I diritti dello Stato

I diritti dello Stato I diritti dello Stato o a a n e o a o a n a a a a a ¬ Egli dice: Onorevoli Senatori, Voglio prima di lutto rassicurarvi per quello che concerne le proporzioni del mio discorso. Non saranno quelle del discorso che ho pronunciato nell'altro ramo del Parlamento, quantunque mi debba trovare forse nella necessità di riferirmi al discorso pronunciato il 13 maggio. Pronunciato a tre mesi di distanza dalla firma dei patii lateranensi, lo si è trovato duro; io lo definirò crudo, ma necessario. Anche le punte polemiche avevano dei bersagli definiti, e sono giunte al segno, perchè coloro ai quali, erano destinate ne hanno accusato ricevuta. (Applausi). « Distinzione precisa » Gli avvenimenti improvvisi, lungamente attesi e sperati, possono produrre delle deviazioni spirituali, o, per usare una frase che 71.071 piace agli spregiatori delle prodezze aeropianistiche, degli sbandamenti. Era necessario quindi disperdere un'atmosfera, che per essere troppo nebulosa e sentimentale, avrebbe fluito per alterare i contorni delle cose, il carattere e la portata degli avvenimenti. Era necessario stabilire, con una frase drastica, quello che in realtà era accaduto sul terreno politico, e precisare le reciproche sovranità del potere : il Regno d'Italia da una parte, la Città del Vaticano dall'altra. Era utile aggiungere, che le disianze tra il Regno d'Italia e la Città del Vaticano si numerano a migliaia di chilometri, come la distanza che separa Parigi dal Vaticano, Madrid dal Vaticano, Varsavia dal' Vaticano. Si doveva dissipare l'equivoco, per cui si poteva pensare che il Trattato del Laterano avrebbe vaticanizzato l'Italia, 0 che il Vaticano sarebbe stato italianizzalo. 0, per citare una vecchia frase, che il Re sarebbe diventato il chierico del Papa, o che il Papa sarebbe diventato il cappellano del Re. Niente di tutto ciò; dù.inzione precisa. La contiguità non significa nulla; la distanza è giuridica e politica. E' poi assurdo ritenere che il mio discorso fosse rivolto a degli elementi di sinistra, che nel Partito fascista non esistono, perchè il Partito Fascista ignora questa vieta terminologia; 0 fosse destinato a placare le cellule massoniche, che da noi non hanno mai avuto e non avranno mai tregua. Le origini del Cristianesimo Nel discorso pronunciato dal sen. Crispolti ci' sono degli accenni che debbo raccogliere. Primo di essi, quello che riguarda l'origine del Cristianesimo. La mia affermazione storica, fatta nell'altro ramo del Parlamento, ha sollevalo delle appren sioni che io reputo legittime. Io non ho inteso di escludere, anzi l'ammetto, il disegno divino in tutto ciò che è arrivato, in tutto quanto si è svolto; ma sarà pur concesso di affermare che lo svolgimento dei fatti si è verifl.cato a Roma, e non ad Alessandria d'Egitto, e nemmeno a Gerusalemme; sarà possibile di dire, che le prime comunità, slaccatesi dal paganesimo, erano di israeliti, tanto che nei primi 6i anni dell'era attuale, il fenomeno si chiamava giudeo-cristiano, ed è nel 61, nel mo mento culminante delle persecuzioni di Nerone, nell'anno del martirio di Pietro, che si è prodotta la frattura definitiva tra il giudaismo, che si è rifugiato nei suoi confini etnici, dai quali non è ancora uscito se non per evasioni individuali, ed il Cristianesimo, che accettava in pieno la predicazione paolina dell'universalismo, e si metteva per le strade consolari alla conquista del mondo. Del resto, uomini di chiara dottrina cattolica, come mons. Battifolle, nel suo libro « L'Eglise naissante et le Cathalicisme », ripudia la tesi proteslanlica, concentrata nel trinomio, cristianesimo, cattolicesimo, romanesimo, lesi falla sua con asldaifaVqlnaaacrenfgrande forza dal Renan; ma eglistesso ammette in questo libro giun-io alla IV edizione, che fu provvi-deliziale la cooperazione di Roma alla missione della « cathedra Petti ». « E noi — dice l'autore — non i a o a a a a e e e , l l i ; ' n a 0 e o . . e , n ò è fti d a e, si i, a a o i di a è ai r eeo, ri tisa el in abbiamo la cattiva grazia di contestarlo. Facclamo — egli aggiunge — le nostre riserve sui termini politici, di cui si serve per descriverla, come anche sulla tendenza a trasformare in funzione generatrice ciò che non fu che una circostanza, un altro autore cattolico, il Duchesne, nelVuHistoire ancienne de VEglise». «Il monopolio del mondo cristiano» Debbo citare i francesi perchè da qualche tempo il cattolicesimo ita liano non è fecondo -. nella produzio ne intellettuale, in questa materia e altrove, in questi ultimi tempi, non abbiamo avuto che una traduzione ancora dal francese « La primautée du* spirituel » : questo libro, scritto a Roma nel 1905, comincia con un capitolo cosi intitolato: «L'Impero romano, patria del Cristianesimo»; e a pag. 10 aggiunge: «Da quanto si e detto, si conclude che la propagazione del Cristianesimo ha trovato nella situazion.' dell'Impero romano e delle facilitazioni e degli ostacoli. Fra le primi bisogna in primo luogo mettere la pace universale, ia uniformità delle lingue e delle idee, la rapidità e la sicurezza delle comunicazioni». Ma poi: « La flloso/ia attraverso i colpi da essa inferii alle vecchie leggende, e con la sua importanza a creare qualche cosa che potesse sostituirle, può essere considerata quale utile ausiliaria ». Infine: «Le religioni orientali, offrendo un alimento qualunque al. sentimento religioso, gli hanno impedito di morire e gli lianno permesso di attingere la rinascenza evangelica ». t Naturalmente — aggiunge — ci furono'degli ostacoli, e cioè te persecuzioni intermittenti degli imperatori romani, lo spirito raziocinante della filosofia greca, che si impadroni degli elementi dottrinali dell'insegna il crogiuolo di lutto il mondo cristiano. Lo dice lo stesso autore : « Tutti i capi delle comunità si davano convegno a Roma, tutte le figure più caratteristiche vi si trovavano ». A pag. 241 cita « Policarpo, il patriarca di Asia; Marcione, il feroce settario di Ponto; Valentino, il grande maestro della gnosi alessandrina; Egesippo, il giudeo cristiano di Siria; Giustino e Tazio,, filosofi e apologisti. Era come un microcosmo, una sintesi di tutto il cristianesimo d'allora ». Non voglio abusare della vostra pazienza con queste rievocazioni culturali, che però giustificano in pieno, io ritengo, la mia afférmazione puramente sto\ìca, e niente affatto di indole religiosa, che il cristianesimo ha trovato l'ambiente più favorevole a Roma. Infatti, ho detto nel mio ultimo discorso: « Comunque, su questa constatazione possiamo essere concordi : che il Cristianesimo ha trovato il suo ambiente favorevole a Roma ». Solo Io Stato può istruire Un altro punto il sen. Crispolti ha toccalo, ed è quello dei diritti dello Stato sull'educazione e sulla istruzione. Non vorrei che si creassero degli equivoci, perchè un conto è l'istruzione e un conto è l'educazione Siamo, noi fascisti, in regime di feroce monopolio dell'istruzione.' No. Bisognerà dunque ricordare agli immemori, che è in Regime fascista che si è aperta ed è stata riconosciuta la prima università cattolica italiana? Ma v'è un lato dell'educazione, nel quale noi siamo, se non si vuol dire intrattabili, intransigenti (Si ride). Intanto scendiamo dalle zone della accademia e vediamo la reali ì della vita Dira chs l'istruzione spelta alla famiglia, è dire cosa al di fuori della realtà contemporanea. La famiglia moderna, assillata dalle necessità di ordine economico, vessata quotidianamente dalla lotta per la vita, non ! può istruire nessuno. Solo lo Stalo, liì con i suoi mezzi di ogni specie, pu$ n-\ assolvere questo compito. Aggiungo, i-ìrhe solo lo Stato può anche imparti a mento cristiano; e ne fece uscire 100{vdiverse eresie ». Ai tempi degli Antonini, Roma era en re In necessaria istruzione