di Lodovico Ariosto quando pensò le figure di Ruggero e di Bradamante? Certo, per quanto riguarda Ruggero e in generale tutti gli eroi dell'Ariosto, male si è voluto scorgere nel tranquillo sorriso, con cai il Rinascimento guardò le dame ed i cavalieri antichi, un'ironia prosaicamente scettica e volgare. Bene osserva un nostro critico a questo proposito : « La generazione della quale era l'Ariosto serbava ancora, malgrado gli Sforza ed i Borgia, qualche sentimento di cavalleria; lo attestano 1 soldati francesi in quella memorabile liberazione e resistenza di Pisa giuratisi campioni e difensori alle dame, lo attesta la disfida di Barletta e la figura di Baiardo cavalcante severo e gentile fra i lanzichenecchi « (G. Carduccci, Su t. Ariosto). L'Ariosto che vive nel tempo in cui Il Castiglione idealizza la vita del cavaliere e del cortigiano ; e Nicolò Machiavelli, su le nequizie degli uomini sogna la grandezza idealmente compiuta di uno Slato italiano ; e il Bramante rende la pietra interprete armoniosa e grandiosa di Dio ; e Raffaello ricerca per le sue .madonne una bellezza sovrana e Michelangelo nella poesia e nella scultura sente ed esprime la trascendenza di un'idea superiore simile a quella che consolò il cuore di Dante giovinetto e sorrise al pianto di Francesco Petrarca; In un tempo infine, in cui anche lo sforzo scomposto di Benvenuto Cellini fioriva, in miracoli di grazia e di gentilezza, dall'argento e dall'oro, Lodovico Ariosto, non poteva irridere ciò che là cavalleria e il medio-evo avevano ancora di nobilmente decoroso e sentito. La battaglia di Marignano Erano ancor vivi gli echi della battaglia di Ravenna, vinta da un giovane capitano che In essa aveva combattuto con un braccio nudo per amore della sua dama. Era anche noto che un giovane re non aveva voluto Iniziare la battaglia di Marignano prima di essere armato cavaliere da Baiardo. • « Che se la vittoria di Ravenna fu guadagnata dalla fanteria villana del Dumolard e dalla artiglieria sapiente del duca Alfonso, la cavalleria italiana fece nella resistenza de' confederati prove gloriose; e Fabrizio Colonna, dopo romanamente respinti dalle mura della città sette assalti, si precipitò nella battaglia caricando a capo de' suoi cavalieri i cannonieri e i cannoni d'Alfonso e di Francia sin che fu fatto prigioniero In mezzo ai pezzi. E' la battaglia di Marignano che duTÒ tre giorni, e nella quale eserciti di tre lingue si mescolarono al lume di luna per iscannarsi, e il re di Francia credendo di aver raggiunto un corpo di suoi si trovò In mezzo ad ottomila svizzeri che gli puntarono seicento picche, e bevve dell'acqua d'un ruscello tutta sanguinosa, mentre un trombetta italiano al suo fianco soffiava tutta notte nel corno, come Orlando a Roncisvalle, contro i corni di Unterwald e di Uri; la battaglia di Marignano non è vera. mente ariostesca ? » Si può parlare d'ironia, se l'Ariosto nobilitò Carlo Magno, destituito di ogni maestà imperiale dai girovaghi cantastorie florent.ini? Non volle punito in Orlando 11 peccato d'amore pl a a a e a i a o i a l , a a a a , e è a e ò ? a , i i i . i i a a l l n o o à . e a o u l i , o i n i o e o e o l a aoo ae e con una tragica e lunga pazzia? E' possibile sorprendere forse Ironia nella mirabile successione psicologica di quei casi onde essa a poco a poco si determina e scoppia, spaventosa e terribile, come uragano? Sorridere, non è deridere:' può deridere il Folengo, che non seppe serbare fede intera ai suoi voti claustrali ; può essere artefice di grossolana caricatura un Pietro Aretino che amò guazzare nel fango: non è possibile che a ciò" si pieghi messer Lodovico, egli che alla donna amata ha promesso, cavallerescamente e amabilmente galante, di consegnare un cauto ogni mese; e sa di non poterne avere la bella bocca se alla sua promessa vien meno? Ruggero, dunque, è un personaggio a cui il poeta ha rivolto particolarmente lo sguardo: è il vero protagonista del poema: colui che, insieme con Bradamante, racchiude un concetto politico: la glorificazione della Casa d'Este contro le insidie del Papa, la elevazione di una dinastia italiana che tanta parte èra stata nell'evoluzione della cultura umanistica e tanto aveva anche lottato contro le armi straniere. Ma se specialmente per l'episodio In esame possiamo dire che l'Ariosto lo abbia trattato senza ombra d'Ironia, a bene Intenderlo occorre che» ricerchiamo nella società del tempo ciò che da essa 1 due personaggi hanno potuto ritrarre. L'uomo