Cinque minuti in un radio-auditorio

Cinque minuti in un radio-auditorioCinque minuti in un radio-auditorio oaperounaporaemsonorovato sulla soglia di una sala tutta ovattata d'una elegante stoffa color jmort-doré (in italiano: morto dorato), che la foderava dalla testa ai piedi, pioè dal soffitto al pavimento. — Permesso? — ho domandato con miei caratteristico tono di voce che significa: c Anche se non è permesso, entro lo stesso ». Non avessi mal avuto una slmile Idea! Sette individui, con le lenti alla Harold Lloyd, alzarono sette teste da sette stravaganti ordigni musicali che avevano dinanzi, e mi guardarono con gli occhi fuori dalle orbite, anzi, fuori dagli occhiali. Sembrava volessero seppellirmi sotto una valanga d'insulti, ma non dissero verbo; si limitarono a manifestare, con gesti frenetici la propria indignazione. E intanto mi indicarono — assumendo la posa di buddisti dinanzi ad una immagine sacra — un'asta metallica eretta in mezzo alla stanza, che finiva, alla estremità superiore, in un cerchietto pure metallico, scintillante tra bagliori d'argento. Dinanzi a quella drammatica scena mimica, rimasi anch'io senza parole. Dov'ero capitato: tra sordo-muti? tra idolatri? in un manicomio? in un gabinetto spiritico? Alzando lo sguardo, lessi sulla parete di faccia, scritto a caratteri cubitali, questo motto: t II silenzio è d'oro dappertutto; qui è di rigore ». Non avevo mai saputo che il rigore valesse più dell'oro; tuttavia m'inchi nal. Quell'inchino fece un effetto sorprendente. Dal reparto agitati si avanzò un compitissimo signore, in «tight» e cravatta color « marron » (in Italiano: color castagna), che mi rispose a sua volta con un profondissimo inchino. Teneva nella mano guantata una specie di battacchio, col quale colpi tre volte un gong di bronzo dorato. A quel suono, dal timbro accorato come la vibrazione di una balalaika, quei personaggi si calmarono d'un tratto. Essi abbracciarono, con impeto di maniaci, i loro istrumenti infernali e trattennero il flato forse per riversarlo, poi, in maggior copia nelle canne sonore. 11 signore in « tight » (in italiano: giacca con le code), dopo avere eseguito con elasticità di ballerino alcune graziose evoluzioni, si piazzò in mezzo alla sala, di fronte all'asta metallica, e mi annunciò con squisita cortesia a voce alta e scandendo le sillabe: — Il' Jazz-band di Manuel de Serra eseguirà: « Ramona », tango inglese del maestro W. A. Telapesch. Di fronte a tanta gentilezza non po tei a meno di rispondere: — Grazie. **# Questa volta ebbi l'impressione che tutto il jazz-band si riversasse sulla mia persona. Ma la furia dei suonatori fu arrestata da un gesto grazioso del signore in «tight», il quale mi si accostò senza tanti complimenti e mi tappò la bocca col suo fazzoletto profumato. Poi mi sussurrò In un orecchio: — Non capisce, disgraziato, che è Incominciata la trasmissione? — E a me che me ne importa? risposi nel fazzoletto. — Non capisce — continuò l'altro — che 11 suo « grazie » è stato trasmesso per radio e che tutto il mondo lo ha raccolto? Tutto il mondo, al quale io avevo annunciato il tango « Ramona » ha udito invece la sua voce pronunciare un miserabile « grazie ». Si vergogni, per ora, più tardi me la pagherà. Invece di sentir vergogna, io sentii (colpa del fazzoletto profumato?) un irresistibile bisogno di sternutare. La situazione divenne imbrogliatissima; ed io più imbrogliato della situazione. La voce baritonale del saxofono aveva antenato un tango — e per di più inglese — e io, che avevo finalmente capito di trovarmi in un auditorio per la trasmissione dei radio-concerti, in tuivo, ora, che un intempestivo sternuto avrebbe rovinato agli occhi, anzi, agli orecchi del mondo, l'effetto radio fonico — e per di più inglese — di quelle note strascicate a scopo lacri rnatorio. Come fare? Tentai di battere in ritirata. Impossibile. L'unica cosa che fosse lecito battere, in quel fran gente, era la grancassa. Provai a ma nifestare con gesti forsennati il mio caso a « quel signore che annuncia il programma » (in italiano: « spicker »). Questi capi il latino, ma fece, l'indiano e mi presentò un cartello, ch'io lessi esterrefatto: « Per qualunque necessità, sia fisica eh- intellettuale, attendere la fine della trasmissione ». 