religiosità inlegrandola. con il complesso delle] altre discipline. Quale è allora l'edu-\ sidgpsicovnvtegdlidLdasdsaslsripvsleqmccccdce«cnsrsrimgvSrddntssgsncmfcg i i a i A e ; a i n ù o a o ui. a i i e a aa a di an o, $ o, i 0{venuti verso di noi. « Nell'elenco dea tà degli artefici di questa legge fu a.pe] punto il padre dell'attuale senatore, u-\ In fondo, quanti di noi e di voi, 0 quindscgchpdlendsisqmlevnmvfctfzcrltfrllltltdTqnivntgnncr«svbia altamente difeso questa leggennclic per ragioni famigliari: unocazione che noi rivendichiamo in maniera totalitaria? L'educazione del cittadino. Giustamente ha osservalo l'on. Bevione che vi si potrebbe rinunziare, se uguale rinunzia facessero tutti gli altri. Se il mondo contemporaneo non. fosse quel mondo di lupi feroci che conosciamo, tali anche se per avventura portano il cilindro e la necroforica redingote (Si ride), noi potremmo allora rinunciare a questa nostra educazione, alla quale daremo finalmente un nome, poiché le ipocrisie ci ripugnano: l'educazione guerriera. «L'educazione guerriera» La parola non vi deve spaventare. Necessaria è questa educazione virile e guerriera in Italia, perchè durante lunghi secoli le virtù militari del popolo italiano non hanno potuto rifulgere. E' solo la guerra, che va dal 1915 .al 1918, che costituisce, dopo le guerre dell'Impero romano, la prima guerra combattuta e vinta dal popolo italiano (Applausi vivissimi). E poiché abbiamo degli interessi da difendere, e dobbiamo difenderci giorno per giorno come esistenza di popolo, non possiamo cedere alle lusinghe dell'universalismo, che io comprendo nei popoli che sono arrivati, ma che non posso ammettere nei popoli che debbono arrivare (Vivissimi applausi). Ci sarà veramente, in tema di educazione e di insegnamento religioso nelle scuole medie, quel conflitto tra filosofia e religione, di cui ha parlato l'on. Credaro nella sua rivista pedagogica? Leggo anche la sua rivista, on. Credaro! (Si ride). Se si rimarrà fedeli agli ordinamenti e ai programmi del sen. Gentile, io non lo credo, lo credo che più che la filosofia è interessante la storia della filosofia, e più ancora della storia della filosofia, la storia dei filosofi: come hanno lottalo, come hanno vinto, come si sono sacrificati per conquistare la loro ve rita. Questo è altamente educativo per i giovani che si affacciano alla vita dello spirito. Ma è poi vero che i cattolici di que sto secolo sono così lontani da quelle conquiste di cui si parlava ieri, quando si aecennava all'odierno mondo operoso, pieno di vita e di catone? No. In una delle relazioni che saranno presentale al settimo congresso nazionale di filosofìa, che io avrò il piacere e l'alto onore di inaugurare domani, c'è qualcuno che si occupa di questo argomento, e fa delle constatazioni interessanti. « Siamo ben lontani oggi — egli dice — dai tempi in cui il padre Cornoldi nel 1881 diceva che tutta la filosofia moderna è la patologia della ragione umana ». Esagerato! Non bisogna credere che non vi siano ancora degli in-dividui che ciò pensano, ima vi sono anche di quelli che sono gli autori — egli dice — da proscrivere si deve evidentemente porre lo Spinoza ». Ma chi è oggi il maggiore biografo e il maggiore studioso dello Spinoza? E' un gesuita di grande acume spirituale: il Dunin Bornowskyo. E a Kant l'università cattolica di Milano dedicò un volume di studi, e il rettore di quella Università, che è tanto cara alle supreme gerarchie cattoliche, propugna lo studio di Kant, ed ammette il riconoscimento della sua grandezza, compatibilmente non solo col sentimento cristiano, ma anche con la filosofia tomistica, di cui è appunto capo il rettore della Università cattolica di Milano. Del resto, basta spogliare il programma dei corsi che nel presente anno accademico ha svolto l'Università cattolica di Milario, per apprendere che padre Chiocchetti ha letto la Critica della ragion