Maria Carolina

Maria Carolina Maria Carolina Uno dei suoi giochi favoriti era il »*1 ballare su di un piede solo: eemf>r» tì fu in lei qualcosa di una piccola danzatrice di corda. Braccia apert*, un piedino levato, pronto allo KÌvolane, alla corsa. £ anche alla fuga. In quel tempo di guai per i Barboni, alla fuga bisognava essere eempre pronti Maria Carolina cominciò a fuggire à due mesi, in braciaio alla balia, da Caserta a Palermo. [Rientrata a Napoli a tre anni, a otto yia daccapo in Sicilia, in fretta e 'furia, di notte. Ma com'eran belli gli aranci di Monreale!... E i lunghi riccioli di Maria Carolina sembravano farsi più bioudi, in quell'aria fcooeea, dorata. Nel biondo e nella vivacità dei gesti, nella prontezza alla corea, alla danza, ricordava un poco la prozia Maria Antonietta, quella regina di Francia di cui ella aveva saputo la fine paurosa. Ma le pareva una storia d'altri tempi e poi la Francia stava cosi lontana dalla Sicilia I Dove precisamente non sapeva, non sapeva nulla, non aveva voglia d'imparare, alle lezioni sbadigliava, il francese non le riusciva di parlarlo bene. Meglio ballare e correre Botto gli aranci e fare mille esclamaDoni in siciliano. Bella!.. La « beauté du diable *, nient'altro: piccola piccola, biondissima; bianca, rosea, eoa gli occhi celesti un po' strabici... Non c'era tempo di guardarla bene, che irrequieta e impulsiva non stava ferma un momento, oon quei piedini che erano la sua più grande bellezza, di una piccolezza, di una finezza che sorprendeva. Per questo forse ella li metteva tanto in mostra. [Vivacità, allegrezza di siciManina cresciuta all'aperto nel profumo delle zagare: l'attaccamento a quella terra fu il suo istinto più simpatico, il suo sentimento più sincero. Quante volte nella sua vita agitata ella invocò: « Sicilia, Sicilia!... » come il rifugio consolatore, il porto sicuro. Ora che lo doveva lasciare per tornare alla reggia di Napoli, liberata finalmente dai Murat e dal dominio di Bonaparte, si voltava indietro a guardare Palermo che scompariva. € Voga quel remo, dice 1% canzone, chissà se un'altra volta ci vediamo; capo d'Orlando e monte Pellegrino!... a Nella reggia di Napoli, il babbo suo Francesco If la matrigna Isabella avevano una dozzina d'altri figliuoli a cui pensare e nel popolino napoletano qualche comarella, vedendo la biondissima Maria Carolina alla finestra diceva: « Quella non trova marito, povera figlia! ». Invece, ecco verso la fine del 1815 giungere a Napoli il duca di Blacas, il compagno d'esilio, l'amico di fiducia di Luigi XVIII, gentiluomo legnoso, funebre, noiosissimo. Portava a Francesco I le felicitazioni per « esser di nuovo stabilito sul trono da troppo tempo usurpato da un palafreniere che si chiamava Murat ». Ad ascoltarlo c'era da morir di sbadigli e più di tutti sbadigliava l'irrequieta Maria Carolina. Ma non sbadigliò più quando seppe che colui era pure messaggero d'amore e di nozze e che precisamente era venuto a chiedere lei in moglie per il duca di Beni, erede presuntivo del trono di Francia. Quel trono di Francia da cui la sua prozia Maria Antonietta era così tragicamente discesa, col capo incanutito in una sola notte. Storia vecchia, storia vecchia. Intanto lei era adesso biondissima e su quel trono voleva salire in fretta, con un balzo solo dei suoi bei piedini. #*# Duchessa di Berri. Pare che col marito andasse d'accordo nei gusti e che facessero insieme « bon ménage ». Era una di quelle coppie, come ve ne sono tante anche ora, che non sopportano l'idea di passare la sera in casa e di cui l'accordo si esercita quasi esclusivamente nella scelta dei divertimenti. Facevano insieme delle scappate da studenti (quantunque egli avesse vent'anni più della moglie e cominciasse ad esser un po' pingue) andavano nei negozi eleganti a far provviste, quegli stessi dove Balzac avrebbe poi condotto le sue duchesse, lanciavano le mode originali andavano a tea/tro, ballavano e si divertivano soprattutto ai balli mascherati. Travestirei, che