Napoleone e il Papato

Napoleone e il Papato Napoleone e il Papato La Rivoluzione francese doveva pur dare, dopo aver fatto tabula rasa di tutte le istituzioni religiose di Francia, contro lo Stato Pontificio; e ciò accade nel 1796. E il generale Napoleone, che suscita gli entusiasmi unitari degli italiani, e li suscita accompagnandoli con le baionette. E' Napoleone che, in data 26 settembre del 1796, manda un messaggio ardentissimo al Senato di Bologna, che scrive il 7 ottobre agli abitanti di Reggio: «coraggio, bravi abitanti di Reggio, formatevi in battaglioni, organizzatevi, correte alle armi; è giunto finalmente il tempo in cui anche l'Italia sia annoverata fra le nazioni.Ubere e potenti ». Il 10 dicembre dello stesso anno invia al congresso degli Stali della Lombardia un proclama: « se l'Italia vuol essere libera, chi mai potrà impedirglielo? ». E il l.o gennaio del 1797, nel congresso cispadano : « la misera Italia è da lungo tempo cancellata dalla carta delle Potenze d'Europa. Se gli italiani di oggi siano degni di riconquistare il loro diritto o di darsi un Ubero governo, si vedrà un giorno. La loro patria figura gloriosamente fra le Potenze del mondo. Ma non dimenticate — aggiungeva il Primo Console — che le leggi nulla valgono senza la forza ». Questi proclami suscitarono un entusiasmo immenso. Il non ancora ventenne Ugo Foscolo scriveva l'ode a Bonaparte liberatore. Osservate il contrasto fra queste forze uscite dalla Rivoluzione e lo Stato Pontifìcio: contrasto che aveva condotto all'armistizio di Bologna, alle trattative di pace di Firenze, rinnegate poi dal Papa, il quale sperava nel soccorso dell'Austria, che si faceva regolarmente battere, e nel soccorso del Borbone di Napoli, che si ritirava sentendo il vento infido. Il Pontificato era ridotto a'd un Papa incerto ed oscillante, che non si rendeva ragione degli avvenimen ti, a un cardinale che si chiamava Busca e ad alcuni generali assai curiosi. Uno di essi, il Colli, si dimenticava i battaglioni come noi po tremmo dimenticarci le chiavi di casa (si ride). Accadde che al fiume Segno, nei pressi di Caslelbolognese, fossero schierati due eserciti: quello pontificio era raccogliticcio, senza quadri. C'era un proclama col quale si imponeva agli oziosi e ai vagabondi di andare sotto le bandiere che furono portate da S. Pietro; si dice vi fosse anclie quella di Costantino: «in hoc signo vinces ». Alcuni ufficiali si presentarono ai franco-italiani (poiché non bisogna, dimenticare che c'erano già degli italiani in queste truppe napoleoniche) e fecero sapere die se l'indomani mattina le truppe francesi avessero varcato il fiume, si sarebbe fatto fuoco. Gli ufficiali risposero che prendevano atto di questa gentile comunicazione (si ride), che intanto andavano a dormire, che di ciò si sarebbe riparlato al mattino. Al mattino accadde una tale fuga che tutto fu perduto, cannoni, uomini, stendardi : l'esercito si squagliò come neve al sole d'agosto. Dove era il generale? A colazione dal duca Bruschi, mentre l'altro generale che doveva difendere Ancona, si potè ritrovare, dopo molte laboriose ricerche, in una casa di nobili signori in cui egli stava riavvicndosi le abbondanti chiome (si ride). Dopo la pace di Tolentino Questo vi dimostra che non c'era più consistenza nel tessuto, che tutto andava sfilacciandosi e perdendosi. Bisogna considerare la pace di To' tentino del 18 febbraio 1797 come il primo colpo di campana funèbre.ihe segnò l'inizio deU'agonia del principato civile del Papato. Bisogna soffermarsi qualche istante per esaminare quale è l'atteggiamento di Napoleone nei confronti della Santa Sede. In un primo momento egli la rispetta, non occupa Roma, si ferma a Tolentino; malgrado le sollecitazioni anticlericali del Direttorio egli non spinge la sua azione