pura, e padre Cordovani ha letto il primo libro dell'Etica, il « De Deo »; e così il padre Chiocchetti come il padre Casotti hanno trattalo di Antonio Rosmini. Nò si dica che questi studi si fanno soltanto nell'Università cattolica di Milano, che è così cara a chi è altissimo nella gerarchia. Non si potrebbe infatti dimenticare, che tra le collezioni dei testi filosofici per le scuole secondarie, curate dai padri salesiani, anch'essi cosi manifestamente cari a quella suprema gerarchia, accanto alle opere dei santi e degli ortodossi, vi sono anche quelle di Kant, di Fichte, di Bentham, e, o signori, inorridite! anche di Jean Jacques Rousseau. In tale slato di cose, coi necessari contatti, sarà possibile conciliare lo insegnamento non obbligatorio delle discipline religiose con la filosofia e con le altre discipline. La legge delle Guarentigie Ho ascoltato con emozione il discorso del sen. Boselli, il quale con la sua relazione e col suo discorso odierno ha reso un altro magnifico servizio al Paese. L'on. Scialoja ha fatto l'apologia della legge delle Guarentigie. Si comprende che esso ab pe, 0 quanti degli italiani, hanno riletto in questi giorni i resoconti delle sedule che si tennero a Firenze per discutere la legge sulle Guarentigie dal gennaio al maggio 1871? Pochi, pochissimi, coloro che hanno avuto la pazienza (per me è stato un dovere) di farlo, si saranno convinti che la legge sulle Guarentigie non merita nè la polvere nè gli altari. Una legge di compromesso e di transazione, che si votò dopo discussione lunga, spesso caotica, e confusa, durante la quale cozzarono gli opposti estremismi di coloro che volevano espellere il Papa da Roma e di coloro che volevano dargli almeno la città leonina, più la occorrente striscia al mare. Ne venne una legge die non piaceva nemmeno a coloro che l'avevano fabbricata, che furono i primi a decretarne il carattere precario. Pur tuttavia, era il meglio che si poteva fare in quelle determinate circostanze; ma da ciò non si deve trarre la conclusione che la legge delle Guarentigie fu sempre rispettata, nè che la legge stessa determinò quello stato di equilibrio, sul quale ritornerò fra poco. No. Non la legge delle Guarentigie in sè e per sè, ma piuttosto la. politica, spesso accomodante, delle due parti, fece si che, malgrado la. legge, non si avessero delle crisi temibili e pericolose. Ma il sen. Scialoja ha aggiunto che si sarebbe potuto fare a meno di consacrare per diritto ciò che si aveva già fatto. Tutti avevano finito per adattarsi a questa situazione, ed anche gli stranieri. E' verissimo, tutti meno uno, il più interessato: il Papa. (Approvazioni). Ed anche la frase del senatore Scialoja sul « non vastissimo territorio » non è di mio completo gradimento. Non solo il territorio non è vastissimo, ma non è nemmeno vasto. Sarebbe stato veramente crudele, oserei dire assurdo, voler restringere ancora questo territorio, a meno che non si pimsasse di dover limitare la sovranità allo studio del Sommo Pontefice (Commenti). « Gli avversari debbono o combatterci! o rassegnarsi » Ma ora voglio occuparmi del discorso del sen. Croce. (Segni di vivissima attenzione). Voglio dire subito die io gli sono grato del suo voto contrario. Qui non gioca la favola dell'uva acerba (Si ride), perchè non abbiamo bisogno di quel voto. Tulle le volte che gli avversari vengono a me, la cosa mi lascia molto dubiloso. Gli avversari devono o combatterci 0 rassegnarsi. Intanto che cosa ha detto il sen. Croce? Egli ha detto : « Dichiaro anzitutto, perchè non abbia luogo equivoco, che nessuna ragionevole opposizione potrebbe sorgere da parte nostra all'idea della conciliazione dell') Stato italiano colla Santa Sede ». La dichiarazione è perfino superflua, in quanto è troppo ovvia. « La legge stessa delle Guarentigie avrebbe avuto il complemento della conciliazione, se la Santa Sede l'avesse accettata, 0 se, movendo