e il suo tempo Qual'è, anzi, tutto l'uomo che n poeta ritrae nel suo poema? E quale è quello che il secolo XVI presenta? La nuova vita spirituale che si era venuta formando in Italia, specialmente dal Petrarca in poi, era giunta adesso al suo massimo sviluppo. L'uomo, uscito dalle ombe del medio-evo, aveva acquistato una libera personalità, creatrice della propria sorte: ne era venuta fuori quella Innumerevole schiera di politici, venturieri, pensatori, poeti ond'è pieno specialmente 11 secolo XV. La dura realtà storica non poteva più appagare l'individuo; non riusciva ad annullarlo di fronte alla natura: ora si proclamava egli, anzi, re dell'universo. Il viaggio ardimentoso di Colombo appariva come l'affermazione più evidente di questo dominio dell'Intelligenza su le forze misteriose dell'essere. Lo stesso Ideale politico dell'evo medio si era infranto: Arrigo VII e Carlo IV non avevano potuto realizzare la ricostituzione del Sacro Romano Impero: invano Dante ne aveva fatto un'esaltazione appassionata nel suo famoso trattato Do Monarchia: invano la necessità di tale forma polìtica era giustificata dai Ghibellini oon la dottrina dello stesso S. Agostino, che faceva il potere monarchico ministro della volontà divina, in quanto l'imperatore doveva additare all'uomo, a traverso l'esercizio delle quattro virtù cardinali, la sua- perfezione terrena, perduta — in Adamo — col peccato di origine. Non più l'ardore mistico dei secoli precedenti; ma l'indifferenza o la noncuranza: non interiorità di coscienza, ma convenzionalità di forme anche se compiutamente squisite, Incapaci, però, di darci l'uomo fatto consapevole dì tutti i bisogni della vita sociale. Da questa, anzi, egli tende ad astrarsl, rifugiandosi in un mondo che la fantasia abbellisce e colora col fascino meraviglioso dell'arte. Ed in esso vede appunto un'umanità eletta, piena di raffinatezza e di cultura, che si aggira in mezzo a vaghi edifici in cui l'atteggiamento estetico dello spinto del tempo trova, per opera di una luminosa schiera di artisti, l'attuazione più bella ed eletta. Pensate a quel fastoso Borso d'Este che nel suo palazzo di Schifamela si fece ritrarre in una successione di quadri che ce lo mostrano nei diversi momenti del suo governo. // senso del Rinascimento Le consuetudini della vita avevano, così, una rispondenza in questo fulgido e abbagliante regno della rifioritura classica vagheggiata con profonda passione. Se dovessimo interrogare più attentamente le cronache del tempo sapremmo che le feste del Rinascimento non sono invenzioni di poeti, ma vere e proprie creazioni che i poeti, se mal, hanno ricordate e descritte. Vallougiamento in cui il cavallero, c cortese nell'aspetto e nel sembianti », invita Rinaldo a passare la notte, è ricco di marmi preziosi, di bronzi, di mosaici, di sculture, di archi luminosi, di magnifiche scale, di capitelli d'oro, di di palchi gemmati, di pitture e di atrìt superbi: ma non 6 già un'opulenta immaginazione dell'Ariosto, bensì successione di antichi palazzi dì cui il poeta ammirò la grandiosità luminosa. Lo sfarzo, la sontuosità degli apparecchi, le processioni fantasiosamente mascherate, le rappresentazioni sceniche, i tornei, i banchetti, I balli erano altrettante Incarnazioni ed estrinsecazioni di quel mondo irreale che l'arte vagheggiava e Idoleggiava. Il senso dell'eleganza, della bellezza e della convenienza accompagnava non soltanto le relazioni della vita quotidiana; ma anche gli arredi della casa, le vesti, le armi, le acconciature.Èra 11 tempo in cui saliva al cielo, agile e forte, la cupola di S. Maria Maggiore; e sorrideva sulla laguna veneta la grazia gentile del palazzo Vendramin-Calergi ; e sullo sfondo della pianura lombarda brillava al sole, leggera e fastosa la facciata della Certosa di Pavia; e il Palazzo del Dlanvinti di Biagio Rossetti stagliava già con la sua sagoma armoniosa o fulgente; e Michelangelo liberava nel silenzio delle chiese gli eroi dello spirito ai quali Invano il Machiavelli aveva sperato di poter dare vita interiore, studiando la storia di Roma, perchè liberassero l'Italia dagli stranieri. Chi non sa il complesso sviluppo delle forme più elevate dello spirito italiano di questo tempo? Dalla architettura alla scultura; dalla pittura all'incisione? Di questa vita mirabilmente rappresentativa — per cui l'Ariosto può essere accostato al Tiziano ed al Correggio — il nostro poeta ci dà un qua¬ i ; ò e , o e a , a o i o o e» o n e ? a dro compiuto