sino in fondo. Difatti nel concordato del 1801 si stabiliscono dei patti fra Pio ,VII e la Repubblica francese .La Chiesa in quel momento era così debole che rinunciò, in favore del Primo Console, alla nomina dei vescovi, come risulla dall'articolo quarto dei concordato. Nel concordato di due anni dopo con la Repubblica italiana è- detto: la religione cattolica apostolica romana continua ad essere la religione della Repubblica Italiana. Il Capo è il Primo Console. In un secondo tempo Naoleonc richiede che il Papa possa giovare ai suoi piani di egemonia mondiale. Ma Pio VII gli fa sapere : « se resto a Roma sono il Papa, ma se mi trasportate a Parigi, voi non avrete che il monaco Rernardo Chia ramonti ». E' il momento in cui il Papa va a Parigi per incoronare l'imperatore. Tutti ricordano le fasi di questo viaggio singolare : l'incontro fra Napoleone e il Papa, la cerimonia dell'incoronazione, quando Napoleone 'Si fece attendere un'ora e mezza e parve annoialissimo durante tutto il tempo della cerimonia e non volle la corona dal Papa, ma da se stesso se la pose in testa. A questo momento Napoleone ritiene che il Papato gli possa giovare, e quando fa delle trattative dichiara ai suoi ambasciatori: «supponete che il Pontefice abbia dietro di se 200 mila uomini ». Il Papa deve stare a Roma Ma poi, siccome quello del Pontefice era un principato civile con dei territori, con dei porti, con una neutralità che era più o meno rispettata, ma sulla quale Napoleone ad ogni modo vigilava attentissimo, siccome tutto ciò era, entriamo nella terza fase dei rapporti tra lo Sta 10 pontificio e Napoleone. Fase della rottura: piena, clamorosa, completa. Vi prego però di considerare che quando Napoleone emanò a Schoen brunn, nel maggio 1809, il suo fa moso proclama, nemmeno allora sì spinse sino a Roma. Difatti all'articolo l.o il proclama dice.: « lo Stalo del Papa è unito all'Impero francese »; all'art. 2: «la città di Roma, prima sede del Cristianesimo, e sì celebre per antiche memorie e grandi monumenti, che tuttora conserva, è dichiarata città imperiale e libera. 11 Governo e l'amministrazione di essa saranno determinati da un particolare statuto»; art. 6: «le proprietà e i palazzi del Papa non solo non saranno sottoposti ad imposizione, giurisdizione od a visita alcuna, ma godranno inoltre di immunità speciale ». Voi sentite in questo disegno di legge qualche cosa che vi ricorderà poi la legge delle guarentigie del 1871. In quel periodo di tempo. Napoleone sembra riconoscere il suo errore, quando ritiene che il Papa debba essere lascialo a Roma. « Il Papa — egli dice — deve stare a Roma. Anzitutto perchè non voglio es sere il capo ecclesiàstico dèlia nazione. Si è troppo ridicoleggiato Ro bespierre e Larivadiere. E poi soprattutto perchè il Papa è il solo che possa aiutarmi nella mia opera di pacificazione interna e di espansióne all'èstero: non può stare a Berlino o a Vienna; il Papa è colui che sta in Vaticano, e non è come se fosse a Parigi. Forse che il popolo seguirebbe il Papa se egli fosse a Vienna o a Madrid? ». Nel 1813, abbiamo l'ultimo concordato tra la S. Sede e Napoleone; ma interessante è da notare che questo concordato non durò più di due mesi. Pio VII lo denunciò ammettendo tra grandi lamentazioni, di essersi sbagliato. Il giudizio sulla politica ecclesiastica di Napoleone è dato dal ministro Talleyrand, l'obliquo e astuto Talleyrand che non può essere disgiunto dalla storia interessantissima di quel periodo. Egli dice, nel secondo volume delle sue memorie « la distruzione del potere temporale del Papa con l'assorbimento dello Stato romano nel grande impero, era, politicamente parlando, un errore gravissimo. Salta agli occhi che il Capo di una religione universalmente diffusa, come la cattolica, ha bisogno della più