Lo scoppio fu dovuto al gas illuminante

Lo scoppio fu dovuto al gas illuminante Le cause del tragico episodio di Corso Regina Lo scoppio fu dovuto al gas illuminante L'inchiesta e le indagini dell'autorità - I risultati dell'autopsia II particolareggiato racconto del piccolo Teresio - Lo stato dei feriti a d e i o a , o n a , e o d r , e n a n o e a i e a e n a oa o a cla inn e re mi a la ao n io a ia c è o a e e giel ouo di oiil a. li o aa di e n laa eo i, n io inl di a Come già abbiamo detto, sulle origini e le cause del tragico scoppio di corso Regina Margherita 78 sono subilo state iniziate delle indagini da parte di tecnici e della polizia. Questa si è incaricata di raccogliere tutti gli elementi di fatto che potessero servire allo scopo di stabilire la natura dello scoppio, e quelli si sono assunti l'incarico di interpretare scientificamente tali fatti. 11 risultato di questo duplice sforzo, di questa inchiesta globale, non è mancato; ed esso è tale da far credere senza possibilità di dubbio che lo scop pio sia stalo provocato dal gas. Due fatti nuovi acquisiti dall'Inchiesta, importanti e essenziali, concorrono a stabilire in modo irrefutabile tale versione. Essi sono: l'autopsia del cadavere del Piantanida padre e la deposizione resa dal Piantanida figlio. Il morto per asfissia L'autopsia ha stabilito che il mecca, nico 6 morto per asfissia, e non per le ferite riportate nella caduta. Quando egli, dopo lo scoppio, cadde, con il franare del pavimento, nella sottostante portineria, era già cadavere, e la morte era stata provocata dalle esalazioni del gas. Il dodicenne Teresio Piantanida interrogato ieri mattina all'ospedale San Giovanni, dal vice-questore cav. uff Calasso, ha fatto un racconto che, sconvolgendo in parte 1 particolari in un primo tempo raccolti, collima però, più o meno direttamente, con la circostanza messa in luce dall'autopsia, cioè della morte del padre preesistente allo scoppio. Narra dunque il ragazzo che poco dopo mezzogiorno, di ritorno dal lavoro, sali le scale e bussò all'uscio per farsi aprire. Ma nessuno rispose, nessuno gli apri. Egli insistette a picchiare ed a premere il bottone del campanello elettrico, ma senza risultalo. Non sapendo che altro fare, il piccolo Teresio, ridiscese le scale e si pose sul portone, in attesa della madre e della sorella, che pure sarebbero tornate dal lavoro per il pranzo Difatti dopo qualche minuto di attesa le due donne giunsero ; e tutti e tre, portatisi sul pianerottolo del primo piano, suonarono il campanello e bussarono. Di nuovo, al di là dell'u scio regnò il silenzio più assoluto. Es si non sapevano cosa pensare dell'insolito fatto. Nell'alloggio, come al so lito, avrebbe dovuto trovarsi il rispettivo marito e padre, il quale, malaticcio da qualche tempo, rimaneva in casa tutto il giorno ed anzi preparava lui stesso il mangiare per la famiglia, Dopo aver tentato e ritentato invano di farsi sentire ed aprire, la madre ed i figli stavano almanaccando su quanto poteva essere successo, quando, d'improvviso, avvenne lo scoppio. Qui i ricordi del povero ragazzo si può dire che finiscono di colpo, poiché quello che conserva su quanto avvenne dopo non è più ricordo, ma confusa, drammatica impressione di un rumore che rintronò riempiendogli le orecchie in modo insostenibile, rintronandogli la testa, scotendolo in lutta la persona. Ebbe la sensazione di ricevere un violento colpo, di barcollare, di sprofondare, come travolto in una rovina che trascinasse con sè tutta la casa, lui compreso. Poi più nulla... II risveglio non avvenne che all'ospedale. Chimera II Piantanida A questi elementi, che possiamo dire diretti, bisogna aggiungere quelli di natura