da essa, avesse aperto trattative che non erano eseluse, e potevano essere coronale da accordo. I ripetuti tentativi, fatti nel corso di più decenni, dall'una e dall'altra parte, comprovano la tendenza a metter fine ad un dissidio che apportava danni o inconvenienti all'una e all'altra parte, e non si starà ora a cercare per minuto a quale delle due gli apportasse maggiori ». Precisiamo che ci era un dissidio, che questo dissidio arrecava dei danni all'una ed all'altra parte, che era componibile, e che tentativi in questo senso furono fatti. «La ragione — egli aggiunge — che ci vieta di approvare questo diseqno di legge, non è dunque nell'idèa della conciliazione, ma unicamente nel modo in cui è stata attuata, nelle particolari convenzioni che l'hanno accompagnata e che for mano parte del disegno di legge». Dunque non è il fatto della conciliazione in sè, è il modo che ancor VolJende. Ma allora qual'è il suo » modo »? Perchè non basta dire : « Il vostro modo non mi piace ». Perchè l'assemblea potesse giudicare, bisognava che si trovasse davanti a un altro «modo », con cui la questione doveva essere risolta. (Applausi). Ed allora, siccome il proto collo laleranensc si compone di tre parti _ trattato, concordato e con venzioni finanziarie — bisogna scendere al concreto. Gli «imboscati» della storia E' il « modo » del trattato che non vi piace? Vi sembrano forse eccessivi quei 44 ettari passali in sovranità al Sommo Pontefice, oppure vi sembra sterminato il numero di 400 sudditi volontari, non tutti italiani, che formeranno il popolo della città del Valicano? Sono i 1500 milioni di lire carta che feriscono la vostra sensibilità di cauti amministrai ori e\delle vostre rendite, oppure è il cono\cordato, oppure tutte le Ire rose insieme? Non credo si. tratti ilei trattalo, perchè il trattato realizza, mi- o , . a , o o o i e o , a o e o e e i na è oe e ri are e e, n ri o e e in o o a ab gliorandoli di gran lunga, quelli che furocarademgequsicogl(VsucapstgloppdbdtadfovdsolaèsNcfcrbscldtsddrcNsqpservstdosnpanms r r l i! a n e o i a a o e I i a a a a e a e o e o i . r o : . a po e nn savi 0 i, à ni a ri nnti- he furono i progetti per i quali spasimarono uomini come il Cavour, il Ricasoli ed il Lanza. (Vivissimi generali applausi). Tutto ciò mi fa ricordare l'epoca della guerra, quando c'erano due modi di fare la guerra. Quello dei generali che la facevano sul serio, e quello degli imboscati, i quali nelle sicure retrovi?, trovavano sempre che con il loro modo avrebbero spostato gli eserciti e stravinto le battaglie. (Vivissimi generali applausi). Nessuna meraviglia, o signori, se accanto agli imboscati della guerra vi possono essere degli imboscati della storia, i quali, non potendo per ragioni diverse e forse anche per la loro impotenza creatrice (applausi) prodarre l'evento, cioè fare la storia prima di scriverla, si vendicano dopo, diminuendola spesso senza obbiettività, e qualche volta senza pudore! (Commenti). Ma in realtà non si tratta del trattalo e della convenzione, ma si tratta del concordato. Se il sen. Croce si fosse degnalo di gettare una sìa pur vaga e superficiale occhiata sul mio discorso del 13 maggio, avrebbe visto fugali i fantasmi che sembra gli ossessionino lo spirito : braccio secolare, roghi, manomorta, e simili. Vi è una contraddizione nel suo discorso, che bisojna cogliere, ed è questa. Nella prima parte si dice che la conciliazione era ovvia e che si doveva fare, ma successivamente si dice con dolore che noi constatiamo la rottura dell'equilibrio che si era sta bilito. Ora, delle due l'una: o voi siete sinceri quando auspicate alla conciliazione, e allora non dovete dolervi se un determinato equilibrio dovrà essere per fatalità di cose rotto; o vi dolete della rottura, e non siete sinceri quando invocale la con dilazione. Dai corni piuttosto ferrei di questo dilemma non è facile usci re. Ma poi a chi