perfetta indipendenza, per esercitare imparzialmente il suo potere e la sua influenza, Nello Stato attuale del mondo, in mezzo alle divisioni territoriali crea te dai tempi, e alle complicazioni politiche risultanti dalla civiltà, questa indipendenza non può esistere senza le garanzie ili una sovranità temporale ». Era insensato da parte di Napoleone il pretendere di far del Santo Padre un vescovo francese. Che cosa sarebbe diventato allora il cattolicismo di tutti i paesi che non facevano parte dell'Impero francese? Del resto lo stesso Napoleone, nell'istruzione al Re di Roma, cosi giudicava se stesso : « le idee religiose hanno ancora molto impero, più di quanto non si creda da taluni filosofi: esse possono rendere grandi servizi all'umanità. Essendo d'accordo col Papa, egli diceva, si. domina ancora oggi la coscienza di cento milioni di uomini ». Caduta di Napoleone, congresso della Santa Alleanza, ristabilimento del potere temporale dei Papi. La rivoluzione italiana Ma questo potere aveva già delle penombre; esso era già condannato dalla Rivoluzione italiana, che continua, che ha i suoi episòdi gloriosi del '20, del '21, del '31. La repressione, molto severa nelle Romagne, basta a fermare il moto. E' nel 1843 che Gioberti stampa, a Bruxelles, il suo famoso libro -. « Del primato civile e morale degli italiani »; nel 1844, i fratelli Batidiera hanno la sublime malinconia di andare a morire combattendo contro i Borboni nelle Calabrie; nel '44 escono il libro di Balbo : « Le speranze d'Italia », e quello di D'Azeglio : « Sugli ultimi casi di Romagna »; nel '46 sale alla tiara Pio IX. Voi conoscete certamente l'entusiasmo immenso che i primi atti di questo Pontefice suscitarono nel mondo italiano e cattolico; e le delusioni che ne seguirono, quando il Papa nell'inverno del 1848, dopo l'assassinio di Pellegrino Rossi, se ne andò a Gaeta. Tutte le Potenze di Europa gli offersero ospitalità: la Repubblica francese gli offerse asilo, il Consiglio generale di Vaucluse gli offerse asilo ad Avignone, il Re di Sardegna incaricò il vescovo di Savona, mons. Ricci, e mons. Manzanadi offrirgli Nizza, il ministro degli Esteri spagnuolo, Don Pedro Vidal, mandò una nota alle Potenze, per. la convocazione di un congresso, per fissare la sede del Papà. Altri Stati, come il Rrasile, il Messico, l'Australia, gli offersero ospitalità. Nel '70 ?iessim Stato offerse ospitalità al Papa, come io avrò il piacere di dimostrarvi fra poco. Ma intanto, la Repubblica romana, che aveva organizzato il Governo, *<J trovò ancora di fronte alla difficolta della coesistenza dei due poteri neUa, stessa sede. Vediamo come fu fronteggiato questo problema. Alle ore una del 9 febbraio 1849, sotto la Presidenza del generale Galletti — e vt erano fra i segretari persone egregie-, fra gli altri, Quirico Filopantt, il cui nome suscita ancora qualche eco nelle terre di Bologna — si decretava : « Il Papa è decaduto di di ritto e di fatto dal governo temporale dello Stato Romano ». Sta bene. Ma l'art. 2 del decreto aggiungeva: « Il Pontefice romano avrà tutte le guarentigie necessarie per Vindipendenza dell'esercizio della sua podestà spirituale ». Questo parve troppo ad un signor Gabussi, deputato di Civitavecchia nella costituente, il quale così insorgeva: «riconoscere e consacrare nel Papa il diritto di sedere in Roma come Pontefice fu un pessimo, rovinoso precedente ». Singolare anche quanto appare nella costituzione della Repubblica romana, discussa nel giugno del 1849, quando francesi erano sotto le mura di Roma, e si combatteva eroicamente-, in quelle seduta, la Commissione mista preparatoria aveva proposto un articoli., il 7.0, cosi concepito: «La religione cattolica è la religione dello Stalo; dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici ». Ci fu