indiretta, Taccolt.i dall'inchiesta sulla persona del Piantanida. Era costui un brav'uomo. affettuoso verso la famiglia, buon lavoratore. Da dieci anni lavorava, con completa soddisfazione dei suoi superiori e con la cordiale simpatia dei compagni, alle Officine Ansaldo-Fiat di via Cuneo. In dette officine, anzi, egli, in precedenza, aveva lavorato altri dieci anni. In sostanza, il Piantanida prestava l'opera sua all'Ansaldo-Fiat da vent'anni, con una interruzione di breve durata, do vuta a cause indipendenti dai rapporti esistenti fra operaio e direzione, che furono sempre ottimi. Ma Al Piantanida era, almeno negli ultimi tempi, un malato di nervi; pos siamo forse dire che recentemente la sua infermità era tale da raggiungere la deficienza mentale, lo squilibrio. Da un anno duravano i segni di' questa menomazione delle sue facoltà mentali. Andava soggetto a paure, a sgomenti, del tutto ingiustificati. Si trattava, certe volte, di una vera mania di persecuzione. Temeva di tutto e di tutti ; sospettava nemici e agguati. Amava star solo, e in casa preferiva rinchiudersi a chiave. L'ipotetico, cervellotico pericolo che lo gravava, faceva di lui una specie di bambino, debole e senza volontà. Un suo vicino di casa, certo Micheli che pure lavora alla Ansaldi-Fiat, a questo proposito ha narrato alla Poli|zia importanti particolari. Ha detto il Micheli che il Piantanida voleva da lui essere accompagnato ogni giorno al lavoro, non azzardandosi a fare il tragitto da solo. E il Micheli, che comprendeva e scusava quella mania a stimava inoltre in lui l'ottima persona, volentieri si prestava a tenergli compagnia il mattino nel recarsi al lavoro e alla sera nel ritorno a casa. Circa un mese fa la malattia del Piantanida si aggravò sensibilmente, ed egli dovette tralasciare di recarsi all'officina. Fu precisamente dal 19 aprile che egli abbandonò il lavoro. Da quel giorno si può dire, egli rimase sempre in casa. Una certa parte del suo tempo lo passava a letto, ma, come già dicemmno, in casa attendeva pure a qualche faccenda domestica, tra cui quella di preparare il pranzo e la cena per la moglie e i figli che si recavano al lavoro. Ma un'altra occupazione cui attendeva con grande solleci indine era quella di chiudersi, di barricarsi dentro... Egli appariva depresso, malinconico. I famigliari non potevano fare a meno di notare questo aggravamento. tra le molte dicerie corse in seguito alla sciagura di corso Regina Margherita 78 — e alcune veramente insensate — vi è quella che prospetta lo scoppio di una bomba, di un apparecchio esplosivo; e siccome lo scoppio è certamente avvenuto nell'alloggio dei Piantanida — che riportò i danni e le conseguenze maggiori — così si vorrebbe far credere che il Piantanida stesse preparando qualche ordigno esplosivo. Ora, nulla di più lontano dal vero di questo supposizione. Come ai vicini ed ai parenti, il meccanico era no to alla polizia quale ottima ed inno-cua persona. In lui non c'era neppure l'ombra del sovversivo, del rivoluzionario, Tutto il suo passato, del resto, lo prova. Un'ipotesi da svariare Un'altra ipotesi affacciata dalla voce popolare è che il Piantanida maneggiasse cartucce di gelatina, in qualità di pescatore di frodo. Il meccanico si dava infatti ni divertimento della pesca, ina si può dire che in questi ultimi tempi tale passione gli fosse quasi compleiamenle venula a mancare. E poi, contrasta assolutamente con il suo carattere di tran- a quilio e mite tsmperamento, la capacità e l'abitudine di darsi alla pesca abusiva, nonché pericolosa. Niente, adunque, scoppio di una bomba, di un ordigno esplosivo. Lo esclude, del resto, lo stesso effetto prodotto dall'esplosione, la quale non