Politica e armamenti

Politica e armamenti Politica e armamenti E lettore, che ha avuto la pazienta di seguire i resoconti forniti in modo continuativo dalla Stampa sul lungo lavoro compiuto dalla Commissione del disarmo, desidera probabilmente uno sguardo d'insieme, un apprezzamento sintetico dei risultati conseguiti. E' quello che mi accingo a fare, avendo però cura di dichiarare preventivamente che l'esame non potrà riuscire completo; nella sessione di Ginevra sono stati, 'difatti, trattati problemi molto diversi tra di loro e ciascuno d'importanza notevole; dire di tutti richiederebbe che s'entrasse nel merito di ciascuno di essi, il che nuocerebbe alla chiarezza; meglio quindi evitare di trattarli in modo particolare e lavorare d'accetta sull'assai frondoso albero per tentare di stabilire le linee caratteristiche del tronco e dei rami principali, dai quali 6i svilupperanno in un futuro prossimo o lontano le nuove fronde. La sessione testò finita era stata imposta dall'ultima assemblea della Lega affinchè non fosse manifesta l'impotenza non soltanto di giungere a risultati concreti, ma persino di proseguire i lavori. Però tutte le delegazioni, ad eccezione di una, si erano recate a Ginevra del tutto scettiche circa l'utilità della riunione; nessuna delle cause, che avevano arenato i lavori nel marzo 1928, era scomparsa; di ciò che aveva, in petto la. delegazione degli Stati Uniti ninno' aveva, sentore, tanto era stato bene custodito il segreto; a meglio conservarlo erano persino giunte informazioni ufficiose da Washington ;che Hoover non intendeva mutare l'atteggiamento assunto da Coolidge. Grande fu dunque la sorpresa di tutjti quando, la mattina del 22 aprile ed in una seduta non prevista ed improvvisamente indetta, Gibson fece le importantissime dichiarazioni. .Importantissime non tanto perchè ,'per esse 6i potesse considerare il ^problema senz'altro risolto (siamo Iben lontani da ciò), quanto per la jchiara indicazione del nuovo indirizzo, che il neo-presidente della Repubblica stellata manifestava di voler assumere nei riguardi della politica navale e della politica europea. Se la sorpresa americana era stala tenuta ben nascosta, con notevole rumore erano invece stati deposti parecchi progetti, uno più radicale jdeH'altro che, se da un lato potevano servire di riempitivo dell'ordijne del giorno e ad allontanare l'ateiaro calice della seconda lettura del progetto della Commissione, d'alibro lato nelle intenzioni dei presenjfcatori avevano Io scopo di dimostrate, dopo il prevedibile loro rigetto, l'assoluta impotenza della Commisjsione e la cattiva volontà dei Governi in materia di disarmo. Del progetto tedesco sulla precisa denuncia di tutti 1 dati di forza dei singoli Stati e del progetto turco di una riduzione di forze limitata alle maggiori Potenze, s'è finito per non parlare affatto. Il progetto cinese tendente alla soppressione del servizio militare obbligatorio venne passato lagld atti. Il progetto dell'Unione Sovietica ebbe gli onori d'un'ampia discussione non peT i meriti intrinseci, ma per evidente opportunità politica; occorreva evitare anche l'apparenza che si volesse soffocare la voce bolscevica; di questa preoccupazione Lityinov si servì largamente, parlò 6ti ogni argomento fin che volle e, rientrando a Mosca, potrà dire e far dire che le Potenze cosidette capitaliste non vogliono saperne di disarmo, ma non potrà affermare di aver avuto comunque limitata la libertà di parola. Inoltre Litvinov, che indubbiamente è persona intelligente, ebbe l'abilità di portare la Commissione a pronunciarsi su un punto fondamentale in materia di disarmo e sul quale s'era finora piuttosto sorvolato. Accade assai spesso, parlando o scrivendo di disarmo, di adoprare indifferentemente le eepressioni limitazione, e riduzione degli armamenti, mentre esse hanno significato del tutto diverso. Limitazione vuol dire fissare