si dà ad intendere che si fosse realizzato un equilibrio? Non siamo sul terreno della storia, siamo sul terreno delle storielle. Un equilibrio dal 1870 al 1929? In questo modo si fa un assegnamento piramidale sulla nostra ignoranza storica, ma 7ioi sappiamo che cosa era questo periodo, quando non si restituivano le visite al nostro Sovrano da parte dell'Imperatore d'Austria, quando si provocò una rottura tra la S. Sede e la Francia, per via della visita di Loubel, e quando, per oltre 40 anni, ì cattolici furono esclusi dal mondo politico italiano, e venivano chiamati emigrati dell'interno. E se in un certo momento essi inclinerò nella vita politica, non fu già per effetto del liberalismo, ma per effetto del socialismo. Il quale, arendo dal 1870 al 1904 e 1905 immesso nella vita della Nazione enonne massa di contadini e di operai, aveva alterato la geografia politica della nazione. Il capolavoro del. liberalismo dell'epoca, fu il famoso palio Gentiloni, un patto di compromessi, che oggi sì può dire iprocrisia. (Applausi). Vi è un'altra affermazione in questo discorso, grave, molto grave. Questi sacerdoti più papisti del Papa, che si vanno a confessare al neo-vescovo (Si ride), vorrei conoscerli, perchè devono essere di una natura tutt'affatlo particolare. Ma io nego, per quel che mi riguarda, nella maniera più risoluta, che fascisti degni di questo nome siano andati a comunicare le loro rivolte anticlericali al professor Benedetto Croce. Lo escludo nella maniera più assoluta (Bravo!), perchè la politica religiosa del Fascismo è stata fin dal principio univoca e rettilinea; lo esctydo, perchè al Gran Consiglio, ove è possibi le dire tutte le opinioni e manifestare un pensiero anche discorde, con un triplice applauso fu approvata all'assoluta unanimità la mia relazione sull'accordo lateranense. (Bene!). La tradizione dei concordati E che cosa è questa fobia dei con cordati, di cui soffrivano i giuristi napoletani della fine del 700? Saranno stati luminari di scienza, non lo escludo, ma sta di fatto che la Chie sa cattolica apostolica romana ha mille anni di storia e di concordati, sta di fatto che il primo concordato, niente e. po' po' di meno, porta la data del 5 Luglio 1098, ed è un con cordato con cui Urbano li dà diritto di legazia a Ruggero conte di Cala brìa e Sicilia. Si ja da quella data all'ultimo concordato dell'anteguerra, quello concluso con la Serbia. Passala la parentesi bellica, ecco ancora una nuova teoria di concordali, con la Lettonia, con la Lituania, con la Polonia, con la Baviera. Ve ne è uno in discussione con la Prussia; non vi stupite se domani qualche co sa di simile avverrà con la Francia. La quale ruppe le relazioni diplomatiche con la S. Sede nel 1904, ma le ha ristabilite nel 1921, e nel 1928 fa uno strappo alla legislazione laica, riconoscendo nove congregazioni missionarie.' E d'altra parte le grandi solennità che si sono svolte in Francia per il centenario di Giovanna d'Arco, vi dimostrano che l'atmosfe¬ ra0 reopmgipoopm?f£aalsedocomUlacadrevtoaeluOdternrCzpmsrhdcmtpqudetbztcnvPvnsrsccgnwnssmevrpglp i a o n i e ? n a a r i u a , o e , a o . , , a , i l l o i an a an ti no e a i, o, a n o a a ra. ni, n è a; o a. ale fa a, sdi nna e¬ ra anche là è radicalmente cambiata 0 sta radicalmente cambiando. Parigi, e la messa (Si ride). Si vor. rebbe dare ad intendere che è per opportunismo che noi ascolliamo la messa, e acrebbe questa posta Parigi; nel nostro caso, Roma. E' una posta solenne, tuttavia! Ma niente opportunismo, perchè noi non abbia, mo aspettato il patto del Laterano ?fLi \a ~°Stra P°lUic« religiosa. £v£lTvl,Essa risale al 1922- a,1*11 ledl mio discorso del giugno alla Camera dei deputali. E fu conseguente e rettilinea, pur non cedendo mai tutte le volte che era in giuo. coladignità il prestigio, e l'autonomia morale dello Stato. Ricordo anche-a voi che le trattaUve subirono una interruzione