ha provocalo quegli squarci caratteristici, che si notano quando sono dovuti ad una forza che irradia da un punto con forza uguale tulio all'ingiro; quando cioè l'azione dell'esplosivo si esercita secondo una 6fera. E poi, ad escludere una simile ipotesi, basterebbe il fatto che il cadavere del Piantanida non recava le ferite che in casi simili sempre si riscontrano. Lo scoppio, come qui abbiamo detto, è etato dovuto al gas. Su questo non vi può essere dubbio. Difficile rimane piuttosto da stabilire come e. perchè esso è avvenuto. Qui bisogna riportarsi alla figura del Piantanida. E' 6tata una disgrazia? 11 Piantanida ha lasciato aperto, per disattenzione, un becco del ga6? Oppure egli, malato e sconfortato, ha voluto porre fine ai auoi giorni T La misosla detonante Il dato di fatto incontrovertibile, anche se non si può stabilire la causa, è che nell'alloggio del Piantanida era diffuso del gas illuminante, e che questo gas ha formato nell'aria una mi scela detonante, che è poi esplosa. A questo proposito si deve ricordare che sovente il gas illuminante, facendo con l'ossigeno dell'aria una certa miscela, è capace, esplodendo, di produrre effetti e danni gravissimi, uguali, e anche maggiori, di quelli che si sono verificati lunedì in corso Regina Margherita 78. Per spiegare questo tragico episodio, basta supporre che al tornello del gas del Piantanida, vicino ad un becco acceso, un altro ve ne fosse etato lasciato per imprudente disattenzione aperto. In questo caso, che appare probabile, il gas sprigionatosi dal becco non acceso ha fatto miscela con l'aria, e la colonna di tale miscela, venuta a contatto con la fiamma del becco acceso, si è incendiata ed ha esploso con la violenza che è nota ai nostri lettori, e che — ripetiamo — non è per nulla fuori del naturale e del possibile. Ma i tecnici prospettano un'altra eventualità, come possibile origine e causa dello scoppio. Abbiamo detto che l'alloggio era munito di campanello elettrico. Tutti sanno che il campanello, nella parte che contiene il piccolo battaglio e l'elettrocalamita, (■ capace di sviluppare, in date condì zioni, piccole scintille. Ciò potrebbe essere avvenuto in casa del Piantanida; una di queste piccole scintille po trebbe essere stata la causa dell'accensione della miscela detonante che era diffusa nell'alloggio. Se si ricorda Infatti lo scoppio è avvenuto nel mentre i famigliari del Piantanida, sul pianerottolo, bussavano e suonavano il campanello elettrico per farsi aprire. Concludendo, anche se non possono essere stabilite le modalità con cui si verificò la fuga del gas e quelle con cui avvenne l'esplosione, rimane tuttavia provato e accertato che causa dello scoppio fu il gas, e che ogni altra supposizione è priva di ogni base e fondamento. Le condizioni dei feriti sono soddisfacenti. Ad eccezione del piccolo Teresio, che ha perso il bulbo oculare sinistro, gli altri non hanno riportato che lesioni e contusioni di non grave conseguenza. I più gravi sono la signora Pierina Pessione, di 40 anni, inquilina del secondo piano, che riportò la frattura della mandibola, guaribile in 90 giorni, e la signora Petronilla Coggiola, nata Tomatis, di 71 anni, che riportò la frattura della clavicola sinistra, guaribile in 40 giorni. Nella casa di fronte a quella in cui è avvenuto io scoppio e precisamente al numero 79 di corso Regina Marghrita, una donna, certa Giovanna NJlcosia, dì anni 33, a causa della rottura dei vetri della camera in cui si trovava, riportò ferite lacero contuse alla gamba e al braccio destro. Essa è stata medicata ieri all'Ospedale San Giovanni dal dott. Ingaramo che l'ha giudicata guaribile in 10 giorni. 1*"—;— gavribsapStgmgitgncclsq«11v