La Piccola Intesa si riunisce a Belgrado

La Piccola Intesa si riunisce a Belgrado La Piccola Intesa si riunisce a Belgrado mentre Zalesk! giunge a Budapest Propositi o difficoltà Belgrado, 20 notte. Si riuniscono oggi a Belgrado, per la quattordicesima volta, i ministri degOii Esteri della- Piccola Intesa: rappresenta la Czeco-Slovacchia, come già ai precedenti convegni, il dottor Benos, oramai un veterano dà tali riunioni, rappresenta la Jugoslavia, al posto di Marinkovic, le cui condizioni di salute lasciano tuttavia a desiderare, il dottor Kumanudi, e rappresenta la Rumenia il prof. Mironescu. salito a ,Bu carest al potere assieme al partito nazionale dei contadina. I ministri degli Esteri della Piccola Intesa s'erano visti l'anno scorso a Bucarest, nella seconda quindicina, di giugno. Quella conferenza ebbe inizio sotto auspici piuttosto infelici: mentre nella capitale rumena i tre si accingevano a discutere ciascuno esaltando la solidità del proprio Stato, a Belgrado, in piena Scupcina, il deputato serbo Puniscia Racic (dil cui processo deve giusto avere inizio verso la fine del corrente mese) accoppava a rivoltelilate i colleglli croati Basaricek c- Stefano e Paolo Radia L'impressione, negli ambienti deilila Piccola Intesa, fu enorme. Pochi mesi dopo in Rumenia, senza episodi! altrettanto sanguinosi, si evolgeva una rivoluzione vera e propria, che strappava il Governo ai nazionallli-liibe'rali, cioè a dire agli esponenti della vecchia Rumenia, per darlo ai nazionnll-zaronisti, gli esponenti defilé nuove terre rumene, gli èlemeniti la cui azione già paragonammo olla croata in Jugoslavia." Quale fu l'ordirne del giorno della ■ Conferenza di Bucarest e quali furono i risultati a cui, grazie ad essa, si addivenire? Punto primo dell'ordine del giorno: la collaborazione economica. Punto secondo: problema dell'Anschluss. Punto terzo: la .propaganda Rothormere a favore dell'Ungheria. Punto quarto: rapporti colila Germania. Punto quinto: questioni riguardanti le minoranze. A dieci mesi di distanza, i progetti di collaborazione economica appaiono completamente falliti e unità di vedute si rivela solo di ironie al problema delle minoranze. Nelle questione dell'Anschlnss, l'attitudine della Piccola Intesa quasi non interessa, giacché è sempre calcata Bull'attitudine della Francia. Quanto al rapporti con la Germania, non si può davvero dire che nel decorsi dieci mesi abbiano ricevuto una qualsiasi nuova impronta. Nei riguardi dell'Ungheria, il contegno della Piccola Intesa non è mutato, nè appare alla vigilia di mutamenti: dato che quest'alleanza venne conclusa anzitutto per tenere in iscacco l'Ungheria, la quale avrebbe da reclamare da czechi, serbi e romeni i territori-i perduti nel '18, è chiaro che le reflazioni fra Budapest ila una parte e Praga, Relgrad.i e Bucarest dall'altra, potranno mutar.! scio il giorno in cui l'Ungheria desisterà" da ogni sua pretesa o i suoi avversarli si decideranno a venirle incontro, soddisfacendola almeno sopra qualche punto. Ma è giorno assai lontano. Or è poco, il presidente della Repubblica czeco-slovacca Musnryk, parlando con l'economista berlinese AVolf, diceva che lui personalmente non sarebbe contrario n trattare con l'Ungheria per una correzione delle frontiere; vi si opnongono però eli altri Stati della Piccola Intesa, timorosi che l'Ungheria pretenda poi analoghe correzioni anche da loro. E qui il presidente Masaryk avrebbe potuto aggiungere che la stessa Francia vedrebbe di malocchio, se mure si decidesse a tollerarle, modifiche di frontiere fissate dai trattati di pace, modifiche le quali — in ultima analisi — equivarrebbero ad una revisione dei trattati stessi. * * In materia di collaborazione economica fra gli Stati della Piccola Intesa, stupisce l'asserzione, fatta dal ministro degli Esteri romeno alla vigilia dell'attuale convegno, che una prova del consolidamento dell'allean za sia da ricercare niella fondazione della Piccola Intesa economica. Non più tardi del febbraio, le due o tre sedute che tennero a Bucarest gli esperti dimostrarono il contrario: le proposte romene