per la nota questione degli esploratori cattolici. « La pace durerà » Il sen. Crispolti ha concluso il suo discorso con un interrogativo- durerà ia nace? La pace durerà! '(Bravo! Applausi). Perchè, prima di tuttoquesta pace non è un dono cn* abbiamo trovato per strada ve+ easo E' il risultato di tre anni di lunghe, difficili e delizie trattative Ogni articolo, ogni parola, si può dire ogni virgola, è stato oggetto di tecussiom leali, tranquille ma esaurienti. Ogni articolo rappresenta il necessario compromesso tra le esi- r%lt dCv° Stat° e le esifJe™ della Chiesa. Non e dunque una costruzione miracolistica, sbocciala improvvisamente; è una cosa lungamente sapientemente elaborata Questo e uno degli attributi che ne garantiscono la durala. (Bene!). Durerà anche perchè questa pace ha toccato profondamente il cuore del popolo (bravo!), perchè noi non ci faremo prendere al laccio nè dai massoni nè dai clericali, che sono interdipendenti gli uni dagli altri (applausi vivissimi), d'altra parte di questi protocolli lateranensi ve ne è uno che non può più esSere oggetto di discussione-, ed è il trattato. Gli eventuali dissidi avranno un altro terreno, quello del concordato Ebbene, c e dunque da dipingere l'orizzonte m nero, se dom.ani, per avventura, per la nomina di un vescovo ci sarà un punti di vista diverso tra noi e la Santa Sede? Ma questa è la vita signori' Avremo noi la viltà del Padule, cioè la viltà dell'uomo che vuole star feimo. immobile, pur di non affrontare i necessari rischi che sono legati al fatti di vivere' Allora rinunciam.o alla vita! Questa è la concezione della vita sia che si riferisca agli individui come ai popoli e alle istituzioni in cui questi popoli trovano la loro' organizzazione giuridica e politica. Voi non vi spaventate, nè mi spavento w, dicendo che degli attriti vi saranno, malgrado la separazione netlis. sima tra ciò che si deve dare a Cesare e ciò che si deve dare a Dioma quando soccorrono la buona fede e il senso di italianità (applausi vivissimi) questi dissidi saranno stiperati, perchè la Santa Sede sa d'altra parte che il Regime fascista è un regirne leale, schietto, preciso, che dà la mano aperta, ma che non dà il braccio a nessuno, e nessuno può pretenderlo, perchè nessuno lo avrebbe. (Bene!). La grandiosità dell'evento Non vorrei, onorevoli senatori, che le discussioni troppo minute, la eler* na ricerca delle «farfalle sotto l'arco di Tito», obnubilassero la grandiosità dell'evento. Pensate che dai tempi di Augusto, Roma fu solo nel 1870 di nuovo capitale d'Italia, e pensate che dal '70 in poi, su questa nostra grande Roma c'era una riserva, un'ipoteca, e colui che la metteva non era un duellino qualunque, di quelli che abbiamo spodestato quando l'Italia era in pillole; era il Capo supremo della cattolicità; e coloro che erano rappresentanti presso di lui contavano su. questa riserva. C'erano delle Potenze, lo si può dire apertamente, che si compiacevano che nel fianco dell'Italia fosse ancora confitta una spina. (Vivissiimi, prolungati applausi. Tutti i senatori e il pubblico delle tribune sorgono in piedi, applaudendo lungamente). Ora abbiamo tolto questa spina, le riserve sono csssate, Roma appartane di diritto e di fatto al Re d'Italia e alla Nazione italiana. Questa, o signori, è la grandiosità dell'evento; c nessuna polemica, nessun giuoco dialettico, e meno ancora nessuna stolta calunnia può diminuirla dinanzi al popolo italiano e dinanzi alla storia. Onorevoli senatori, 10 sono sicuro che voi, che siete, come sempre, pensosi dei supremi interessi della Nazione, non negherete in maggioranza il vostro suffragio favorevole all'attuale disegno di legge* 11 discorso del Capo del Governo 0 finito. Sono le 19.15. Il Senato sorge in piedi e fa al Duce unacalda, interminabile ovazione, cfce assurge alla solennità d'una manifestazione di fede. An« che questa volta, si nota che fra |,