Le riparazioni

Le riparazioni Le riparazioni Nessuna decisione prima delle elezioni inglesi - Il Ministro tedesco degli Esteri proclama il perfetto accordo tra Governo ed esperti Parigi, 27 notte. Schacht, di cui si attende sempre invano una risposta scritta, continua a sviluppare metodicamente il proprio piano di smantellamento progressivo delle posizioni interalleate. Tutti sanno, ormai, che egli non accetta il « memorandum » del 23 maggio e per quali ragioni. Ma quando i creditori gli chiedono di mettere per iscritto un rifiuto esplicito, Schacht si squaglia, diventa irreperibile. La mira costante di quest'uomo è, infatti, di fare si che, in nessun caso, gli Alleati possano brandire un pezzo di carta firmato da lui per provare al mondo che la conferenza finisce perchè il Reich non vuole pagare. Da tre mesi e mezzo, il presidente della Reichsbank ha avuto l'abilità di esporre agli avversari un numero illimitato di rifiuti, senza rispondere mai loro con un « no » categorico. Se dobbiamo èssere sinceri sino alla- brutalità, diremo che questo tenacissimo prussiano comincia ad ispirarci una specie di ammirazione per la sapienza raffinata con cui dal 15 febbraio riesce a maneggiare a suo piacere l'insieme del consorzio dei creditori. Nuove formule trensazionall Notavamo, giorni fa, come non ci sembrasse credibile che il « memorandum » del 23 maggio potesse venire accettato dalla delegazione tedesca senza tentativi di nuove speculazioni. I fatti ci hanno dato ra gione ed oggi si comincia già a di scorrere, come nulla fosse, di nuove formule transazionali, studiate da Owen Young. Nulla di quanto accade ci sorprende. Sin dai primissimi giorni della conferenza, esprimemmo il parere che i negoziati erano stati male impostati e che era un errore il fare dipendere la revisione dell'accordo Dawes da una discussione con la Germania, anziché da una nuova perizia indipendente sulla sua capacità di pagamento e di trasferimento. Commesso questo errore iniziale, tutto il resto non è -stato se non un succedersi della logica conseguenza di esso. E' una uto pia sperare che là Germania possa in un bel momento, riconoscersi spontaneamente in grado di pagare una somma X — per ridotta che sia — quando i suoi creditori le hanno già accordato il diritto di discutere liberamente lé loro richieste. ' Non si domanda ad un paese il versamento nè di 13, nè di 10, nè di 8 miliardi e neppure di un miliardo solo a titolo di riparazioni di guerra, ossia ad un titolo che dovrebbe essere anti-volontario e coercitivo per eccellenza. La logica della Germania Per quanto ci dolga doverlo rilevare, la Germania è, nella sua renitenza, assai più logica che non gli Alleati nelle loro alternative di minacele e di correttività, che fanno pensare al famoso verso dantesco: .«Perchè tieni? e perchè burli?». Una delle due: gli Alleati vogliono ottenere dagli ex-nemici un certo numero di miliardi a scopo di computo delle riparazioni di guerra, e, allora, bisogna agire da paesi vincitori; fissare un cifra, prendere pegni e curare la riscossione dei quattrini, i senza ammettere nè le osservazioni ] dei vinti, nè la intrusione dei terzi | incomodi. O, viceversa, si vuole ri nunziare a ricordarsi che si è fatta una guerra e che la si è vinta e, in tale caso, bisogna avere il coraggio di tirare un frego sul dare e sull'a vere e concludere che il piacere di buttarsi le braccia al collo vale bene una dozzina di miliardi Non c'è via di mezzo possibile. E la disgrazia degli Alleati è stata invece la pretesa ai taluni tra loro di mettersi a fare del « locarnismo » prima di avere liquidata la guerra e chiuse definitivamente le partite relative, alzando, cioè, con una mano il ramo di olivo e con l'altra una bilancia che non poteva non pren dere l'aspetto di quella di Sylock. Al punto in cui stanno le cose, il solo debito che i tedeschi piglino sul serio è il debito degli Allea!' verso l'America, e ciò semplicemente' in grazie dell'intransigenza implacabi le sin qui opposta da Washington ad ogni domanda di riduzione del medesimo. Sapendo benissimo che nessuno dei suoi debitori le paghe rebbe più un solo dollaro se dovesse cessare di rivalersene sulla Germania, l'America pensa da sè a tenere il Reich sulla carreggiata giusta Ma il giorno in cui Washington dovesse, per un miracolo, lasciarsi impietosire dai suoi debitori di Lon dra, Parigi o Roma, Berlino comincierebbe a lavorare di forbici anche sull'altra parte del suo debito, sulla quale oggi non osa neanche fia tare. Ed allora davvero non pagherebbe più un marco a nessuno! Non è dunque il coso di mostrarsi nè sorpresi, nè, tanto meno, scandalizzati dalla prospettiva che gli Alleati si vedono da un'ora all'altra invitati da Owen Young a sottoscri vere ad una nuova serie di accomodamenti. « Sinohè c'è vita, c'è speranza » La giornata di oggi è stata spesa per l'appunto in conciliaboli privar ti, con l'assenza dei tedeschi, allo scopo di trovare delle formule che consentano di girare le difficoltà che non si possono risolvere. I delegati non si sbottonano coi giornalisti, ma la loro frase preferita relativamente alla conferenza, è che: «sinché c'è vita, c'è speranza » A Washington,: intanto, l'amba-sciatore Claudel ha fatto un passo per avvertire il Governo americano, in risposta alla sua ultima nota, che Poincaré porterà quanto prima davanti al Parlamento la quastione della ratifica degli accordi MellonBei'fiT'"er. N'•!'•! ••.•*!•• ir r • ' il c,.,^,,. la tesi dell'opportunità di ratificare, indipendentemente dai risultati della Conferenza, stante che la ratifica rafforzerebbe la posizione della Francia tra i periti anziché indebolirla. Per non dare ombra alla Camera, tuttavia, il Presidente del Consiglio ha scritto a Paul Boncour, presidente della commissione degli esteri, per assicurarlo che il paese, in nessun caso, verrà messo davanti ai' fatti compiuti. Comunque, sia per le riparazioni, sia per la ratifica degli accordi Mellon-Beranger e Caillaux-ChurchlU. nessuna novità decisiva è attesa prima delle elezioni inglesi, vale a dire ai primi della ventura settimana. C. P.

Persone citate: Caillaux, Claudel, Dawes, Mellon-beranger, Owen Young, Paul Boncour, Poincaré, Schacht