vennero respinte, il delegato czeco-slovacco, fedele interprete degli agrarii, per poco non si dichiarò nettamente ostile all'id.ea della Piccola Intesa economica e quanto alla Jugoslavia, il suo delegato Seceroff, tornando in patria, disse che per il momento bisognava limitarsi a migliorare i traffici ed a risolvere questioni di diritto privato di secondaria importanza. Sinché la Czeco-Slovacchia, Stato di grande sviluppo industriale, per piazzare la propria produzione, domanderà agli alleati di rinunziare alla loro politica protezionista, rinunzia che implicherebbe la rovina delle industrie iugoslava e romena, l'idea di una Piccola Intesa economica sarà irrealizzabile. Ben diversamente stanno le cose con le minoranze, perchè qui gl'in-, ♦eressi dei Governi di Praga, Belgrado e Bucarest rolli mano e se uno dei tre volesse svolgere azione autonoma, avrebbe da risentirne il danno. Ad esempio, tuffa la germanofìHa che ha potuto ingenerare in Jugoslavia la voglia di trovare alleati contro l'Italia non ha impedito proteste contro il tentativo di Streeemann di portare sul tappeto a Ginevra la questione delle minoranze: perfino s'è fatto accorrere il capo dei serbi della regione di Lausitz. Jan Ska.la, affinché divulcrnsse i metodi adottati dai tedeschi verso questa minoranza sprba pd altre piti notevoli. Noto è-il memoriale presentato dalla Piccola Intesa per respingere le proposte del canadese Dandurand. poto ò — insomma — che i Governi czeco-slovacco, jugoslavo e romeno, elusa con la pratica quotidiana le clausole del protocollo per la protezione delle mimoranze da essi sottoscritto, non tollerano che nuove disposizioni vengano a stabilire controlli, a creare restrizioni della loro cosidetta sovranità. * * * A voler essere obiettivi, bisogna riconoscere che gì! Stati della Piccola Intesa si trovano realmente d'ac cordo sopra due punti : quello delle minoranze e quello, accennato in principio, della necessità di tenere a bada l'Ungheria. Ma bastano le due premesse a consentire (altro tema di cui si discuterà a Belgrado) una trasformazione dell'alleanza, sostituendo ai molteplici trattati oggi esistenti fra i tre membri un trattato unico? L'idea di questa trasformazione è stata nientemeno attribuita allo stesso Re Alessandro: strano come l'intelligente e accorto Sovrano jugoslavo non abbia subito intuito la somma delle difficoltà che al mutamento di struttura si oppongono. Le basi giuridiche della Piccola Intesa si riducono ai seguenti patti: ai li di agosto del 1920, la CzecoSlovacchia e Jugoslavia sottoscrissero un'alleanza difensiva, mirante a garantire l'assetto creato dal Trattato del Trianon. Ai 23 di aprile del 1921, Czeco-Slovacchia e Rumenia conclusero un patto identico; due mesi appresso, ai 6 di giugno, Jugoslavia e Rumenia strincrevano un'alleanza che, oltre a contemplare il Trattato di Trianon, parlava in modo esplicito di quello di Neuilly, nei due precedenti patti taciuto: l'accordo impegna Jugoslavia e Rumenia anche per il caso di un attacco non provocato dei bulgari. Allo stato delle cose, dunque, se domani scoppiasse un conflitto con la Bulgaria, si vedrebbero iugoslavi e rumeni battersi contro il nemico comune, menlre la Czeco-Slovacchia avrebbe l'in discutibili e diritto di rimanere neutrale e spettatrice. Ma non è questo il solo caso in cui il Governo zeco-slovacco potrebbe disinteressarsi delle sorti di un suo alleato: è ugualmente risaputo che qualunque conflagrazione fra Rumenia e Russia a motivo della Bessarabia lascierebbe Praga indifferente. Lo stesso si può dire per Belgrado. Senonchè oggi Belgrado, fingendo di dimenticare che l'assenza di obblighi nei confronti della Russia costituisce una lacuna dell'alleanza, chiama la Czeco-Slovacchia a impeciarsi nelle sue beghe con Sofia determinate dall' eterna questione macedone e obietta che se un alleato rifugge dal mostrare i denti alla Bulgaria, la Piccola Intesa ne risulta indebolita. Alla Rumenia, come abbiamo visto, questo ragionamento la Jugoslavia non può ripeterlo: ma è chiaro che la Rumenia, se qualcuno venisse a proporle di sostituire i