Il ghiacciaio sotto il tropico di Arnaldo Cipolla

Il ghiacciaio sotto il tropico Il ghiacciaio sotto il tropico Uomini e belve, fascini e leggende della più alta montagna africana (Dal nostro inviato) MOSHI (Killimagiaro). marzo 1929. Il particolare più curioso che si riferisce al Kilimagiaro, quando lo si guarda da una delle due ferrovie che conducono a Moshi, è la difficoltà di concepire che Questa enorme montagna era, 81 anno fa. perfettamente sconosciuta agli europei. La cosa ricuce tanto più inesttUcabile considerando la distanza del colosso da Zanzibar, poco più di 250 chilometri. Fra tutte le centinaia di mialiala per non dire di milioni di schiavi, moltissimi dei quali divennero uomini liberi, concienti e civilissimi, provenienti dall'interno dell'Africa e diretti precisamente a Zanzibar, mercato mondiale dello schiavismo sino a metà del secolo scorsoi non ve n'è stalo uno che, trasportato in Asia, in Eaitto, in Turchia e nella stessa Europa, dominala allora dagli ottomani, abbia riferito e diffuso il ricordo della vision* sopranaturale, soprattutto per chi veniva dalle foreste vernini del Centro africano, di questo pallone di ghiaccio ai piedi del quale passava la strada secolare ed immutabile della tratta. Ma Ve di più e cioè il fatto che nella cosi detta metropoli d'Africa, ciak a Zanzibar, si è sempre bevuto e si béve tutt'oggi acqua del Kilimaalaro. Una misteriosa falda sotterranea di arqua dolce proveniente dai ghiacciai della montagna, attraversa infatti utl strali del fondo del braccio di mare largo 16 miglia che separa Zanzibar dalla costa, dopo aver corso sul declivio dal Kilimagiaro all'oceano (fiume l'angani). lì che l'acqua di Zanzibar provenisse dalla lontana montagna era nel dominio delle conoscenze arabe e scritto persino sui trattati in uso nelle università musulmane d'Egitto e di Persia. Ma l geografi europei non se n'erano mai accorti! A compenso di questa passala ignoranza europea sul Kilimaalaro, sta la rapidità con la quale divenne accessibile a noi e sta pure la grande parte che la montagna ha rappresentato nella interra fra inglesi e tedeschi per la conquista c la difesa della colonia oermanlca alla quale, sino a tredici anni fa. il Kilimagiaro apparteneva. La guerra anglo-tedesca Quella guerra africana, infatti, fu essenzialmente alpina, vale a dire un disperato sforzo ila parte dei tedeschi di rimanere abbarbicati al farmi/labi le caposaldo costituito dal Kilimaalaro ed una gagliarda offensiva da parte degli inglesi per sloggiare i primi dalle pendici occidentali del colosso. Kcl marzo 1916, una colonna inglese comandata dal generale Smuts si (Il staccava dal corpo principale del generale Steward il quale, facendosi seaulre passo passo dalla ferrovia partita da Voi, aveva lo scopo di arrivare sul rovescio delle posizioni neml che, cioè a Moshi. Smuts, sorpassato il fiume Lumi, sloggiava i tedeschi dall'intricatissimo terreno attorno a Mashi che essi avevano tenuto occupato per 18 mesi. E a Moshi, pochi giorni appresso, si operava il conaiunoiinen to delle due colonne inglesi, seguito da fieri combattimenti e dalla piena ritirata del tedeschi verso il sud. Cosicché il Kilimagiaro rappresenta un'effettiva conquista britannica, irro rata dal sangue di un'ardua lotta, il ricordo della quale è ancora assai vi vo in questi luoghi. Perchè non si affievolisca, vale a dire perchè il possesso della ex-colonia tedesca appaia ben deflniliuo, gl'inalusj non hanno mancato d'erioerc nel punti più oppor tii.nl dell' Est Africa *anaresentazibnl simboliche e monumentali del sacrifici compiuti. ed infine hanno spinto innanzi il progetto del hlorro delle tre colonie Uganda, Kenia, Tanganilca ad un punto tale che non par più possibile si ritorni indietro, voglio dire che il blocco non venga fra breve reali tato contro tulle la