una lunga discussione. Il primo periodo dell'articolo fu respinto a maggioranza; passò invece l'art. 8 della Costituzione della Repubblica romana, che cosi diceva « Il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica le guarenti gie necessarie per l'esercizio indipendente del potere spirituale ». Voi vedete che Napoleone nel primo urto, e la Repubblica romana nel secondo, hanno sempre dinanzi a tè questo problema, come far si che II Papa non sia suddito di alcun potere, perchè, come dice De Maistre, il Papa nasce sovrano. La spedizione in Crimea Anche i pochi mesi della Repubblica romana aggiunsero altro piombo nelle ali del principato civile dei Papi. Siamo all'anno grigio e angoscioso : il '48. La Rivoluzione italiana è in tempo di arresto, tuttavia, prima ancora della spedizione di Crimea, ci sono i moti di Milano, disgraziati, e le ferche eroiche, e cristiane anche, di Belfiore. Cavour ha un lampo di genio, quando decide di mandare le sue truppe in Crimea. Chi tra i due aveva torto? Cavour, che diceva: «mandate piemontesi in Crimea, se volete contare qualche cosa nel mondo » — e in ciò era appoggiato dalla più po tenie apparizione della storia del Risorgimento italiano, parlo di Giuseppe Garibaldi — o Mazzini, che era cosi ostile alla spedizione in Crimea, che giunse sino a stampare un inanifesto, nel quale si consigliavano i soldati piemontesi a disertare? Aveva ragione Cavour, aveva ragione Garibaldi! Se il Piemonte non fosse andato in Crimea non sarebbe andato a Parigi, e se non fosse ancia to a Parigi non avrebbe avuto voce nel concerto delle Potenze europee. Si può dire che andando in Crimea fu assicurato lo sviluppo ulteriore della rivoluzione italiana (approvazioni). Un decennio fantastico Siamo ad un periodo, al decennio della storia italiana che si può chiamare fantastico, e per la rapidità degli avvenimenti e per la loro importanza. Nel '60 la spedizione dei Mille nel '59 i plebisciti nelle Legazioni, nelle Marche, nell'Umbria. Il potere temporale dei Papi è ormai ridotto al Lazio. Nell'ottobre del 1860 si può dire che l'unità della Nazione sia compiuta. A proposito, bisogna aprire una parentesi: l'abbiamo compiuta molte volte questa unità! (Si ride). Nel 1870 si disse che l'avevamo compiuta; ed era vero; ma poi ci siamo accorti che nel 1918 c'era ancora qualche cosa da fare (applausi vivissimi). Ma, appunto perchè sul finire del 1860 mancavano soltanto la Venezia e il Lazio alla unità della Patria, il problema di Roma diveltava sempre più spasimoso e urgente. I progetti fiorivano: i liberali toscani, per esempio, guidati dal Salvagnoli, se ne andarono a Parigi per proporre a Napoleone di lasciate Roma al Pontefice, più una striscia sino ' al mare. Nel febbraio-marzo 1860, Vittorio Emanuele II, a mezzo dell'abate Stellardi, elemosiniere di Corte, avendo come obbiettivo il riordinamento dello Stato pontificio, proponeva che il Re di Sardegna esercilasse nella Romagna, nell'Umbri: e nelle Marche il potere esecutivo, totto l'alto dominio del Pontefice, la cui suprema autorità avreb J la be formalmente riconosciuta e rispettata. Ma VII ottobre 18C0, Cavour pronuncia un primo discorso e ' ì : « Durante gli ultimi dodici an. la stella polare di Vittorio Emanuele fu l'aspirazione e l'indipendennazionale.' Quale sarà questa ttelriguardo a Roma? La nostra stelo signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la Città Eterna, nella quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria; diventi splendida capitale del Regno Italiano. Affermai, e ripeto, che il problema di Roma non può, a mio avviso, essere sciolto con la sola spada ». Vittorio Emanuele Re d'Italia Gli avvenimenti precipitano. Nel dicembre 1860 si scioglie la Camera; il 27 gennaio 1861 ci sono i comizi elettorali in tutta la