patti bilaterali con un patto unico, si affretterebbe a chiedere l'obbligo per' i contraenti di difendere armata mano Trattato del Trianon, Trattato di Neuilly e Protocollo per la Bessarabia. La conclusione di un così vasto ed importante patto appare oltremodo problematica. In primo luogo, la Czeco-Slovacchia non ha nessun interesse, proclamandosi garante del Trattato di Neuilly, a guastare con la Bulgaria rapporti dei quali sono indizio i recenti cordiali colloqui fra Re Boris e il Presidente Masaryk a Praga: d'altro canto la Czeco-Slovacchia nemmeno può perdere d'occhio l'aspro conflitto fra Belgrado e Zagabria, che ha portato alla introduzione in Jugoslavia di un regime di dittatura, diretto contro i croati, il quale certamente non riscuote il plauso di Masaryk, l'uomo che ai tempi della Monarchia absburgica si fece paladino della libertà croata. Ma se anche si addivenisse ad intese in merito alla Bulgaria, rimarrebbe da risolvere l'intricato problema dei rapporti colla Russia, rapporti che i tre Stati considerano da differenti punti di vista: Praga è favorevole alla ripresa delle antiche relazioni diplomatiche; Belgra do dichiara che manderà i suoi ministri solo in una Russia governata da uomini che siano interpreti della volontà del popolo — quali i bolscevichi non sono —; la Rumenia grida non esistere possibilità di cordiali relazioni con la Russia, finché Mosca non si rassegni all'annessione ni mena della Bessarabia. Per tali circostanze, riteniamo che pure il nuovo convegno della Piccola Intesa terminerà senza corre zioni sensibili degli orientamenti politici d'Europa. Nè ci si dica incondizionati assertori della decadenza della Piccola Intesa, giacché questa volta almeno abbiamo accertato due punti sui quali gli alleati sono d'ac cordo, cioè la guardia all'Ungheria e la questione delle minoranze. Italo Zingarelli. Il convegno dei tre Ministri Belgrado, 20. notte. Si è aperta oggi la Conferenza del tre Ministri degli Esteri della Piccola Intesa. Dopo una seduta In cui è stata discussa la situazione generale e si è deciso un atteggiamento solidale dei tre Stati nella prossima Conferenza per il problema delle minoranze che si terrà a Madrid, il Ministro degli Esteri cecoslovacco Renes e quello romeno MironesctT sono slati ricevati in udienza da Ile Alessandro. Il Ministro degli Esteri jugoslavo Marin. covic, maialo a Lugano, e sostituito alla Conferenza da Cumanudis, ha inviato un telegramma in cui si legge questa frase: « Auguro successo alla Conferenza della Piccola Intesa la q"°le si svolge in un momento in cui da certe parti con leggero cuore si pongon nei problemi non adatti ad iiim nUi re In ildiicia del mondo nel mantenl mento della pace ». Contemporaneamente alla Conferenza dei Ministri, come al solito, ha luogo anche una Conferenza della stana Ipa della Piccola Intesa, Polonia a Ungheria Budapest, 20 notte. Subito dopo la delegazione Italiana venuta qui ad assistere all'inaugurazione della colonna romana donata dalla città di Roma e prendere parte ai festeggiamenti in memoria del co lonnello Monti, Budapest riceve II ministro degli Esteri polacco Zaleski, ar rivato oggi. La visita di Zaleski è interessante, perchè avviene giusto mentre a Belgrado si riuniscono i tre ministri della Piccola Intesa, la quale non è mai riuscita ad attirare nella propria orbita la Polonia (prescindendo dall'identità di azione decisa sulla questione delle minoranze) e che non ha mai mancato di essere diretta pre valentemente contro l'Ungheria. Seb bene i romeni lo avessero pregato di passare per Bucarest prima di raggiungere la capitale dell'Ungheria, Zaleski non ha mutato il suo programma. E' chiaro che questa visita, mesi addietro preceduta dal viaggio del ministro degli Esteri ungherese Walko in Polonia, ha obbiettivi politici. Si parla della mediazione polacca nella cine stione ungaro-romena per gli optanti e si parla anche di una probabile al leanza ungaro-polacca caldeggiata specialmente da coloro che a suo tempo nientemeno sognarono di vertere la Polonia e l'Ungheria proclamare una unità personale. Ma come non è pos