Colpo di scena alle Assise di Cuneo

Colpo di scena alle Assise di Cuneo Colpo di scena alle Assise di Cuneo La confessione del parricida Cuneo, 16 notte. Con la solita puntualità il presiden te della Corte, apre l'udienza alle ore 9. Si deve ecntinuare stamane l'escussione degli ultimi testi d'accusa. 11 pubblico anche in questa terza giornata dei complicalo processo Lanieri, ha affollato la sala. a Sulle condizióni di salute della principale teste d'accusa, Argentina Lanterl nulla ancora è pervenuto al Presidente cav. Lastrucci da Bordigliela, che permetta di prendere quelle decisioni annunciate nell'udienza di ieri. Si inizia subito la sfilata dei testi citati a deporre oggi. Sale per primo alla pedana Carlo Viale seguito da Pietro Alberti e dal maresciallo Quinto Ricca, il quale ultimo dichiara di aver visto una sera del dicembre 1926 Federico litigare con un amico nell'osteria. II teste dovette intervenire per sedare la questione. Quinto Bello riferisce di aver avuto n servizio nella sua latteria di Savona Federico Lanterl e di averlo dovuto licenziare per il suo carattere prepoente e maleducato. Qualche tempo dopo si accorse della sparizione d'una certa somma di denaro e di una rivoltella. L'imputato a questo punto insorgè dicendo di non aver rubato la rivoltella ma di essersi solo appropriato dì pochi soldi perchè il padrone non o retribuiva. Seguono alcune contestazioni, dopo di che il Presidente legge il verbale che descrive il luogo deve 11 cadavere u ritrovato, con il portafogli vuoto appeso al collo. Pres.- — Era forse la chiave di casa! Imputato Federico: — Non lo so. Avv. T.osolH: — L'imputato non conosce la chiave di casa, polche era cnstrettn ad entrare dai tetti. Pres.: — Dove comperasti i pallini per uccidere tuo padre? Imputato: — Ne avevo comperati prima dpi fatto. In tasca ni morto — conclude 11 verbale — venne rinvenuto un testamento scritto a lapis. La deposizione di Argentina Alle 12 precise il presidente rinvia l'udienza al pomeriggio. Alla ripresa i testi Francesco Chersoni e Giuseppe Alberti ricordano che Pietro Lanterl e la mogli* si sono protestati innocenti. Il presidente legete un telegramma perventrìoeln in quel mompnto dal pretore di Bordichera, cosi concepito: « Areentina I.nnteri rese dichiarazione pubblicata giornale Stampa di Tori no data ieri. Niente altro. Condizioni alquanto mizl.iorate ». Il pr°sidentp vorrebbe dare lettura dellp deposizioni rese in istruttoria dall'Argentina, ma la difesa di Pietro e Carmelina Insorge vivacemente opponendosi senz'altro a tale lettura. Il nresidente invita le parti a svolgere l'incidente. Il P. M. insiste per la lettura di tutte le deposizioni rese rtnl-J l'ArsTontina. sin coiti" parte lesa dentiti- zinnie, sin come teste. L'avv. Fantini, che difende l'impu tato Federico si associa alle conrlu sioni del P. M. L'avv. Casella sostiene non potersi fare luogo a tale lettura, in quanto, dovendosi considerare l'Argentina come teste, non può ritenersi legittimo V impedimento che la tiene lontana dal processo, in quanto essa stessa si costituì volontariamente In quello stato di infermità, dietro il quale spera trincerare la falsità delle sue affermazioni. Le stesse considera zioni svolge pura brevemente l'avvo cato Andresl. La rivelazione Ilpresldente dovrebbe ora decidere sull'Incidente, ma improvvisamente si rivolge al Federico e gli dice: — Federico! Piovati una buona volta a ricordare. Ti senti di rispondere alle mie domande? L'attenzione nell'aula a questo punto si fa spasmodica. Tutti gli occhi si fissano sulla gabbia, mentre sta per