ed armoniosamente esatto anche nel particolari, oltre che nelle raffigurazioni! d'insieme. Ed i personaggi mostrano non soltanto i loro caratteri esterni ma ci rivelano spasso anche la loro psiche: quello che realmente sentono ed amano od odiano. Poiché, appunto in essi, l'Ariosto ci riproduce non soltanto le qualità superiori di gentilezza, di umanità, di bontà, di cortesia proprie del mondo cavalleresco e delle corti del tempo; ma ce ne rivela anche i difetti, i caratteri negativi di crudeltà, di dissimulazione, di immoralità non meno caratteristici della vita italiana del secolo XVI. Hai, insomma, in Orlando Il prode campione che ricorda il Baiardo; ma senti pure, qua e là, la Indifferenza e la efferatezza che 11 Machiavelli aveva appresa dai principi e vòlta a un fine di utilità nazionale. Ti sorprende la santità di alcuni eremiti accanto alla cinica irreligiosità di altri frati: la gentilezza di Medoro e_ Ja soavità, quasi religiosa, di Zerbino accanto alla grossolana bestialità di Rodomonte e alla vanità di Mandrlcardo; l'eroica figura di Rinaldo di fronte al traditore e ribaldo Odorico: tutti gli aspetti Insomma della vita, dalla tragedia alla soavità dell'idillio; dal fremito delle battaglie al mormorio di baci sommessi ; dalla Irrealtà del sogno alla concretezza amara delle cose terrene. E' 11 doppio aspetto di quella società quale apparisce nelle galanti conversazioni delle Corte d'Urbino a traverso il Corteoinno di Baldassar Castiglione o le Norme di Monsignor Della Casa e quale, a un tempo stesso, ce lo presenta l'i' uente e volgare insolenza di Benvenuto Cellini. L'uomo eroe, infine e l'uomo prosaico o vile: l'uomo che conosce la dirittura morale e l'uomo che cammina soltanto lungo le vie obblique del male: il Savonarola e Cesare Borgia; l'ardore devoto e la sottigliezza machiavellica: Il prevalere dei sensi su la ragione; la rivincita della spiritualità su l'impeto della materia cieca. Il carattere di Ruggero Ruggero ha nel suo carattere molti di questi atteggiamenti, comuni al signori ,del secolo XVI. C'è anche in lui l'uomo' libero di tener dietro al suo istinto nativo; che vuole e disvuole; che aspira al bene e non sa guardarsi dal male; che è cristiano e se ne accorge soltanto dopo lungo tempo; rln ama Bradamante e si lascia irretire da Alcina; che vive nella dissolutezza ed ha bisogno, di una forza superiore per uscirne; che è costretto a lottare contro la donna amala quando bramerebbe saperla signora dei suol pensieri; che fugge lontano da lei, mentre ora per drlt'c via, or per via torta, non cessa un momento che non piagna. Chiama la morte, ne vede, altro che morte, chi finirò possa l'insopportabll suo martire. Chi conoscerebbe l'eroe di un tempo, quando nel ridente palazzo di Al cina si abbandona ad ogni delizia, mentre la giovinetta Bradamante per molti giorni si aggira cercando invano nel boschi ombrosi e per lo campo aprico, per vlUc. ncr città, per nmnte e plano; né mal potè saper del caio amico, che di tanto intervallo ora lontano. Ora è lui che piange, disperato di dover perdere Bradamante; ora è lui che va errando e gemendo, non desideroso di altro che di morire. Era andato in Oriente per uccidere Leone, figlio dell'imperatore, a cui era stata promessa Bradamante. Cade Invece in una orribile prigione, donde lo libera la generosa bontà di quello stesso Leone di cui egli aveva giurato la morte. Ruggler gli dice: « Io v'ho grazia Infinita; e questa vita, ch'or mi date, intendo che sempre mal vi sia restituita, che la vogliate riavere et ogni volta che pe» voi spenderla bisogni». Naturalmente l'eroe, confuso di tanta cortesia (polche Loon menù Ruggero alle sue case, ove a star seco tacito e sicuro per quattro o per sei di gli persuase), si sente assai tramutato da quello che, nei riguardi di Leone, era prima: Molto la notte e molto il giorno pensa, d'altro non cura et altro non disia, che da l'obbllgazlon, che gli aveva lm- Tmensa, srlorsl con pari e maggior cortesia. CU par, se tutta .sua vita dispensa in lui servire, o breve o lunga sia, e se si espone a mille morti certe, non gli può tanto far, che più non morte. E poiché si sparge la fama del bando di Carlomagno, che chi vuol Bradamante abbia a far [prova con lei di forza, con spada e con lancia e Leone — innamorato della fanciulla — si sente incapace di affrontarla, ecco che il misero Ruggero (di cui per altro Leone ignorava anche il nome) è da lui pregato di combattere col nome altrui, sotto mentita insegna.