gioia!... Nel frattempo, l'erede sospirato non c'era ancora. Maria Carolina si rilevava bensì straordinariamente prolifica: a vent'anni aveva già messo al mondo quattro creature nate con una rapidità sorprendente, ma tre erano morite appena nate e la sopravvissuta era una femmina, Luisa, colei che sarebbe stata poi la duchessa di Parma. Le vecchie dame con la parrucca e .i lunghi denti gialli facevano molte smorfie di disapprovazione, la duchessa d'Angouléme severa e rigida Come un gendarme si faceva sempre più arcigna: i medici di Corte disapprovavano: quegli incessanti divertimenti avrebbero sempre messo in pericolo la vita del nascituro. Maria Carolina alzava le spalle, ma il duca che cominciava ad essere stanco ed erada un po' di tempo oppresso da sinistri presentimenti si decise: biso- Kva ritirarsi a vita più seria, ria Carolina mise su il broncio; per l'appunto si era in carnevale. « Cominciamo da stasera, disse il duca, una volta tanto bisogna pur cominciare ■ . Era il 13 febbraio del 1820. La duchessa si rassegnò per l'appunto: il 13 le faceva paura: meglio stare in casa per evitare guai. Ma dopo dieci minuti sbadigliavano tutti e due da slogarsi le mascelle. Pire che all'Opera c'era un bellissimo programma e il debutto di un ballerino di cui si diceva mirabilia ! » Bah, una sera di più o di meno... ». Maria Carolina corse ad agghindarsi Corona di rose in testa, veste di tulle rosa e una t palatina » di ermellino.. Che splendida ssla quella sera !... Ri yerenze, sorrisi, battito di ventagli. a o e Ma il duca, quasi preso da rimorso, insistendo che la moglie si ritirasse prima del ballo, si alzò per accompagnarla alla vettura. Sotto l'atrio deserto essi apparvero dandosi la mano, sorridenti, soddisfatti, lei in rosa, lui in abito verde e pantaloni gialli, coppia elegantissima. Per l'ultima volta. Ella ebbe appena il tem- Eo di sa-lire con uno dei suoi soliti alzi in vettura che un grido risonò sulla porta del teatro: suo marito era stato pugnalato. Come pazza, senza riguardo al suo stato, ella saltò a terra: il duca si strappava da sò il pugnale dalla ferita. <r Sono un uomo morto Carolina!... ». Reprimendo i singhiozzi é i tremiti ella seguì i servi che con sforzi sovrumani trasportarono il duca nel suo salone privato attiguo al palco, mentre la musica del ballo cominciava. Con quegli occhi strabici che le palpebre troppo rosa rendevano ardenti seguì esterrefatta l'andirivieni e il tumulto indescrivibile che dalle undici fino alle sei del mattino circondò la straziante agonia di quel principe infelice. E accorgendosi che non soltanto il marito le moriva ma il futuro re, Maria Carolina prese a urlare come una lamentatrioe siciliana, gettandosi frenetica sul morente che supplicava : « Portatela ria, i suoi gridi mi straziano... ». Quando tutto fu finito ella si trovò per un momento veramente smagrita e il suo istinto sincero, il sospiro della sua eterna nostalgia le uscì dalle labbra implorante e sommesso: « Sicilia!... ». Ma poi si vestì da vedova (come le stava bene iì nero!...) si tagliò i capelli e si accorse di essere adesso il personaggio più importante del regno. Meglio ancora quando le nacque l'erede, il duca di Bordeaux, il figlio del miracolo, tutta la Francia legittimista esultava: di nuovo feste, feste... Maria Carolina aveva ripreso a travesti rsi : le sarte lavoravano di nuovo febbrilmente per lei. Si travestì anche quando scoppiò la rivoluzione di luglio. Il re decaduto stava per prendere la via dell'esilio, quando si vide davanti un ometto alto un palmo vestito di verde, con due pistoloni passati alla cintura. Ai riccioli biondi che gli venivan fuori dal cappello riconobbe sua nuora. « Voglio salvare il regno di mio figlio. Lo porterò in Vandea, il popolo lo difenderà ! ». Carlo X guardava coi suoi occhi stanchi quel costume da OpéraComique. E quegli occhi dicevano: « Che la monarchia muoia, ma con decoro ». « Figliuola mia, egli disse, cotesta toeletta da eroina di Walter Scott, non fa al caso, credetemi ». Eroina di Walter Scott: era appunto quello che lei voleva essere, occupando il mondo di sé, vivendo un intero romanzo. Lo cominciò due anni dopo: la famosa spedizione in Vandea, con qualche compagno più galante che persuaso. Travestimenti a tutto spiano. Ora si fìngeva una pacifica d'ama in viaggio, ora era un contadinello scalzo che si chiamava Petit-Pierre. Atteggiamenti meno eroici che comici, l'avventura scatenata, « la (juerre de buissons », le beffe alla polizia, un divertimento matto. E ciò avrebbe dovuto suscitare la rivolta contro Luigi Filippo e rimettere sul trono i Borboni, cioè lei, che già si vedeva reggente a distribuire ministeri e a concedere udienze. I van deani non si mossero. Un estate infernale quella del '32, piena di uragani devastatori, con una temperatura torrida e il colèra che infieriva... Ma che importanza aveva ciò per Maria Carolina?... A Nantes fu finalmente arrestata e in modo più ri dicolo che tragic^>: condotta a Biave e tenuta là prigioniera, diventò la principessa di leggenda, l'eroica ma dre di Enrico V, il simbolo del legittimismo... Tutte le dame e damigelle piangevano sul suo martirio, anche Eugenia di Guérin pregava per lei come per una santa e riempiva le sue belle lettere di lamenti e di sdegno rovente contro l'usurpatore. Il suo nome diventò alla moda : quante piccole Marie Caroline quell'anno furono battezzate nelle chiese di Francia I... Li ricompensò male Maria Carolina tutti quei legittimisti. Prigioniera, stava di buonissimo umore e irrequieta come al solito, ingrassando però in una maniera piuttosto allarmante. I suoi stessi custodi non credevano ai loro occhi, ma ella non si fece molto pregare per confessare la verità: era in istato interessante. Lo scandalo fu enorme, i suoi partigiani gridavano alla calunnia, i nemici scoppiavano dalle risa, nel loro esilio Carlo X e i principi s'irrigidivano più che mai in un silenzio pieno d'amarezza. Nata in prigione una bimba, un povero esserino che visse pochi mesi, Maria Carolina fu liberata, condotta in Sicilia dove l'aspettava il conte Lucchesi Palli, un uomo con una gran barba nera, sempre zitto, che ella diceva di aver sposato, non sapeva neppur quando. Sicilia... « Voga quel remo », dice la canzone... Palermo, gli aranci di Monreale... Ma non le parevano più così belli. »*# Non le parevano più così belli : bisognava bene escogit are qualche altra ragione per ruzzolare pel mondo e seccare il prossimo. Il marito, nella sua parte di uomo muto, la lasciava fare. Ed ella ricominciò, voleva la tutela del duca di Bordeaux, voleva questo, voleva quello... Nel frattempo, con quella rapidità che era tutta sua, metteva al mondo altri quattro figliuoli. Ma non di questi voleva occuparsi, bensì degli altri, di quelli principeschi: il re Carlo X stava sempre col tenore di vedersela comparire davanti in qualche travestimento spaventoso. La chiamava cara upetite» ma pensava: et che peste questa nuora, che terremoto ! ». Come Dio volle si rassegnò alla fine a una specie di esilio, in un castello di Boemia, semicieca, se miparalitica, più larga che lunga, orrenda... E tumultuosa, sempre. Armand Praviel, che ne ha tracciato ora il ritratto «Vie de madame la duchesse de Berri » la tratta con una simpatia di scrittore piena di rispetto per la ' causa legittimista e pieno d'indulgenza per le sue turbolenze, i suoi capricci e le sue scappate «cavalleresche». Ella ebbe certo la coscienza di sè e quell'ambizione che in una principessa è una bella cosa, ma che non serve a nulla senza l'ingegno e la capacità... Anche la Grande Mademoiselle aveva voluto come lei far la guerriera e l'eroina e anche lei s'eTa coperta di ridicolo. Tn quanto ai suoi errori il biografo li scusa dicendo che dopo tutto nella fu essenzialmente ciò «he c'è di più squisito al mondo, cioè una donna». ..S'illude il troppo gentile scrittore se' crede che le altre donne siano contente di legger questo. Poiché Maria Carolina fu donila, eh certo! ma scervellata. Carola Prosperi