11 caso dello stemuto non era contemplato Mi sentivo frit*,}. O, peggio, mi sen tivo soffocare. Fu in quel momento che mi sbocciò In capo la soliti idea salvatrice. Mi ero accorto che il ritmo del ritornello richiedeva, a intervalli regolari un col pò di cassa, cosi: Ramooona... Sul ■ mò »... giù: fragore di cassa e piatti. Inflissi al mU flato un'ultima dell nitiva trattenuta fino al momento in cui doveva entrare in funzione la gran cassa; e allora, preciso come un direttore d'orchestra, lasciai andare lo ster nuto e il fazzoletto. Andò lo sternuto andò il fazzoletto, ma il colpo non venne. Invece di colpire, il cassista era stato colpito lui : da uni sincope... in chiave. Dovevi pur sapere che la musica del jazz-band è tutta sincopata" Venne, come Dio volle, la fine della trasmissione, ed io fui trasmesso... fuo ri della porta **# Nell'antisala, una tempesta di risate m'accolse. Mi trovai fra vecchie e giovani conoscenze; e fra queste (parlo delle giovani) Anna Fougez, pariginis sima, ch-3 mi disse, in francese, lanciando un'occhiata nostalgica al luogo da cui venivo: — Non aggio pensato a vestirmi in toaletta, altrimenti mi sarei fatta pure 10 'na cantatella dint'a radio... Alla boutade delli elegantissima stei la tutti applaudirono ed io mi permisi di soggiungere: — Voi non siete, signora, una di quelle cantataci, per le quali la toilette è il solo pregio vocale degno di nota. Del resto, la Fougez è stata precedu ta dal tenore Fioravanti, il quale, in vitato a cantare in quello stesso radio auditorio, si presento... in « smoking » come se avesse dovuto trovarsi dinanzi a un pubblico che lo vedesse. 11 panico d'un attore dinanzi al mi crofono dell'auditorio (cosi si chiama l'asta metallica di cui ho parlato) quello d'un attore in palcoscenico, ma centuplicato. Ho veduto Renò Thano, 11 ballerino greco-spagnolo, che canta soavemente in inglese, eseguire dinan zi al microfono le sue canzoni negre accompagnate dalla Messa mimica Uranco-ainericana. che gli ha valso le 6impatie d'un certo qual pubblico torinese. Il pianista russo Raoul De Kolciascky, che diede recentemente un concerto al Teatro Vittorio, dopo aver Offerto un saggio della sua bravura dinanzi al microfono, si alzò per ringraziare un ipotetico pubblico plaudente. Effetto dell'abitudine. — Quelli che entrano nell'auditorio senza paura —mi spiega Manoel De Serra — sono 1 cantanti cani e le cantanti brutte; 1 primi sanno che, per essi, esiste, tra gli accessori della radiofonia, l'amplificatore, di cui vien data questa definizione : « L'amplificafona b quella cosa, che serve a far di¬ fetrEfaraafindradSppcoreinsesamdrgRbgceAtocfmnsdodmctbdqTztgtgmmdletoctedncoCvBpcsascrsslsdfsèfdrnddpchinlsrpltelpbtttUrnvPmurlcmtt entare grandi tutti gli artisti di cano ». E'vero che, se stonano resta amlificata anche la stonatura. Le artiste rutte, poi, sanno che nell'auditorio on vi sono nè occhi, nè specchi. A e invece è toccato di vedere una can erina debuttante, molto timida e altrettanto graziosa, dire al radiòmane Enrico Grioni, prima di entrare nella famosa camera color castagna: — Ho paura... di esser fischiata. *** Prima che lo :spettacolo per me veramente eccezionale, avesse termine, si avanzò, leggera e flessuosa come una figurina per abat-jour, una danzatrice nord-americana (regime secco), che disse al direttore artistico: — Scusi? Vorrei esser trasmessa per radio ' — Una ballerina trasmessa per radio? Non è ancora inventato il sistema. Siamo già arrivati a trasmettere un soprano, che canta coi piedi, ma ai soli piedi, senza il soprano, non siamo ancor giunti I — Allora, se permette, le faccio vedere come si fa. E la signorina, entrata nell'auditorio, indossò, senza aver soggezione dei presenti, il suo costume da ballo, che consisteva in una cintura di finte perle attorno alla vita (le perle erano finte, ma il resto no), sali su un palchetto di legno e si produsse In una pittoresca danza del suo paese, accompagnata dal batter concitato dei tacchi. Recitazione, come si vede, piena di battute. Neil'andarsene, mentre raccoglieva quell'ettogramma di stoffa, a cui essa dava il nome di vestito, esclamò: — Chissà se ho feto colpo? — Non so — rispose il direttore. — A hip basta che nessuno degli ascoltatori venga qui a far colpo su di voi: con la 'rivoltella. g. cor...

Persone citate: Allora, Anna Fougez, Enrico Grioni, Fioravanti, Harold Lloyd, Manoel De Serra, Raoul De Kolciascky