speranze tedesche di « restituzione » di questo, ch'era lu gemma dei loro antichi possessi in Africa. Con ciò non si può escludere che i tedeschi riescano in un tempo più o meno lontano ad ottenere In revisione a loro vantaggio della carta del •mn?idati» africani. Italia revisione tuttavia va escluso il territorio di Tanganilca, sia per il sito inestimabile valore agri colo e minerario, che appare superiore a quello del Kenia e dell'Uganda medesimi e fors'anco del. Sudan, e sin pure perchè è assurdo prospettare VlnOhilterra disposta a vedersi interrompere di nuovo la linea, dal Cairo al Capo, cosa che avverrebbe se il ferri orio del Tangantka tornasse nelle condizioni di padronanza europea an te guerra. Una delle meravìglie del mondo Il Kilimagiaro è affascinante nei particolari, ma si è più tratti ad ammirarlo nell'assieme. Esistono forse una quindicina di altri punti del alo bo che lo superano in altezza, ma un numero molto minore di massime montagne le quali diano una pari impressione di grandezza. Sorge coni patto su di una pianura alta sul mare dal 900 ai 1300 metri, la sua base misura una sessantina di chilometri di diametro, e da questa sale sino al disopra del 6000 metri. Possiede dite sole cime, ben dell aite: il duomo del Klbo, la più alta, coperta da una caotta di ghiaccio, e la vetta rocciosa del Mnivcnzl, inferiore di 600 mel-rt ed, unita al Klbo da un'elegante curva lunga meno di dieci chilometri. Da tulli i punti della pianura si riesce a vedere a breve distanza l'intera base e a veder pure la montagna al completo, dal piede della sommila. In questo sta la meraviglia del Kiltmagiaro, voglio dire il pregio di essere considerato una delle meraviglie del mondo. E' altrettanto stupendo visto a cinque chilometri di distanza che a cento; è talmente chiuso, solitario, che sembra svanire nell'accecante cielo del tropico. Sulla pianura, attorno alla base, la forza del sole africano è tremenda, e la calotta di ghiaccio nell'azzurro appare totalmente fuori di posto, più un miraggio che realtà. Si comprende perchè la guida che accompagnava Rebmann (il primo europeo che vide il Kilimagiaro). indicando al missionario la montagna lontana, abbia detto: ■ Guarda, quello è il frcddol », Invece di dire: *E il gran monte! ». Il Kilimagiaro Hotel di Mashi è affollato di europei, di americani e di sud-africani, venuti a vedere la montagna. Molti rimangono qui durante l'intera stagione secca per godersela per lutto il tempo che la cima del Klbo rimane Scoperta dai vapori. 1 più non oltrepassano nelle loro escursioni i 4000 metri, ma anche coloro che, come noi, non possono dedicarle che qualche giorno, riescono a « sentirla » per intero attraverso i racconti dei non pochi che l'hanno battuta, e l'incombente visione prossima. Dalle abitazioni degli uomini alle dimore degli elefanti E' dove cominciano le piantagioni dt caffè, sul 1200 metri, che i dolci pendii sono abitali dai chagga, la popolazione montanara del villaggi perduti In un vero e sterminalo parco, dove sopravvivono i giganti d»lla foresta primitiva, dove i sentieri sono attraversati da innumerevoli ruscelli che conducono l'acqua nel ramni, e dove l'ombra è data da prodioiose distese di colossali banani. A iìOO metri la zona abitata cessa repentinamente e succede la foresta coperta dalla fola dei parassiti delle grandi piante, felci giganti, orchidee, liane d'ogni sorta. Quivi gli alberi appaiono come enormi spettri drappeggiati di verzura e quivi è la dimora degli elefanti, di innumerevoli tribù di scimmie, de. le più curiose e rare specie di uccelli, delle futuristiche farfalle dei tropici e infine di api in cosi gran mimerò da offrire alle quotidiane spedizioni dei chagga nella foresta quantità, inverosimili dt miele. A 3200 metri la foresta è finita e seguono i pascoli di altissime