penisola, esclusi il Lazio e la Venezia euganea; il 19 febbraio 1861 si apre l'S.a legislatura, la prima del Parlamento italiano. Il 26 febbraio 1861 si approva, al Senato, con due voti contrari, un disegno di Ugge per la proclamazione di Vittorio Emanuele II a Re d'Italia. Il cardinale Antonelli manda una protesta agli Stati. Il 15 marzo 1861, lo stesso progetto di legge viene approvato aU'unanimilà dalla Camera. Ma intanto Cavour, come è già stato documentato e come tara più ampiamente documentato nei volumi che sono in corso di stampa, aveva veramente l'angoscia di giungere ad una conclusione nelle trattative col Sommo Pontefice. A queste trattative parteciparono, come ognuno di voi sa, l'abate Passaglia, Archimede Pantaleoni, Antonino Isaia. Ma queste trattative fallisco., no. Il 18 marzo del '61, Pio IX dichiara solennemente nel Concistoro di respingere qualsiasi cónciiiazlone. Allora i moti si accelerano. Il 25 marzo J.861, Cavour si fa interpellare dal deputato Ùudinot, e in quella è in una tuccessivd seduta, Cavour ha pronunciato due discorsi che lo pongono nell'empireo degli uomini politici di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Questo freddo piemontese trova accenti cosi solenni, così passionali, così ferrei, per rivendicare U diritto dell'Italia su Roma, che ancora oggi, a distanza di 60 anni, non si possono leggere quelle pagine senza essere pervasi da un'intima, in. «ensa, grandissima commoiione. (Applausi). Tuttavia egli non dispe. rava di concludere. Sino all'ultimo momento : quando stava per morire egli diceva al frate che lo confessava: «frate, frate, libera Chiesa in libero Stato ». La tesi di Cavour Quale era la tesi di Cavour? Prima di tutto, Cavour era un cattolico, credente e praticante. La sua tesi era questa: non si poteva andare a Roma con la violenza, la violenza doveva essere la «extrema ratio» Bisognava andarvi d'accordo con la Francia, poiché è diffìcile scindere la politica cavouriana dalle alleanze con la Francia. Bisognava lasciare al Pontefice un tanto di territorio, sul quale egli fosse sovrano; che là sua sovranità, cioè, fosse ancorata nel territorio; in un territorio, la Città Leonina, per intenderci. Poi fi. nalmente la formula « Libera Chiesa in Libero Stato ». Io ho molto riflettuto su questa formula, ma credo che lo stesso Cavour non si rendesse conto che in realtà questa formula potesse significare libera Chiesa in libero Stato! Ma è possibile? Intanto, pel cattolicismo nan è possibile; tanto è vero che le Nazioni protestanti hanno risolto a problema, facendo in modo che il capo dello Stato sia anche il capo della loro religione, ed hanno costituito la Chiesa nazionale. V'è un solo paese, tra quelli di razza bianca, dove la formula cavouriana sembra aver trovato la sua applicazione -. gli Stati Uniti. Là veramente 10 Stato è libero e sovrano, e le chiese sono libere; ma perchè? Perchè, come ha detto uno studioso di questi problemi, negli Stati Uniti c'è un polverio di religioni, per cui lo Stato non ne può scegliere nessuna^ né proteggerne alcuna. Io credo invece che Cavour volesse intendere che lo Stato dovesse esser libero completamente e sovrano, in quelle che sono le proprie attribuzioni — non soltanto però di ordine materiale e pratico, come si vorrebbe dare ad intendere; e su ciò torneremo fra poco — e la Chiesa dovesse essere libera per il suo magistero e per la sua missione pastorale e spirituale. Ma non si può pensare una separazione nettissima tra questi due enti, perchè 11 cittadino è cattolico, e ti cattolico è cittadino. Bisogna dunque determinare ì confini tra quelle che sono le materie miste. D'altra parte, la lolla fra la Chiesa e lo Stato è millenaria-, o è Vimveratore che domina il papa, o è il papa. che. domina l'inu peratore. Negli Stati moderni, negli