La conferenza di Sergio Matteoda

La conferenza di Sergio Matteoda Le manifeshuloni del Club Alpino Italiano La conferenza di Sergio Matteoda 1 i a o a a i a i e ri à e e , o e e r n e o e e i l , a a l , , a . a e a e e o o l >i i a e o iel a a eae a; o to nne iol e a i ani; o, ù ci1na, er ara cTorino, come le altre città d'Italia ove hanno sede le sezioni del C.A.I., ha celebrato la festa dell'alpinismo intesa non come manifestazione sportiva, ma come esaltazione dei valori spirituali della scuoia della montatila. Fin dall'anno scorso, dalle superiori gerarchle sportive, era stato deciso che l'ultima domenica di maggio fossa dedicata particolarmente dal C.A.I. a manifestazioni di vario genere, a scopo di propaganda e per invitare gli italiani ad interessarsi dei problemi della montagna. Torino, per la sua posizione geografica, per tradizione e per il numero grande di appassionati alpinisti può considerarsi la prima «uà alpinistica d'Italia. Per questo motivo appunto, la celebrazione della montagna ha ieri assunto un'impor tanza e una solennità eccezionali. Ad essa è intervenuto S. A. R. il Duca degli Abruzzi Nella mattinata 1 soci dei vari gruppi sportivi facenti capo al C.A.I. si sono radunati nel salone del Cinema Vittoria ad ascoltare la conferenza che il suoadno Sergio Matteoda, il cui nome è vivo nel ricordo di tutti ha tenuto, illustrandola con una serie di proiezioni fotografiche raccolte, nelle diverse località da lui percorse duran te la spedizione polare. L'interessan te tema della conferenza, aveva richiamato, una folla enorme di alpinisti, ed erano presenti, oltre che Sua A. R. il Duca degli Abruzzi, il gr. uff. Anselmi, 11 comm. Bobba, il generale Etna, il cav. Labbro, in rappresentanza del questore, ed altre personalità Prendono posto sul palco quattro gagliardetti delle società alpinistiche Pochi minuti dopo, salutato da calo rosi applausi, entra Sergio Matteoda. L'oratore, dopo aver rivolto un saluto a S. A. R. il Duca degli Abruzzi, inizia senz'altro la sua conferenza. Egli parla brevemente di giorni che precedettero la spedizione e dell'arri vo a Bergen, il 15 aprile, con la nave « La città di Milano »; del viaggio lungo i fiordi della Norvegia nonché dell'arrivo alla « baia del Re », ove venne preparata la base di riforni mento per l'aeronave « Italia ». Il Matteoda si ferma particolarmente a descrivere le impressioni in lui destate dall'osservazione del nuovo paesaggio e il tedio procurato ai membri della spedizione dalle interminabili giornate, durante le quali il sole si manteneva costantemente all'orizzonte e la notte (notte di crepuscolo) durava appena qualche ora. A ravvivare l'entusiasmo degli uomini isolati con la nave, in quel mare di ghiaccio, giunse finalmente il diri gibile. Da quel momento cominciaro no i preparativi febbrili, che duraro no parecchi giorni, per la partenza del gruppo degli audaci alla volta del Polo. Tutti gli uomini si artoperarpno acciocché nulla venisse dimenticato e la spedizione potesse essere felicemente condotta a termine. Poi venne il giorno della prima partenza: i'aeronave fu fatta uscire dal suo grande rifugio, e si sollevò verso il cielo grigio, allontanandosi lentamente, ma sicura verso l'orizzonte grigio. Il primo viaggio fu felice. Gli aeronauti tornarono entusiasti del successo del primo volo, ed i preparativi per la seconda partenza — questa volta verso il Polo — furono iniziati. Hti ecco il gran giorno! II Matteoda ricorda, con parole che tradiscono la sua interna commozione, il saluto che- egli rivolse agli aeronauti: le strette di mano, gli auguri e particolarmente l'addio di Ugo Lago. L'i Italia» parti, in un'alba grigia per quel viaggio che doveva poi improvvisamente e tragicamente essere troncato. L'attesa angosciosa alla Baia del Re è descritta dall'oratore in tutti i particolari fino al giorno che la « Città di Milano » decise di lasciare la sua base per andare alla ricerca dei naufraghi Furono formate le. pattuglie: la sua e quella del capitano Sora che batterono tutta la costa dello Spiltzberg 1noltrandosì nei vasti tratti di mare gelato fino a giungere a quasi quindici miglia dal punto in cui sorgeva la « tenda rossa ». Insensibili alla stan chezza, noncuranti dei pericoli ai quali si esponevano continuamente, gli uomini delle pattuglie esploravano la costa, le isole rocciose per scoprire le traccie degli scomparsi. Così, senza alcuna, notizia, Matteo da e i suoi compagni attraversarono enormi plaghe ghiacciale, riposando di giorno per approfittare del tepore del sole che ostinatamente si mante neva sempre sullo orizzonte, e marciando di notte, fintanto che un giorno, sul loro cammino incontraro no il « Krassin » sul quale erano stati raccolti i superstiti del dirigibile ed intesero a partire dalla nave salvatrice il richiamo di voci amiche. Alla fine del suo dire, l'oratore è vivameli!? applaudito dalla folla che gremisce il teatro, ed è complimentato da S A 1< il Duca degli Abruzzi e dalle altre autorità presenti. Nel pomeriggio, ha avuto luogo a Monte dei Cappuccini, sempre p°r iniziativa del C. A. !., l'inaugurazione della prima mostra di bozzétti della montagna, la quale è stata allestita in uno dei saloni del Museo Alpino. I migliori pittori della montagna espongono le loro opere, alcunp delle gitali di grande interesse. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 30 giugno. ♦-*-< L dii dll td

Persone citate: Anselmi, Matteoda, Sergio Matteoda, Ugo Lago

Luoghi citati: Bergen, Italia, Milano, Norvegia, Torino