sibite l'unione personale, così non è facile ritenere probabile un'alleanza per forti che possono essere le ragio ni ungheresi e polacche contro la Czecoslovacchia. I polacchi, pur senza nascondere le loro simpatie per i magiari, sono stati i primi ad accennare al la gravità dell'ostacolo che per l'alleanza costituirebbe il programma re visionlstico del trattati di pace, apertamente propugnato dall'Ungheria. Dunque, se ad un'alleanza veramente si volesse giungere, bisognerebbe cominciare col trovare le base di una chiara intesa sul punto dei trattati In proposito, si può accennare alla voce di precise assicurazioni già date alla Polonia secondo cui l'Ungheria saluterebbe la restaurazione della Polonia come uno del più simpatici risultati positivi della guerra. Senza abbandonarsi ad Ipotesi, è forse preferibile riprodurre il commento che l'ufficioso Pester Lloyd ha dedicato ad un tempo alle feste per l'Inaugurazione della colonna di Monti e per la visita di Zaleski, osservando che per la nazione italiana come per la polacca, il popolo ungherese nutre I più calarosi sentimenti di amicizia i quali sa che vengono ricambiati con cordialità. La celebrazione per la colonna di Monti è stata l'eco efficace delle manifestazioni cui diede luogo il soggiorno del sottosegretario Grandi. Al dono fatto da Roma alla città di Budapest, il giornale attribuisce un significato altissimo e lo dice simbolo glorioso del passato di Roma e simbolo dell'impossibilità che l'orgogliosa grandezza di un popolo venga sepolta anche dalle macerie di due secoli, se nell'anima di questo popolo vivono le volontà di affermazione e di rinascita. Il conte Bethlen — come abbiamo già riferito — s1 è dimostrato fedele interprete del pensiero dell'intera nazione, affermando che i trattati tra l'Ungheria e l'Italia sono già stati scritti ottanta anni addietro dai nostri antenaticol loro sangue e la colonna romana che ora fieramente si leverà su terra unghewse verso il cielo di Ungheria, sarà per gli ungheresi il segno eloquente dell'amicizia, con la quale la nobile Nazione italiana ha teso loro la mano in un'ora, di durissima prova. Più lungi il Pester Lloyd, passando ad occuparsi della visita del ministro degli Esteri polacco, scrive che le appaienti .casualità hanno talvolta nella vita dei popoli profonda importanza che a prima vista non si rivela, ma poi si mostra compiacente a chi le analizzi. Il giornale rifa la storia delle relazioni ungaro-polacche. Ricorda come assieme al Monti italiano, si sia battuto per la libertà ungherese il polacco Dembinski e dice che per il popolo ungherese la Polonia costituisce un esempio ed uno stimolo. L'analogia tra i destini dei paesi è evidente. in occasione del viaggio a Varsavia del nostro ministro degli Esteri — conclude il Pester Lloyd — Zaleski dichiarò nel suo brindisi che la Polonia desidera basare i suoi rapporti coll'Ungheria su principi! di giustizia. Questa espressione risponde al convincimento più intimo della nazione ungherese. Anche noi non vogliami altro che la giustizia ». JUGOSLAVIA II leader dell'opposizione Pribicevic assegnato al confino Belgrado, 20 notte. L'ex-capo della coalizione demo-rurale di opposizione e cioè il democratico indipendente Pribicevic, è slato assegnato al confino. Appena giunto a Belgrado egli è stato avvertito dalla polizia che gli era stato assegnato per domicilio la cittadina balneare di Brus presso Kruscevaz, per dove avrebbe dovuto par tire immediatamente. Infuni Pribicevic, dupo una brevissima visita alla moglie inalata, in compagnia della figlia si è recato in automobile a Brus. La polizia belgradese giustifica la misura col contegno che avrebbe tenuto Pribicevic negli ultimi tempi. Che Pribicevic fosse oggetto della particolare attenzione da parte delle autorità lo si sapeva da tempo e si ricorda che 11 giorno successivo alla Pasqua ortodossa ritornando a Zagabria volendo rien trare nella sua stanza all'» Hotel Ex plnnade » la trovf» occupata dal fami genito sgherro serbo Grauer, che evidentemente non aveva delle intenzioni innocenti verso l'uomo politico democratico,