eroe, inutilizzati per ora dagli uomini, ma dominio incontrastito degli armenti di liberi elant, che non si possono cacciare perchè consi-l-vntl totalmente in riserva. Dai pascoli che sovrastano Moshi la veduta del monte ha aspetti assolutamente soprannaturali. Uno spesso strato di nube circonda come un puro anello bianco la montagna; il paese dei chanu e la foresta sottostanti, sembrano alla stessa altezza della, piana. Qua e là qualche occhio azzurro di laghetto, verso l'ovest la piramide del Monte Meru (4-450 metri), completamente distaccata dal Kilimagiaro; al nord la mole rocciosa del Mawenzl e al nord-ovest il Kibo, che sembra sempre distantissimo. Soltanto a quell'altezza il candido coltrone che lo copre pare di soffice neve mentre si tratta di ghiaccio eterno di grosslsslmo spessore. Proseguendo nell'ascensione cessano le erbe e, a •1600 metri, si raggiunge (è possibile farlo ancora a cavallo del resfstentissimi asinellt del Kilimagiaro) la sommità della cresta fra i due picchi. Sotto la cresta, s'apre un'Immensa caverna chiamata dagli indigeni la « Casa di Dio » (ormala da blocchi di lava (il Kilimagiaro è anch'esso come il Kenia un vulcano spento) che serve di rifugio per coloro che vogliono tentare la scalata delle roccle del Mawenzi o l'ascesa assai più ardua del Kibo. Assalto alla cima Tutti gli europei che hanno raggiunto la cresta fra le due montagne sono d'accordo nel dichiarare che i fenomeni della rarefazione dell'aria sull'organismo assumono lassù foime impressionanti e pericolose. Non si riesce a percorrere cento metri ser.za riposarsi lungamente (respirazioni 35 al minuto, pulsazioni da 120 a 130). A poco più di 300 metri sotto la calotta del Kibo, questa pare altrettanto lontana che dalla piana di Moshi. Alla luce della liinpidisslma notte lunare il ghiacciaio detto di Balziti si presenta come un gigantesco labirinto in gotico stile. Sul ■ ciglio di cotesto ghiacciaio, s'apre l'immenso cratere del Kibo di circa due chilometri di diametro e 200 metri di profondità. Il primo europeo che dopo vari e vani tentativi abbia toccato la quota più alta dell'orlo del cratere del Kibo, fu il tedesco Hans Mayer, nel 1889, accompagnato dal suo compatriota Purtschellcr, in un'ascensione drammaticissima e quasi miracolosa. Viceversa la conquista del Mawenzi appare meno ardua e parecchi l'hanno ritentata con successo anche ultimamente, mentre è dubbio che altri europei, dopo Mayer e Purlscheller siano riusciti a raggiungere il punto più elevato del Kibo. E' stato osservato che i ghiacciai del Kilimagiaro decrescono rapidamente, tuttavia le masse ghiacciate rimangono colossali e tali da generare acque topiose che però il terreno arido e poroso al disopra della linea delle foreste assorbe quasi al completo, per riapparire nelle foreste stesse le quali funzionano da serbatoio delle, acque della montagna. In ogni modo il Kilimagiaro non è cosi ricco d'acqua come il Kenia, generando due soli fiumi d'una certa importanza. Rumi ed il Limi (quest'ultimo sbocca nell'oceano a Pangani). Una metà buona delle falde del monte è seccata e completamente disabitata. Oggi i montanari del KlUmagiaro non sorpassano i 125 mila in tutto. E' convenuto di chiamarli chagga in generale, ma hanno diverse origini e lingue, separati come risultano dalle profonde valli che incidono le basi del monte. La sua mole solitaria è così impressionante che non può non influire sul carattere degli uomini che ne abitano le chine. Infatti alcune delle leggende del chagga soffuse dal terrore del fenomeni tellurici della regione, affermano vagamente che il Kilimagiaro è d'origine recente e che essi (t chagga) sono venuti ad abitarne le pendici il giorno non lontanissimo nel quale gli aborioenl scomparvero nel cataclisma del monte scaturito sul la pianura come un enorme fungo. Le