iniziarsi il colloquio che assume uncarattere di alta drammaticità. J | L'imputato, dopo un attimo di esitazione, fa segno di essere disposto a parlare. Pres : — Sei stato a Realdo la notte dal 31 dicembre al l.o gennaio. — Sissignore. Pres. : — Con questo fucile hai sparato due colpi contro tuo padre? — Sissignore. Federico Lanieri, incalzato dal presidente, nel più religioso silenzio, narra con voce che per la prima volta si rompe in qualche singulto, il delitto, al quale Io hanno trascinato le minacele rivoltegli dal padre, mentre rientrava dal fienile verso lo stalla ed 1 maltrattamenti cui era stato fatto segno in quella stessa mattina. Aggiunge di aver sparato appostino nell'angolo buio della via, guardando in faccia suo padre, che gli veniva incontro, e di essere immediatamente scappato senza fermarsi a raccogliere i denari che il padre poteva avere con sè. Gli imputati Pietro e Carmelina hanno il volto bagnato di lagrime e fissano con un'attenzione in cui si riflette tutta l'angoscia e la disperazione, il fratello. Il presidente di scatto lo interrompe o gli dice: — Ma quello che stai dicendo è veramente la verità? — Sissignore. Io ero partito per Realdo, non ricordo più se il 25 od il 28 dicembre, perchè volevo andare ad abitare nuovamente in casa di mio padre. Il fucile lo avevo tenuto a San Salvatore e lo avevo caricato io stesso per andare a caccia. Mi sono avviato verso Realdo, dove ho dormito nel fienile di mio zio Giovanni, ora morto, al quale ho chiesto la chiave dello stesso, senza dircll le ragioni del mio ritorno a Réaldo. Dopo avere sparato, ho gettato il fucile in un campo. « Nessuno mi ha istigato » Pres.: — Se quello che tu dici è la verità, dimmi allora se qualcuno ti aveva istigato ad uccidere tuo padre. — Nessuno. Sono andato a Realdo di mia sola e spontanea volontà. — Tuo cosnato Pietro non ti ha mai sussurrato che forse sarebbe stato opportuno disfarsi di tuo padre,' per im possessarsi dei suoi beni e dell'eredità? — Nossignore. — Neppure tua sorella Carmelina non ti ha mai istigato o determinato al delitto? — Nossignore. — Ed allora perchè l'hai detto? Perchè li hai accusati? — Perchè cosi mi hanno detto di fare in carcere, dove mi avevano pure assicurato che cosi dicendo mi sarei assicurata la libertà. Pietro e Carmelina prorompono in singhiozzi. Molti del pubblico e gli stessi giurati hanno gli occhi bagnati di lacrime. La scena è di una tragicità intensa. Anche Federico piange, ma si riprende tosto per rispondere alle ultime domande rivoltegli dal Presiden te, che vorrebbe sapere chi gli abbia dettato il memoriale e che cosa gli abbia detto Argentina in carcere, quando andò a trovarlo. Federico risponde che autore del memoriale fu un detenuto che sostò nel carcere per brevi giorni e che nel colloquio con Argentina, nulla di importante fu detto tra di loro. — Questo, le assicuro — conclude il parricida — è la verità, che non ho mai detto prima perchè in carcere mi hanno fatto paura. L'unico colpevole del delitto sono io. SI direbbe che si diffonda nell'aula un senso di sollievo. Il castello delle accuse crolla d'un tratto: il truce complotto di famigliari, che aveva cosi penosamente impressionato il pubblico, non era che un'invenzione infernale d'un'anima ammalata. Il pubblico si dilunga in commenti vivaci, mentre il presidente dichiara tolta la seduta rinviandola a domattina. Saranno escussi gli ultimi testi a difesa e, nel pomeriggio, si inizierà la discussione. Dopo la requisitoria del P. M. parleranno gli avv. Fantini e Andreis.

Luoghi citati: Argentina, San Salvatore, Savona