per ciascuna Potenza dei limiti da non oltrepassare, malgari - superiori agli armamenti esistenti (esempio il tonnellaggio stabilito a Washington per le navi da battaglia di Francia ed Italia, superiore a quello effettivamente posseduto). Ridurre significa passare dagli armamenti posseduti ad altri minori (e6empio_ lo stesr-o tonnellaggio di Washington per l'Inghilterra é gli Stati Uniti, che dovettero demolire delle unità). Ora dalla discussione è uscito netto il concetto che il compito della Commissione è di preparare una riduzione compatibile con la. sicurezza nazionale e con l'esecuzione degli obblighi internazionali. E' questo uno dei concetti fondamentali da tener presenti e, che, per espressa dichiarazione dì lord Cushendun, è* da applicare a tutte le forze navali. Quali ripercussioni abbia per avere l'affermazione di questo principio sulla preparazione e sull'attuazione dei programmi militari di determinate Potenze, lo idirà il futuro. Le dichiarazioni di Gibson si riferiscono a tre punti finora controversi e di cui ora diremo, ma tutte partono da un unico principio, che tutti pensavano, che tutti si dicevano ja mezza voi(e, ma-che nessuno aveva avuto finora il coraggio, o la voìonjtà, di proclamare apertamente, e cioè che il disarmo è, nei suoi fondamenti, un problema politico e non un problema tecnico. Finora nello studio di queste complesse questioni i Governi hanno preso come fondamento i risultati delle indagini e delle deduzioni dei tecnici, cioè dei competenti e dei responsabili in materia; questi evidentemente debbono basarsi esclusivamente su dati di fatto e su determinate ipotesi di conflitto e. siccome queste ipotesi sono molteplici e spesso indeterminate, siccome anche vi sono elementi impossibili a compararsi tra loro (ad ies. una frontiera montana ed una marittima), è naturale che non sol tanto ne escano forni ole molto complesse ed imprecise, ma che addivi! tura non ne esca alcuna. Cosicché la jgola fqrmpla logica, dopo tanto stu. n l , i i ; diare, è stata quella dettata dal semplice buon senso; che ciascuno esprima la quantità di forze che ritiene necessarie per la propria sicurezza. E di qui nacque come corollario il principio che soltanto aumentando la sicurezza, cioè eliminando le cagioni di conflitto, è possibile addivenire alla riduzione degli armamenti; è il trinomio arbitrato-sicur'ezzadisarmo. Gli Stati Uniti, nella loro concezione di una politica mondiale totalitaria e dando fiato anche in materia di armamenti, ad una tromba foggiata col più puro oro tratto dalle cantine della Reserve Federai Bank, hanno affermato netto che con questi sistemi non si giungerà mai a nulla di concreto. Occorre battere altra via, che è la seguente. Il Pat to di Parigi, che condanna la guer ra, apre una possibilità senza prece denti per far avanzare la causa del disarmo. Finché 6i baserà lo studio sui vecchi timori e sui vecchi cospetti, non v'è speranza di successo. Se il Patto significa qualche cosa, non v'è giustificazione alcuna per la continuazione d'una pace, su cui pesa il fardello della guerra- I grandi armamenti sono la reliquia d'un'altra èra; resteranno una reliquia neces saria fino a che il vicolo chiuso non sia sfondato, e ciò non può essere effettuato che per mezzo di decisioni delle Potenze che posseggono i più grandi armamenti, e che debbono prendere l'iniziativa delle misure di riduzione. E siccome il vicolo è ostruito essenzialmente dalla opposizione anglosassone ad accettare le concezioni europee sulle forze di terra, e dall'opposizione americana ad accettare la concezione inglese sulle forze navali, così gli Stati Uniti dichiarano di rinunciare a tali opposizioni. In fatto di navi, gli Stati Uniti rinunciano alla fissazione del tonnellaggio per categorie e propongono per la determinazione della forza navale, in luogo del solo tonnellaggio, il calcolo del valore d'ogni singola nave