leggende dei montanari Quando l'anello di nubi circonda la parte mediana della montagna distar, cando completamente il pallone ghiac ciato dalla terra, i chagga dicono che si tratta degli armenti dei loro predecessori usciti dalle caverne del Kilimagiaro dove rimasero sepolti (una specie di mondo sotterraneo alla Wells), insomma, a pascolar sulle chi ne. E' tuttavia certissimo che nessun indigeno ha toccalo il cratere del Ki bo, gli stessi portatori chagga che i bianchi ingaggiano, si rifiutano di oltrepassare le caverne. Una sola storia si racconta di un capo chiamato Ben gua, bisavolo dell'attuale capo dei chagga che ai tempi di Tlembann tentò di avvicinarsi ai ghiacci più bassi con una scìttera del suoi per conoscere la natura dell'acqua solidificata. Ma, il capo ritornò nella calura tropicale del suo villaggio con i piedi e le mani ge late e metà dei chagga morirono di freddo e di stenti. In quanto al cratere, non è assolutamente necessario, per scorgerlo, rag giungerne il ciglio, cioè la sommità del Klbo, poiché è visibile anche da qual che punto del basto. Un'altra curiosa osservazione relativa alla cima prin civaie deriva dal modo come gli indigeni pronunciano il suo nome-. Kipoo! che corrisponde all'espressione corrcn te in lingua chagga di stupore, di sorpresa, dt meraviglia fuori dall'ordina rio. Altre leggende raccontano che la cima del Klbo è così bianca perchè deriva da un accumulamento Inventi mile di avorio di zanne d'elefante. Ogni pachiderma che si sente presso a morire, sorpassa la foresta e sale alla cima per giacervi e deporvi le sue di fese. TiUfe le deità, i folletti, le fate e le steghe, ali spiriti benigni e maligni, generati dalla fantasia dei chagga stanno di casa sul Kibo come vi starebbero i personaggi fiabeschi ex-leggendari di qualunque altra umanità venuta a vivere in vista di questo portentoso fenomeno. Quando nel. 1900 i tedeschi per domare una ribellione dei chagga, arrestarono parecchi capi e II fucilarono, le loro anime passarono naturalmente nel limbo degli spiriti del Kilimagiaro diventando wadarlmba 0 waknningo, vale a dire genti scomparse che abitarono la montagna prima della venuta dei chagga. Per questi insomma il Kibo personifica e rappresenta tutto quello che è avvincente, bello, eroico, forte. Se la cupola si arrossa ai tramonti più del consueto è segno di flagello prossimo, se viceversa conserva a lungo l'ineffabile splendore che le è proprio, la prosperila del paese è assicurata. Nel linguaggio la montagna entra di conti mio rome in tutte le espressioni di augurio e di solenni saluti. • Possa tu esser forte come il Kibo » — « T.a Ina giovinezza sia. eterna come quella del Kibo ». « 7/ Kibo splende, il Mawenzl è buio » (per dire che la generosità è destinala a trionfare sul tradimento) ecc. L'amore dei chagga. per il loro paese è sensibilissimo. Lontano dalle pendici native questi indigeni intristiscono e muoiono. Non v'è abbondanza di acqua e di cibo che altrove possano scdurll e i loro canti ricordano di contìnuo che in basso la malaria fa strage dell'uomo e che il leone e 11 rinoceronte, il coccodrillo e il bufalo, sono sconosciuti all'abitatore del Kilimagiaro. Per modo che esso è il vero dio di questo popolo divenuto oggi mite ed estetico almeno quanto i meru ed kikuio del monte Kenia. La fronte dei villaggi è sempre costruita di faceta al Kibo, le tombe sono tutte rivolte verso di essa, le assemblee si tengono invariabilmente in vista della gran cima ghiacciata, tutti gli atti più significativi dell'esistenza di queste genti hanno rome, testimone questo enorme sollevamento della terra e persino quando il chagga vuol rendere onore al bianco incontrato sul sentiero gli cede la parie dove la montagna risalta più magnificente. Arnaldo Cipolla.

Persone citate: Guarda, Hans Mayer, Steward, Wells