per mezzo di molteplici elementi: età, velocità, armamento, corazza, consumo di combustibile, ecc. Il metodo proposto non appare ancora del tutto chiaro a malgrado anche delle delucidazioni fornite da Gibson nell'ultima seduta, ma ciò non ha OTa importanza, perchè verrà di certo chiarito in seguito. Ciò che importa è che Inghilterra e Stati Uniti sono così messe in grado di riprendere le interrotte conversazioni. Le quali non saranno nè brevi, nè facili, perchè altro è lanciare un principio, altro è applicarlo. Ma se veramente la volontà di conchiudere esiste, se veramente s'intende di mettere da parte il concetto di supremazia da una parte o dall'altra, si può pensare che un accordo tra le due maggiori Potenze navali sia possibile. Restano le altre Potenze. Si vuole a Washington che queste s'accordi no tra loro, oppure si pensa d'imporre loro un tonnellaggio, press'a poco come s'è fatto nel 1922 per le grosse navi? Per le forze terrestri, la rinuncia americana seguita da quella inglese, a voler limitare le riserve, ha notevolmente facilitato la risoluzione del problema su di un punto, senza per altro dirimere parecchie altre difficoltà. Lo stesso dicasi per quanto riflette i materiali di riserva, per i quali la soluzione trovata di limitarne la quantità per mezzo della pubblicità data alle spese per esso impostate nei bilanci, è invero troppo semplicista. D'altra parte, ogni altra misura di limitazione implica il concetto d'un controllo, che nessuno è disposto ad ammettere. Volendo sintetizzare, si possono fare alcune constatazioni. Per la prima volta, in questa sesta sessione della Commissione del disarmo, si è giocato carte in tavola, o press'a poco, e ciò è avvenuto perchè gli Stati Uniti hanno deciso che qualcosa in fatto di riduzioni d'armamenti bisogna fare. In ciò sono stati aiutati, sebbene si .trovassero sull'opposta sponda, dalle delegazioni tedesca e sovietica, le quali per ragioni assai differenti, hanno esercitato e sempre eserciteranno una funzione incitatrice. Ponendo il disarmo sul terreno politico, sperano gli Stati Uniti di eliminare gli ostacoli tecnici. Il dibattito non potrà che guadagnare in fatto di semplicità, ma è assai dubbio che 6u tale terreno si possa a lungo rimanere, specialmente per quanto concerne gli armamenti terrestri ed-i rapporti di forze degli Stati europei. Che se realmente si potesse prendere come cardine di sicurezza il Patto di Parigi, che condanna la guerra, allora non soltanto di riduzione parziale, ma di disarmo totale si dovrebbe parlare. La rea tà è invece che questa vecchia Europa è lontana da ciò e sarebbe disonesto far nascere eccessive speranze. Ultima constatazione, la più posi[tiva ed anche la più confortante, è questa. Una riduzione degli armamenti esistenti è prevedibile ad una scadenza più o meno lontana, ma ad essa non si potrà giungere che per tappe. La Conferenza generale, che s'aprirà quando la Commissione preparatoria avrà completato il progetto di convenzione, rappresenterà la prima tappa di un ancor lungo cammino. Ma per giungere a questa prima tappa occorreranno ancora parecchie tappe della Commissione preparatoria stessa. Quella oggi compiuta è importante, ma non costituisce che l'avviamento ad altre. Il problema degli armamenti, legato com'è al problema delle singole sicurezze nazionali, è dei più delicati, e nulla sarebbe più- pericoloso che il volerlo risolvere con improvvisazioni o per via d'imperio. Oggi però, in conseguenza dell'iniziativa americana, esso è giunto ad uno stadio, per cui non è più lecito, nè possibile prenderlo alla leggiera. Com'è stato detto a Ginevra, il grande e grave problema degli armamenti nazionali sta mutando gradatamente d'aspetto per tendere a quello di problema internazionale retto da leggi, ■ clip gli Stati si saranno liberamente date. Geu. Giovanni Maretta.

Persone citate: Coolidge, Gibson, Giovanni Maretta, Hoover